il borgo diventa un campo da golf e spuntano 150 villette



da Eddyburg
 
 
Il borgo diventa campo da golf. E spuntano 150 villette
Data di pubblicazione: 15.02.2007

Autore: Battistini, Francesco

Distorsioni e meccanismi di una gestione del territorio che considera la campagna terreno privilegiato per l'espansione immobiliare. Dal Corriere della Sera, 14 febbraio 2007. Con una postilla (m.p.g.)

E loro che credevano d'essere terra da zanzara tigre: un popolo di Tiger Woods, questi piacentini! Campioni in erba. Palline da green più abbondanti degli acini da Gutturnio. Il fairway al posto dei pisarèi. «Che dalle nostre parti ci fosse tutta questa passione per il golf, in effetti non ce n'eravamo mai accorti...», sorride l'avvocato Umberto Fantigrossi, che siede nelle consulta per l'ambiente del Comune di Piacenza e sfoglia le delibere, le varianti, la pianimetria dell'ennesimo ed erigendo diciottobuche di Borgo Tavernago: «Io sapevo che lì c'era un progetto per fare un maneggio, un centro ippico. Insomma, dovevano starci i cavalli. Da molti anni. E non erano previste nuove case. Anche perché quello è uno degli angoli più belli della vallata. E un golf club c'è già». Ce n'è una vendemmia. Uno si vede: circonda il castello della Bastardina, il davanti, e sta a un paio di chilometri da Borgo Tavernago, forse meno. Altri tre sono sparpagliati nella provincia, più in là ma neanche tanto. «Però questo campo bis di Borgo Tavernago, appiccicato, è una cosa mai vista — indica il responsabile locale di Legambiente, Giuseppe Castelnuovo —. Poco spiegabile da ogni punto di vista: ambientale e di mercato». Una buca ogni quattromila piacentini: roba da Scozia. O tutt'italiana: «E' un trucchetto facile e già visto — continua Castelnuovo —. Ci s'inventa un campo da golf dove non ce n'è bisogno. Si fa un bel piano d'urbanizzazione. Si costruisce. E magari, com'è successo in Sardegna o in Sicilia, si pigliano pure i contributi dell'Ue. A parte i problemi che un golf implica (tipo: dove si piglia l'acqua, in una zona dove i contadini già faticano a irrigare?), questa è una colonizzazione immobiliare molto pericolosa. Un conto è salvaguardare, un altro deturpare il paesaggio». Infatti: Borgo Tavernago è un clic, una meravigliosa e vincolata villa che fu dei Borromeo e oggi è del costruttore Pier Franco Pirovano, un oratorio ottocentesco con l'altare inserito nelle lesene, la memoria d'un castello del Trecento, intorno le colline con le vigne della Luretta e della Val Tidone che facevano godere il Redi («me ne strasecolo, me ne strabilio, e fatto estatico vo in visibilio»).

E' la cosa più simile alla Toscana vicino a Milano, si dice, e infatti è da queste parti che sono trasmigrati i venerabili milanesi del weekend: il finanziere Jody Vender, la pubblicitaria Annamaria Testa, la famiglia Etro, lo scrittore Gaetano Tumiati, l'editore Alessandro Dalai... Nessuno s'era mai sognato di toccarlo, quest'angolo di paradiso. Nessuno, fino a dicembre. Quando il piano regolatore decennale del Comune di Agazzano è stato cambiato di corsa: niente cavalli, si faccia anche lì e al più presto un bel golf club con annessi 150 appartamenti in villette a schiera, più albergo a 4 stelle, più ristorante, più centro convegni, più posti auto, più piscina, più asilo... Una piccola variante e via, undicimila metri quadrati da cementare, muri alti sette metri e passa. Un'altra Monticchiello? Un altro scempio stile Val d'Orcia, dov'è intervenuto Rutelli? «Ma no — è sicura la sindachessa, Lucia Bongiorni —. Non rifaremo gli errori della Toscana. Parliamoci chiaro: qui è tutta campagna, non si fanno danni gravi all'ambiente. E invece, lo sa cosa vogliono dire tutte queste case in un paesino di duemila abitanti? Una cascata di Ici per far funzionare le scuole e rifare le strade. Perché impedirci di crescere?». Una crescita rapida. A maggio, betoniere accese. I dépliant sono pronti: «Borgo Tavernago. Il verde, la quiete, la tua casa». Gl'immobiliaristi del Gruppo Maggi assicurano al telefono: «Fra un mese è possibile acquistare, la richiamiamo noi»; C'è pure il cartello d'appalto: Gruppo Pirovano costruzioni. Lo stesso Pirovano della villa. Lo stesso che otto mesi fa, a Milano, è stato condannato a tre anni di carcere per aver corrotto la giunta diessina di Peschiera Borromeo. Lo stesso che, dicono i giudici, aveva ottenuto (pure là) una variante al piano regolatore per costruire su un terreno agricolo. «Il solo citare quell'episodio è un'offesa a me e a tutto il comune di Agazzano! — s'indigna la sindachessa — Io ho fatto le battaglie contro le cave e le discariche. Non accetto simili accostamenti. Quello che è avvenuto in un altro paese, sono problemi che non mi riguardano». La Guerra del Golf però è già cominciata: in uno studio legale di Piacenza, una cinquantina di firmatari, è pronto un ricorso urgente per bloccare la variante al piano regolatore. «Le colline piacentine finora s'erano salvate dalle speculazione — dice Domenico Ferrari, presidente provinciale del Fai —, ma ora pagano la vicinanza di Milano. Ci sono stati scempi. Cose turche. Ad Agazzano non c'è nessuna pressione abitativa: fanno tutto di fretta perché fra qualche mese scade la giunta». Dicono che le nuove case saranno coperte dal verde e non si vedranno... «Per coprire 150 case alte più di sette metri, altro che verde. Ci vogliono i baobab».

Postilla

I campi da golf, ormai irrinunciabile status symbol delle nostre società opulente, si rivelano in realtà, nel piacentino come a Bologna, cavallo di Troia ecologicamente rispettabile (in fondo si tratta di prati!) per la speculazione immobiliare. Pur se idricamente costosissime e completamente incongrue, dal punto di vista culturale e botanico, ai nostri paesaggi, divengono strumento per "valorizzare" territori un po' "spenti".
Nelle parole del sindaco di Agazzano due snodi fondamentali:
- la perversione di un meccanismo istituzionale ed economico che rende l'ente comunale drammaticamente ricattabile (anche senza dolo) dal potere immobiliare.
- il perdurare di una concezione estetica del paesaggio che tende ad isolare le eccellenze da salvaguardare (Val d'Orcia), rispetto alla "banalità" della campagna considerata quale spazio disponibile per espansioni edilizie.
Oltre trent'anni fa c'era chi ci ricordava: "Se il paesaggio è un 'quadro', una labile e soggettiva parvenza, uno stato d'animo, la conseguenza ovvia è che, tra le esigenze della collettività e del contemplatore disinteressato (cittadino affamato di verde, escursionista, gente bisognosa di ricreazione all'aria aperta, ecc.) e le esigenze assai più pratiche delle società immobiliari, saranno sempre queste ultime a prevalere." Antonio Cederna , La distruzione della natura in Italia, 1975. (m.p.g.)