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crescita di che cosa e di chi ?
- Subject: crescita di che cosa e di chi ?
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 25 Jan 2007 06:27:58 +0100
da ecologia politica gennaio 2007
crescita di che cosa e di chi ? giorgio nebbia
Ieri l'altro: il mondo è andato avanti per centinaia di milioni di anni con cicli chiusi alimentati dal Sole: sono cambiate le forme, le dimensioni, le specie degli esseri viventi, ma tutti hanno vissuto aspettando pazientemente che l'energia del Sole "fabbricasse", con la fotosintesi usando i gas dell'atmosfera e l'acqua e alcuni sali tratti dal suolo, materia organica nei vegetali, chiamati per questo anche organismi produttori. I produttori sono utilizzati come alimento, "consumati", dagli organismi animali eterotrofi, che possono nutrirsi solo a spese di altri, appunto dei produttori; produttori e consumatori nel loro ciclo vitale restituiscono alcuni gas all'atmosfera e restituiscono al suolo le loro spoglie ed escrementi che opportuni organismi decompositori trasformano in molecole gassose o liquide o solide che ritornano in ciclo, appunto in un ciclo chiuso, nell'atmosfera o nelle acque o nel suolo. Queste molecole sono nutrimento per altri produttori e consumatori e, alla lunga, la massa di materia estratta dal pianeta resta più o meno uguale a quella restituita dalla vita. Nella vita non ci sono guadagni, né profitti, né accumulazione, né rifiuti, se si eccettuano alcune materie organiche che sono state sepolte sotto terra e che sarebbero poi diventate, in tempi lunghissimi, carboni o idrocarburi. Ieri: le cose sono cambiate; circa diecimila anni fa alcune comunità di nostri antenati sono passati dalla condizione di raccoglitori- cacciatori a quella di coltivatori-allevatori. La rivoluzione del Neolitico ha innescato cambiamenti "economici" che hanno innescato un crescente sfruttamento delle risorse della natura: una diminuzione della fertilità del suolo, un impoverimento dei minerali delle cave e delle miniere, un crescente uso del legname come combustibile e come materiale da costruzione, con conseguente distruzione delle foreste e inizio dell'erosione del suolo. La disponibilità di più cibo, le crescenti comodità della vita associata e poi urbana, hanno provocato una lenta graduale crescita della popolazione. Che la coltivazione intensiva del suolo provocasse una perdita di fertilità sapevano molte società antiche: gli Israeliti hanno dovuto imporre una periodica sospensione della coltivazione del suolo (il "sabato", l'"anno giubilare") in cui non si doveva coltivare e si doveva lasciar "riposare" la terra; gli agronomi romani raccomandavano la rotazione delle colture per evitare l'eccessivo impoverimento dei sali del terreno ad opera delle monocolture di cereali; le società Maya dovevano periodicamente spostarsi e diboscare nuovi tratti di giungla per recuperare suoli coltivabili quando la fertilità dei precedenti si era esaurita. Sono stati i primi segni della necessità di porre dei limiti alle attività umane economico-tecniche, anche se "paleotecniche", come le hanno chiamate Geddes e Mumford. Oggi: la crisi di scarsità è cominciata su larga scala a partire dal 1700 quando il legname è stato sostituito come fonte di energia dal carbone e poi, nel ventesimo secolo, dal petrolio, quando l'uso del ferro come materiale da costruzione al posto del legname ha messo in moto la società industriale e poi la società dei consumi, quando l'aumento della popolazione ha chiesto crescenti quantità di alimenti che potevano essere ottenuti con un massiccio ricorso ai concimi artificiali, prima ottenuti dal nitro cileno (i cui giacimenti si sono presto esauriti), e poi di merci ottenibili con una crescente sottrazione di materie non rinnovabili dalla superficie e delle viscere della terra e con una crescente formazione di spoglie e rifiuti e scorie estranei ai cicli biologici, tutti caratteri della società "paleotecnica" in cui siamo immersi ancora oggi. Di limiti hanno parlato Liebig nella metà dell'Ottocento; i biologi degli anni venti nel Novecento, come Volterra e Kostitzin, nell'elaborare la teoria matematica della lotta per l'esistenza e dei rapporti fra produttori, consumatori, decompositori, prede e predatori, parassiti, eccetera, davanti ai fenomeni di impoverimento delle risorse della natura e di immissione nell'ambiente dei metaboliti della vita e dei metaboliti della produzione e del consumo delle merci, hanno spiegato che una popolazione umana e la massa delle merci non possono crescere al di là della capacità ricettiva e rigenerativa dei corpi naturali e anzi, da un certo punto in avanti, "devono" diminuire a causa dell'intossicazione dell'ambiente. Queste nozioni, presenti in qualsiasi trattatello di ecologia, hanno ricevuto una esposizione popolare nel libro "I limiti alla crescita", apparso nel 1972 e contenente l'indicazione di alcune tendenze economiche ed ecologiche prevedibili per i decenni del XXI secolo. Il libro, ovviamente, non dice quello che succederà, ma quello che potrebbe succedere se si verificasse una concatenazione di eventi riferiti ad un aggregato dell'intera popolazione terrestre: Se aumenta la popolazione aumenta la richiesta di cibo e di beni materiali e di merci; Se aumenta la richiesta di alimenti deve aumentare la produzione agricola; Se aumenta la produzione agricola deve aumentare l'uso di concimi e pesticidi e aumenta l'impoverimento e l'erosione dei suoli coltivabili; Se aumenta l'impoverimento dei suoli diminuisce la produzione agricola e quindi la disponibilità di alimenti; Se diminuisce la disponibilità di cibo aumenta il numero di persone sottoalimentate o che muoiono per fame; Se aumenta la richiesta di beni materiali, di energia e di merci aumenta la produzione industriale e la sottrazione di minerali, di acqua e di combustibili dalle riserve naturali; Se aumenta l'impoverimento delle riserve di risorse naturali economiche aumentano le guerre e i conflitti per la conquista delle risorse scarse; Se aumenta la produzione industriale aumenta l'inquinamento e la contaminazione dell'ambiente; Se aumenta la contaminazione ambientale diminuisce la salute umana. Per farla breve, se continua l'aumento della popolazione (allora, nel 1970, era di 3.700 milioni di persone e aumentava in ragione di 70 milioni all'anno; oggi, nel 2006, è di 6.500 milioni di persone e aumenta in ragione di 70 milioni all'anno), aumentano malattie, epidemie, fame, guerre e conflitti. Se si vogliono evitare situazioni traumatiche, la soluzione va cercata in un rallentamento del tasso di crescita della popolazione mondiale, della produzione agricola e industriale e del degrado ambientale, insomma nella decisione di porre dei "limiti alla crescita", della popolazione e delle merci e nel raggiungimento di una situazione stazionaria della popolazione e degli affari umani, di cui del resto avevano parlato Stuart Mill nella metà dell'Ottocento e Pigou nei primi anni del Novecento. Simili considerazioni erano state esposte, molto prima della pubblicazione dei "Limiti", da Thomas Eliot, da Albert Schweitzer, da Albert Einstein, e poi ancora da Garrett Hardin, Kenneth Boulding, Paul Ehrlich, Barry Commoner, Nicholas Georgescu-Roegen. Quest'ultimo, addirittura, già nel 1971 aveva avvertito che, per note ragioni di termodinamica, non avrebbe potuto durare a lungo neanche una società stazionaria. All'infame proposta di porre dei "limiti alla crescita" economica replicò la proposta di "sviluppo sostenibile", formulata negli anni ottanta del Novecento, secondo cui sarebbe possibile uno sviluppo/crescita delle società umane a condizione che cambino strutture urbane, modi di consumo, processi produttivi. Insomma le leggi fondamentali dell'economia non si mettono in discussione, e valgono sia per i paesi arretrati, sia per i paesi industrializzati, in quanto tali leggi spiegano come fronte anche ai problemi di scarsità; del resto l'economia non è la scienza del superamento della scarsità ? Domani: nient'affatto. Niente società stazionaria, niente sviluppo o società sostenibile; una popolazione o una società dei consumi non può sopravvivere in una condizione stazionaria, in uno spazio limitato, perché, col passare del tempo, si impoveriscono le riserve di materie necessarie per il cibo e le merci e perché nell'ambiente si accumulano le scorie del metabolismo che risultano tossiche per la specie e ne avvelenano gli individui. Esempi sono offerti dall'impoverimento delle riserve di idrocarburi o dall'effetto serra; ogni volta che si sono trovate davanti a problemi di scarsità o di inquinamento le società umane sono sopravvissute andando a procurarsi le materie necessarie per la propria crescita da altre parti, spesso con guerre imperialiste, o a cercare dei sostituti, a loro volta destinati ad impoverirsi, o a cambiare processi e tecnologie e beni materiali, spesso anch'essi tossici o inquinanti. Non possiamo andare avanti uscendo da una trappola tecnologica per cadere in un'altra e del resto la velocità dell'attuale "crescita" è così rapida che non lascia molto tempo a disposizione per un cambiamento. Sulla scia degli scritti di Georgescu-Roegen è nato l'invito alla "decrescita" che rischia di restare una nuova moda se non si da una risposta alla domanda "decrescita di chi e di che cosa" ? Della popolazione e dei consumi dei 1000 milioni di abitanti dei paesi del "primo mondo" industrializzato, o dei 2500 milioni di abitanti del "secondo mondo" dei paesi in rapida industrializzazione come Cina, India e sud est asiatico, o dei 3000 milioni di abitanti del "terzo mondo" povero e poverissimo, decrescita dei consumi degli anziani o dei giovani, dei consumi dei beni di lusso o dei beni di sopravvivenza ? Usando quali materie ? Per tale risposta occorrono delle corrette statistiche dei beni fisici disponibili e di quelli che si stanno perdendo, e dei corretti indicatori, in alternativa all'ingannevole Prodotto Interno Lordo in unità monetarie, dei rapporti fra attività umane e bisogni e distribuzione dei beni, e dell'effetto fisico e naturale di ciascuna azione umana. Buon lavoro a chi vivrà nei prossimi decenni, speriamo in una società tecnologica, ma neotecnica e biotecnica, con consumi in armonia con i grandi cicli naturali. |
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