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biocarburanti di seconda generazione. Ipotesi sostenibile?
- Subject: biocarburanti di seconda generazione. Ipotesi sostenibile?
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Mon, 20 Aug 2007 06:33:21 +0200
dal secvolo xix
DOMENICA
19 AGOSTO 2007 STUDIOINGLESE «Biocarburanti, l’Ue sbaglia Gli scienziati: assurdo puntare sulle coltivazioni intensive. CAMBIO DI ROTTA. A quanto
pare,i biocarburanti non sono poi così vantaggiosi (per ridurre l’effetto serra). Tuttavia ora una nuova alternativa sembra esserci: i cosiddetti biocarburanti di “seconda generazione”. Se l’UnioneEuropea si è impegnata a garantire, entro il 2020, almeno un 10% dei carburanti ricavato da prodotti vegetali, adesso invece diversi ricercatori dichiarano che l’utilizzo dei biocombustibili potrebbe non essere realmente efficace per frenare le emissioni di anidride carbonica, responsabile dell’effetto serra. In questi ultimi anni si è puntato sui biocarburanti soprattutto per rispondere all’esaurimento delle fonti petrolifere, al rincaro dei prezzi del greggio e al problema del surriscaldamento del pianeta. I principali biocombustibili, ottenuti dalla lavorazione di materiali vegetali come canna da zucchero o olio di colza, sono il biodiesel (sostituto del gasolio) ed il bioetanolo (sostituto della benzina). Attualmente il Paese leader nel settore, con un totale di 16miliardi di litri di bioetanolo prodotti all’anno, è il Brasile. Adesso però la corrente sembra muoversi nel senso opposto: un team di studiosi inglesi ha infatti suggerito che i biocarburanti non sono l’ultima frontiera in campo energetico. Non rappresentano affatto una garanzia per il rimboschimento e la salvaguardia delle aree silvestri anzi spesso i terreni vengono disboscati e convertiti a coltivazioni utili per i biocombustibili. A mettere in pericolo l’integrità dell’ambiente, dunque, contribuisce anche la crescente domanda di biocarburanti. Sull’inestimabile importanza delle foreste nonv’è alcun dubbio: le piante si sa sono ingrado di assorbire anidride carbonica fino a nove volte di più rispetto ai potenziali vantaggi ottenuti con i biocarburanti. E allora suona quasi paradossale pensare che «l’obiettivo primario nell’incentivare l’utilizzo delle energie rinnovabili, sia proprio quello di combattere le emissioni di CO2» come ha dichiarato RentonRighelato, uno dei ricercatori che hanno condotto lo studio. Righelato, per di più, ha definito un «errore» la politica energetica dell’Ue, che non «si è mai adoperata concretamente per promuovere il rimboschimento». Lo studio, pubblicato sulla rivista “Science”,ha innanzitutto comparato la quantità di anidride carbonica che un’area boschiva può assorbire, con il totale delle “emissioni evitate” usando biocarburanti, al posto dei tradizionali combustibili fossili. Poi i ricercatori hanno esaminato una superficie arabile sia per crescere le colture necessarie ai biocarburanti, sia per essere coltivata ad alberi. Quindi è stata valutata la quantità di biocarburanti producibile per ettaro. Il risultato è chiaro: i biocarburanti riducono sì le esalazioni inquinanti, ma i benefici in parte si perdono poiché, durante la produzione, si riscontrano ugualmente emissioni tossiche. E in ogni caso, non c’è confronto: la capacità di una foresta di assorbire anidride carbonica, anche in un periodo di soli trent’anni, è nettamente superiore rispetto alla possibilità di ridurre emissioni nocive utilizzando i biocarburanti. Una posizione che si allinea a quella di altri oppositori, coloro che da sempre contestano laproduzionedi vegetali abeneficiodei trasporti, sostenendo che in questo modo si sottraggono terra e risorse a produzioni alimentari. Ma esiste un altro modo per produrre biocarburanti, ed è su questo che secondo i ricercatori si può e si deve puntare in futuro.Equi entrano in gioco i biocarburanti di “seconda generazione”, ossia i combustibili ottenuti tramite la lavorazione di materiale lignocellulosico, anziché gli attuali prodotti derivati da olii e cereali. «Questa deve essere la strada da percorrere», dice ancora Righelato. Ecco il punto: se si procederà ad estrarre il materiale lignocellulosico dagli alberi senza danneggiare il suolo e le radici, si potranno mantenere realmente intatte le foreste e si potrà garantire lo sviluppo sostenibile delle fonti energetiche rinnovabili. Alcuni paesi, come Germania RegnoUnito e StatiUniti, stanno sperimentando questi biocarburanti di seconda generazione.Tuttavia l’ostacolo maggiore sono le ingenti spese per costruire “bioraffinerie” adeguate. MarkWright e Robert Brown, due docenti dell’Università dell’Iowa, sostengono che una raffineria per i nuovi biocombustibili costi almeno quattro o cinque volte tanto una centrale per la produzione del bioetanolo. Certo è che questi carburanti di seconda generazione probabilmente metterebbero d’accordo tutti,persino ambientalisti e consorzi consumatori che non considerano sostenibili gli ormai “sorpassati” primi biocarburanti. ELISA TEJA |
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