energia le scelte future



 
da  QUALENERGIA ANNO IV - N.2
Le scelte future
di Gianni Mattioli e Massimo Scalia

Una fotografia Prolisso, ripetitivo e perciò incredibilmente
noioso alla lettura, il documento
conclusivo relativo alla
“Indagine conoscitiva effettuata dalla
commissione Attività Produttive della
Camera dei deputati sulle prospettive
degli assetti proprietari delle imprese
energetiche e i prezzi dell’energia in Italia”
– approvato quasi integralmente
all’unanimità in febbraio – è riuscito a
occultare alcuni elementi interessanti
emersi dalle audizioni effettuate. L’intento
di pervenire ad un testo by-partisan
ha ridotto al minimo il compianto
sul mancato nucleare, mentre la prospettiva
di dover fare i conti con Kyoto
ha contenuto gli entusiasmi per il carbone
“pulito”, ma questo terreno di
incontro ha portato ad annegare alcuni
dati importanti del quadro attuale e
alcune interessanti prospettive individuate
per il futuro.
Vediamo alcuni di questi dati.

La disponibilità di potenza elettrica
«È sensibilmente ridimensionato il
rischio di black-out: la capacità strutturale
del sistema nel suo complesso sembra
poter garantire un margine di riserva
adeguato a soddisfare il fabbisogno
di energia elettrica nel rispetto di prefissati
livelli di sicurezza e di qualità. Le
pressoché unanimi previsioni al 2010
mostrano un margine di riserva congruo,
che si assesterebbe attorno al
17%, …ma già nel 2004 ci si era portati
al 15%, che è il livello “ottimale” secondo
il Grtn».

Il prezzo dell’energia elettrica
È forse questo il dato più interessante
emerso dai contributi degli esperti
ascoltati, anche se la Commissione si è
limitata a un accenno sbrigativo nelle
sue conclusioni.
Afferma Enzo Gatta (Assoelettrica):
«Dalle medie aritmetiche dei prezzi di
cinque mercati all’ingrosso (Spagna,
Francia, Germania, Olanda e Italia), si
nota che, sin dal settembre del 2005, per
quanto riguarda l’Italia, il prezzo medio
è sensibilmente minore rispetto a quello
delle altre borse, con la sola eccezione
della Spagna». E Clavijo Olmos (Endesa):
«Dal 2000 l’industria energetica italiana
ha potuto avviare un deciso rinnovamento
tecnologico…Ciò ha determinato
la progressiva convergenza dei
prezzi dell’energia elettrica a livello
europeo, dimostrata chiaramente dall’inversione
di tendenza che spesso negli
ultimi mesi ha caratterizzato i flussi di
energia transfrontalieri, con abituali
esportazioni dall’Italia verso la Francia».
Analoghe considerazioni sono state
svolte da Umberto Quadrino, da Flavio
Cattaneo (Terna SpA) e il presidente dell’Autorità
per l’energia elettrica e il gas
Alessandro Ortis rileva che: «… i margini
di profitto dei produttori restano alti,
come si riscontra confrontando a livello
internazionale … i margini di ricavo di
taluni produttori elettrici».
Sarà necessario ora seguire l’andamento
nel tempo del prezzo del Kwh
per valutare se la progressiva convergenza
del prezzo italiano con quelli
degli altri Paesi sia un fenomeno sostanzialmente
congiunturale, dovuto al temporaneo
aumento della domanda in
Europa o sia dovuto a elementi di carattere
strutturale quale la significativa
innovazione tecnologica che caratterizza
l’ultima generazione degli impianti
(turbogas) nel nostro paese, così come il
manifestarsi, per la produzione di elettricità
in altri paesi, di oneri in precedenza
ripianati dallo Stato (per esempio,
i costi del ciclo del combustibile nucleare),
oppure per l’emergere nel caso del
carbone degli oneri, sin qui sottovalutati,
dovuti ai costi per la mitigazione degli
effetti sanitari e ambientali pretesa sempre
di più dall’opinione pubblica.
Gli effetti di un processo di privatizzazione
accompagnato da un inadeguato
processo di liberalizzazione.
È il dato che emerge in modo vistoso
dal complesso degli elementi raccolti dall’indagine
conoscitiva, anche se manca
nelle osservazioni conclusive della Commissione
una disamina limpida e responsabile
del percorso seguito in Italia per le
privatizzazioni. Eppure il titolo del paragrafo
– “più Stato” (regole) e più “mercato”
(concorrenza)” – dava a intendere
un approfondimento sulla vicenda, che
ha portato la situazione del settore dell’elettricità
e soprattutto quella del gas a
passare da monopoli pubblici a un insieme
di oligopoli pubblico-privati, i cui
profitti appaiono
“funzionali al bilancio
dello Stato”
(Pieraldo Isolani, Adiconsum) più che alla
costruzione di politiche energetiche.
Affrontare con rigore questa problematica
era evidentemente un compito troppo
impegnativo per una Commissione in
fine di legislatura, che tuttavia ha trovato
la sua unità – il testo è stato chiuso nei
giorni dell’emergenza gas! – nell’ascrivere
a Eni e al ministro tutore la responsabilità
dell’emergenza: «La situazione di
deficit del gas avrebbe potuto essere evitata
per tempo tramite il completamento
del processo di liberalizzazione del
settore del gas, con l’adozione di adeguati
atti di indirizzo nei confronti dell’Eni,
mediante l’esercizio da parte del
Ministero dell’Economia dei poteri dell’azionista
».
In ogni caso, l’obiettivo di pervenire
“entro 5 anni” a un esubero del 20%
dell’importazione di gas rispetto alla
domanda nazionale, in modo da fare
dell’Italia a sua volta un esportatore di
gas viene stressato dalla Commissione
come obiettivo strategico.
Fonti rinnovabili ed efficienza
energetica

«Il ricorso attuale alle fonti
rinnovabili nel nostro paese appare
ancora trascurabile. Sulla scorta di quanto
avvenuto nei principali paesi industrializzati,
fotovoltaico ed eolico presentano
le maggiori potenzialità di crescita
». Trascinata da questo netto giudizio
di Luigi Paganetto (Enea), la Commissione
esprime un deciso sostegno a
politiche di sostituzione del petrolio con
fonti rinnovabili, di sviluppo su scala
industriale dell’idrogeno e di implementazione
dell’efficienza energetica.
Non si dilunga tuttavia nell’affrontare le
implicazioni di questa scelta virtuosa dal
punto di vista degli investimenti. Importanti
sono tuttavia le raccomandazioni
di carattere normativo per l’adozione di
queste tecnologie e perché l’Italia operi
in sede UE per rendere cogenti le direttive
europee. E ci si può attendere un
riscontro positivo se si guarda alle volenterose
prospettive che il recente scenario
energetico predisposto dalla commissione
Barroso disegna per le fonti
rinnovabili.
Quanto al nucleare,
lamentato
il mancato ricorso
ed espressa la condivisibile raccomandazione
di partecipare nelle sedi della
ricerca europea su reattori di nuova
generazione e sistemazione di rifiuti
radioattivi, avanza la singolare teoria
secondo la quale, nel medio periodo
potrebbe risultare efficace un’ azione
europea coordinata che diffonda gli
eventuali vantaggi di prezzo senza che
necessariamente tutti i paesi debbano
ospitare impianti! Che provino ad avanzare
la proposta.

Una previsione
E ora, dopo gli elementi di quadro
forniti dalla “fotografia”, proviamo a
proporre alcuni elementi di prospettiva
sul futuro, che siano insieme virtuosi e
ragionevoli. È finita la “bella epoque”,
quando Enel e Eni recitavano: «Noi
siamo i fornai e il nostro interesse è vendere
più pagnotte possibile» Vi ricordate
il presidente dell’Enel, Corbellini, che
valutava la richiesta in rete di elettricità
al ‘90 in 364 TWh, ma solo “a seguito di
una politica rigorosa di contenimento
dei consumi”, o il Pen che prevedeva,
sempre al ’90, un’Italia da 220 MTep?
Oggi, quindici anni dopo il ‘90, il fabbisogno
energetico del Paese non ha
ancora raggiunto i 200 Mtep e quello
elettrico viaggia intorno ai 330 TWh.
Purtroppo la filosofia di offerta delle
società di produzione o distribuzione
dell’energia è rimasta la stessa, ma quando
l’utente si è ingozzato di pagnotte è
difficile fargliene trangugiare altre. Un
solo esempio: l’ “Italietta” del contatore
da tre kW, in fascia sociale protetta, non
esiste quasi più dopo che la forsennata
campagna Enel per “promuovere” tutti
ai 4,5 o 6 kW ha avuto pieno successo; e
così se un italiano vent’anni fa consumava
circa 3.500 kWh all’anno oggi ne consuma
quasi 2.000 di più e, tenendo conto
del fattore climatico, si è uniformato agli
sprechi, se non dell’utente francese, sicuramente
di quello tedesco.
In questa strage termodinamica permanente
le cifre di previsione che vengono
avanzate non sono però più quelle,
stragonfie, di una volta. Il Map presenta
un documento - per la Conferenza
sull’energia, poi saltata - di una cartellina,
striminzita, dove al 2010 prevede 212
Mtep; e solo un naso raffinato potrebbe
fargli presente che anche in terza media
sanno tirare una retta che meglio
approssima i punti del diagramma “fabbisogno
energetico/anni”. Certo, il lupo
perde il pelo…, e quella povera retta che
al 2020 dovrebbe passare per 225 schizza
invece, misteriosamente, a 243,6
Mtep. Si, anche la cifra decimale!
Ancor più pelosa la previsione per la
domanda elettrica: il tasso medio annuo
di crescita registrato nel periodo
1992–2004 viene generosamente maggiorato
dall’ 1,8% al 2,25%, l’evoluzione
della curva di crescita viene tranquillamente
ignorata a favore della consueta
“estrapolazione lineare” per arrivare
a una previsione di 464 TWh per il 2020.
Ben il 44% più del 2004 (322 TWh)! Continuiamo
pure a vendere pagnotte,
anche se qualcuno si dovrebbe essere
accorto che la dinamica del picco estivo
della domanda che supera di poco quello
invernale non potrà essere amplificata
a volontà. Certo, se non si stabilizza a
livello globale la CO2 e se noi diamo questo
bel contributo, serviranno per davvero
tutti quei TWh per tenerci al fresco
con le temperature che si raggiungeranno.
O forse no, perché ci penserà
direttamente il livello delle acque sciolte
dalle calotte polari.
Ma allora, quale futuro e quali cifre
per il nostro Paese? Uso efficiente dell’energia
e promozione delle fonti rinnovabili
sono state recepite, dopo tante
insistenze, come priorità nel programma
politico dell’Unione. Automatico quindi
il riferimento all’ottimo lavoro preparatorio
svolto, nei tavoli dell’Unione, dal
gruppo di lavoro ad hoc e presentato a
Roma nel novembre scorso “Energia e
Ambiente”, d’ora in avanti E & A. Condividiamo
la gran parte delle valutazioni
e delle cifre e ci permettiamo di avanzare
alcune previsioni, articolazioni e
sottolineature, limitandoci al traguardo
del 2011, cioè al quinquennio nel quale
speriamo che le politiche proposte si
realizzino davvero col governo di Romano
Prodi.
A quella data la nostra previsione sui
consumi finali, tendenziale, senza interventi,
è di 151 MTep, cui corrisponde un
fabbisogno di 207 Mtep. Tale fabbisogno
è ovviamente inclusivo della quota
elettrica per far fronte a una richiesta in
rete che prevediamo in 350 TWh.
È proprio questo comparto che
vogliamo analizzare con maggior dettaglio,
poiché è quello da cui ci si possono
attendere risultati significativi, e migliorando
la bassa efficienza media di generazione
termoelettrica e intervenendo
sugli impieghi finali dei grandi settori di
consumo. Le conversioni delle centrali
da gasolio a carbone su cui l’Enel insiste
vanno decisamente respinte; gli sberleffi
a Kyoto del governo Berlusconi caricano
infatti il Paese di una sfida difficilissima:
la riduzione di 100 MTon di CO2
entro il 2012.
La sostituzione in 5 anni di 4.400 MW
di potenza alimentata a olio combustibile
con cicli combinati gas vapore comporta
un risparmio complessivo di circa
15 TWh e una riduzione di oltre 5 MTon
di CO2, che diventano 6 Mton se 3.000
dei MW sostituiti sono a carbone. Un
miglioramento del 5% dell’efficienza
elettrica dei dispositivi di processo e di
utilizzo negli impieghi industriali dei settori
di maggior consumo – chimica, meccanica,
siderurgia, agroalimentare – dà
5 TWh. La richiesta elettrica del settore
domestico, terziario e residenziale, è
quella che ha avuto il più elevato ritmo
di crescita a un tasso medio del 3,4%
negli ultimi 12 anni: un miglioramento
solo del 3% dell’efficienza di
impiego in 5 anni corrisponde
a un risparmio di 4,5 TWh. La
riduzione complessiva del
10% degli usi impropri in tutti
i settori è stimabile in 4 TWh. La somma
di questi contributi è 13,5 TWh, cui corrisponde
una riduzione di 5MTon di CO2.
Come si vede siamo ai 30 TWh previsti
da E & A; e la modestia degli obiettivi
assegnati rende l’articolazione e la
realizzazione del tutto credibile. Certo,
ottenere quei tanti piccoli risultati comporta
l’uso del “cacciavite”; ma non è
questo che Prodi ha ripetutamente promesso?
La riduzione di 13,5 TWh abbassa la
previsione di richiesta elettrica a meno
di 337 TWh e, quindi, l’incremento di 15
TWh rispetto al 2004 può essere coperto
dalla metà degli obiettivi per le fonti rinnovabili
contabilizzati in E & A (27,9 ÷
37,1 TWh). Non è davvero un’indicazione,
ma una riprova della cautela delle
azioni proposte.
Due altri comparti meritano un’analisi
dettagliata delle azioni di risparmio
e di ricorso alle fonti rinnovabili
per il prossimo quinquennio: impieghi
domestici, in particolare il settore
residenziale, e i
trasporti. Ci torneremo.