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l'ultima spiaggia dei supersconti
- Subject: l'ultima spiaggia dei supersconti
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Fri, 24 Jun 2005 21:20:49 +0200
da affari e finanza
30.05.2005 L'ultima spiaggia dei supersconti Se un uomo è anche ciò che mangia, un paese è anche ciò che consuma. E in tempi di recessione, dove si può misurare meglio la febbre di una malattia chiamata crisi, se non alle casse di un supermercato? La crisi che stringe da vicino i portafogli degli italiani, si scarica con violenza sui fatturati della Grande distribuzione organizzata (Gdo), fino a sedici mesi fa considerata una vera gallina dalle uova d'ora. Ma oggi non più, ogni giorno meno che mai. Nella Gdo, a fine 2004, si parlava di "sindrome della quarta settimana", quella che precede l'arrivo dello stipendio e che costringe le famiglie a tirare un po' la cinghia. Nessuno che muore di fame, per carità, ma molti che stanno sempre più attenti a ciò che comprano: non nel senso della qualità, ma in quello del risparmio. Oggi si studia con preoccupazione il "caso della prima settimana", quella immediatamente successiva all'arrivo dello stipendio. L'unica che fa registrare, nei diagrammi, un balzo verso l'alto (circa il 2%). Le altre settimane, amministratori e manager, preferirebbero non guardarle. E non è solo questione di fatturati in calo, ma anche e, soprattutto, di margini. Per reggere le vendite in un mercato in recessione non più in grado di sopportare aumenti neanche minimi, si deve usare la leva delle promozioni e delle dilazioni di pagamento. E tutto questo mentre i prezzi alla fonte non accennano a fermarsi, acuendo la battaglia tra produttori, distributori e venditori. Il fenomeno ormai non ha solo un'origine economica, ma psicologica e sociale: la famiglia non può tagliare i costi fissi delle tariffe (gas, luce, assicurazioni) e non vuole rinunciare a spese un tempo definite "voluttuarie" (cellulari, vacanze). Unici risparmi disponibili: alimentari e vestiti. L'effetto psicologico della crisi colpisce non solo il ceto mediobasso, ma anche quello alto che, fino a pochi mesi fa, non pensava certamente al risparmio sui generi di "prima necessità". E così, mentre il cliente diventa ossessivamente più attento, il venditore lo insegue quotidianamente con promozioni che, oggi, stanno raggiungendo livelli preoccupanti per il mercato. Su cento euro di fatturato, i volumi promozionali incidono ormai per il 30%, contro il 25% del 2004. Esselunga, per esempio, ha operato un riposizionamento strategico su tutto il listino, offrendo uno sconto su tutti i suoi 7516 articoli. Un'operazione dall'effetto dirompente nei mercati dove la catena della famiglia Caprotti è leader, che ha costretto i concorrenti a correre ai ripari. Ovviamente verso il basso. La scelta di Esselunga è legata anche alle trattative per la vendita del gruppo: c'è chi dice, infatti, che l'accordo con i belgi di Delhaize sia già stato raggiunto. Ma anche chi non ha trattative di cessione è costretto a rinunciare a margini: la catena Finiper, nel Nord Italia, offre un buono acquisto del 25% sul valore dello scontrino per la spesa successiva. E che dire di Coop Italia, con il suo 40% di sconto su una serie di prodotti, guarda caso nell'ultima settimana del mese? I segni della recessione incalzante arrivano anche dai metodi di pagamento. La crisi di liquidità della "quarta settimana" è stata limitata, nel 2004, dalle carte di credito. Si rinviava, in sostanza, il problema al mese successivo. Ma ora si registra un preoccupante aumento di quello che i tecnici chiamano "splafonamento". Il gergo è orribile, il segnale pessimo: significa che sono sempre di più i possessori di moneta elettronica che arrivano prima della fine del mese a toccare il limite del credito. Prosperano così le "carte di debito": quella di Conad, ad esempio, registra aumenti di sottoscrizione a due cifre. Entro fine anno si prevede un incremento del 13%. Ma se il consumatore spende meno e i prezzi si bloccano, chi sarà la prossima vittima di questa catena recessiva? Sicuramente l'industria alimentare e i produttori, già accerchiati dalle richieste di amministratori e buyer. La trattativa per definire i prezzi di acquisto tra industrie e Gdo si svolge in tre fasi: un accordo quadro annuale, una revisione dei prezzi di listino due volte l'anno, la contrattazione giornaliera. Oggi su tutti e tre i fronti è guerra aperta. Di aumentare i prezzi, anche e soltanto per assorbire l'inflazione, non se ne parla. I manager vogliono condizioni favorevoli nell'accordo quadro, i buyer accendono la battaglia nelle trattative quotidiane. E se qualche produttore tenta di effettuare di nascosto sconti fuori listino a qualche catena (nell'ordine anche del 20%) per fare cassa e svuotare i magazzini, si trova immediatamente assalito dai concorrenti. Risultato a breve: o applica lo sconto a tutti, o esce dallo scaffale. Risultato nel medio termine: se la crisi non passa, rischia di tirare giù i battenti. Queste trattative, per ora, non intaccano la potenza contrattuale dei grandi marchi, ma non è detto che, a recessione costante, questa pace armata debba durare a lungo. Uno dei primi comparti nel mirino è quello della pasta, tra i prodotti più venduti in Italia. Il prezzo della semola di grano duro è in discesa da due anni, il raccolto di quest'anno si preannuncia ottimo e i grandi industriali, come De Cecco, si vedono rifiutare aumenti di listino del 3%. Anche il marchio, nell'Italia del 2005, rischia di non fare più il prezzo. E' la recessione, signori. |
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