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Intervista alleconomista Nino Galloni
- Subject: Intervista alleconomista Nino Galloni
- From: "Max" <max at ocdbgroup.net>
- Date: 8 Jun 2005 00:16:26 -0000
Intervista all’economista Nino Galloni* Marcello Pamio http://www.centrostudimonetari.org/articoli/INTERVISTA%20A%20NINO%20GALLONI% 5B1%5D.htm Mirror: http://tinyurl.com/7g2ml D: Il 6 aprile del 2005, la Camera ha approvato una mozione per una Nuova Bretton Woods. Il sistema monetario deciso a Bretton Woods nel 1944 in pratica ha messo il dollaro come moneta principale a livello mondiale. Nessuno però di questa mozione ne ha parlato. Come mai? E cosa contiene? R: La mozione ha l’obiettivo di recuperare la logica di incontro tra le varie realtà politiche del pianeta al fine di arrivare ad accordi di natura valutaria, monetaria di politica economica finalizzata allo sviluppo. Quindi, finanziare le grandi reti infrastrutturali, la ricerca ad altissimo livello e la promozione di tutte quelle realtà che oggi si trovano in una condizione di arretratezza, non tanto perché sia naturale che ciò avvenga, quanto perché le scelte di politica economica maturate dopo la dichiarazione di non convertibilità del dollaro da parte di Nixon nel 1971, quindi gli anni ’70, ’80 e ’90 hanno condannato questi paesi, questi popoli e queste realtà a subire una serie di svantaggi dal punto di vista delle relazioni economiche. Ad esempio si parla molto dell’azzeramento del debito nei confronti dei paesi in via di sviluppo, però non si parla abbastanza dei meccanismi che l’hanno determinato, perché se anche questo debito si azzerasse, e poi non si intervenisse sui meccanismi che l’avevano determinato si ricostituirebbe senza nessun risultato utile. D) In una recente dichiarazione pubblicata dall’Agenzia Parlamentare per gli Studi economici e politici lei ha detto che “lira, euro e valuta complementare non è questo il problema” ma semmai chi emette la moneta. Penso si riferisse al poco famoso Signoraggio. Ci può spiegare cos’è questo benedetto Signoraggio? R: Il signoraggio è la differenza tra il valore facciale di una banconota e quello che è costato produrla. Il punto è che noi stiamo parlando di moneta che ha corso legale, cioè che noi siamo obbligati forzosamente ad accettare. Allora è chiaro che chi può emettere questa moneta ha un grandissimo potere: il potere di creare un valore, perché poi questa moneta deve essere accettata. La stessa cosa si può ottenere tra due persone che si emettano reciprocamente una promessa di pagamento di un qualche cosa se poi nel frattempo questa invenzione reciproca di valore trova conferma nell’ambito del circuito produttivo, perché con questa promessa di pagamento, nel caso delle banche si chiama credito, faranno seguito degli atti di natura economica, produttiva ecc. che generano reddito e consentono la restituzione della somma che stiamo parlando. La banconota, la moneta, si parla di signoraggio, perché c’è una autorità che emettendola si appropria di quella differenza tra il valore nominale e il costo di produzione. Ora se questa autorità è lo stato nazionale è chiaro che non è la stessa cosa delle singole persone che compongono la collettività, però se questo stato emette questa moneta per fare degli investimenti produttivi, c’è una logica, se invece di essere gli stati (come sappiamo nel caso europeo, che hanno rinunciato alla propria sovranità sia nei confronti delle banche centrali che nei confronti nella banca centrale europea), accade che la popolazione non ha più alcun vantaggio da questa grande invenzione dell’umanità che è la moneta. D: Quindi se ho capito bene: la banca centrale stampa la moneta spendendo pochissimi spiccioli tra carta e inchiostri e la vende allo stato al valore nominale, cioè a quel numerino stampigliato sopra, giusto. Il signoraggio pertanto in termini economici è un guadagno impressionante. Che viene incassato dalle banche centrali che sono private… R: Sì, praticamente le banche centrali, così come la banca europea, sono organismi privati… L’idea del signoraggio precostituisce il diritto da parte dei cittadini di vedersi restituite queste somme. Ci sono della cause in corso in molti paesi, anche negli Stati Uniti, per ottenere questo rientro da parte dei cittadini stessi. Quella che è stata una mia battaglia storica, fin dagli anni ’80 da quando ero nel Ministero dell’Economia, riguardava la possibilità dello stato di mantenere il diritto a spendere quando si trattava di investimenti produttivi, di creare posti di lavoro, ecc., perché ciò che lo stato spendeva anche in disavanzo per quelle attività che ho citato, poi sarebbero rientrati, non erano soldi che andavano buttati all’aria. Nel momento in cui si ridusse questa possibilità, crebbero gli tassi di interesse, perché poi la domanda di moneta da parte dell’economia c’era, e si penalizzarono le imprese meno forti, i lavoratori, le famiglie. Oggi siamo in una situazione pericolosissima perché le famiglie per mantenere il proprio livello di consumi, si sono indebitate enormemente. Allora se il prodotto interno lordo, ciascun anno per molti anni, cresce di meno dei tassi di interesse, che pure sono bassi (ma sono più alti della crescita del Pil) è chiaro che nella media non c’è la possibilità di restituire questi prestiti, e allora che cosa succederà? 4) A me risulta però che la Banca centrale italiana è costituita da circa 12 banche private, quindi il signoraggio finisce nelle mani di privati investitori? Ma come viene permesso una simile cosa? R: Queste votazioni sono state un messaggio chiarissimo da parte di questi due paesi, nel senso che la costituzione europea era un compromesso piuttosto alto e intelligente tra i bisogni della popolazione, quindi l’Europa dei popoli che non si è fatta, e quella dei banchieri, della finanza e dell’euro che si è fatta! Però questi popoli, francesi e olandesi, hanno detto chiaramente che a loro questo compromesso non sta bene. Che loro vogliono un’altra cosa. Quindi è un attacco chiaro all’Europa dei banchieri e della finanza. Questo però non significa che bisogna uscire dall’euro e abbattere l’euro, non necessariamente significa questo. Il problema è che anche a livello europeo proprio per andare dietro a quelli che sono gli interessi e i problemi della popolazione bisognerebbe che l’Europa potesse battere moneta per fare investimenti, costruire infrastrutture, creare lavoro, ecc. Questo è il punto: fare l’Europa dei popoli. Quindi se dobbiamo intervenire sulla competitività dobbiamo fare in modo che i vari sistemi siano più compatibili, perché è chiaro che se ci sono dei paesi dove il costo del lavoro è bassissimo, non si sono le assicurazioni sanitarie, dove non c’è rispetto dell’ambiente, ecc. è chiaro che creiamo un discorso di concorrenza assolutamente insostenibile. D: Ho sentito parlare di un 3° Polo indipendente che teoricamente dovrebbe presentarsi nel 2006 alle elezioni. Può dirci qualcosina di più? R: Innanzitutto non dobbiamo confondere il Terzo Polo con il trasversalismo. Il trasversalismo è per esempio quello che sta dietro la mozione della Nuova Bretton Woods che abbiamo detto prima, consiste nel fatto di prendere idee e persone che stanno da una parte e dall’altra rispetto al centro sinistra e centrodestra e farli convenire su qualche cosa che si condivide. Questo è trasversalismo. E’ una possibilità che ha la caratteristica di essere più culturale che politica. Il Terzo Polo è un progetto di fare una cosa che non sia né centrodestra né centrosinistra, perché si ritiene che sia il centrodestra che il centrosinistra tutto sommato, nell’ambito delle grandi scelte di politica economia non si distinguono granché, e non abbiamo brillato granché, se vuole la mia opinione di addetto ai lavori, perché essendo nella Pubblica Amministrazione ad alti livelli da tanti anni, ne ho visto di tutti i tipi e devo dire che purtroppo si è passati dal centrosinistra al centrodestra, dal punto di vista delle grandi scelte economiche, senza quasi accorgersene, e questo è negativo secondo me. Il Terzo Polo è il tentativo di presentarsi agli elettori con un programma nuovo, diverso, con un programma alternativo, tanto alternativo da giustificare la nascita di una nuova coalizione. Ovviamente con l’attuale sistema maggioritario questo è molto difficile da proporre agli elettori… D: Nel mondo ci sono oltre 5000 valute complementari. Secondo lei queste monete alternative sono valide oppure no? R: La valuta complementare si può intendere in molti modi, se per esempio a livello locale 50, 60 o 100 aziende si accordano per accettarla nei loro scambi, se pur parzialmente, questo può consentire di far crescere le loro rendite e quindi la loro forza lavoro, perché chi spende moneta locale compra moneta locale, mentre chi spende la moneta internazionale compra prodotti internazionali. In certi tipi di comuni è chiaro che se vado a comprare la benzina, a fare il pieno di benzina, lo debbo fare in euro, però se vado a comprare un chilo di pane o un cassetta di pomodori prodotti localmente, posso pagare con la moneta locale (ovviamente se viene accettata). D: Ci sono in Francia, Germania, Giappone, le risultano anche in Italia? R: In Italia c’è stato l’esperimento del Prof. Auriti, ma quello era più una valuta alternativa. La valuta complementare è un qualche cosa che si affianca a quella ufficiale, non è che la sostituisce completamente. Serve per creare nuovi posti di lavoro e correggere i danni della cosiddetta globalizzazione. D: Quello che è successo in Argentina? R: In Argentina questa moneta popolare è stato l’unico rimedio vero nei confronti di una crisi economica istituzionale che sennò sarebbe stata irreversibile. Non sono state certo le ricette del Fondo Monetario Internazionale a tenere a galla l’’Argentina… D: In qualità di economista onesto corretto e soprattutto senza peli nella lingua, qual è la sua ricetta per uscire da questa crisi economica? R: La ricetta per uscire dalla crisi in generale è non confondere i vincoli con gli obiettivi! Nell’economia noi abbiamo dei vincoli, cioè uno non può fare un’impresa senza tener conto che dovrà vendere prodotti per un valore superiore ai costi che deve affrontare per produrre. Esistono vincoli anche nei bilanci pubblici, però non sono gli obiettivi. Gli obiettivi sono nell’ambito dello sviluppo economico, nella protezione dell’ambiente, della salute della popolazione, della felicità della popolazione soprattutto dei giovani, ecc. Allora per questi obiettivi devo fare tutti gli sforzi possibili, non mi devo privare della flessibilità della manovra di politica economica e monetaria come si è fatto in questi anni, in nome di un dio euro. L’euro non è dio. Se noi mettiamo sull’altare l’euro e pensiamo che l’altare sia sacro perché c’è sopra l’euro, sbagliamo: confondiamo il vincolo con l’obiettivo. Certamente non è che nell’economia siamo liberi di fare come ci pare, perché abbiamo tanti vincoli, ci sono delle leggi economiche da rispettare, però nell’ambito di questi vincoli è possibile fare in modo molto diverso rispetto a quello che si è fatto in questi anni. E questo ci potrà dare dei risultati migliori, che magari non significa la pienissima occupazione, o che stiamo tutti benissimo, però significa fare molto meglio di quello che è successo in questi venti-trent’anni D: L’ultima domanda poi la lascio. Sento sempre più spesso parlare del crollo del dollaro USA a causa di una economia indebitata fino all’osso. Ecco perché ogni 2 anni devono fare una guerra. Le risulta una situazione allarmante del genere oppure no? R: Arrivo subito alla risposta altrimenti dovrei fare dei discorsi di natura storico-economica molto lunghi. Se Cina, India e Russia, che sono i principali detentori di dollari, li buttassero sul mercato (per fare la cosa più razionale) per prendere una valuta più forte come l’euro, succederebbe una crisi di tali proporzioni che saremo costretti a cercare di risolvere i problemi con dei criteri e logiche che adesso sembrerebbero impensabili. Ci troveremo di fronte alla più grande crisi finanziaria e valutaria nella storia dell’umanità, quindi loro non lo possono fare: se li debbono tenere, e in cambio di questo cercano di avere dei vantaggi dagli Stati Uniti e nell’ambito del sistema, facendo un tira e molla sulla competitività, sulla vendita dei loro prodotti, e su altre cose. Però è un sistema assolutamente instabile e non votato al successo, quello nel quale ci siamo venuti a trovare. Quindi sicuramente si dovrà arrivare o a nuova Bretton Woods o a un grande cambiamento di politica economica, o entrambi. * Prof. Nino Galloni, economista tra i più affermati a livello nazionale, già Direttore del Ministero del Lavoro e presidente del Centro Studi Monetari
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