il bonus, il malus i conti veri dell'economia che verrà



da lastampa Giovedi' 2 Marzo 2006
I bonus, il malus
di Tito Boeri

Un'economia a tre zeri. Non cresce il reddito, non cresce la produttività, non cresce più neanche l'occupazione, l'unica variabile ad averci riservato qualche notizia positiva negli ultimi anni. Questo il quadro desolante che emerge dai dati consuntivi sul 2005 resi noti ieri dall'Istat. Il contrasto con la forte crescita dell'economia mondiale è stridente. Siamo davvero il malato d'Europa ora che anche Francia e Germania sono riuscite ad agganciare la ripresa mondiale. Alla Bce si pensa di alzare i tassi di interesse, mentre noi siamo in recessione.
Può essere un salutare richiamo alla realtà in una campagna elettorale che si stava pericolosamente allontanando da ciò che famiglie e imprese vivono tutti i giorni. Come se fossimo in pieno boom economico e con conti pubblici in nero anziché in rosso, abbiamo assistito sin qui alla moltiplicazione dei bonus. Ce n'è ormai uno per tutti i gusti: dal latte al cinema, dal bebè alla casa, dalla scuola all'adolescenza. Senza, ovviamente, mai svelare il malus, come si intendono finanziare queste misure.
Nel mese che ci separa dalle elezioni bisognerà spingere la nostra classe politica a tornare coi piedi per terra. Speriamo che Bruno Vespa, la prossima volta che avrà modo di interloquire davanti ai teleschermi con il presidente del Consiglio, abbia il coraggio di destinare almeno una delle sue domande (83 l'ultima volta) a un quesito che sta molto a cuore agli italiani: se rimarrete al governo, come e dove taglierete 80 miliardi di spesa pubblica nei prossimi due anni? Il conto è presto fatto. Il governo si è impegnato con Bruxelles a ridurre il disavanzo di 2 punti di Pil entro il 2008, riducendo al contempo la pressione fiscale dello 0,8 per cento (ipotizzando di completare la riforma fiscale). Ora promette un aumento delle pensioni minime a 800 euro, l'introduzione del quoziente famigliare, l'abbandono dell'Irap e i suoi bonus. Costano almeno tre punti di Pil. Il programma perciò è realizzabile solo tagliando 6 punti di spesa pubblica. Al lettore giudicare quanto sia realistico questo impegno ricordando che, in cinque anni di governo, il centro-destra ha fatto crescere la spesa primaria di circa 2 punti di Pil e gli interessi sul debito pubblico sono destinati ad aumentare.
Auguriamoci anche che Vespa, in una delle 113 domande che normalmente riserva a Prodi, chieda al candidato premier dell'Unione come intende coprire il taglio di 5 punti del cuneo fiscale e il bonus di 2500 euro fino a 18 anni. Il programma del centro-sinistra ha comunque impegni di spesa e di riduzione delle tasse meno ambiziosi di quelli del centro-destra. E non esclude la possibilità di aumentare le tasse sulle rendite finanziarie, né un incremento delle aliquote contributive sul lavoro autonomo. Più facile intuire come si potrà far quadrare il cerchio. Inoltre nel programma dell’Unione è più chiaro il legame fra programmi di spesa e stimolo alla crescita. Si vuole ridurre la tassazione sul lavoro per agganciare la ripresa internazionale, incassando quel dividendo della crescita mondiale che nel 2005 è del tutto mancato alla nostra economia: la domanda estera ha dato un contributo negativo alla crescita.
Ma non illudiamoci troppo sulla volontà della classe politica di mostrare le carte a un mese dal voto. Ci accontenteremmo di sapere che hanno davvero delle carte da giocare; che, prendendo atto della serietà della malattia, abbiano avuto la forza di imporre all'interno della coalizione un accordo sulle scelte da fare nei primi 100 giorni di governo per rilanciare l'economia del Paese. Molte delle riforme utili alla crescita possono essere fatte a costo zero. Ma ci vuole la volontà politica di intaccare posizioni di rendita e privilegi di alcune categorie. Non servono, invece, la spesa facile e i tagli fiscali in disavanzo, come dimostra l'esperienza fallimentare di questa legislatura. Bene allora non cercare sin d'ora degli alibi per aspettare a fare le riforme e, semmai, usare le riforme per migliorare conti pubblici resi più trasparenti e certificati da un ente esterno al Tesoro.
Le parti sociali non sono sotto elezioni e possono oggi mostrare le carte. Quelle svelate ieri dalla Cgil non sono promettenti.