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Genova un cambio di marcia è possibile e necessario
- Subject: Genova un cambio di marcia è possibile e necessario
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Sat, 9 Dec 2006 11:02:57 +0100
GENOVA UN CAMBIO DI MARCIA E' POSSIBILE E
NECESSARIO Il dibattito in corso sui canditati sindaci per le
prossime amministrative , tutto incentrato sulla personalizzazione dei candidati
e sulla loro capacità maggiore o minore di attrare il consenso dei votanti,
tende a sottovalutare un problema molto grosso che non è tanto quello del
programma - che è e resta enorme - , ma quello di quale cultura politica e
amministrativa andrà a gestire le amministrazioni nei prossimi
anni.
Nel decennio trascorso tutti gli indicatori sulla
qualità della vita degli abitanti e dell'ambiente sono colati a picco. Certo non
è estranea a questo rovinoso precipitare la qualità personale degli
amministratori - veramente pessima - , o il sistematico conflitto di interessi
che ha vincolato molte scelte delleamministrazioni, certo però qualche
cambiamento di faccia e qualche tecnico capace messo al posto giusto e in
condizioni di fare il suo lavoro non potrà risolvere le sorti di una città e una
provincia in condizioni di vistoso decadimento.
E' la scelta culturale della politica che si
misurerà con il territorio che è chiamata ad amministrare il vero nodo della
questione.
Partirei da un primo pilastro nel comune sentire
della classe politica che ci ha amministrato che è quello dello sviluppo - più o
meno sostenibile - . Il concetto di sviluppo - ripeto con qualunque
aggettivazione lo si voglia accompagnare - è strettamento connesso a quello di
crescita e il convincimento del ceto politico che ci ha governato fin qui è che
non ci possa essere sviluppo senza crescita.
Ma non è assumendo il concetto di limite e una
cultura economica che non opprima i più deboli a vantaggio delle elites
economiche e politiche che ci puo' far risolvere il problema. Ci ritroveremmo
sempre all'interno di un paradigma quantitativo.
Se noi vogliamo una gestione della cosa pubblica
che muti nettamente i suoi indirizzi è necessario smettere di considerare
l'economia come momento centrale dell'agire politico ed
amministrativo.
La scelta - e la sfida culturale e politica che ne
consegue - non puo' essere che quella di passare dal piano quantitativo a
quello qualitativo e assumere come chiave di lettura la qualità dei sistemi
territoriali.
Se noi assumiamo come criterio di giudizio non
tanto il pil o il volume di traffici o di costruzioni fatte ma la salita o
discesa degli indicatori qualitativi - per le persone, la collettività,
l'ambiente - ecco che diviene naturale il passaggio dal prevalere
dell'accumulazione e della fruizione a livello individuale di beni privatizzati
alla diffusione del benessere collettivo.
Per questo è necessario rivalutare la complessa
rete dei vincoli di interdipendenza che legano tutte le componenti del
territorio e la sperimentazione luogo per luogo delle alternative
possibili.
Certo nella visione che qui si propone il benessere
è altro, vive sull'uso sapiente dei beni comuni, della ricchezza delle
relazioni, dell'equilibrio tra esigenze e bisogni differenti, dell'armonia come
valore principe da condividere.
Passare da un paradigma all'altro necessità di una
discontinuità molto netta in particolare in riferimento all'idea che l'aumento
della ricchezza - per pochi - si riverberi in termini di potenzialità per tutti.
Non è così, non lo è mai stato e bisogna dirlo chiaro non lo sarà mai. E non è
vero che lo sviluppo della cienza ci salverà . Purtroppo le scelte della
politica hanno sempre fatto prevalere i miti dell'accumulo e le "eccezzioni"
sono sempre a sfavore della saluta e della qualità della vita dei più. E come
ben sappiamo da big pharma a bio-agricoltura ci sono sempre tecnici e accademici
che per denaro sono disposti a difendere le ragioni di chi li paga.
L'idea politica per cui propendiamo e che è anche
la sfida che ci affascina è quella di una cultura politica ed amministrativa che
sappia farsi promotrice di una gestione fondata sulla partecipazione e sulla
cooperazione. I saperi e le identità diffusi sul territorio sono una ricchezza
per tutti che solo un mutamento di paradigma nell'agire politico e
amministrativo potrà portare a tutti.
Allo spezzettamento del territorio, alla
frantumazione delle identità comuni, al trasferimento promosso o subito non
importa di migliaia di persone da un'area all'altra del territorio per
soddisfare le leggi dell'accumulo e del profitto dei pochi va data una risposta
ben diversa dei pochi balbettii fin qui pronunciati da candidati o presunti
tali.
Diciamo che alcune leggi vanno rispettate , contro
le esigenze dello "sviluppo economico " proposto.
Esistono dei limiti ben precisi e definiti
dalla legge che non devono essere più sforati : quello dell'aria - il
traffico e la contaminazione dell'aria che ne consegue ha effetti devastanti
sulla qualità dell'ambiente e della salute dei cittadini e dell'ambiente con
costi che vanno internalizzati e non scaricati - al solito - sul
pubblico.
Esistono degli spazi minimi di aree a
servizi fruibili per le persone - verde , servizi e altro - , questi
sono definiti per legge e sistematicamente elusi da amministratori e
imprenditori a fini di profitto. I tecnici che conteggiano i parcheggi, le
rotatorie , le scarpate, le aree verdi irregiungibili come aree nella
disponibilità dei cittadini lavorano per i pochi, non certo per chi li paga - i
cittadini - .
Esistno beni culturali fondanti delle
identità delle città che sono sistematicamente travolti dalla
incontrollata crescita dei bisogni consumistici indotti per cui piazze,
giardini, aree golenali, palazzi storici e quant'altro sono sistematicamente
preda degli appetiti privatistici che ci costringono a incontrarci negli spazi
del consumo anzichè nelle nostre piazze e nei nostri giardini.
Genova è una città di mare dove i cittadini
nella stragrande maggioranza non possono nemmeno vederlo il mare, meno
che meno usufruirne e le risposte - le migliori - che ci sono state date sono la
costruzione di spazi privatistici di ulteriore antropizzazione e
cementificazione della costa, posti barca e campi da golf - con annessi
appartamenti vista mare puzza di cloaca compresa - il cui valore esclude dalla
loro fruizione la maggioranza degli abitanti e scarica sull'ambiente il peso di
un'ulteriore pesante serie di fonti di inquinamento.
La giustizia. Il controllo del territorio a
parte dei nostri amministratori è risibilmente inadeguato nei numeri,
negli uomini e nelle risorse destinate.
Se i dati sindacali ci dicono che nel settore
edilizio il 75% dei cantieri vanno avanti in condizione di costante illegalità -
illegalità tollerata e non perseguita dalle amministrazioni - che cosa sarebbe
dei nostri grintosi imprenditori e del loro modello di sviluppo se dovessero
rispettare le regole e competere sul mercato senza i continui trucchi e le
rimozioni che li favoriscono a scapito dei loro lavoratori e di tutta la
popolazione residente ?
Queste considerazioni macroscopicamente rilevabili
da chiunque si aggiri in prossimità di un cantiere cittadino possono essere
riferite al comparto dei rifiuti, del ciclo dell'acqua, al lavoro minorile, ai
diritti dei migranti , agli spazi culturali e a quelli comuni.
Certo, un rispetto della legge che tuteli
tutti , una trasparenza amministrativa che semplifichi e condivida le
scelte, una condanna certa dei colpevoli rappresentano valori spesso enunciati
ma mai perseguiti dalla attuale e dalla precedente
amministrazione.
Sono dieci anni che i ricchi si arricchiscono e i
poveri diventano più poveri con la benedizione di un ceto politico che tradisce
costantemente i suoi ideali dichiarati per la propria autoconservazione
gerontologica e per il debito - politico e culturale - che ha verso e lobbies
che lo hanno espresso.
Una svolta è possibile e ancor più è necessaria se
vogliamo dare un senso credibile alle nostre parole e al nostro
futuro.
andrea
agostini
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