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rifiuto e sentenza europea
- Subject: rifiuto e sentenza europea
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Wed, 8 Dec 2004 07:41:39 +0100
da dirittoambiente.com ART. 14 SULLA INTERPRETAZIONE AUTENTICA DELLA NOZIONE DI RIFIUTO: LA CORTE EUROPEA DI GIUSTIZIA ACCOGLIE IL RICORSO DEL TRIBUNALE DI TERNI (GIUDICE SANTOLOCI) - CLAMOROSI RISVOLTI SU TUTTO IL SISTEMA DI APPLICAZIONE DELLA NORMA A LIVELLO NAZIONALE A cura della Dott.ssa Stefania Pallotta Per sito www.dirittoambiente.com Clamorosa sentenza della Corte di Giustizia Europea che accoglie il ricorso del Tribunale di Terni (Giudice Unico Monocratico Dott.Maurizio Santoloci) con il quale l'organo giudicante ternano prospettava alla Corte internazionale una illegittimità della norma sul famoso "art. 14" della interpretazione autentica della nozione di rifiuto. La Commissione Europea successivamente aveva avviato procedura di infrazione contro l'Italia per l'emanazione di questa norma duramente contestata da diversi settori del mondo giuridico nazionale. La Corte Europea con una pronuncia chiarissima (C-457/02 Antonio Niselli "Direttiva 75/442/CEE e 91/56/CEE - Nozione di rifiuto - Materiali residuali di produzione e di consumo - Rottami ferrosi") ha accolto le tesi del Dott. Santoloci in toto ed il risultato ha un riflesso su tutto il territorio nazionale giacchè la formulazione del famoso "art. 14" sulla interpretazione autentica della nozione di rifiuti non è, e soprattutto non è stato fino ad oggi, coerente con le normative internazionali e dunque non può, e soprattutto non poteva fino ad oggi, essere applicato! Dunque le conseguenze saranno diffuse e comporteranno una rivisitazione di tutto il sistema di classificazione e gestione dei rifiuti nel nostro Paese. Non solo. Ma dovranno adesso essere rivalutati tutti i provvedimenti amministrativi, i ricorsi amministrativi e le pronunce di sentenze penali che, applicando questa norma oggi dichiarata incompatibile della Corte Europea, hanno sottoposto a deregulation interi episodi di gestioni di rifiuti ritenendo che non sussistessero ipotesi illecite. Cosa accadrà dunque per il passato? E come cambierà il sistema immediatamente per il futuro? Certamente i processi penali in corso per fatti similari non potranno non risentire in via diretta ed immediata di questa sentenza che di fatto azzera l'art. 14 nel nostro sistema giuridico e riporta il concetto di rifiuto alle normale dizione di legge nazionale ed internazionale. Ogni eccezione è non applicabile. Ma quali sono esattamente i termini del problema? Vediamoli in breve. Nel nostro sistema legislativo la disciplina sui rifiuti è regolata dal famoso "decreto Ronchi" n. 22/97 che sottopone alla rigida gestione controllata sia i rifiuti (domestici ed industriali) che vanno allo smaltimento (distruzione finale) che quelli che vanno al recupero (per essere nuovamente immessi in cicli secondari). Comunque il deposito, trasporto e trattamento finale di questi rifiuti deve essere sottoposto alle regole ed ai controlli dettati dalla norma. Nel nostro Paese, invece, da anni una parte del settore industriale e politico tende a sostenere che i rifiuti che vanno verso il recupero non sono soggetti a tali regole. E con diversi provvedimenti nel corso degli anni hanno tentato di esonerarli dal sistema di gestione controllato. Il primo tentativo avvenne nel 1997 con i decreti legge sui "residui"; anche allora la Corte Europea di Giustizia sempre accogliendo un ricorso del Giudice Santoloci del Tribunale di Terni smentì questi provvedimenti e dichiarò con la famosa sentenza Tombesi la incompatibilità della esclusione dal regime dei rifiuti di quei rifiuti che vanno al recupero. Da allora i tentativi si sono ripetuti. L'ultimo è stato clamoroso ed ha destato fortissime polemiche. Il Governo ha emanato Il decreto legislativo 8/07/2002 n. 138 convertito in legge 08/08/2002, n° 178 ( in Gazzetta Ufficiale n° 187 del 10/08/2002) e riporta nell'art. 14 l'interpretazione autentica della definizione di " Rifiuto" di cui all'art. 6 comma1, lettera A), del decreto legislativo 5/02/97 n.° 22( cosiddetto Decreto Ronchi). In pratica, con tale norma esclude di colpo da tutto il complesso e rigido sistema di gestione e controllo dei rifiuti tutti i rifiuti che vanno al riutilizzo, seppur con alcune caratteristiche di facciata. Il provvedimento ha scatenato polemiche infinite. Il caso nasce dai rottami ferrosi. Quando i Carabinieri del Comando Tutela Ambiente sequestrano i treni che dall'Est europeo trasportano in Italia rottami ferrosi per le acciaierie, la magistratura conferma i sequestri ritenendo tali rottami come rifiuti, e le acciaierie aziende che in quella fase recuperano rifiuti. E dunque tutti sottoposti alle regole ed ai controlli della normativa di settore. Si è scatenato un evolversi di eventi che hanno portato in tutta Italia al sequestro dei rifiuti che viaggiavano verso le aziende di recupero senza soggiacere alle regole (ed ai documenti) del decreto sui rifiuti. La norma dell'art. 14 ha azzerato la situazione e, riprendendo il concetto - già censurato dalla Corte Europea con la sentenza Tombesi - che i rifiuti che vanno al riutilizzo non sono rifiuti, liberalizza di fatto tutta la grande massa dei rifiuti industriali che vanno verso i recuperi. Il sistema giuridico, dopo tale norma, si spacca in due fronti netti. Un settore difende la modifica normativa e la applica: come iniziative aziendali, applicazioni di controlli su strada, decisioni su ricorsi amministrativi e sentenze penali. In pratica, applicando questa norma chi viene accusato di gestire illegalmente (sotto il profilo amministrativo o penale) rifiuti viene prosciolto e ritenuto gestire ordinarie materie prime. C'è chi invece disapplica questa norma ritenendola incompatibile con le direttive europee e con il decreto 22/97 nazionale e continua a perseguire chi gestisce rifiuti verso il recupero come soggiacente alle norme di regola dettata appunto dalla normativa sui rifiuti. La posta in gioco è alta ,perché la criminalità organizzata coglie l'occasione e contrabbanda smaltimenti illegali di rifiuti pericolosi come recupero degli stessi e cerca così di sfuggire a regole e controlli. Dunque il vero pericolo è: se il recupero fa gestire un settore di rifiuti industriali non come "rifiuti" (controllati) ma semplici "materie prime", tutto il settore esce dalle regole e dai controlli e basta dire che si va al "riutilizzo" per farla franca e portare rifiuti pericolosi a smaltimento incontrollato spacciato per recupero. Un episodio conferma questo rischio. In una acciaieria nazionale il Comando Carabinieri Tutela Ambiente trova sotto rottami ferrosi sfuggiti ai controlli come "materie prime" e dunque non controllati come rifiuti residui radioattivi che sono stati già fusi nell'altoforno! E' la conferma del sospetto: i rifiuti in deregulation sono vettori di copertura per smaltire micidiali rifiuti pericolosi in un sistema incontrollato. A Terni i Carabinieri del Nucleo Radiomobile (Brig.Caprarelli), applicando la norma sui rifiuti in modo "ordinario", sequestrano un Tir di rottami ferrosi classificandoli come rifiuti. Nel successivo giudizio davanti al Tribunale monocratico la difesa chiede il proscioglimento sulla base dell'applicazione del citato art. 14 sulla interpretazione autentica della nozione di rifiuto. Il Giudice Santoloci sospende il processo e con un articolato ricorso chiede alla Corte Europea di Giustizia di decidere se il citato art. 14 - al pari dei vecchi decreti-legge sui residui - era da considerarsi incompatibile con l direttive europee e quindi inapplicabile sul territorio nazionale. Successivamente la Commissione Europea attiva procedura di infrazione contro l'Italia per l'emanazione dell'art. 14 che ritiene illegittimo. L'Avvocato Generale presso la Corte Europea di Giustizia nelle sue conclusioni davanti la Corte chiede di accogliere il ricorso del Tribunale di Terni ed anzi scrive che i giudici nazionali avrebbero il dovere di disapplicare questa norma perché illegittima verso le norme internazionali. A questo punto la convergenza sul ricorso è chiara e la sentenza della Corte Europea è coerente e logica. Accoglie totalmente il ricorso ed azzera su tutto il territorio nazionale la possibilità di continuare ad applicare i principi del contestato art. 14. Come si vede, la pronuncia produce effetti straordinari per il passato, il presente ed il futuro. Si torna di colpo al "normale" concetto di rifiuto previsto dal decreto n. 22/97 e da oggi tutti i rifiuti, anche quelli industriali che (realmente o di facciata pretestuosa) vanno al recupero dovranno soggiacere nuovamente a tutte le regole ed i controlli del sistema gestione rifiuti. Si eviteranno così pericolosi annidamenti di forme criminali in questo buco nero di deregulation che si era creato. Ma per il passato cosa succederà? La Corte Europea non ha detto che l'art. 14 è incompatibile da oggi. Ha detto che è stato sempre incompatibile, fin dalla sua emanazione. E dunque tutti i provvedimenti amministrativi e penali che hanno applicato questa norma che dinamica avranno? Per i processi pendenti, non vi è dubbio che l'applicazione è diretta. Ma per le sentenze definitive? E per i contenziosi amministrativi conclusi? E per tutti i verbali mai elevati? E certamente gli operatori di polizia possono oggi riprendere le verifiche sulle illegalità applicando questa sentenza (ovvero, quegli operatori che, al contrario del Comando Carabinieri Tutela Ambiente ed altri che avevano continuato ad applicare con coerenza e professionalità la normativa nazionale ed internazionale, si erano invece fermati in attesa della decisione della Corte). Ci saranno ancora molte pagine da scrivere in conseguenza di questa sentenza che comunque ci insegna un principio: i rifiuti sono rifiuti, e qualunque meccanismo storico nazionale tendente alla deregulation per estrometterli dal sistema di controllo e gestione è destinato a fallire in sede europea. Stefania Pallotta
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