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europa e kyoto
- Subject: europa e kyoto
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Fri, 28 Jan 2005 07:01:58 +0100
il manifesto - 23 Gennaio 2005 INSENSATEZZE Europa di Kyoto e perversioni nazionali (leggi Italia) Eppure funziona Germania, Spagna, Austria, Olanda, Danimarca hanno tradotto le direttive Ue in scelte politiche: esito, risparmio energetico, vantaggi tecnologici, posti di lavoro MASSIMO SERAFINI Nucleare? Carbone? Ecco le alternative energetiche a cui si pensa nel dibattito italiano sia a destra, ma purtroppo, pur in misura minore, anche a sinistra, per sistemare l'effetto serra e l'alto costo dell'energia. Risparmio energetico e fonti rinnovabili? Solo costi, naturalmente insopportabili per il sistema Italia (meglio sarebbe dire per quello delle imprese italiane) o al limite esperienze «esemplari», da declamare nei convegni degli ambientalisti, che al più integrano e addolciscono ambientalmente le fonti fossili o nucleari di energia. In realtà così si discute e si agisce solo in Italia, perché serve a giustificare le scelte disastrose che sono state compiute, scelte che hanno ingessato questo paese ai combustibili fossili, peggiorato il servizio per i cittadini e aumentato il costo dell'energia. Si vuole soprattutto occultare il fatto che questa politica ci ha allontanato e di fatto messo fuori dall'Europa. Perché parlare di nucleare, se da un lato significa finalmente ammettere che l'effetto serra e i conseguenti cambiamenti climatici sono un problema serio e da affrontare, dall'altro significa però dare ad essi una soluzione antieconomica e soprattutto insicura. Farlo poi in Italia, dopo che il pronunciamento con il referendum ha fatto giustamente smantellare competenze e apparato industriale, è solo una truffa e una presa in giro, attività su cui il nostro presidente del consiglio è campione. Ma parlare per altro verso di carbone, che come è noto aumenta le emissioni di gas dannosi al clima, significa mettere consapevolmente l'Italia definitivamente fuori da Kyoto e dai suoi parametri, quindi fuori dall'Europa che quel protocollo ha tenacemente voluto e che per questo ci sottoporrà a pesanti sanzioni per non averlo, a causa dell'uso del carbone, applicato. Non lo dicono gli ambientalisti, ma il presidente dell'Enel Scaroni, grande sostenitore del borotalco nero, che ieri sui giornali ci spiegava che, nonostante Kyoto, il carbone comunque conviene, perché tanto le multe comunitarie, che inevitabilmente seguiranno, le pagheranno gli italiani con l'aumento delle bollette. Questo modo di discutere di energia è privo di senso e ignora il contesto nel quale le scelte energetiche saranno comunque inserite. Ragionare di energia solo sulla base di qual è il modo più economico per procurarsela, non tiene conto della novità rappresentata dalla firma, da parte della Russia, del protocollo di Kyoto, firma che lo ha reso pienamente operativo. L'approvazione di Kyoto toglie qualsiasi senso a un ragionamento sui costi delle diverse fonti energetiche. Infatti obbligherà a misurare questi costi, e la stessa qualità delle diverse possibili fonti energetiche, in base al fatto che già da quest'anno ogni tonnellata di CO2 che supererà gli obiettivi di Kyoto, verrà pesantemente multata. Che questa, pur fra contraddizioni e resistenze fosse la direzione di marcia sulla quale da tempo la comunità europea era incamminata, era chiaro e poteva ignorarlo solo chi, come l'Italia delle destre e di Berlusconi, ha volutamente inseguito le posizioni americane, da sempre sorde ai moniti della comunità scientifica sul cambiamento climatico e contrarie ai vincoli e agli impegni previsti dal protocollo. L'Europa, infatti, in questi anni ha perseguito con tenacia l'approvazione di Kyoto. Certo lo ha fatto con un procedere altalenante, dovendo fronteggiare le resistenze delle potenti lobby del petrolio e del nucleare. E lo ha fatto soprattutto nell'ambito di una scelta di liberalizzazione del settore, che ha ostacolato fortemente il decollo di una nuova politica energetica, oltre a non aver nemmeno raggiunto gli obiettivi per cui era stata introdotta: cioè garantire un miglior servizio e un abbattimento dei costi. Ma al di là di questa scelta, che andrà ancora contrastata se si vuole veramente dare corpo a una scelta che faccia uscire l'Europa dal petrolio e dai fossili, non c'è dubbio che in questi anni il segno prevalente delle scelte energetiche va nella direzione di Kyoto e dei suoi obiettivi. In questa direzione vanno le numerose direttive emanate (quasi tutte disattese dall'Italia), volte a incentivare il risparmio energetico e gli usi efficienti (direttiva sul rendimento energetico degli edifici, etichettatura sulle prestazione energetiche degli elettrodomestici, direttiva sull'efficienza, sulle energie rinnovabili e sulla cogenerazione). Lo conferma il fatto che molti paesi, come Germania, Spagna, Austria, Olanda, Danimarca, hanno trasformato queste direttive in scelte politiche che hanno favorito lo sviluppo delle fonti rinnovabili, il risparmio energetico, oltre a garantire numerosi posti di lavoro e una forte innovazione tecnologica. Infine, con la direttiva del 13-10-2003, sull' emission trading (che stabilisce le regole per il commercio delle quote di gas serra) si è dato un senso alla scelta di applicare Kyoto, decidendo di sanzionare pesantemente i paesi inadempienti. Da questo punto di vista bastano poche cifre per far capire perché il carbone va rifiutato. Non solo e non tanto perché inquina (molti inquinanti è vero sono, a certi costi, abbattibili), ma soprattutto perché emette molta CO2 che verrà sanzionata, e quindi o metterà fuori mercato le aziende che lo usano, o farà aumentare in maniera esponenziale la bolletta energetica degli italiani. Come è noto l'Italia deve entro il 2010 ridurre le proprie emissioni di gas serra del 6,5%, rispetto a quelle del 1990. In realtà avendole in questi anni anziché ridotte aumentate dell'11%, nei prossimi cinque anni dovrà, se non vorrà essere sanzionata, ridurle di quasi il 18%, più o meno circa 90 milioni di tonnellate. Fino al 2007 la multa prevista è di 40 euro a tonnellata, poi dal 2008 salirà a 100 euro. Basta fare i conti per stabilire quanto l'Italia dovrà pagare di multa: circa 3600 milioni di euro ogni anno fino al 2007. Lascio a Scaroni e ai sostenitori del carbone «pulito» fare i conti per gli anni successivi, quando le sanzioni saranno di 100 euro a tonnellata. Nei giorni scorsi Chicco Testa (ex presidente di Legambiente e in successione ex presidente Enel, ndr) ha ironizzato sugli ambientalisti che vogliono risolvere il problema energetico dell'Europa con le biomasse, il sole e il vento, invitandoci al realismo e a prendere in considerazione il carbone. Per quanto riguarda il carbone rispondono i numeri sopra esposti; sul resto credo che, aggiungendo alle energie rinnovabili un forte programma di interventi per favorire usi intelligenti dell'energia e il suo risparmio, si possa sicuramente rispondere che in verità sì, pensiamo di risolvere così il problema energetico, ridurre quello ambientale e climatico e dare un contributo all'occupazione dei giovani europei.
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