Dalla rivista
mensile MicroMega
in edicola dal 12 gennaio
CAMALLI, A RISCHIO DELLA VITA
Il caporalato,
camuffato da lavoro interinale, è entrato anche nelle Compagnie dei
lavoratori portuali, un tempo simbolo della difesa dei diritti degli operai.
Ormai anche il sindacato - spesso seduto nei cda delle Compagnie e delle
agenzie di lavoro in affitto - mette al primo posto la produttività.
E
intanto i lavoratori rischiano la vita ogni giorno.
Qualcuno l'ha già
persa, come Luca Vertullo.
MARCO PREVE
Un morto scomodo. Circondato da
imbarazzi e silenzi, proprio nei giorni in cui il presidente della Repubblica
invita a «spezzare la catena delle vittime del lavoro».
Se si vuole un segno forte,
tangibile, e preoccupante, del malessere e dell'insofferenza che agitano larga
parte del mondo del lavoro, quello che produce i fischi e le contestazioni ai
leader del centro-sinistra e dei sindacati, allora val la pena di fare un giro
sul fronte del porto.
L' universo dei camalli, quelli di Genova come di
tutti gli altri scali italiani, dopo la rivoluzione forzata degli anni Novanta
con la privatizzazione delle banchine, oggi è solcato da una serie di profonde
contraddizioni. Da ultimo baluardo a difesa dei diritti degli operai, simboli
dell'antifascismo, feroci accusatori dello sfruttamento dei lavoratori, oggi
le Compagnie vivono una trasformazione in senso manageriale, con legami sempre
più intrecciati con la politica, il sindacato istituzionale e la grande
finanza, che rischiano, e anzi lo stanno già facendo, di corrodere l'antica
autorità morale dei camalli.
Insomma, siamo quasi alla bestemmia, se Bruno
Rossi ex dirigente dei portuali genovesi e oggi critico appassionato del nuovo
corso, si spinge a dire: «Le Compagnie oggi fanno caporalato. Speculano sui
lavoratori. Devono essere cancellate. In banchina si deve operare con le
regole della Spagna o del Nord Europa».
Al centro di un dibattito
difficile, spinoso, c'è la società Intempo, un'agenzia per il lavoro
interinale voluta dalle compagnie portuali e dal sindacato agli inizi degli
anni Duemila, che diventa il serbatoio privilegiato di manodopera. Ci sono,
soprattutto, i figli e i nipoti dei vecchi camalli e con loro tanti altri
giovani animati da un sogno che è sempre più un miraggio, quello di riuscire,
un giorno, ad entrare come soci nella Compagnia.
Luca Vertullo, un ventiduenne di
Ravenna, questa speranza non ha nemmeno avuto il tempo di coltivarla. Il primo
di settembre del 2006, poche ore dopo aver iniziato il suo primo giorno di
lavoro, Luca è morto. È rimasto schiacciato da un rimorchio
sovraccarico, all'interno della stiva va di un traghetto, durante una delle
operazioni più complesse, quella del rizzaggio, che consiste nel
fissare i carichi. Luca ed altri 14 ragazzi erano stati forniti da
Intempo alla Compagnia portuale di Ravenna. E qui, racconta Enzo Diano
dello Slai Cobas, si manifestano le prime ambiguità. Perché il presidente
della Compagnia portuale è Roberto Rubboli, il quale oltre che consigliere
comunale in quota all'Ulivo, siede nel cda della Intempo. Chi vende e
chi compra la manodopera è la stessa persona. Sembra un circolo vizioso, ma in
realtà non è un caso. Le Compagnie, dopo la riforma del lavoro nei porti,
volevano poter continuare a scegliere chi assumere e così si sono
create la loro riserva interinale. Compito reso più semplice dalle peculiarità
del lavoro in banchina, che richiede conoscenze e specializzazioni
particolari. Ma quando i ruoli si mescolano, «la verifica dei diritti e del
rispetto delle norme, diventano impresa complicata. Anche i sindacati sono
tiepidi per non dire inesistenti, e hanno ignorato i tanti allarmi che abbiamo
lanciato», continua Diano.
Deve essere dura fare il
sindacalista quando la tua controparte è, in realtà, la tua
parte.
Basta scorrere i nomi del
consiglio di amministrazione di Intempo per capirlo.
Il
presidente è il genovese Francesco Palmiro Mariani, attuale Presidente
dell' autorità portuale di Bari, e già direttore dell' associazione nazionale
compagnie imprese portuali (Ancip), collaboratore del Ministro dei trasporti
Bersani nel 2000, responsabile trasporti Ds nella seconda metà anni novanta.
Gli altri membri sono: Elio Libri, a capo della Compagnia portuale
di Ancona, nonché consigliere comunale Ds; Michele Bianchetto, leader
della Compagnia di Venezia; Massimo Soppelsa, vicepresidente dei
portuali di Civitavecchia; Mario Sommariva, genovese, ex segretario
nazionale Filt Cgil. Roberto Piccini, console, ossia dirigente, dei
portuali livornesi, si è dimesso pochi giorni fa dopo aver ricevuto la nomina
a presidente dell'Autorità portuale della sua città.
E ancora una serie di manager
della sinistra, come la torinese Bruna Valori, di Obiettivo Lavoro,
Lega cooperative; Angelo Minoia, revisore contabile di Milano;
Gianfranco Siface, funzionario della Compagnia Culmv di Genova,
revisore dei conti e tra i fondatori di Maestrale, associazione
culturale vicina a Claudio Burlando, il presidente della regione
Liguria; e poi Paolo Trabattoni, manager della galassia Unipol.
Assieme a loro, esponenti della banca d'affari Meliorbanca, Gianfranco
Meroni e Marco Guerrieri, e per ultimo Gianluca Gorla,
dell'omonimo gruppo il cui fondatore, Giovanni, è ai vertici di Assolombarda e
contro il quale i sindacati hanno combattuto non poche e aspre
vertenze.
Ma il vento, in banchina, è
cambiato.
Quando agli inizi del 2000, i
massimi rappresentanti delle Compagnie e del sindacato decidono di creare
Intempo, Bruno Rossi è nel direttivo nazionale della Filt, ed è uno dei
leader della Compagnia - nella veste di responsabile del consiglio di fabbrica
- seppur in aperto contrasto con il console Paride Batini, storico leader dei
camalli della Lanterna. «Quando a Milano si decise di aprire all'interinale»,
racconta Rossi che oggi, da pensionato, è animatore del circolo di
Rifondazione comunista del porto, « io e pochi altri votammo contro.
Intempo nacque per sbarrare il passo alla possibile concorrenza delle
cooperative. La Compagnia di Genova, per gli screzi con Livorno, non fu tra i
soci fondatori, ma in questi anni ha utilizzato e continua a farlo i giovani
di Intempo e ha nel cda un suo funzionario storico. La Culmv e le altre
compagnie hanno esaurito il proprio ruolo, non solo economico, ma anche
storico e sociale. Alle ultime elezioni per il rinnovo del consiglio sindacale
hanno partecipato 501 soci, meno della metà. Vuol dire che qualcosa si è
rotto. Guardi, io sono nato e cresciuto politicamente grazie alla Compagnia e
alle sue lotte, ma oggi non bisogna nascondersi dietro un dito. La verità è
che il giovane interinale passa sotto il giogo di due intermediazioni, e
accade solo nel nostro settore. E poi abbiamo un'altra anomalia. Un tempo si
diceva che il portuale che non lavorava, che non era chiamato, veniva pagato
"dalla merce", cioè dagli armatori che versavano un extra. Con la riforma però
è cambiato tutto, e adesso questo costo è sostenuto dallo Stato attraverso la
cassa integrazione. Ma è un meccanismo che blocca il turnover nelle Compagnie
che, se assumono, come qualsiasi altra impresa rischiano di perdere il diritto
agli ammortizzatori». La cura, secondo Rossi non può che essere radicale:
«Cancellare le Compagnie. Adottare il modello spagnolo e del Nord Europa, con
un albo dei lavoratori portuali, riuniti in sindacato, ma gestiti
dall'Autorità portuale senza intermediazioni, senza, lo ripeto, il caporalato
camuffato da interinale».
Bruna Valori, di Intempo è
il direttore: «Prima di lanciare queste accuse sarebbe forse meglio conoscere
i dati di questi cinque anni di attività. Il 90 per cento delle persone che
Intempo avvia al lavoro, prima avevano un'occupazione in nero. E tanti
nostri giovani trovano anche sistemazioni stabili. Vorrei che certe accuse
fossero meglio indirizzate contro ambienti e forme di lavoro davvero
irregolari».
A Ravenna, però, il presidente di
Intempo Francesco Mariani (dopo la sua nomina a Bari sono probabili le
sue dimissioni dall'agenzia) è indagato assieme ad altre dieci persone dal pm
Cristina D'Amelio, con l'accusa di omicidio colposo per la morte di Luca
Vertullo. E i rappresentanti dello Slai Cobas e di Federmar, attraverso gli
avvocati Guglielmo Giuliano e Danilo Camplese, hanno presentato un esposto in
procura nel quale sostengono che questo «è l'ennesimo infortunio che si
verifica all'interno del porto di Ravenna e costituisce la conseguenza
dell'inadeguata e spesso assente formazione fornita ai lavoratori
dell'azienda, e della totale assenza di cautele e di misure idonee alla
prevenzione degli infortuni e alla tutela della sicurezza e della salute dei
lavoratori stessi».
«Possiamo dimostrare che la formazione è stata fatta»,
replica Bruna Valori. «Solo quattro giorni - certo, full time! - durante i
quali sono state fatte visionare loro delle diapositive e fatto fare un giro
nelle banchine», ribatte con amara ironia Enzo Diano.
«Vertullo», prosegue Valori,
«aveva ricevuto una formazione adeguata. L'investimento sulla sicurezza è
anche uno dei principali input che provengono dalla parte di proprietà che fa
capo alla Compagnia». Il direttore di Intempo tiene poi a rimarcare che
«per le norme che regolano la nostra attività, ahimè, noi non possiamo
assumere alcuna responsabilità se non farci attestare dall'azienda che
rispetta le norme di sicurezza. Come agenzia non possiamo essere responsabili
di quanto avviene sulla sicurezza, lo dicono le leggi. La responsabilità non
può che essere della società utilizzatrice, io devo verificare che esista un
piano antinfortuni e me lo faccio mettere per iscritto, devo controllare che i
lavoratori abbiano le dotazioni, ma poi non posso interferire». Il fatto è che
il cliente cui Intempo ha chiesto di poter verificare il rispetto delle
norme è anche uno dei suoi padroni: la Compagnia. Ma per Bruna Valori non c'è
contraddizione: «Questo rapporto è a norma di legge. È frequente. Ci sono
società interinali di proprietà di banche che poi magari acquistano addetti
alle pulizie. Se all'interno di quella banca il lavoratore ha un incidente la
procedura non cambia. Gli ispettori faranno il loro compito andando a
verificare il rispetto della sicurezza. E guardi che noi siamo il settore più
controllato. Le ispezioni sono frequentissime». Banca o Compagnia, il mercato
non fa distinzione. Anche se, a ben guardare, la scelta delle Compagnie di
utilizzare il lavoro interinale non è stata motivata da pure finalità
speculative, tipo investire in un settore redditizio. Piuttosto, hanno
impiegato uno strumento liberista come l'interinale per difendere l'ultimo
privilegio della loro corporazione, la sopravvivenza dell'establishment.
Insomma, il mercato che annienta se stesso. Una lezione degna degli strateghi
di Lotta comunista, il movimento di cui il console Batini è un noto
simpatizzante. Tutto bene quindi? «No», contesta Bruno Rossi, «perché alla
fine del ragionamento ci si ritrova con lo sfruttamento dei più deboli: i
camalli in affitto».
Ma se davvero il settore portuale
ravennate è oggetto di un'attenta sorveglianza, vien da chiedersi come mai sia
stata necessaria la morte di un ventiduenne per realizzare, nell'arco di
appena due mesi, una nuova stazione di pesa per i rimorchi. È stato, infatti,
accertato che quello che ha schiacciato e ucciso Luca Vertullo pesava 20
tonnellate in più del consentito (30), quasi il doppio.
La nuova pesa è arrivata dopo una
pubblicizzata serie di incontri tra le varie autorità competenti e i sindacati
confederali. «Se era così semplice», si chiede Enzo Diano, «perché non l'hanno
realizzata prima? Perché i sindacalisti che, tra l'altro, sono in buona parte
capi turno della Compagnia, non hanno mai incrociato le braccia? Secondo noi è
perché il sindacato è parte di un ingranaggio che mette al primo posto la
produttività, la competizione. Basta vedere quale sia stata la preoccupazione
del senatore Mercatali».
Il senatore Ds ed ex sindaco di
Ravenna Vidmer Mercatali, con un'interrogazione, ha chiesto al ministero dei
Trasporti di adoperarsi affinché, in tutti i porti italiani, vengano
accresciuti i controlli sui sovraccarichi, come ha fatto la sua città («che ha
un porto nel quale le condizioni di sicurezza sono complessivamente adeguate»)
con la realizzazione della pesa visto che «è intuibile che l'entrata in
funzione di tale strumento e il suo uso generalizzato potranno determinare
negative conseguenze da un punto di vista commerciale, nel momento in cui
andrebbe ad erodersi quella parte di vantaggio competitivo del transito via
nave - ottenuto impropriamente attraverso il sovraccarico - rispetto al
transito via strada spesso ottenuto attraverso altri usi impropri, quali orari
e velocità, non pienamente controllati».
Il fatto è che Ravenna è uno dei
cardini del progetto di Autostrade del mare su cui giustamente si punta come
alternativa al trasporto delle merci su gomma.
Il risvolto meno celebrato
riguarda, però, «i ritmi di lavoro che sono diventati veramente insostenibili.
I traghetti - racconta l'esposto presentato da Cobas e Federmar alla Procura
di Ravenna- a volte arrivano in porto anche alle 10 del mattino se non
addirittura a mezzogiorno, e la sera poco prima delle 20 devono ripartire
subito sbarcando e imbarcando dai 200 ai 300 pezzi a seconda dei tempi e delle
richieste. Pertanto i lavoratori sono costretti a "rizzare" le catene dei
semirimorchi mentre i guidatori dei "sisu", enormi e potenti trattori,
imbarcano dentro altri trailers, sentendosi spesso sfiorare la schiena
dalle gomme di questi ultimi».
E proprio questo aspetto ha
convinto l'avvocato Massimo Dalmonte, legale dei parenti della vittima, a
chiedere alla magistratura di verificare se fossero stati regolarmente
attivati i sistemi frenanti del rimorchio, una procedura obbligatoria che
comporta, però, anche un prolungamento dei tempi di imbarco.
«I vecchi soci della cooperativa
portuale, che hanno mediamente oltre 45 anni», è la pesante denuncia di Cobas
e Federmar, «si rifiutano da tempo di andare a "rizzare" i rimorchi, mentre
tra i giovani soci (che non possono rifiutarsi perché "ricattabili" dal punto
di vista occupazionale), si è diffusa la pratica di produrre certificati
medici per farsi esonerare da quel lavoro. Così si è ricorso all'impiego di
giovani interinali solo per il lavoro sui traghetti».
Proprio per verificare questi
aspetti dell'organizzazione del lavoro in banchina, a Genova, Rosaria
Carcassi, funzionario Asl e responsabile del servizio prevenzione e sicurezza
del lavoro sta avviando un monitoraggio, il primo in Italia, sulle condizioni
di lavoro degli interinali in porto.
Roberto Piccini, console dei
portuali livornesi per 17 anni, è stato tra i fondatori di Intempo, dal
cui cda è uscito a fine novembre dopo la sua nomina a presidente dell'Autorità
portuale dello scalo toscano: «A Livorno gli interinali avevano operato bene
anche perché potevano andare in banchina solo dopo un'accurata formazione. Ma
a lei pare che con tutta la nostra storia possiamo venir accusati di essere
sfruttatori? Può anche essere che a livello nazionale vi siano situazioni
particolari, ma per quanto riguarda la mia città siamo bel lungi dall'essere
apparentati a quella categoria. Tuttavia, le leggi sono anche queste. Ovvio
che ce le siamo trovate, e le abbiamo pure combattute. Dopodiché abbiamo
dovuto in qualche modo sopperire ad un processo regolatore dell'accesso alla
manodopera in porto che oggi, con l'arrivo delle agenzie per il lavoro, mi
sembra normalizzato».
Ma dopo cinque anni di avventura
nel lavoro in affitto, compagnie e sindacati si ritrovano con una società in
crisi. L'11 di maggio nel corso dell'assemblea dei soci, Alessandro Ramazza,
rappresentante di Obiettivo Lavoro, ha evidenziato «la diminuzione dei ricavi
[...] mentre i costi sono aumentati», sostenendo poi addirittura «che i costi
di gestione appaiono fuori controllo e che vi è un affidamento eccessivo sulle
prospettive della società». Rubboli e Valori hanno spiegato che la situazione
è dovuta anche alla crisi merceologica e dei trasporti che si registra in
ambito portuale, mentre il presidente Mariani ha formalizzato la sua rinuncia
al compenso «fino a quando il risultato non sarà positivo». Da allora
Intempo ha cercato di aumentare la sua presenza anche in altri settori,
non solo in quello della portualità dove ha filiali in tutti i principali
scali (Genova, Livorno, Venezia, Napoli, Cagliari, Palermo). Ad esempio è
sbarcata sul tronco autostradale ligure dove, nonostante alcune assunzioni
ottenute dal sindacato per vecchi precari, l'arrivo degli interinali per le
sostituzioni estive ha subito fatto registrare la nascita di una
rappresentanza Cobas.
Sembra destino. Perché nel suo
sito Internet, Intempo annuncia l'imminente apertura di uffici a Gioia
Tauro e in quello che si candida ad essere uno dei più importanti porti
europei per le merci provenienti dalla Cina è appena iniziata una vertenza.
Cento lavoratori in aperto contrasto con i sindacati confederali si sono
iscritti al sindacato autonomo Sult e hanno proclamato due giorni di sciopero
rivendicando turni di lavoro meno pesanti. Un'altra lacerazione, l'ennesima
sul fronte del porto, che molti fanno finta di non vedere.
Chi proverà a mostrarli a tutti
questi segnali, sono invece gli animatori di Arcoiris tv, dall'omonimo sito
Internet che si batte per una televisione alternativa e accessibile a tutti.
«Pietro Orsatti [regista e autore teatrale]», racconta Bruno Rossi, «ha
conosciuto la nostra realtà e ha deciso di raccontarla in un film
documentario, quasi concluso, che potrebbe essere poi distribuito dalla
Fandango. Parliamo noi, i vecchi, parlano i ragazzi, parla il console Batini.
Si mostra cos'era il nostro lavoro quando eravamo in 4 mila solo a Genova, e
cosa è diventato oggi. Quello che era quando per "costruire" un camallo ci
volevano otto anni, non quelle poche ore di formazione che bastano oggi».
Quelle che, tante o poche, adeguate o no, non sono servite a salvare Luca
Vertullo.