rifiuto e sentenza europea



da dirittoambiente.com

ART. 14 SULLA INTERPRETAZIONE AUTENTICA DELLA NOZIONE DI RIFIUTO: LA CORTE
EUROPEA DI GIUSTIZIA ACCOGLIE IL RICORSO DEL TRIBUNALE DI TERNI (GIUDICE
SANTOLOCI) - CLAMOROSI RISVOLTI SU TUTTO IL SISTEMA DI APPLICAZIONE DELLA
NORMA A LIVELLO NAZIONALE

A cura della Dott.ssa Stefania Pallotta
Per sito www.dirittoambiente.com

Clamorosa sentenza della Corte di Giustizia Europea che accoglie il ricorso
del Tribunale di Terni (Giudice Unico Monocratico Dott.Maurizio Santoloci)
con il quale l'organo giudicante ternano prospettava alla Corte
internazionale una illegittimità della norma sul famoso "art. 14" della
interpretazione autentica della nozione di rifiuto. La Commissione Europea
successivamente aveva avviato procedura di infrazione contro l'Italia per
l'emanazione di questa norma duramente contestata da diversi settori del
mondo giuridico nazionale.
La Corte Europea con una pronuncia chiarissima (C-457/02 Antonio Niselli
"Direttiva 75/442/CEE e 91/56/CEE - Nozione di rifiuto - Materiali residuali
di produzione e di consumo - Rottami ferrosi") ha accolto le tesi del Dott.
Santoloci in toto ed il risultato ha un riflesso su tutto il territorio
nazionale giacchè la formulazione del famoso "art. 14" sulla interpretazione
autentica della nozione di rifiuti non è, e soprattutto non è stato fino ad
oggi, coerente con le normative internazionali e dunque non può, e
soprattutto non poteva fino ad oggi, essere applicato!
Dunque le conseguenze saranno diffuse e comporteranno una rivisitazione di
tutto il sistema di classificazione e gestione dei rifiuti nel nostro Paese.
Non solo. Ma dovranno adesso essere rivalutati tutti i provvedimenti
amministrativi, i ricorsi amministrativi e le pronunce di sentenze penali
che, applicando questa norma oggi dichiarata incompatibile della Corte
Europea, hanno sottoposto a deregulation interi episodi di gestioni di
rifiuti ritenendo che non sussistessero ipotesi illecite. Cosa accadrà
dunque per il passato? E come cambierà il sistema immediatamente per il
futuro? Certamente i processi penali in corso per fatti similari non
potranno non risentire in via diretta ed immediata di questa sentenza che di
fatto azzera l'art. 14 nel nostro sistema giuridico e riporta il concetto di
rifiuto alle normale dizione di legge nazionale ed internazionale. Ogni
eccezione è non applicabile.
Ma quali sono esattamente i termini del problema? Vediamoli in breve.
Nel nostro sistema legislativo la disciplina sui rifiuti è regolata dal
famoso "decreto Ronchi" n. 22/97 che sottopone alla rigida gestione
controllata sia i rifiuti (domestici ed industriali) che vanno allo
smaltimento (distruzione finale) che quelli che vanno al recupero (per
essere nuovamente immessi in cicli secondari). Comunque il deposito,
trasporto e trattamento finale di questi rifiuti deve essere sottoposto alle
regole ed ai controlli dettati dalla norma.
Nel nostro Paese, invece, da anni una parte del settore industriale e
politico tende a sostenere che i rifiuti che vanno verso il recupero non
sono soggetti a tali regole. E con diversi provvedimenti nel corso degli
anni hanno tentato di esonerarli dal sistema di gestione controllato. Il
primo tentativo avvenne nel 1997 con i decreti legge sui "residui"; anche
allora la Corte Europea di Giustizia sempre accogliendo un ricorso del
Giudice Santoloci del Tribunale di Terni smentì questi provvedimenti e
dichiarò con la famosa sentenza Tombesi la incompatibilità della esclusione
dal regime dei rifiuti di quei rifiuti che vanno al recupero. Da allora i
tentativi si sono ripetuti. L'ultimo è stato clamoroso ed ha destato
fortissime polemiche. Il Governo ha emanato Il decreto legislativo 8/07/2002
n. 138 convertito in legge 08/08/2002, n° 178 ( in Gazzetta Ufficiale n° 187
del 10/08/2002) e riporta nell'art. 14 l'interpretazione autentica della
definizione di " Rifiuto" di cui all'art. 6 comma1, lettera A), del decreto
legislativo 5/02/97 n.° 22( cosiddetto Decreto Ronchi). In pratica, con tale
norma esclude di colpo da tutto il complesso e rigido sistema di gestione e
controllo dei rifiuti tutti i rifiuti che vanno al riutilizzo, seppur con
alcune caratteristiche di facciata. Il provvedimento ha scatenato polemiche
infinite.
Il caso nasce dai rottami ferrosi. Quando i Carabinieri del Comando Tutela
Ambiente sequestrano i treni che dall'Est europeo trasportano in Italia
rottami ferrosi per le acciaierie, la magistratura conferma i sequestri
ritenendo tali rottami come rifiuti, e le acciaierie aziende che in quella
fase recuperano rifiuti. E dunque tutti sottoposti alle regole ed ai
controlli della normativa di settore. Si è scatenato un evolversi di eventi
che hanno portato in tutta Italia al sequestro dei rifiuti che viaggiavano
verso le aziende di recupero senza soggiacere alle regole (ed ai documenti)
del decreto sui rifiuti. La norma dell'art. 14 ha azzerato la situazione e,
riprendendo il concetto - già censurato dalla Corte Europea con la sentenza
Tombesi - che i rifiuti che vanno al riutilizzo non sono rifiuti,
liberalizza di fatto tutta la grande massa dei rifiuti industriali che vanno
verso i recuperi.
Il sistema giuridico, dopo tale norma, si spacca in due fronti netti. Un
settore difende la modifica normativa e la applica: come iniziative
aziendali, applicazioni di controlli su strada, decisioni su ricorsi
amministrativi e sentenze penali. In pratica, applicando questa norma chi
viene accusato di gestire illegalmente (sotto il profilo amministrativo o
penale) rifiuti viene prosciolto e ritenuto gestire ordinarie materie prime.
C'è chi invece disapplica questa norma ritenendola incompatibile con le
direttive europee e con il decreto 22/97 nazionale e continua a perseguire
chi gestisce rifiuti verso il recupero come soggiacente alle norme di regola
dettata appunto dalla normativa sui rifiuti.
La posta in gioco è alta ,perché la criminalità organizzata coglie
l'occasione e contrabbanda smaltimenti illegali di rifiuti pericolosi come
recupero degli stessi e cerca così di sfuggire a regole e controlli. Dunque
il vero pericolo è: se il recupero fa gestire un settore di rifiuti
industriali non come "rifiuti" (controllati) ma semplici "materie prime",
tutto il settore esce dalle regole e dai controlli e basta dire che si va al
"riutilizzo" per farla franca e portare rifiuti pericolosi a smaltimento
incontrollato spacciato per recupero.
Un episodio conferma questo rischio. In una acciaieria nazionale il Comando
Carabinieri Tutela Ambiente trova sotto rottami ferrosi sfuggiti ai
controlli come "materie prime" e dunque non controllati come rifiuti residui
radioattivi che sono stati già fusi nell'altoforno! E' la conferma del
sospetto: i rifiuti in deregulation sono vettori di copertura per smaltire
micidiali rifiuti pericolosi in un sistema incontrollato.
A Terni i Carabinieri del Nucleo Radiomobile (Brig.Caprarelli), applicando
la norma sui rifiuti in modo "ordinario", sequestrano un Tir di rottami
ferrosi classificandoli come rifiuti. Nel successivo giudizio davanti al
Tribunale monocratico la difesa chiede il proscioglimento sulla base
dell'applicazione del citato art. 14 sulla interpretazione autentica della
nozione di rifiuto. Il Giudice Santoloci sospende il processo e con un
articolato ricorso chiede alla Corte Europea di Giustizia di decidere se il
citato art. 14 - al pari dei vecchi decreti-legge sui residui - era da
considerarsi incompatibile con l direttive europee e quindi inapplicabile
sul territorio nazionale.
Successivamente la Commissione Europea attiva procedura di infrazione contro
l'Italia per l'emanazione dell'art. 14 che ritiene illegittimo. L'Avvocato
Generale presso la Corte Europea di Giustizia nelle sue conclusioni davanti
la Corte chiede di accogliere il ricorso del Tribunale di Terni ed anzi
scrive che i giudici nazionali avrebbero il dovere di disapplicare questa
norma perché illegittima verso le norme internazionali. A questo punto la
convergenza sul ricorso è chiara e la sentenza della Corte Europea è
coerente e logica.
Accoglie totalmente il ricorso ed azzera su tutto il territorio nazionale la
possibilità di continuare ad applicare i principi del contestato art. 14.
Come si vede, la pronuncia produce effetti straordinari per il passato, il
presente ed il futuro. Si torna di colpo al "normale" concetto di rifiuto
previsto dal decreto n. 22/97 e da oggi tutti i rifiuti, anche quelli
industriali che (realmente o di facciata pretestuosa) vanno al recupero
dovranno soggiacere nuovamente a tutte le regole ed i controlli del sistema
gestione rifiuti. Si eviteranno così pericolosi annidamenti di forme
criminali in questo buco nero di deregulation che si era creato.
Ma per il passato cosa succederà? La Corte Europea non ha detto che l'art.
14 è incompatibile da oggi. Ha detto che è stato sempre incompatibile, fin
dalla sua emanazione. E dunque tutti i provvedimenti amministrativi e penali
che hanno applicato questa norma che dinamica avranno? Per i processi
pendenti, non vi è dubbio che l'applicazione è diretta. Ma per le sentenze
definitive? E per i contenziosi amministrativi conclusi? E per tutti i
verbali mai elevati? E certamente gli operatori di polizia possono oggi
riprendere le verifiche sulle illegalità applicando questa sentenza (ovvero,
quegli operatori che, al contrario del Comando Carabinieri Tutela Ambiente
ed altri che avevano continuato ad applicare con coerenza e professionalità
la normativa nazionale ed internazionale, si erano invece fermati in attesa
della decisione della Corte).
Ci saranno ancora molte pagine da scrivere in conseguenza di questa sentenza
che comunque ci insegna un principio: i rifiuti sono rifiuti, e qualunque
meccanismo storico nazionale tendente alla deregulation per estrometterli
dal sistema di controllo e gestione è destinato a fallire in sede europea.
Stefania Pallotta