Un piano europeo per la crescita e l'occupazione
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- From: "Nicola Martini" <nesmartini at serenacom.net>
- Date: Thu, 24 Feb 2005 18:26:49 +0100
Cari amici, "decrescita" mi ricorda molto i termini "regresso", "imbarbarimento", ecc. Condivido senz'altro molte delle critiche al modello di crescita attualmente in atto ma ritengo che questo non sia un motivo sufficiente per negare l'utilità del progresso: non è vero che "si stava meglio quando si tava peggio"!
Con vivissima cordialità, Nicola Martini (MFE Castelfranco - TV).
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EUROPEO PER LA CRESCITA E L'OCCUPAZIONE
UN
PIANO EUROPEO PER
LA CRESCITA E L’OCCUPAZIONE Appello alla
Commissione europea e ai partiti europei 1. L’economia europea
ristagna o cresce a tassi talmente bassi da non creare nuovi posti di lavoro.
Nell’ultimo decennio, la disoccupazione media è stata superiore al 9%. Ancora
maggiore è la piaga della disoccupazione giovanile. Senza crescita, il modello
sociale europeo è minacciato da tensioni alla lunga insostenibili. Da troppi
anni, l’economia europea non riesce a tenere il passo con lo sviluppo mondiale.
L’allarme deriva sia dalla capacità degli USA e del Giappone di tener testa alle
sfide della globalizzazione, sia dal confronto con lo straordinario dinamismo
della Cina e dell’India. 2. La responsabilità
di questa grave situazione ricade sui governi nazionali che hanno creato
l’Unione monetaria, ma non l’Unione politica. Nel 2000, a Lisbona, i governi
nazionali hanno dichiarato di voler fare dell’Europa, entro il 2010, l’economia
più dinamica del mondo fondata sulla conoscenza e l’innovazione. Cinque anni
dopo, i fatti dimostrano che i governi hanno ignorato le loro stesse
raccomandazioni. La causa di questo fallimento sta nel metodo adottato: il
coordinamento delle politiche economiche nazionali, senza la concessione di
poteri adeguati di politica economica alla Commissione europea. Se il governo di
Washington si limitasse a coordinare i governi della California, dell’Ohio,
della Virginia, ecc., probabilmente anche l’economia statunitense ristagnerebbe
e sarebbe poco competitiva su scala mondiale. L’Europa ha una moneta forte
quanto il dollaro sul mercato mondiale, ma non ha un governo federale dotato dei
mezzi necessari per imprimere un impulso di crescita alla sua economia. I piani
di crescita al livello nazionale sono necessari, ma vanno inseriti in un
coerente piano europeo. 3. Per superare le
resistenze dei governi nazionali al lancio di un Piano europeo, è bene sfatare
due miti correnti. Il primo è quello di un euro così forte rispetto al dollaro
da scoraggiare le esportazioni europee. La verità è che i governi nazionali,
pochi anni fa, strillavano contro il dollaro forte ed oggi strillano contro il
dollaro debole, perché non esiste una politica europea del cambio. Il governo di
Washington regola la sua politica monetaria esterna in funzione delle sue
esigenze interne. L’Europa subisce, perché i governi nazionali non hanno il
coraggio di affidare alla Commissione europea il compito di difendere gli
interessi dell’Europa nelle assise internazionali, come il FMI, la WTO e l’ONU.
L’Europa deve parlare con una sola voce, anche sulle questioni economiche. Il
primo passo è quello di concordare, almeno con i governi di Washington e di
Tokyo, delle bande di oscillazione dei cambi. La stabilità monetaria è
indispensabile allo sviluppo dell’economia europea e di quella mondiale. E’
interesse dell’Unione europea promuovere una nuova Bretton Woods, per costruire
un nuovo ordine monetario mondiale al quale partecipino anche i paesi del Terzo
mondo. 4. Il secondo mito
riguarda il rapporto tra Patto di stabilità e crescita economica. Il Patto è
necessario per assicurare la stabilità finanziaria nell’area dell’euro. I limiti
massimi al deficit e al debito pubblico sono una garanzia di sana
amministrazione finanziaria. Il fatto che alcuni paesi non riescano a rispettare
i vincoli del Patto è solo un indice della inefficacia della politica economica
europea per la crescita, non un difetto irrimediabile del Patto. Il Patto va
solo reso più flessibile per tenere in considerazione le difficoltà
congiunturali di ciascun paese. Ma l’impulso alla crescita europea non può
provenire dal Patto di stabilità. La crescita dell’economia europea deve essere
garantita da mezzi europei di governo. Esistono beni pubblici che possono essere
prodotti efficacemente al livello locale, altri al livello nazionale, altri al
livello europeo. Un Piano europeo per la crescita e l’occupazione è un bene
pubblico europeo e richiede mezzi europei. 5. Poiché l’economia
europea non risponde adeguatamente alla sfida della competitività
internazionale, alcune forze politiche e sociali prospettano due false
soluzioni. La prima è il protezionismo, la chiusura alla concorrenza mondiale.
Sarebbe l’ammissione di una sconfitta. L’inizio della sclerosi e della decadenza
dell’economia europea. La seconda è quella dell’abbattimento del costo del
lavoro, per recuperare margini di profitto. Il mercato del lavoro deve
certamente essere reso più flessibile in alcuni paesi, ma è illusorio pensare
che l’industria europea diventi competitiva solo riducendo il tenore di vita dei
lavoratori. Si vogliono ridurre i salari europei di trenta volte, per eguagliare
quelli cinesi? La caduta della domanda interna deprimerebbe ancora di più la
produzione. Sarebbe l’inizio del sottosviluppo europeo. La sola via progressiva
è quella dell’aumento della produttività in tutti i settori dell’economia. I
vantaggi acquisti con un saper fare eccellente da parte dell’industria, dei
lavoratori e dei centri di ricerca pubblici e privati sono la vera ricchezza
delle nazioni. 6. In Europa, non
mancano industrie d’avanguardia, capacità innovative e centri di ricerca
eccellenti. Tuttavia, queste qualità non si possono esprimere al massimo livello
perché i governi nazionali impediscono una loro efficace organizzazione al
livello europeo, facendo mancare i mezzi necessari all’Unione europea. Dove è
stato possibile, pur con risorse limitate a propria disposizione, l’Unione
europea ha ottenuto risultati di importanza mondiale. Il progetto Galileo di
comunicazione satellitare sostituisce il sistema statunitense GPS e sarà
probabilmente adottato anche da Cina e India. L’Agenzia spaziale europea ha
mostrato con il razzo Ariane e con le prime imprese di esplorazione dello
spazio, come la sonda Huygens su Titano, che il saper fare tecnologico europeo
non teme confronti. L’industria aeronautica civile, con Airbus, grazie ad una
felice combinazione di capitale privato e pubblico, sta conquistando il primato
mondiale. Ma questi successi sono minati dalle gelosie nazionali quando si
raggiunge la soglia dell’impiego duale civile-militare. E’ incredibile la
decisione dei governi europei di limitare l’utilizzo di Galileo a soli impieghi
civili, costringendo così i militari a dipendere dal sistema americano GPS. Si
tratta di una scelta servile e suicida. 7. La Commissione
Barroso si sta orientando nella giusta direzione. Intende dedicare maggiori
risorse al miglioramento del capitale umano, alla ricerca, all’innovazione, alle
infrastrutture europee e alla politica industriale, con il sostegno di “campioni
europei”. Ma la coperta è stretta. Il bilancio europeo supera di poco l’1% del
PIL e alcuni governi nazionali vorrebbero ridurlo ulteriormente. Pertanto, la
Commissione è costretta a tagliare altre voci, tra le quali il fondo sociale, i
fondi di riequilibrio regionale e quelli per le politiche ambientali. Inoltre, è
nota l’insufficienza strutturale dei fondi che possono essere dedicati agli
aiuti allo sviluppo per il Mediterraneo, l’Africa, il Medio Oriente. Infine, dal
bilancio europeo sono escluse le spese per la difesa europea. I governi
nazionali dicono di voler realizzare una difesa europea, ma con risorse
nazionali. In questo modo essi intendono sottrarre la politica di sicurezza al
controllo democratico del Parlamento europeo. E’ tuttavia dall’interazione tra
industria civile e militare che USA e Giappone riescono a trarre importanti
vantaggi competitivi per alcune tecnologie d’avanguardia. 8. L’Unione europea
deve poter contare su un maggiore ammontare di risorse finanziarie. Non si
tratta di aumentare il carico fiscale dei cittadini europei, ma di fare a
livello europeo ciò che non può essere fatto, o viene fatto male, a livello
nazionale. In primo luogo, la Commissione europea deve poter attingere risorse
sul mercato finanziario europeo, come poteva fare l’Alta autorità della CECA e
come aveva proposto Delors nel suo Piano del 1993, in cui si prevedeva
l’emissione di Eurobonds. In secondo luogo, si possono concentrare al
livello europeo alcune risorse mal gestite o sprecate al livello nazionale. Ad
esempio, parte degli aiuti nazionali allo sviluppo, se affidati al bilancio
europeo, potrebbero consentire alla Commissione di lanciare un Piano Marshall
per il Medio Oriente e l’Africa. In terzo luogo, il bilancio europeo dovrebbe
essere finanziato con risorse proprie, come una tassa ecologica sulle emissioni
di CO2 o una tassa sui capitali (eliminando vergognosi paradisi
fiscali intraeuropei). 9. Un programma
d’azione mobiliterà le forze sociali e produttive solo se scaturirà da un
pubblico dibattito tra i rappresentanti dei cittadini nel Parlamento europeo e
tutte le organizzazioni della società civile. L’Unione deve progredire anche
dopo l’allargamento: un gruppo di paesi può decidere di sostenere l’iniziativa,
anche nel caso in cui non esista un accordo unanime. La Commissione deve
nominare al suo interno un “Ministro dell’economia e delle finanze” ed
affidargli l’incarico di proporre un Piano europeo per la crescita e
l’occupazione, indicando con chiarezza i fini che possono essere perseguiti e i
mezzi necessari. Un precedente rilevante è il Piano Delors del 1993, che si
proponeva di creare 15 milioni di posti di lavoro grazie ad investimenti in reti
transeuropee di comunicazione e con altre misure. Il Piano Delors non è mai
stato finanziato dall’Ecofin. Ora la responsabilità di un eventuale insuccesso
deve essere assunta congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio dei
Ministri. Alcuni obiettivi potranno essere conseguiti in breve tempo e senza
ulteriori riforme istituzionali. Altri richiederanno modifiche alla Costituzione
europea, quando entrerà in vigore, per assicurare un reale potere di codecisione
del Parlamento europeo nelle procedure di bilancio. Ma ciò che conta è che al
più presto i cittadini europei sappiano che i loro rappresentanti nel Parlamento
europeo e la Commissione europea, che ha ottenuto la fiducia del Parlamento,
stanno attivamente operando per assicurare ai popoli d’Europa la sicurezza
economica e un prospero futuro. MOVIMENTO FEDERALISTA
EUROPEO Sezione italiana
dell’UEF e del WFM Milano, 22 gennaio
2005 |
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- Re: R: costruire la decrescita
- From: alice <erika_alice at yahoo.fr>
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