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[tradenews] Lamy non si arrende: nuove bozze di accordo per agricoltura e prodotti industriali
- Subject: [tradenews] Lamy non si arrende: nuove bozze di accordo per agricoltura e prodotti industriali
- From: "Roberto Meregalli" <meregalli.roberto at gmail.com>
- Date: Thu, 19 Jul 2007 15:29:03 +0200
Lamy non si arrende: nuove bozze di accordo per agricoltura e prodotti industriali Dopo un mese dal mancato accordo di Potsdam, dove Unione Europea, USA, Brasile ed India fallirono per l'ennesima volta l'obiettivo di trovare un compromesso accettabile per chiudere in estremis il negoziato che va sotto la sigla di Doha Round, l'Organizzazione Mondiale del Commercio torna a far parlare di se. Martedì (17 luglio) sono state diffuse due bozze di accordo su due dei tre pilastri su cui poggiano i negoziati, ed il WTO stesso: agricoltura e prodotti industriali (in sigla NAMA). Nessuno si aspetta che l'accordo sia nuovamente a portata di mano, ma il direttore generale del WTO, Pascal Lamy, sta tentando di far proseguire un negoziato che appare ormai senza speranze per diversi motivi, primo fra tutti, il mancato rinnovo della Trade Promotion Autority Act (scaduta il 30 giugno), la speciale concessione che il Congresso può concedere al presidente conferendogli il potere di negoziare in autonomia accordi commerciali. Si tratta di una condizione considerata essenziale sui tavoli negoziali poiché conferisce autorevolezza al capo negoziatore statunitense garantendo che non ci siano successivi emendamenti da parte del Congresso Americano. Cosa c'è di nuovo nei due documenti pubblicati? Iniziamo dall'agricoltura, premettendo che una analisi approfondita richiederebbe del tempo, per cui ci limiteremo alle evidenze piu' immediate. A Potsdam, gli USA si erano detti disposti ad accettare, pur con qualche difficioltà, l'impegno a ridurre i propri ussidi agricoli al valore annuo di 17 miliardi di dollari (la loro offerta ufficiale rimane ancorata a 22,5), il nuovo testo propone loro un range compreso fra i 13 e i 16,4 miliardi di dollari, corrispondente a un taglio del 73-66%, per contro l'UE dovrebbe applicare una percentuale del 75-85% (sinora si era espressa sino al valore del 75%); per tutti i paesi con spesa totale inferiore ai 10 miliarid di dollari, la percentuale scende a 50-60%. Pertanto la proposta tenta una mediazione fra la richiesta del Brasile (12 miliardi di limite USA) e l'offerta USA ferma a 17 miliardi. Nel dettaglio, i sussidi distorsivi (classificati nell'amber box) dovrebbero essere ridotti del 70% (l'UE), 60% (Usa e Giappone), 45% (tutti gli altri paesi), in sostanza si tratta della propopsta UE del 28 ottobre 2005, vicina a quella poi formulata dal G20 (80-70-60%). I de minimis (altra forma di sussidio ammessa), verrebbero tagliati del 50-60%, il che coincide con la proposta americana, l'UE era addirittura schierata per un taglio dell'80% anche perche' Š non li utilizza. Per la scatola blu (sussidi distorsivi ma non troppo, dunque sinora tollerati), si propone l'accettazione dell'ampliamento a suo tempo strappato da Robert Zoellick a Hong Kong, stabilendo un limite pari a una cifra equivalente al 2,5% del valore della produzione agricola annuale. Infine per la scatola verde (sussidi considerati non distorsivi e pertanto senza limiti) è presente una proposta di emendamento dell'accordo agricolo per definire meglio la loro natura (e andare incontro alle richieste del G20), non si parla di limitazioni. Relativamente ai tagli da applicare ai dazi, la formula proposta sposa quella avanzata dal G20, dunque non così aggressiva come quella statunitense ma superiore a quella di tutti gli altri membri WTO, compresi UE e raggruppamenti di paesi in via di sviluppo (es. gli ACP). Molti altri punti non sono pero' così dettagliati e si tratta di temi molto importanti per i PVS, ad esempio i prodotti speciali (da esentare dagli impegni di taglio dei dazi), la liberalizzazione dei prodotti tropicali, tasse all'esportazione per favorire la regolazione dei prezzi di alcuni prodotti. Per il cotone invece compare nel testo la proposta dei paesi africani. Sul fronte dei prodotti industriali l'ostacolo maggiore era rappresentato dalla definizione dei coefficienti da applicare alla formula stabilita per tagliare i dazi. Nella bozza di accordo per i paesi industrializzati è presente il range 8-9, per tutti gli altri 19-23. Sino ad ora il problema era il parametro per i paesi non industrializzati; Celso Amorim, ministro degli esteri brasiliano, aveva lasciato Potsdam un mese fa, lamentando proprio il fatto che in cambio dei tagli alla spesa agricola, USA ed UE chiedevano loro un taglio nei dazi sui prodotti industriali assolutamente sproporzionato. Il coefficiente richiesto, pari a 18, tradotto in termini percentuali significherebbe obbligare il Brasile a un taglio medio del 63% (del 66% per l'India). Per contro il parametro 10 che USA ed UE erano disposte ad accettare si tradurrebbe in una riduzione del 28 e del 24%, rispettivamente. Va detto che i due range proposti corrispondono a una proposta fatta il 26 giugno da un piccolo gruppo di paesi (Cile, Colombia, Costa Rica, Hong Kong, Messico, Perù, Singapore e Tailandia). In sostanza la prima impressione è che i due responsabili dei negoziati (il neozelandese Crawford Falconer e il canadese Don Stephenson), abbiano fatto un discreto lavoro di mediazione tentando di concedere qualcosa a tutti (diverse flessibilità risultano inserite a favore dei paesi meno avanzati e di quelli che hanno aderio al WTO di recente). L'impianto però risulta immutato e non corriponde agli obiettivi, che abbiamo ripetuto alla noia, di riequilibrare le regole del commercio internazionale per eliminare le distorsioni che favoriscono i paesi economicamente avanzati, lasciando incagliati quelli più poveri. Celso Amorim ha giustamente commentato le due bozze dicendo: "Penso che siano molto più ambiziose sul tema dei prodotti industriali rispetto all'agricoltura", eppure il maggior ostacolo al raggiungimento di un eventuale accordo rimangono gli Stati Uniti d'America. Appare remota la possibilità che il Congresso Americano avvalli una riduzione dei sussidi come quella contenuta nella bozza, non solo, le lobby interne già hanno commentato duramente le norme sulla riduzione dei sussidi interni relativi alla produzione del cotone. Il Cotton Council si è spinto a scrivere che risulta ridicolo che il WTO sia ostaggio di un piccolo gruppo di interessi (Ciad, Mali, Burkina Faso e Benin !?!), affermando che se il testo agricolo fosse accettato, significherebbe accettare che la politica agricola americana venga stabilita a Ginevra e non a Washington. L'affermazione fa sorridere ma è l'ennesima dimostrazione dell'incompatibilità fra WTO e agricoltura. Roberto Meregalli (roberto at beati.org) (Beati i costruttori di pace - Tradewatch)
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