raddoppia la sete nel mondo, un miliardo di persone non ha da bere



 da repubblica.it
 
Raddoppia la sete del mondo  In 50 anni dimezzate le scorte
Il quarto forum mondiale sull'emergenza. Un miliardo di persone non ha da bere
Il valore dell'industria idrica è pari al 40 per cento di quella del petrolio
Raddoppia la sete del mondo In 50 anni dimezzate le scorte
di RICCARDO STAGLIANÒ

 
Un miliardo di persone nel mondo non ha da bere

Il problema della scarsità d'acqua annega nei paradossi. L'indiana Cherrapunji, per dire, è la città più piovosa del mondo ma dai rubinetti escono solo poche gocce. Mancano le infrastrutture, ha denunciato nei giorni scorsi un gruppo ambientalista. E mentre nel mondo un miliardo di persone non ha accesso ad acqua potabile e 2,6 miliardi non sanno cosa siano servizi sanitari negli ultimi cinque anni il consumo di acqua in bottiglia è cresciuto del 57%. In questa classifica sprecona di chi beve più litri per persona il Messico, nella cui capitale si apre oggi il quarto forum mondiale dell'acqua, è secondo solo all'Italia.

L'appuntamento, che ha lo scopo di raggruppare una sorta di super-lobby dei diritti idrici che comprenda politici, imprenditori e ong, si tiene ogni tre anni ed è organizzato dal Consiglio mondiale dell'acqua. E ogni volta, a guardare i numeri, la situazione peggiora. Se le riserve mondiali per abitante erano di 16.800 metri cubi nel 1950, nel 2000 erano scese a 7300 e nel 2025 si assesteranno a 4800. Checché ne dicessero una volta i professori di economia negli esempi delle loro lezioni, l'acqua è una risorsa "finita". E come tale è preziosa.

Eppure la gente, nello spicchio ricco del mondo, si comporta come se non fosse così e uno scarico di una toilette occidentale ne usa tanta quanta ne serve a una persona nei paesi poveri per le esigenze di un giorno intero. Per non dire dei 30 litri che servono per produrne uno di birra, i 4500 per 1 chilo di riso e i 100 mila per un chilo di alluminio.
Le contraddizioni sono ancora più radicali. In America latina e in Africa equatoriale, dove l'acqua è naturalmente abbondante, da un quarto a metà della popolazione ha difficoltà a berne di pulita. Le ragioni sono politiche e finanziarie. "Per uno stato - spiega su Le Monde Pierre Victoria, direttore delle relazioni internazionali di Veolia-eau - è più semplice partecipare alla distribuzione dell'energia o delle grandi infrastrutture. Ma bisogna convincersi che è più importante investire sull'acqua che sui telefoni cellulari". Non foss'altro perché la carenza di questi ultimi non provoca 8 milioni di morti all'anno, addirittura più vittime di quelle da malnutrizione.
Le multinazionali l'hanno capito e riempiono i buchi lasciati dalle amministrazioni. Alla loro maniera, però, sino a quando la popolazione si arrabbia. Come è successo a Cochabamba, in Bolivia, dove la privatizzazione da parte di una società controllata dalla californiana Bechtel portò a rincari del 300% che i campesinos non potevano permettersi. All'inizio del 2000 ci furono scontri, 6 morti e centinaia di feriti e alla fine la municipalità cancellò il contratto capestro.
L'Onu si è data un obiettivo: dimezzare entro il 2015 il numero di persone senza acqua potabile o servizi sanitari (ovvero quelle che non dispongono di 20 litri al giorno a una distanza inferiore a 1 chilometro). Per raggiungerlo servono i soldi di chi il problema lo apprende da giornali e tv, magari sorseggiando una Perrier, ovvero investimenti tra i 7,5 e 25 miliardi di euro all'anno contro i 4 stanziati oggi. L'impegno terrà banco al forum. Dove qualcuno cinicamente ricorderà che altri appetiti sono in gioco da momento che Fortune ha valutato in 403 miliardi di euro l'anno il valore dell'industria dell'acqua ("il miglior settore dove investire"), pari al 40% di quella del petrolio.