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[Tradenews] Salvate l'Agenda di Doha
- Subject: [Tradenews] Salvate l'Agenda di Doha
- From: "Roberto Meregalli" <meregalli.roberto at gmail.com>
- Date: Mon, 19 Feb 2007 12:12:13 +0100
"Salvate l'Agenda di Doha" Come ben saprete, il direttore generale del WTO, Pascal Lamy, ha recentemente concluso il time-out (stabilito a fine luglio) che ha sospeso per sei mesi il Doha Round. Nel darne l'annuncio, nell'incontro informale con i capi delegazione svoltosi a Ginevra il 31 gennaio, Lamy ha parlato dell'incontro mini-ministeriale tenuto a Davos a latere dell'annuale World Economic Forum, spiegando a tutti i presenti che la situazione risulta più propizia ad un accordo e che la musica sembra dunque cambiata per il Doha round. Sono così ripartiti ufficialmente tutti i gruppi di lavoro anche se va detto che già da tempo i negoziati erano ricominciati, perché i negoziati veri, come ha fatto notare qualche funzionario all'incontro del 31 gennaio, non si svolgono a Ginevra nella sede dell'organizzazione mondiale del commercio. Ma quali sono le novità? Perché oggi la musica è cambiata? Se si guarda al tavolo negoziale si scopre subito che non c'è alcuna nuova offerta; il blocco del luglio scorso era stato decretato nell'impossibilità di superare le divergenze in agricoltura, dove gli USA non volevano ridurre i loro sussidi interni e l'Unione Europea non voleva tagliare i propri dazi. Ma ad oggi nessuno dei due contendenti ha ufficializzato una nuova proposta. Sarebbe però scorretto dire che nulla è cambiato poiché negli Stati Uniti si sono svolte le elezioni del Congresso di medio termine e si sta predisponendo la nuova Farm Bill, la finanziaria agricola, equivalente alla Politica Agricola Comune (PAC) Europea, che governerà la spesa agricola statunitense nei prossimi cinque anni. In Europa invece è iniziato il semestre di presidenza tedesco. La sospensione di luglio corrispondeva alla consapevolezza che gli Stati Uniti non erano in condizione di negoziare nell'imminenza delle elezioni del Congresso e che tutti gli altri paesi attendevano di vedere le prime bozze della Farm Bill per comprendere le reali intenzioni statunitensi in materia di agricoltura. Dall'altra sponda dell'oceano, il commissario europeo Mandelson, sapeva che il momento più propizio per superare le resistenze della Francia per le sue concessioni agricole era quello della presidenza Merkel. La sospensione non è dunque servita a far pressioni su USA ed Ue, quanto piuttosto sugli altri paesi a cui gli Stati Uniti, sempre per rimanere in agricoltura, hanno chiesto di ridurre il piu' possibile il numero dei prodotti speciali. Nell'Accordo di Ginevra del 2004 si stabilì infatti che dalla formula di riduzione dei dazi sarebbero stati esclusi un certo numero di prodotti che ciascun paese considerava "speciali" per la propria economia e la propria sicurezza alimentare, gli USA sono molto critici su questo punto anche perché sanno che le esportazioni della maggior parte dei paesi si concentra su un range ristretto di prodotti e anche un numero limitato di prodotti sensibili può vanificare grandi sforzi nella determinazione della formula di riduzione dei dazi. Ma torniamo allo scoglio su cui si arenarono i negoziati il 24 luglio scorso. Gli USA offrivano di limitare i loro sussidi domestici a 23 miliardi di dollari all'anno, mentre il G20 e l'Unione Europea spingevano per una cifra variabile da 17 ai 15 miliardi. Riguardo ai dazi l'Ue prometteva un taglio medio del 50% mentre il G20 chiedeva il 54% e gli USA addirittura il 60-90%. Mandelson ha recentemente annunciato, ma non in via ufficiale, la buona volontà europea di accogliere le richieste dei G20 rivelando la disponibilità statunitense di avvicinarsi al tetto di 15 miliardi di euro nel campo dei sussidi domestici. Susan Schwrab, la sua controparte americana, ha però smentito tutto nel corso di una conferenza stampa il 30 gennaio. La Commissaria all'agricoltura europea, Mariann Fischer Boel, nella sua recente visita a Washington(1), il 9 febbraio, ha ribadito l'offerta europea di abbassare i dazi sui prodotti agricoli importati, da un valore medio del 23% al 12% (cioè con un taglio vicino al 50%), ma ha ribadito che tutti i paesi stanno guardando alla Farm Bill e che da essa si attendono dei segnali chiari che mostrino la reale disponibilità statunitense a tagliare i sussidi interni. La proposta del Governo USA è stata presentata dal segretario all'agricoltura Mike Johanns proprio il 31 gennaio. Ancora non vi sono analisi precise sia per la difficoltà nel farle, sia perché si tratta di una proposta che certamente il Congresso modificherà. Ma di primo acchito si nota un ritorno ai pagamenti "disaccoppiati" che gli USA avevano utilizzato in passato (prima della Farm Bill del 2002) e che l'UE ha inserito massicciamente nella sua riforma della PAC del 2003. Questi sussidi (slegati dalla produzione) permettono di essere classificati come "scatola verde" in seno al WTO e per magia scompaiono così dai calcoli dei sussidi distorsivi. La proposta USA prevede anche sussidi per l'uso del mais nella produzione di etanolo, per cui l'Amministrazione Bush prevede un rilevante aumento di produzione. Questa direzione ha fatto dire alla Commissario Mariann Fischer Boll che anche gli USA stanno scoprendo quel carattere multifunzionale che l'Ue da anni sostiene, visto che ora (per gli USA) "l'agricoltura non significa piu' solo cibo, mangimi, fibre ma anche carburante". Globalmente sembra dunque che la spesa in sussidi, che attualmente si aggira sui 20 miliardi di dollari l'anno, dovrebbe scendere a 17 miliardi; troppo poco ha commentato l'economista Jagdish N. Bhagwati(2) in una intervista al Council on Foreign Relations. Bhagwati ( autore del libro "Elogio della globalizzazione") accusa gli USA di essere minimalisti nelle concessioni agricole ma troppo ambiziosi nelle richieste, sostenendo che non si può chiedere all'India (suo paese di origine) di liberalizzare la propria agricoltura offrendo in cambio un misero taglio di 3 miliardi di dollari. Secondo l'economista indiano " se USA ed UE fossero i soli paesi ad impegnarsi, allora i numeri citati [taglio del 54% dei dazi UE e riduzione a 17 mld$ dei sussidi USA] sarebbero ok. Ma non in cambio dei tagli richiesti agli altri paesi". Ma la nostra commissaria all'agricoltura, a Washington ha ribadito che l'Ue non può accettare un risultato del Round che la costringa a tornare a riscrivere le riforma della propria politica agricola e non può accettare che le ambizioni nel settore dei servizi e dei prodotti industriali siano inferiori a quelle agricole. Su questo Mandelson stà lavorando con grande energia, soprattutto per convincere paesi come l'India, mentre il brasile sembrerebbe più arrendevole nel negoziato NAMA (merci) pur di ottenere quello che vuole in agricoltura. Insomma la musica di sempre. La sensazione è che i due numeri criticati da Bhagwati siano quelli che USA ed UE prima o poi concederanno, in cambio però di rilevanti concessioni da parte degli altri paesi. Per ottenere questo si sta preparando probabilmente la trappola decisiva della Trade Promotion Authority (TPA). Come è ormai ben nodo, dal primo luglio il presidente Bush non avrà più l'autorità di negoziare in autonomia accordi commerciali con l'estero, questo significherebbe la fine, sino al termine del suo mandato, di ogni possibile negoziato. Per evitare questo, è iniziata la campagna per ottenerne il rinnovo. Susan Schwab, il 12 febbraio in occasione del kick off (3), ha affermato che il Presidente Bush chiede il rinnovo della TPA "perché l'America continui a guidare il mondo nell'apertura dei mercati per le merci, i servizi e per rafforzare le regole del commercio". "accordi commerciali significano maggiori esportazioni e maggiori esportazioni significano posti di lavoro migliori". Non sarà una campagna facile visto che nel 2002 la TPA venne approvata dopo un'aspra battaglia congressuale con 215 voti a favore e 212 contrari, solo 25 democratici la votarono; ora però i giornali statunitensi segnalano una crescente disponibilità all'interno del partito democratico. Servirà comunque una grande pressione, non per nulla Schwab ha avviato la campagna parlando davanti a una platea di business leaders, compresi Procter & Gamble, Caterpillar, Eastman Kodak, Cargill, UPS, New York Life and Abbott. Appare probabile che la possibilità di un rinnovo di un anno sia un compromesso accettabile. In questo modo cosa succederebbe? Che USA ed UE avrebbero un'arma in più per sollecitare alcuni paesi a cedere ed ammorbidire la loro posizione, ventilando che in caso di mancato accordo entro un anno, l'intero Round andrebbe davvero allo sfascio. Anzi stanno lavorando di anticipo perché Susan Schwab sta in sostanza dicendo a tutti che gli servono delle concessioni per convincere il Congresso a rinnovare la TPA, niente concessioni = niente rinnovo e niente rinnovo TPA significa fine del Doha Round. Nel frattempo Lamy, lavora in maniera complementare, proseguendo il suo tour per le capitali del mondo chiedendo a tutti di salvare l'Agenda di Doha. Roberto Meregalli (roberto at beati.org) Beati i costruttori di pace 14 febbraio 2007 Note: (1): <http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=SPEECH/07/72&format=HTML&aged=0&language=EN&guiLanguage=en>http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=SPEECH/07/72&format=HTML&aged=0&language=EN&guiLanguage=en (2): Jagdish Bhagwati è professore alla Columbia University e senior fellow del Council on Foreign Relations. Autore di In Defense of globalization, è membro del Comitato di esperti per il NEPAD/ Africa del segretario generale delle Nazioni Unite. L'intervista è online su: <http://www.cfr.org/publication/12592/bhagwati.html?breadcrumb=%2Fissue%2F2%2Feconomics>http://www.cfr.org/publication/12592/bhagwati.html?breadcrumb=%2Fissue%2F2%2Feconomics. (3): <http://www.ustr.gov/assets/Document_Library/Transcripts/2007/February/asset_upload_file101_10516.pdf>http://www.ustr.gov/assets/Document_Library/Transcripts/2007/February/asset_upload_file101_10516.pdf
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