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dall parte di darwin evoluziismo colto da dubbi
- Subject: dall parte di darwin evoluziismo colto da dubbi
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Mon, 6 Dec 2004 06:54:50 +0100
il manifesto - 26 Novembre 2004 Un'evoluzione colta dal dubbio L'evoluzionismo è diventato il terreno di conflitto tra una cultura oscurantista che vorrebbe cancellarlo dall'insegnamento nelle scuole e una cultura aperta al dubbio e all'invenzione. Pubblichiamo la relazione che l'autore, docente di genetica all'Università di Firenze, terrà oggi a un convegno romano «Dalla parte di Darwin» MARCELLO BUIATTI Isegnali premonitori della crisi di una civiltà sono molti. Fra i più inequivocabili l'allentamento dei rapporti interindividuali, la perdita del senso della collettività, della memoria della storia e delle culture. Ma forse più sintomatici di tutti sono la frammentazione ed il crollo del pensiero individuale e collettivo inteso come elaborazione di idee e concetti derivanti dal patrimonio culturale in cambiamento permanente. Prevalgono, nelle crisi, i dogmi, le favole, le magie, e quindi i leader, le bandiere, i proclami. La frammentazione impedisce di ricordarsi del passato e quindi della storia, il che a sua volta annulla il futuro. Si vive nel presente, un presente sradicato, individuale e quindi dolorosamente povero. Tutti questi segnali sono presenti nelle nostre società occidentali e in particolare in Italia, in cui alla crisi «mentale» e sociale si unisce quella economica in una dialettica in cui è difficile distinguere causa ed effetto. Una società che si fonda sempre di più su un lavoro a basso contenuto di conoscenza, precario, senza localizzazione e quindi senza apprendimento, comunicazione, aggregazione. Una società che non può non dare prodotti anch'essi a basso contenuto di conoscenza e quindi scadenti, perdenti nella competizione. Al declino mentale si unisce quello economico con prodotti a basso costi e bassa qualità. Ad una società come questa non servono teste pensanti, cultura, invenzione, non servono cioè gli strumenti peculiari che differenziano la strategia di adattamento della nostra specie da quelle degli altri animali. Anzi, le teste pensanti, che si ricordano della storia, conoscono il presente, progettano il futuro, sono un pericolo serio. Ecco perché questa società somministra slogan e non concetti, oppure addirittura favole, come ha suggerito lo stesso ministro Moratti adducendo come motivo la incapacità degli alunni di capire altro che fole. Le parole inutili Ecco perché siamo affogati dalle parole simbolo, senza significato materiale, per le quali ci schieriamo in fazioni, senza entrare nel merito. Alcune di queste parole come «Ogm», «clonazione», «gene», «genoma» vengono dalla scienza, altre, come «flessibilità», «riformismo», «sviluppo», «Pil», dalla società in generale, dalla economia , dalla politica. Lo stesso termine «scienza» viene confuso con «verità», «magia» , «tecnologia» , «sperimentazione». Ci si schiera pro o contro anche su questa «scienza» indefinita, che per alcuni è l'unica ancora di salvezza, per altri la ragione di tutti i mali, per altri ancora un inutile giochino. Ai diversi significati della parola corrispondono, una immagine diversa degli operatori di questa. Pochi ormai si chiedono veramente cosa si intenda per ricerca, chi siano e cosa facciano gli «scienziati», come si svolga il processo della acquisizione della conoscenza. E' in questo quadro di attacco al pensiero, che si colloca la eliminazione dalla scuola dello studio non di Darwin ma della evoluzione, che per questo assume valore di simbolo e di esemplificazione di quanto succede in questo disgraziato paese. E' perfino in questo caso si tenta la costruzione di schieramenti pro o contro «Darwin», anche lui, senza alcuna colpa assurto a parola simbolo della sempre generica «scienza». E' in questo quadro si colloca un convegno nazionale dal titolo provocatorio «Dalla parte di Darwin», organizzato da Legambiente con l'intenzione di lanciare la discussione non solo su Darwin ma in genere sul significato della abolizione, con l' evoluzione, di almeno una parte degli strumenti conoscitivi che derivano dal pensiero scientifico. Nel convegno verrà presentato e discusso dagli autori un volume a più mani che si vorrebbe innesco di un dibattito che ancora langue (Dalla parte di Darwin, edito da Legambiente). Non a caso la «provocazione» parte, come sottolinea il coordinatore della iniziativa, Vittorio Cogliati, da quell'ambientalismo che è stato più volte accusato di essere oscurantista ed antiscientifico e che invece da sempre, anche se con ben poco lodevoli eccezioni , chiama ad una discussione concreta proprio sul pensiero scientifico. Certo, come affermano Cogliati e Vincenzo Terreni nel volume, l'attacco all'insegnamento delle scienze nella scuola non è di ora né si limita alla abolizione della evoluzione. Come hanno spesso fatto notare anche se con scarso successo, le associazioni degli insegnanti di materie scientifiche, l'insegnamento in questo campo è stato sempre limitato in termini di tempo disponibile e povero di contenuti, spesso solo descrittivi, nozionistici e vecchi di decenni rispetto alla scienza attuale. Tuttavia lo studio della evoluzione ha uno statuto epistemologico tale renderlo oggetto più di altro, di discussione permanente per le sue implicazioni in termini di approccio e metodo scientifico e per i riflessi sulla concezione delle origini, natura e storia della vita umana, individuale e sociale. L'evoluzione si occupa infatti della narrazione della vita dei rapporti fra essa e l'ambiente, fra le specie, le popolazioni , gli individui. Dato che noi siamo vivi questa riflessione è di fatto rivolta a noi stessi, al nostro rapporto con la natura e con gli altri esseri umani. E dei nostri comportamenti individuali e collettivi la scienza , i suoi metodi ed i suoi dati sono elemento fondante. Si badi bene: tutto questo va molto al di là del dibattito fra creazionismo ed evoluzionismo, comunque non risolvibile in quanto confronta due posizioni non paragonabili, una data per atto di fede e non discutibile, la seconda frutto di una scienza in continuo cambiamento e basata su dati materiali. Una cultura oscurantista Del resto non vi è dubbio che la radice vera dell'atto sconsiderato della ministra Letizia Moratti non va cercata in un tentativo di ritorno al creazionismo ma nella mutazione globale in corso nella concezione stessa della cultura nel nostro paese, anch'essa oscurantista ma davvero non per fede. Infatti la chiesa cattolica da molto tempo ha abbandonato le posizioni antievoluzioniste, anche se considera il cambiamento degli esseri viventi nel tempo come un «muoversi verso» (Galleni) l'uomo prima, la nuova venuta del Cristo poi. Non è nemmeno della chiesa la responsabilità del convegno organizzato a Milano, quasi in concomitanza con la modificazione dei programmi, da una frangia della estrema destra. Ben diversa è la situazione negli Usa di Bush seconda versione, percorsi da una ventata oscurantista e reazionaria che è poi quella che lo ha fatto vincere, come testimonia la introduzione, nelle scuole di molti stati , della «teoria» creazionista con pari dignità di quelle evoluzioniste. Le ragioni delle diffidenze ministeriali verso le discipline evolutive vanno anche oltre l'ostentato disprezzo verso docenti e ricercatori impegnati in quella scienza che non è direttamente brevettabile e vendibile da parte delle «imprese» (altra parola-simbolo). Sono invece consciamente o no direttamente collegate con la ricchezza del pensiero evoluzionistico discusso con rigore da Marcello Cini nel volume che sarà presentato durante il convegno. L'evoluzionismo è per antonomasia parte centrale e insieme sintetica delle scienze della vita e Darwin nell'approccio e anche nei comportamenti ci offre un modello di scienza che confligge con quello propagandato dalla divulgazione dominante e dagli stessi testi scolastici. La scienza corrente è infatti scienza delle certezze e chi vi opera purtroppo si presenta spesso privo di dubbi sulla natura assoluta della sua verità e sulla capacità di predire senza errore le dinamiche della vita. Questa scienza non prevede limite in quanto considera i viventi equivalenti a macchine assemblabili o smembrabili a volontà con effetti prevedibili. Ciò deriva dai successi del metodo riduzionista di semplificazione dello studio del tutto attraverso lo studio delle parti, a cui si devono gran parte della scienza contemporanea, che però è stato trasformato in una ideologia per la quale gli esseri viventi non vengono semplificati per studiarli meglio ma sono realmente semplici, simili a computer che si auto-costruiscono sulla base di un progetto unico per ogni individuo, non modificabile dalle storie di vita. Per cui, essendo i computer fatti di pezzi indipendenti ed assemblati, possono essere modificati a volontà alterando elementi del programma con risultati del tutto prevedibili e quindi magari vendibili senza tema di «effetti collaterali». Ebbene, Darwin, lungi dall'essere pieno di certezze era persona modesta, disposta a cambiare le proprie opinioni e restia a schierarsi con una o l'altra verità assoluta. Ci dice nella autobiografia: «Nel complesso non ho dubbi sul fatto che il mio lavoro è stato continuamente sopravvalutato.... Ho una decente capacità di invenzione e di buon senso comune come un qualsiasi avvocato o medico di discreto successo ma non più di questo. Per quanto posso giudicarmi ... sono sempre riuscito a mantenere la mia mente libera in modo da poter abbandonare qualsiasi ipotesi per quanto amata... Non mi ricordo di aver formulato mai una ipotesi che io poi non abbia abbandonata o profondamente modificata». Questo atteggiamento mentale, la straordinaria capacità di osservazione, il rispetto profondo della diversità e del suo valore adattativo hanno fatto sì che Darwin, oltre ad essere disposto a cambiare idea, aveva chiaro che ogni processo vitale ha molte cause e molte facce che tutte reali anche se apparentemente contrastanti. In questo, Darwin era molto diverso dalla immagine che ne esce dai nostri libri di scuola. Intanto, a differenza dei neo-darwinisti della «sintesi moderna» era un po' lamarckiano nel senso che non escludeva la azione di modificazione del programma degli esseri viventi da parte dell'ambiente ma anzi pensava anche ad un effetto diretto dell'ambiente sulla eredità: «Il cambiamento di abitudini produce un effetto ereditario, come quelli relativi al periodo della fioritura nelle piante che sono state trasportate da un clima ad un altro. Negli animali il maggior uso delle parti ha una influenza ancora maggiore». E in un altro passo: «Considerazioni come queste mi inducono ad attribuire minor peso alla azione diretta delle condizioni ambientali che ad una tendenza a cambiare, dovuta a cause che ignoriamo completamente». Mentre il Darwin dell'immaginario collettivo è determinista (tale il gene tale il carattere), quello vero no perché attribuisce all'ambiente non solo la funzione di filtro selettivo ma anche quella di causa di cambiamenti rilevanti durante vite non programmate in partenza. Non solo, ma Darwin implicitamente rifiuta l'assimilazione degli esseri viventi a macchine quando introduce il concetto di «variazione correlata» fra le parti, che ne indica la interdipendenza dinamica. Per cui «per usare l'espressione di Goethe, `per largheggiare da una parte la natura è costretta ad economizzare dall'altra'». Siamo quindi, in sintesi, noi esseri viventi, per dirla con linguaggio contemporaneo, sistemi fatti a rete di componenti collegati, in continuo cambiamento sotto la azione di modificazioni interne e di risposta adattativi all'esterno. Va sottolineato che multiversità, storicità, plasticità della natura erano vive in Darwin e lo sono di nuovo , prepotentemente, nella biologia contemporanea dopo essere state «rimosse», dalla biologia moderna, quella che passa dal neodarwinismo più rigido e dal «Dogma centrale della Genetica molecolare» di Francis Crick che ha codificato la versione «computer» dei sistemi viventi. Quest'ultima è tuttavia ancora l'immagine della vita e quindi di noi stessi che dà, evoluzione o no, la nostra scuola e anche in parte la nostra università. Consumare per vendere Per il vero questa immagine è estranea, come dimostra Marcello Sala, all'innato senso della vita, quella vera, che hanno i ragazzi, che però, in mancanza di una impostazione pedagogica innovativa, discussa da Fornasa, e di un adeguamento della scienza insegnata alla scienza contemporanea, vengono gradatamente omologati al processo di alienazione in corso. Perdono così parte almeno della gioia che portano istintivamente la diversità, il cambiamento vitale del proprio corpo e del proprio pensiero, per adeguarsi a un mondo senza limiti in cui le merci, come dice Cini, diventano sempre più immateriali e talvolta, come avviene della musica o dei pensieri, sono solo danaro sotto forma di brevetti, mentre la tecnologia soppianta la scienza e produce beni il cui valore fondamentale non è essere usati ma essere venduti. E' questo processo forse, che è alla base della tentazione suicida della nostra specie sottolineata da Giuliano Cannata, dimentica dei processi reali di distruzione del pianeta che fa finta di non notare, dalla più veloce estinzione della biodiversità mai vista, al mutamento del clima, a tutti i macrofenomeni che, se non completamente indotti sono senza dubbio accelerati dalla perdita di coscienza della materia e della energia che contraddistingue la nostra continua corsa senza meta. Essere dalla parte di Darwin, significa stare dalla parte della scienza senza dogmi, del libero pensiero scientifico, della razionalità basata sulla invenzione e sulla scoperta. Sui modi per far rinascere pensiero, scienza, ricerca e formazione, è duqnue urgente il confronto e la discussione non solo nella comunità scientifica ma anche tra le forze sociali e politiche, le persone di questo paese ancora individualmente ma poco collettivamente capace di discutere, studiare, inventare.
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