CRISI PILOTATA



 

CRISI PILOTATA



Questa crisi è parte integrante del modo di produzione capitalistico: è il risultato della caduta tendenziale del saggio del profitto che nasce dall'impossibilità del capitale di conseguire un'incremento del plusvalore proporzionale all'accumulazione del capitale stesso ed il cui contrasto (alla caduta) si realizza principalmente o tramite un'incremento spinto della produttività nell'area della produzione e di una forsennata anticipazione dei futuri incrementi di plusvalore nell'area della circolazione ovvero la cosiddetta finanziarizzazione dell'economia mediante il ricorso ad una miriade di tecniche finanziarie (futures, cartolarizzazioni, assicurazioni, ecc) che vengono popolarmente classificate come “speculazione”. A questo si aggiunge la tradizionale crisi cronica di sovrapproduzione generata dall'altissima produttività del lavoro e parzialmente attenuata dalla conseguente costante e sistematica distruzione delle merci, per decadimento programmato, per diretta distruzione tramite le classiche guerre endemiche, per tramite normative che rendono obsolete e distruggono per decreto categorie universali di merci o modalità produttive.


L'attuale crisi è stata tecnicamente preparata almeno dieci anni prima, mentre le prime avvisaglie si sono avute un paio di anni fa con l'intensificazione delle vendite di prodotti derivati che in modo parossistico furono proposti in contemporanea da tutte le banche a tutti: addirittura molti comuni, provincie e regioni ne fecero incetta e le cui perdite finanziarie ricadranno sulle spalle dei lavoratori a maturazione avvenuta, poi è stata la volta, in extremis, della rapina del TFR a favore dei famigerati fondi pensione che i sindacati, pagati come veri promotori finanziari, hanno cercato di imporre ai lavoratori. La conduzione della crisi è stata accuratamente preparata, sponsorizzata e proclamata da tutti i mass media con trombe e grancassa ai quattro venti da capi di stato, direttori di banche centrali, operatori qualificati con lo scopo riuscito di terrorizzare e spingere alla vendita i detentori di capitale minori, quelli predestinati a svalorizzare il proprio capitale cedendolo in preda al panico a prezzi stracciati ai grandi finanzieri che hanno teso la rete; e se la pesca non sarà considerata sufficiente passeranno a misure più drastiche, che siano in grado di assicurare loro i profitti voluti, i cui effetti saranno devastanti come vere guerre. Del resto lo stanno preannunciando in modo quasi ricattatorio personaggi come il presidente del FMI, della BM, della BCE, proclamando recessioni globali che significano la drastica riduzione della quota destinata a lavoratori e non lavoratori per il loro sostentamento.


Il rastrellamento di queste ingenti masse finanziarie avviene con l'aiuto attivo degli stati, utilizzando anche misure da sempre rifiutate in favore della popolazione, ma oggi proclamate come toccasana: nazionalizzazioni ed 'aiuto a fondo perduto dello stato, e se necessario come in Argentina potrebbero congelare e svalutare i depositi delle famiglie che equivale ad una diretta riduzione dei salari: un modo per incrementare il plusvalore riadeguandolo alla massa del capitale investito.


Nelle more di questo processo si inseriscono i tentativi di ricomposizione delle sfere di influenza e di controllo dei vari cartelli transnazionali, territoriali o meno, sovranazionali o settoriali, che lotteranno per ridisegnare i loro confini di potere in modo da assicurarsi migliori saggi medi del profitto: da qui l'accaparramento di azioni, l'attacco su determinati istituti, l'uso politico del potere per favorire o impedire soluzioni specifiche.


Difronte a tutto questo il movimento dei lavoratori sembra un pugile suonato: mentre i padroni del vapore usano allegramente quegli stessi soldi dello stato che appena ieri venivano negati ai lavoratori in nome della stessa crisi A parte qualche minore teorico della “delenda carthago” il dibattito e le iniziative mi sembrano ancora troppo distanti dalla realtà.



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