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la città che conta e quella che costa a roma ma anche a genova
- Subject: la città che conta e quella che costa a roma ma anche a genova
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Fri, 18 Nov 2005 06:51:44 +0100
dal manifesto di sabato 29 ottobre 2005 La Roma che conta e quella che costa Misteri e scandali intorno alla cartolarizzazione degli immobili «di pregio» Le dismissioni immobiliari degli enti stanno portando a curiosi fenomeni: case fatiscenti vendute ai loro inquilini a prezzi esosi, altre lussuose che vengono invece date via a metà prezzo. La causa, spesso, sta nel nome degli inquilini... ROBERTA CARLINI La strada romana intitolata a Quintino Sella guarda - manco a dirlo - il portone del ministero dell'Economia e delle Finanze. Pochi metri più in là, la Porta Pia dell'omonima breccia che fece felice l'austero e odiato ministro delle Finanze della destra storica. Affacciandosi alla finestre, alcuni degli inquilini di via Quintino Sella 3 possono guardare direttamente nelle stanze dalle quali sono sbucate le circolari e gli elenchi che hanno decretato: siete di pregio, dunque le vostre case ve le comprate a prezzi di mercato. Affacciandosi dall'altro lato della strada e sporgendosi un po', possono guardare altri palazzoni umbertini freschi di restauro e di rogito notarile, appena venduti nella categoria «non di pregio», dunque a meno di metà prezzo. Siamo nel cuore della Roma unitaria, tardo ottocentesca, ministeriale e cartolarizzata, dove basta fare due passi per trovarsi a tu per tu con l'ultimo scandalo delle dismissioni immobiliari degli enti previdenziali: il capitolo «case di pregio». Con relativi inquilini: alcuni molto pregiati, altri molto meno. Un capitolo pieno di decreti, commi, refusi, ricorsi, omissis, conflitti di interesse, veri e propri gialli. E di bei nomi. Di pregio sarà lei Valeria Dalla Negra è un'inquilina qualsiasi. Nella sua casa «di pregio» ci è arrivata bambina, quando suo padre fece domanda a un ente previdenziale per una di quelle tante case nella zona dei ministeri che allora si davano in affitto a trattativa privata, avevano prezzi alla portata di un impiegato statale e non erano particolarmente ambite: erano gli anni nei quali la borghesia sciamava verso i nuovi quartieri-bene e il centro non era sinonimo di lusso e benessere. Quarant'anni e diversi boom immobiliari dopo, arriva lo stato venditore, prima in proprio, poi con lo strumento delle cartolarizzazioni e attraverso le «società veicolo», le quali hanno il compito di presentare il business agli investitori internazionali. Per Valeria e tutti i condomini - e per decine di migliaia di famiglie romane, e centinaia di migliaia di persone in Italia - comincia il viaggio nel pianeta di carta: Scip 1, Scip 2 , Scip 3, Fip (Fondo immobiliare pubblico), ecc. ecc. Complicato per tutti, ma che per gli abitanti di strade che si chiamano Sella e piazze che si chiamano Cavour comporta un dilemma in più: siamo o non siamo «di pregio»? La differenza non è da poco: se sei «di pregio», devi pagare tutto il valore di mercato dell'abitazione, senza sconti. Sconti che invece per gli inquilini Scip «normali» sono di tre livelli: 1) il valore di mercato è inchiodato sui prezzi 2001, se l'inquilino ha fatto domanda per raccomandata prima del 30 ottobre di quell'anno (e quasi tutti i romani la fecero, pregio o non pregio, per un tam tam che allora dal parlamento rimbalzò per tutta la città: lì cominciò la crisi del pianeta delle case di carta - ma questa è un'altra storia); 2) il 30 per cento di sconto riconosciuto all'inquilino che compra la casa in cui vive; 3) un ulteriore 15 per cento riconosciuto se si compra in blocco, ossia se almeno l'80 per cento degli inquilini dell'immobile compra. La differenza tra i valori di mercato del 2001 - inizio dell'impazzimento immobiliare - e il 2005 - culmine della follia del mattone - non è di poco conto, come non sono da poco gli altri sconti. La febbre dell'inquilino comincia a salire. Gli ex impiegati in pensione e i loro figli e nipoti aspettano lettere e convocazioni, si passano di mano in mano Gazzette ufficiali e articoli di giornali, smanettano su internet, vagano tra gli uffici, conservano in casa montagne di carte, fanno comitati. Come tutti gli altri inquilini cartolarizzati sanno che, se non la comprano loro, la loro casa va all'asta e le garanzie di restare a fitto calmierato valgono solo per i più bisognosi - e non a lungo. Se invece trovano i soldi per comprare, possono rivendere anche il giorno stesso - mentre le case acquistate con lo sconto sono non vendibili per cinque anni. Un marchingegno che va bene a chi ha un gruzzolo, o a chi è entrato all'ultimo momento nell'abitazione proprio avendo fiutato l'affare - i piccoli ricucci sparsi per Roma - ma non a chi in quella casa vuole semplicemente continuare a vivere e ha una pensione da 1.000-1.200 euro al mese. A chi bene, a chi male Il risultato della montagna di carte e della lotteria delle case di pregio è presto detto: «A qualcuno è andata bene, a qualcun altro, come a noi, è andata male», dice Laura. La legge ha statuito: il ballatoio sul quale gironzola il suo gatto è più pregiato di quello, identico e speculare, a pochi passi da casa sua. E la differenza si aggira sui 2.000-2.500 euro al metro quadro. Una differenza che viene fuori da una babele burocratica, che parte dal `99 - quando spunta la definizione «casa di pregio» - si precisa nella legge-madre delle cartolarizzazioni (2001, appena tre mesi dopo l'insediamento del governo Berlusconi II), poi viene emendata, rifatta, modificata. Gli uffici tecnici che se ne devono occupare sono prima quelli degli enti, poi uno speciale Osservatorio, poi l'Agenzia del Territorio (ossia l'ex-catasto). I criteri che ne vengono fuori sono più o meno riferibili a due categorie: lo stare o no nel «centro storico», il valore di mercato e la sua differenza rispetto a quello medio di tutto il comune. Due criteri che poi si integrano con altre mille precisazioni ed eccezioni, ma che in sé sono entrambi opinabilissimi: per Roma, la definizione di «centro storico» è stata fatta risalendo al vecchio piano regolatore, anni `60, citando la dizione «zona omogenea A». Con effetti assurdi: una casa cadente dentro le mura è per definizione pregiata, una lussuosa palazzina dei Parioli no. Tutto ciò deve alla fine precipitare in elenchi scritti e pubblicati sulla Gazzetta ufficiale. Ma finora sui 62.000 immobili messi in vendita dalla sola Scip 2, poco più di 300 figurano negli elenchi delle case «di pregio». Eppure quelli valutati come «di pregio» sono 2.500 secondo la relazione della Scip 2 agli investitori, e sono almeno 6.000 secondo quanto dichiarato in parlamento dall'onorevole Maria Teresa Armosino, sottosegretario all'Economia che ha la delega alla grana delle cartolarizzazioni. Come mai lo stato mostra tanto disinteresse verso la sua gallina dalle uova d'oro, le case da vendere senza sconti? Un giallo, e non è il solo in questa storia. L'elenco scomparso L'altro giallo è quello che si svolge dal 16 settembre del 2004 al 16 settembre del 2005. La prima data è quella di uno dei decreti legislativi con l'elenco delle galline dalle uova d'oro, pardon le case di pregio: con una certa ansia i nostri inquilini di via Sella li vanno a consultare sul sito del Sole-24 ore - fonte abbastanza attendibile - e scoprono che il loro stabile c'è, insieme a tanti altri del circondario. Senonché, quando arriva la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, quell'elenco sparisce. L'anno dopo, esattamente nello stesso giorno, l'elenco torna. Ma nel frattempo è successo qualcosa: due degli immobili che stavano nell'elenco scomparso - situati in via Cadorna e via Valenziani, per la precisione - sono stati dall'Inps ristrutturati a proprie spese e messi in vendita, come case non di pregio. Il decreto arriva «a babbo morto»: cioè a case vendute. Così si spiega (per modo di dire) l'arcano: case identiche, identica zona di Roma, prezzi dimezzati - o raddoppiati, a seconda dei punto di vista. Di fronte a una pattuglia di parlamentari che chiedeva conto di ciò (Giorgio Benvenuto, Gabriella Pistone, Aldo Cennamo, Mario Lettieri: tra i pochi che seguono le vicende delle cartolarizzazioni come una sorta di Scip-watchers), la sottosegretaria Armosino in parlamento si è detta indignata e ha promesso indagini. Gli investigatori del sottosegretario avranno i loro bel daffare, e non solo dalle parti di Porta Pia. Il fatto è che spesso le case migliori degli enti sono occupate dai burocrati degli enti, proprio quelli nel cui potere è accelerare o affossare una pratica. Secondo il tam tam degli inquilini, per altre case degli enti «in odore» di pregio - si parla di piazza Cavour, piazza Adriana e via Crescenzio, zone importanti di Roma - ma ancora non ufficializzate come tali, sarebbero già pronti i rogiti notarili. Ma gli atti già pronti sono stati negli ultimi giorni congelati, secondo molti proprio perché i riflettori accesi dalle interrogazioni parlamentari hanno dato un po' fastidio. Stucchi e tubi di scappamento Ancora più fastidio danno le domande che vengono dagli inquilini di un altro immobili di pregio, la strada si chiama via San Valentino: sei di loro abitano in un seminterrato, e si chiedono perché la loro casa con vista tubi di scappamento sia pregiata mentre quelle con affaccio sugli stucchi del Palazzaccio non lo siano. Ma il giallo dei gialli si svolge dalle parti del Colosseo. Qui vari immobili degli enti sono stati messi in vendita ai loro inquilini, ovviamente con l'etichetta del «pregio». Trattandosi di palazzi costruiti alla fine dell'800 sul colle che contiene le vestigia della Domus Aurea di Nerone e che guarda il Colosseo, la definizione sembrava difficilmente contestabile. Invece è stata contestata, e con successo, dagli inquilini di uno stabile dell'Inps, i quali hanno presentato un ricorso che il Tar ha accolto con sollecitudine e il Consiglio di stato ha confermato a tambur battente. Tra gli inquilini-acquirenti, alcuni nomi noti tra i quali spiccano due personaggi al di sopra di ogni sospetto: il consigliere di stato Filippo Patroni Griffi e l'ex sindacalista Giuliano Cazzola. Quest'ultimo, oltre che noto esperto di problemi pensionistici e fustigatore del lassismo previdenziale, è anche presidente del collegio dei sindaci dell'Inps: si trova cioè a dover valutare, come controllore, anche sulla parte del bilancio Inps che riguarda le vendite degli immobili. La vittoria dei pregiati inquilini di Colle Oppio - si legge in un'interrogazione parlamentare dei soliti Scip-watchers - è stata forse agevolata dal fatto che l'Avvocatura di stato non si è presentata al processo davanti al Consiglio di stato, insomma lo Stato ha rinunciato a difendersi. Peccato, perché nel processo avrebbe scoperto una novità: quella zona di Roma è a rischio sismico. Tra le motivazioni accolte dai giudici, infatti, oltre alla denuncia di vari problemi strutturali delle case - i bagni costruiti fuori, la mancanza del riscaldamento centralizzato, i materiali di scarsa qualità che si utilizzavano alla fine dell'800... - c'è una perizia del ministero delle infrastrutture che definisce Colle Oppio zona a rischio sismico. Chissà che non dovremo assistere, come ha motteggiato un deputati quando il caso è stato sollevato in parlamento, alla evacuazione immediata di quei palazzi per rischio crolli. Nerone non ci aveva pensato. Neanche Quintino Sella il risanatore. scheda Un lusso a buon mercato. Si chiama Scip Nella Roma dove un pensionato si uccide per sfratto e da un municipio assai rosso partono le requisizioni della case sfitte, occuparsi di «case di pregio» può sembrare marginale o stonato. Viste con gli occhi degli inquilini dei quasi 90.000 immobili messi in vendita con le operazioni Scip 1 e Scip 2 le cose cambiano e i problemi si avvicinano. Dopo la domanda principale (perché gli enti previdenziali hanno messo in vendita il loro intero patrimonio immobiliare) e quella secondaria (perché lo stato ha fatto ricorso alle cartolarizzazioni per gestire questo business?), ce n'è un'altra che ha interessato direttamente i portafogli delle famiglie coinvolte: il prezzo è (era, sarà) giusto? Per la gran massa delle case in vendita e vendute, sul prezzo s'è svolta una battaglia politica lunga due-tre anni, che ha portato a una parziale vittoria degli inquilini, pagata ovviamente non dai super-protetti investitori Scip ma dalle casse pubbliche. Per la parte piccola e succosa della torta, le case definite «di pregio», la polemica è appena cominciata. Ci sono case prima vendute e poi dichiarate pregiate. Case prima dichiarate pregiate e poi «spregiate» dal Tar. Case sottoterra valutate senza dubbio di pregio, e palazzi sontuosi ancora non sfiorati dal sospetto di essere «di pregio». Insomma, la discussione promette faville. La qual cosa preoccupa non poco il governo, che per bocca del sottosegretario Armosino ha detto in parlamento che le «case di pregio» sono il 10% dell'intero patrimonio Scip 2 e che l'eventuale ritiro dal mercato di tali immobili comporterebbe la necessità di rimborsare la stessa Scip per 1,5 miliardi. L'operazione Scip 2 è valutata a 7,7 miliardi di euro, finora - ha scritto la Corte dei Conti - sono entrati in cassa solo 600 milioni. |
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