incenerire nuoce



dalla rivista del manifesto
dicembre 2004
 
INCENERIRE NUOCE
 
di Marco Caldiroli
 
Queste note sono un contributo alla discussione aperta con il Dossier rifiuti nel n. 54 della rivista. Il merito è la contraddizione tra le premesse canoniche (per gli ambientalisti) su riduzione, prevenzione, riciclaggio e recupero dei rífiuti - la critica del modello di produzione/consumo - e la proposta/accettazione dell'incenerimento (`termovalorizzazione') dei rifiuti .
Veniva affermato che «Le tecnologie e le pratiche gestionali (...) hanno radicalmente modificato il potenziale ímpatto ambientale sia di una discarica che di un inceneritore o di un impianco di compostaggio. Questi impìantì (se hanno la tecnologia adeguata e se hanno una gestione corretta!) hanno emissioni e provocano comunque qualche disagio, ma non sono più una importance fonte di inquinamento» 2; ed anche che «noi di Legambiente saremmo i primi a spiegare ai cittadini che il termovalorìzzatore (di Acerra, NdA) non significa necessariamente emissioni di diossina o veleni simili~ 3
.
Gli inceneritori, un modello
di inquinamento portato a sistema
 
Gli impianti di incenerimento emettono sostanze pericolose in quanto il combustibile è eterogeneo e non esistono depuratori al 100%. Sono stati censiti nei fumi, per le sole sostanze organiche, oltre 250 individui chimici. Molte di queste sono tossiche, cumulabili nel1'ambiente e negli organismi, poco degradabili, bioaccumulabili nella catena alimentare, sono cancerogene, mutagene, teratogene e disturbatori endocrini. Sul rapporto tra emissioni, limiti e tossicologia, la Commissione UE 4 ha evìdenzìato che, a fronte dei progressi che hanno ridotto I'immissione di diossine e PcB le nuove conoscenze determinano la necessità di ulteriori interventi:
Sembra che le caratteristiche tossiche delle sostanze siano state sottovalutate: recenti studi epidemiologici, tossicologici e sui meccanismi biochimici riferiti in particolare agli effetti sullo sviluppo cerebrale, sulla riproduzione e sul sistema endocrino hanno dimostrato che gli effetti delle diossine e di alcuni Pcs sulla salute sono molto più gravi di quanto precedentemente supposto, anche a dosi estremamente ridotte. L'esposizione a diossine e a PCB (.,.) supera la dose tollerabile settimanale (Twc) e la dose tollerabile giornaliera (TD~) in una parte considerevole della popolazione europea; dati più recenti e rappresentativi sull'assunzione giornaliera indicano che i valori medí di diossine e PCB diossino-simili assunti con la dieta alimentare nell'Unione europea sono compresi tra 1,2 e 3 pg/kg di peso corporeo/giorno (1'OMS indica un TDI pari a lobiettivo e 4 picoglkg di peso corporeo/giorno come Limite massimo),
In merito alla gestione corretta, oltre a casi recenti di impianti con superamento dei límiti (Sesto San Giovanni, Pietrasanta, Figino 2), è esemplare il caso belga: «I primi campionamenti in continuo (delle diossine, NdA) sono stati installati nel Belgio nel 2000, dopo uno studio condotto sugli inceneritori. La ricerca ha evidenZiato che I'ambiente circostante ad un impianto di incenerimento era inquinato da diossine. Però da misure effettuate risultava che I'impianto (...) emetteva ben al di sotto del limite di legge dei 0, 1 nanog/TE/NMC. (... ) Dopo che 1'esercizio dell'impianto è stato vincolato all'installazione di sistemi di campionamento in continuo - sorpresa - sono statì trovatì tra gli 8,2 e 12,9 ng TE/NMC 5.
Si ammette la pericolosità degli inquinanti emessi ma, nel contempo, si chiede dí considerare il rischio reale e non il pericolo ipotetíco: una valutazione del rischìo completa, 1'entità della rìcaduta delle emissioni, I'analisi dei percorsi ambientali (inalazione, ingestione o contatto dermico con il suolo, catena alimentare) fino all'uomo, il confronto con standard internazionali (anche per i cancerogeni che non hanno soglia), da qui si parla di `accettabílità del rischio' (con le relative incertezze per molte ragioni: tecnologiche, di conoscenze tossicologiche, etiche, economiche e politiche).
In altri termini: «... la prassi ambientale corrente è un ritorno all'atteggiamento del Medioevo di fronte alla malattia, quando questa - e con essa la morte - era consìderata uno scotto inevitabile, un debìto da pagare a causa del peccato originale. Questo cipo di fílosofia è stato ora rielaborato in forma più moderna: un certo livello di inquinamento e un certo rischio per la salute sono il prezzo inevitabile da pagare per i vantaggí materiali offerti dalla tecnologia avanzàta. (...) E il problettia della fissazione degli standard diventa un campo di battaglia in cui si' scontrano intetessi eConomici, politici e morali contrapposti. Questi scontri sono elaboratamente 
ammantati di statistiche, in modo da poterli far passare per `scienza'N 6.
La richiesta di una valutazione del rischio fa emergere i limiti dell'affermazione per cui erano i vecchi inceneritori, con emissioni elevate, ad essere pericolosi mentre quelli moderni non sono più un rischio.
In alcune recenti valutazioni, gli inceneritori di Trento, di Forll e di Faenza, rispettivamente, sono staci utilizzati dati autoridotti, la via espositiva considerata è stata solo inalatoria (quella alimentare, per esempio, pesa per il 95% dell'esposizione umana a diossine), a Faenza è stata omessa ritenendo sufficiente il non superamento dei limiti di qualità dell'aria (come se ciò sia un criterio idoneo per valutare 1impatto di una singola fonte).
Ci sono casi in cui è stato possibile valutare almeno degli studi di impatto ambientale, ma il ;più delle volte questa possibilità non c'è (ad esempio nel~caso della terza linea inceneritore di Brescia) grazie a norme emesse dal1'ex ministro Ronchi, e oggi contestate anche dalla UE.
Nel caso di Acerra (dove non è mai stata svolta la Valutazione di impatto ambientale), chi scrive - adottando i metodi di valutazione del rischio sopra richiamati e nonostante le emissioni garantite fossero molto al di sotto dei limiti di legge - ha ricavato un rischio cancerogeno aggiuntivo pari a 6,5 casi per milione (6,5 volte il `criterio di accettabilità' dell'EPA ~).
 
Il riduzionismo sotteso all'incenerimento dei rifiuti
 
L'affermazione che la tecnologia abbia risolto i problemi di impatto è un errore di riduzionismo tecnologico. Per gli inceneritori i progressi sono stati per lo più nei sistemi di abbattimento: gli inquinanti vengono `spostati' nei residui solidi non meno inquinanti (ad ogni inceneritore sono accoppiate una o più discariche; nulla si crea e nulla si distrugge).
Un altro errore è considerare il rispetto di limiti (compromesso raggiunto in un dato periodo tra esigenze di tutela ambientale/sanitaria, economiche e livello tecnologico), condizione sufficiente di accettabilita anziché «una condizione necessaria ma non sufficiente per «un elevato grado di protezione dell'ambiente e della popolazione (per citare le direttive UE).
I1 rischio accettabile inoltre, non dovrebbe far parte del codice genetico dell'ambientalismo, altrimenti non avrebbero significato lotte come quelle contro gli OGM o 1' elettrosmog.
È accettabile che 1'Evc raddoppi la produzione di Cvm a Porto Marghera , in quanto
adotta tecnologie nuove rispetto a quelle che hanno causato una strage di operai e 1'ecocidio della Laguna di Venezia? 8 Cosl pure per le decine di turbogas proposte per soddisfare un fabbisogno di energia elettrica, che viene dato (dal ministero e da altri) in inarrestabile incremento. II problema energia è tutto qui, turbogas anziché impianti a vapore ad olio?
Accettare l'àpproccio end of pipe, tralasciare la prevenzione e confidare sui filtri è perdente, per l àmbiente e gli ambientalisti. L"industria ecologica' è la conferma del modello di produzione e di consumo che origina l inquinamento: nulla cambia ma c'è un filtro in più, fine del problema e della discussione.
Anche compensazioni ambientali anziché monetarie implicano una contrattazione sulla salute collettiva. Ad esempio, la Valutazione di impatto sanitario (VIS) citata, dopo aver evidenziato incrementi per tutti gli inquinanti a causa del progetto di inceneritore, afferma che «il Piano di gestione dei rifiuti possa risultare in una situazione di bilancio ambientale, e quindi sanitario, in pareggio (o addirittura migliorativo) rispetto alle attuali condizioni se, e solo se, al Piano stesso si accompagnano interventi di mitigazione che comportano scelte di gestione dell'intero territorio finalizzate al miglioramento della qualità ambientale ...» ~.
Un territorio che ha bisogno di interventi di risanamento li potrà ricevere solo previa realizzazione dell'inceneritore, tramite un accordo di programma tra enti, gestore e magari anche associazioni ambientaliste, come nel caso di Brescia e di Milano, per essere stracciato alla prima occasione .
 
L'incenerimento, paradigma dello spreco energetico
 
I1 recupero energetico dall'incenerimento, è stato criticato da Lucia Venturi nel Dossier rifiuti.
Tale postulato considera una merce rifiuto solo come potere calorifico (combustibile). Se un chilo di plastica equivale, circa, a due chili di petrolio è anche vero che per estrarre, trasportare, raffinare, trasformare e produrre quella bottiglia, è stata utilizzata non poca energia e sono stati causati degli impatti. Questa energia, se la bottiglia viene bruciata, sparisce, mentre I'inquinamento per produrre un'altra bottiglia si rinnova. Se venisse riciclata anche parte di questa energia verrebbe récuperata, riducendo 1'entropia e 1'inquinamento della filiera produttiva ( meglio comunque non usare bottiglie di plastica ).
L'incenerimento di rifiuti è parte integrante di una economìa insostenibìle, rìmanda il problema di altri 25/30 anni, alla prossima generazione (sempre che abbia ancora tempo per affrontare un problema ancora più grave di oggi), e ancora maggiore è il problema dei rifiuti ìndustriali.
Ancora più grave considerare i rifiuti fonte rinnovabile. Si parte dal considerare le emissioni di gas serra dall'incenerimento come neutre, da non conteggiare. Poi si dice che vi è una riduzione di emìssioni in quanto i rifiutì fanno sisparmiare combustibili fossili (L'effetto dell'incenerimento viene contato due volce).
Infine lo si equipara all'assorbimento di gas serra dalle piante. Si finisce per dire che - se incenerissimo 21 milioni di tonnellate di rìfiuti 1'anno (che oggì finiscono in discarica) - i tanti camini svettanti equívarrebbero alla forestazione di una superficie pari al Veneto! (L'effetto benefico dell'incenerimento viene contato per la terza volta).
I1 risultato finale: camini al posto di foreste, nel rispetto del Protocollo di Kyoto!
La mancata emissione di gas serra da rifiuti e dalle filiere produttive corrispondentì, ottenìbile con rìcìclaggio, recupero, prevenzione, vale zero per la contabilità del Protocollo di Kyoto. Incenerimento - riciclaggio, 3 a 0 !
 
Nimby, Banana, Nima, Prometeo oppure un altro mondo possibile
 
Occorre una transizione tra 1'oggi `vizioso' (1'usa e getta) e un domani `virtuoso' (chiusura del cerchio), ma chi scrive ritiene che I'incenerimento non è uno strumento idoneo perché è una ipoteca insopportabile nel percorso di fuoriuscica dal ciclo aperto delle merci/rifiuti, È questione principalmente sociale: 1'incenerimento finirebbe per essere una scorciatoia che conduce ín un vicolo cieco.
Se sì pensa che oltre il 70% del potere calorifico di un rifiuto urbano è costituito da plastiche e carta, si capisce dove indirizzarsi per rendere inutili gli inceneritori, anche prima dí aver risolto in toto il problema dei rifiuti. Se sì accetta che i rifiuti vengano brucìati si finìsce per mandare all'aria anche la raccolta differenziata.
Sul tema ha peso anche L'invenzione delle sindromi di NIMBY (Not In My Backyard - Non nel mio giardino) o BANANA (Butld Absolutely Nothing Anywhere ÌVear Anythìng - Assolutamente non nel gìardìno di nessuno), vere e propria malattie sociali degli oppositori. Chi si scaglia contro 1'opposizione agli inceneritori usando la clava del NIMBY, adotta un modello di pensiero che considera 1'opposizione una forma di malattia. Questo modo di spregiare 1'opposizione, qualifica chi lo usa e non chi lo subisce.
Va considerato che «A motivare 1'opposizione del pubblico agli inceneritori non è stata la preoccupazione per la santità del proprio cortìle, ma pìuttosto la qualità dell'ambiente che gli oppositori condividono con il resto della società, sta anche all'ambientalismo nostrano far evolvere una istintiva opposizíone a un impianto nella critica al modello di produzione/consumo e nella affermazione di un `altro mondo possibile', senza inceneritori e senza rifiuti.