Comunicato Stampa - Premio a una tesi che farà discutere



COMUNICATO STAMPA



LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

CREA POVERTÀ E DIPENDENZA

PREMIO ECOLOGIA "LAURA CONTI" AD UNA TESI DI LAUREA

                                                             CHE FARÀ DISCUTERE



Il 6° Premio Ecologia "Laura Conti" è stato assegnato dall'Ecoistituto del
Veneto Alex Langer a una tesi che, con lucidità, fa riflettere sulla
probabile inutilità degli aiuti internazionali ai paesi poveri, che danno
sollievo ma non cambiano la situazione.

L'autrice è Angelica Polegato, laureatasi in filosofia a Venezia con la
tesi "Aiuti alimentari: salvezza o rovina?": un lavoro coraggioso e
controcorrente che analizza con spirito critico la cooperazione
internazionale, mettendo in discussione un sistema che in molti casi si è
rivelato più che utile deleterio.

Riportiamo di seguito alcuni stralci della tesi vincitrice.



"È davvero sufficiente comprare un braccialetto, come quello bianco a
sostegno della lotta "Contro la povertà" oppure un cd di beneficenza o una
maglietta per far scomparire dal nostro mondo i milioni di morti per fame,
i terreni inariditi, o almeno dare sollievo ai bambini con il ventre gonfio?

Un problema enorme nella cooperazione è la cattiva gestione: per esempio la
corruzione è ormai messa in bilancio dalle associazioni che fanno
cooperazione internazionale, alcune delle quali lo ammettono pubblicamente
come una necessità di chi lavora sul campo e deve imparare a sporcarsi le
mani; oppure la percentuale delle donazioni che restano alle associazioni
per mantenere gli uffici e farsi pubblicità (fino al 90% in alcuni casi).
Per non parlare poi del fatto che il Sud restituisce ai Paesi
industrializzati sotto forma di interessi sul debito 6 volte più degli
aiuti.

È così importante dare più aiuti possibile al Sud del mondo? Si deve fare
la carità ai poveri?

L’aiuto ai paesi poveri presuppone l’idea che ai paesi poveri manchi
qualcosa, come risorse materiali o intellettuali, da qui l’invio di soldi,
merci e personale per la gestione dei progetti (spesso un esercito di
ventenni neo-laureati in cooperazione). Ma perché i poveri non riescono a
cavarsela da soli, a coltivare un po’ di terra, a costruirsi quel benessere
come noi abbiamo fatto ormai già da un secolo? Le immagini che accompagnano
alcune delle campagne di beneficenza sono esemplificative: poveri seduti
per terra con la ciotola in mano in attesa che qualcuno venga a
riempirgliela, o gruppi di poveri, vestiti sommariamente ma sorridenti, di
fronte ad una scuola tutta nuova, costruita dai tecnici di pelle bianca
della cooperazione. Il punto è che gli aiuti ci parlano di poveri e non di
impoveriti, parlano di sottosviluppo come fosse un sostantivo e non un
verbo, "sottosviluppare": i paesi poveri non sono poveri ma le loro risorse
vengono drenate per farci mangiare verdure fuori stagione e bere cinque
caffè al giorno per fare fronte allo stress da lavoro; inoltre all’interno
degli stessi paesi poveri non tutti stanno male, perché c'è chi fa affari
con la carestia prima e l’arrivo degli aiuti dopo.

La riduzione della realtà a delle immagini, permette a queste
organizzazioni di dimostrarsi efficienti: un sacco di riso portato in un
villaggio è qualcosa di effettivo che i donatori possono vedere e capire.
Spiegare il perché e il come i campi intorno appartengano non al villaggio
ma a un unico proprietario e siano coltivati a tulipani diventa troppo
complicato e ingestibile.

Paesi industrializzati e paesi poveri così sembrano appartenenti a due
sfere diverse e non collegate fra loro.

Se facessimo il contrario, cancellando tutti gli aiuti, cosa accadrebbe ai
paesi poveri? In Africa morirebbero tutti?

L’Africa non morirebbe e probabilmente non starebbe nemmeno peggio. La
cooperazione non genera cambiamenti perché questi sono al di fuori della
sua portata, può al massimo dare sollievo, ma se non si agisce sulle cause,
si finisce solo per rinviare la cura e aggravare il male. Il Sudan sconta
dieci anni di guerra perché da dieci anni arrivano aiuti, che però
finiscono nelle mani delle due fazioni in guerra, rifornendoli di cibo e
carburante.

Stati come il Nicaragua del dopo Somoza sono riusciti a diminuire
analfabetismo, malnutrizione e mortalità senza alcun sostegno esterno ma
usando al meglio le risorse interne, mentre paesi fortemente sostenuti
dagli aiuti internazionali, come Haiti, hanno invece visto peggiorare tutti
gli indici di sviluppo umano. Gli aiuti quindi non servono e non bastano.

Per concludere l’immagine della povertà non dovrebbe farci tanta pena da
compilare un assegno, ma dovrebbe farci rabbia, perché l’immagine della
povertà non è la foto di un bambino con il ventre gonfio, ma è il nostro
autoritratto. Se l’albero è malato non sono le ghiande a dover essere
curate, ma bisogna guardare sia alle radici, e cioè al nostro sistema
economico, sia al terreno da cui l’albero prende il suo nutrimento, terreno
che è il nostro stile di vita basato sul consumo, sull’individualismo e su
una mentalità che separa invece che mettere in relazione le cose. Siamo noi
ad avere bisogno di aiuto ed è qui in occidente che bisogna iniziare a fare
cooperazione, senza più delegare ad organizzazioni caritatevoli".





Comunicato stampa a cura di Paolo Stevanato

Ecoistituto del Veneto Alex Langer

Viale Venezia, 7

30171 Mestre - Venezia

tel. e fax 041/935666, info at ecoistituto.veneto.it