il debito cresce e condizionerà il nuovo governo



da repubblica.it
lunedi 30 gennaio 2006
 
 
Il debito cresce e condizionerà il nuovo governo

GIUSEPPE TURANI

Per avere un’idea delle difficoltà che incontrerà il nuovo governo a fare il suo mestiere (e il paese a tirare avanti) basta leggere l’ultimo rapporto di Congiuntura Ref. I dati contenuti nel rapporto sono decisamente agghiaccianti, come del resto la premessa generale: l’economia mondiale «sta ritrovando diverse spinte propulsive, difficilmente l’Italia riuscirà a ritrovare stimoli interni allo sviluppo, tali da consentirci di abbandonare la sostanziale stagnazione in cui versiamo da troppi anni».
Insomma, il mondo se la cava, ma l’Italia molto meno. Poi, nel rapporto, il dettaglio dei numeri. I più importanti previsti sono questi: nel 2006 e nel 2007 la crescita complessiva dovrebbe aggirarsi intorno all’1,4 per cento (sempre che non ci siano incidenti di vario tipo). Ma qui finiscono le buone notizie. Subito dopo, infatti, si vede che si tratta di previsioni condizionate.
Il primo vincolo viene dal disavanzo, che dovrebbe passare dal 4,3 per cento del 2005 al 4,8 del 2006 e poi al 4,7. In sostanza, il governo Berlusconi lascerà in eredità a se stesso (se sarà confermato) o a Prodi un bilancio con un disavanzo ormai attestato appena sotto la linea del 5 per cento, cioè largamente troppo elevato.
Ma il dato peggiore (nelle previsioni Ref) è quello del debito complessivo (accumulato). Se nel 2004 esso si aggirava ancora intorno al 106,5 per cento del Pil, nel 2005 è già arrivato vicino a quota 109 per cento e nel 2006 sfonderà quota 110 per cento e nel 2007 arriverà al 111,6 per cento. Un’enormità.
E’ evidente che è impossibile governare con alle spalle un debito pubblico di queste dimensioni e con un trend in aumento invece che in discesa. Pena una catastrofe nel giro di pochissimi anni.
E quindi, giustamente, gli economisti di Ref notano che quello che accadrà nel 2006 e nel 2007 sul piano della crescita è strettamente legato a quello che il nuovo governo deciderà di fare per togliere il paese da questa insostenibile situazione.
A questo punto il quadro (deprimente) è di fatto completo. Fra i maggiori paesi industrializzati l’Italia resta quello con le performance peggiori sul piano della crescita economica, ma è anche quello con la peggiore situazione finanziaria. Insomma, siamo caduti dentro una buca e per di più siamo pieni di debiti.
E non è nemmeno vero che, almeno, paghiamo meno tasse. Se nel 2001 si lavorava fino al 22 giugno per pagare le imposte (invece che per se stessi), adesso, dopo cinque anni, si lavora ancora fino al 22 giugno. Non è stata guadagnata, cioè, nemmeno una giornata di lavoro.