calamità naturali ma non troppo



 
da aprile online del 19/09/2006
 
Calamità 'naturali' ma non troppo
Territorio. Un comune su dieci è a rischio alluvione, non a causa della posizione geografica ma della mano dell'uomo. Servono nuove politiche di gestione della terra e delle acque
 Massimo Serafini

E' normale che a settembre piova e lo faccia con l'intensità con cui lo ha fatto in questi giorni. Meno normale è che ad ogni pioggia più o meno eccezionale, gran parte del territorio italiano frani o si allaghi. Bastano pochi numeri per descrivere il dissesto idrogeologico, quelli forniti dal sottosegretario Bertolaso: un comune su dieci è a rischio rilevante di frana o alluvione; negli ultimi anni questo paese è stato colpito da 15 mila esondazioni e oltre 30 mila frane.
Una classe dirigente incolta e arrogante, fatta di speculatori d'ogni genere, chiama questi eventi “calamità naturali”, quasi dipendessero dalla malasorte o dalla cattiveria della natura. Gli economisti, quelli che misurano l'agognata “crescita” addirittura li conteggiano come un aumento del PIL. In realtà non c'è nulla di naturale ne di sfortunato in questi eventi. Anzi, più li si indaga e più si scoprono le colpe di tanto dissesto: di pianure cementificate, di colline rase al suolo e disboscate, di fiumi scavati e ingabbiati a cui sono state rubate persino le aree golenali per trasformarle in fabbricabili.
Alcuni anni fa il TG5, nel raccontare l'ennesima piena del Po, concluse il servizio dicendo che erano state evacuate le aree golenali. In realtà alla base di tanta devastazione vi sono solo tre ingredienti: ignoranza, speculazione e illegalità. Due cose ci piacerebbe sentire dai ministri competenti del Governo Prodi, se ce le dicessero farebbero capire che non ci sono più al potere devastatori di professione come Lunardi e Matteoli. La prima è che l'unica grande opera di cui questo paese ha bisogno è la messa in sicurezza del suo territorio. La seconda è che la soluzione del problema idrogeologico non dipende da quante opere di ingegneria si appalteranno ma da decisioni politiche capaci di introdurre nuove regole di gestione della terra e delle acque. Queste cose sarebbe il caso di dirle in finanziaria: oltre a sanare la nostra terra darebbero tanto lavoro e persino molti risparmi in spesa pubblica.