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solare ed economia globale
- Subject: solare ed economia globale
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Fri, 3 Dec 2004 06:46:17 +0100
da reteambiente.it mercoledi 6 ottobre 2004 Il solare e l'economia globale Se l'energia solare aveva bisogno di un avvocato, in Hermann Scheer ha trovato il migliore, e Il solare e l'economia globale è la sua appassionante arringa, un libro che Günther Grass ha definito "della più grande importanza per l'umanità". Il vero significato dell'attuale sistema energetico è sotto gli occhi di tutti, dagli orrori dell'Iraq e dell'Afghanistan, al carovita, all'aria irrespirabile delle nostre città. Il solare e l'economia globale è una dettagliata mappa del percorso che la società e l'economia hanno di fronte: il percorso verso l'abbandono delle fonti energetiche fossili a favore di quelle rinnovabili, verso il "solare" inteso nel suo significato più ampio. Hermann Scheer traccia il quadro di una trasformazione che dovrà coinvolgere la struttura economica nel suo complesso, e che pure risulta possibile e convincente. Un quadro a tinte forti, specie quando l'autore punta il dito sui fattori di resistenza al cambiamento, espressi da forze che paiono cieche di fronte all'evidenza dei benefici che l'economia solare apporterebbe. Il volume analizza il nodo apparentemente inestricabile che lega l'economia e la società all'attuale modello energetico con tutte le sue contraddizioni: da una parte gli sprechi e i danni prodotti dalle lunghissime catene di approvvigionamento delle energie fossili, dall'altra il tentativo di riportare anche le energie rinnovabili - e il loro potenziale di innovazione - all'interno di una struttura di potere cristallizzata, che vede prevalere i soliti attori, i global player del mercato globale. Che cosa può essere l'economia del sole, l'autore lo spiega in modo estremamente convincente, chiarendo soprattutto come l'alternativa al sistema fossile esista già e non abbia alcun gap tecnologico da colmare. Ma debba solo superare l'opposizione di chi oggi controlla l'energia e ha ben poca voglia di rinunciare a tale potere. Hermann Scheer è membro del Bundestag (il Parlamento Federale tedesco), presidente di EUROSOLAR, Associazione Europea per le Enegie Rinnovabili e Direttore Generale del World Council for Renewable Energies. Il suo lavoro ha ottenuto diversi riconoscimenti di prestigio, come il Nobel Alternativo nel 1999, il World Solar Prize nel 1988 e il World Prize for BioEnergy nel 2000. Eco-efficienza vs. energie rinnovabili? Anche le considerazioni di tipo ambientale vengono manipolate per screditare l'energia rinnovabile. Un guadagno in termini ambientali si ottiene più facilmente - così viene detto - attraverso il risparmio energetico o con un impiego più efficiente dei combustibili fossili, piuttosto che con costosi investimenti nell'energia rinnovabile. Questa argomentazione potrebbe sembrare convincente e in molti casi può anche essere avvalorata dai calcoli. Tuttavia in linea generale è discutibile, se non assurdo, applicare questo principio. Spesso l'efficienza ambientale di un investimento in energia rinnovabile è paragonabile a un investimento in efficienza energetica, come nel caso dell'uso "passivo" dell'energia solare negli edifici. Anche il Ministro tedesco per l'ambiente ha l'abitudine di evocare l'efficienza energetica come argomento contro l'uso dell'olio vegetale come combustibile per gli autoveicoli, dichiarando di preferire quelli a motore tradizionale e ad alta efficienza: il che fa perdere di vista il fatto che i motori a olio vegetale potrebbero avere la stessa efficienza di quelli a gasolio e a benzina. L'efficienza usata come pretesto contro il combustibile vegetale serve solo a dare la precedenza ai combustibili fossili: un vero controsenso ambientale. Anche per il fotovoltaico, ancora oggi la più costosa tecnologia solare, ci sono casi in cui non si può applicare il parametro di costo-efficacia ambientale. Se rendono inutili le reti di distribuzione e di cablaggio, le installazioni di fotovoltaico hanno già un costo-resa superiore a tutte le forme di energia convenzionale. Contestare l'energia rinnovabile a partire da motivazioni relative alla sua efficienza è in realtà una politica ecologicamente irresponsabile. Se sia più appropriato investire in maggiore efficienza dei combustibili fossili o in energia rinnovabile, oppure scegliere entrambe le strade, dipenderà dagli specifici casi in questione. Anche nel caso in cui un impiego più efficiente dei combustibili fossili potrebbe portare maggiori e immediati guadagni ambientali, ci si deve comunque chiedere se sia appropriato in termini relativi all'intero ciclo di vita della tecnologia. Non è infatti sufficiente limitarsi a confrontare i costi correnti degli investimenti nei combustibili fossili o negli impianti a energia solare, ma bisogna mettere a confronto anche quelli del combustibile fossile a maggiore efficienza con il costo zero delle installazioni solari. In ogni caso c'è un limite all'efficienza di un impianto a combustibile fossile. Di regola, il costo marginale di ogni incremento di efficienza aumenta con ogni risparmio aggiuntivo, mentre il prezzo della tecnologia dell'energia rinnovabile diminuisce parallelamente all'incremento della sua penetrazione nel mercato. Il fattore decisivo nell'analisi economica è il trend dei costi, che deve essere preso in considerazione anche nelle estrapolazioni sul futuro. In una società dove operano soggetti economici indipendenti non si può presumere che la valutazione dei costi e dei benefici relativi alla salvaguardia del clima e dell'ambiente debba sempre condurre a scegliere investimenti in efficienza energetica. Non è detto, per esempio, che gli agricoltori preferiranno recuperare i residui agricoli usando un impianto a biogas piuttosto che costruire fattorie eoliche. Né che le famiglie che hanno già fatto tutto il necessario per aumentare l'efficienza energetica dei loro impianti non vorranno produrre elettricità domestica con il fotovoltaico. Dovrebbero forse rinunciare a investire in un progetto in cui si identificano per qualche investimento anonimo a favore dell'efficienza dei combustibili fossili? Se la tesi che una maggior efficienza energetica porta maggiori benefici ambientali fosse coerente si dovrebbe creare un ente centrale incaricato di allocare risorse agli investimenti più efficienti. I trend economici si basano su una grande varietà di motivazioni, e se queste si costringono entro un mero calcolo costi-benefici viene inibito il dinamismo individuale e promosso il conformismo. L'energia pulita è una necessità emotiva, etica e razionale. Rinunciare alla spinta che queste esigenze possono produrre sarebbe assurdo ( di Hermann Scheer ) I vantaggi dell'economia solare in breve Come l'energia rinnovabile può essere usata per abbattere i costi? Questo è il punto chiave per una sua adeguata diffusione. Ed è una domanda che molti dovrebbero porsi: i produttori di tecnologie per il solare (per aumentare la commerciabilità dei loro prodotti); chi acquista gli impianti solari (per ottimizzare l'investimento e massimizzare i benefici economici); i produttori di apparecchiature elettriche, gli architetti e i pianificatori dell'edilizia (per migliorare i loro prodotti e trovare nuovi sbocchi di mercato). C'è un costo che viene evitato in tutte le installazioni a energia solare (a eccezione della combustione di biomassa), e cioè il costo di funzionamento. Questo è noto, ma i calcoli di redditività spesso non prendono in considerazione questo elemento, in particolare nei calcoli sul risparmio energetico a lungo termine. Questi risparmi dovrebbero essere presi in considerazione quando si valutano le richieste di prestiti per le installazioni solari, proprio come si fa per i mutui per le proprietà immobiliari. Contrariamente ai prestiti per attività commerciali, i mutui hanno tempi di rimborso molto lunghi, e il valore degli affitti - risparmiati o incassati - vengono inclusi nei calcoli finanziari. Ci sono imprese di costruzione e di finanziamento immobiliare nate a questo scopo e le banche hanno uffici specializzati, che nei calcoli includono anche i sussidi governativi. Ma questi fattori vengono di rado presi in considerazione nella valutazione degli investimenti nell'energia rinnovabile. Le analisi di flusso finanziario a lungo termine - per tutta la durata del prodotto - sono il solo metodo idoneo a calcolarne il costo, criterio valido non solo per l'energia rinnovabile. La tendenza del mondo del business ad allontanarsi da questo tipo di analisi, dovuta al fatto che i rimborsi a breve stanno diventando il prediletto metro di valutazione dell' nvestimento - tanto da governare le politiche economiche liberali - priva l' economia delle sue prospettive future. Via via che predominano i calcoli a breve termine, aumentano i costi a lungo termine per l'economia. Il settore che ha sperimentato più velocemente questo tipo di conseguenze negative è quello edilizio. Le case devono essere beni durevoli, se non altro per i loro costi elevati. Ma l'economia dell'edilizia moderna conferisce importanza soprattutto ai capitali implicati, che sono anche il fattore cruciale nell'assegnazione degli appalti. Di conseguenza, a causa dei materiali scadenti, problemi strutturali insorgono poco dopo la chiusura dei cantieri, e portano spesso a demolizioni dopo soli venti o trent'anni. Il settore pubblico è un cattivo esempio in proposito, perché le norme - almeno in Germania - impongono piani di rientro a breve termine anziché calcolare i costi operativi dell'edilizia sull'arco di almeno vent'anni. Un atteggiamento tipo après moi le déluge. Se invece si calcolano i costi operativi dell'edilizia nel lungo termine, l'impiego del solare diventa essenziale. Calcolare i costi dell'edilizia solare Per determinare i minori costi dell'edilizia con il ricorso all'energia solare, occorre tenere conto di: . quanto può essere ridotta la domanda di elettricità e riscaldamento posizionando l'edificio in modo tale da ottimizzare l'uso di luce e calore solare, sia utilizzando direttamente questi elementi, sia impiegando apparecchiature alimentate attraverso pannelli solari; . se i pannelli e collettori solari sono "montati" oppure integrati nella struttura stessa dell'edificio: in quest'ultimo caso essi sostituiscono altri elementi e riducono i costi. Se i pannelli sostituiscono in parte o del tutto il tetto o i rivestimenti esterni, si risparmia sul materiale usato per queste componenti. In questo caso il confronto tra input per kilowattora di elettricità o calore erogato non è più decisivo, mentre diventa essenziale il paragone tra i costi dei componenti che forniscono energia (compreso il loro output energetico) ed elementi improduttivi; . se le installazioni solari sono aggiunte al sistema energetico - del quale, quindi, si continuano a pagare i normali costi - oppure forniscono tutta l'energia, rendendo superflue le apparecchiature convenzionali (boiler e connessioni alla rete elettrica); . se il surplus di energia solare viene immagazzinato grazie a un accumulatore incorporato oppure viene disperso o trasferito. Quanto più numerose saranno le funzioni che in edilizia si affideranno alle tecnologie solari (e ai relativi elementi applicabili su tetti e facciate) e quanto più si riusciranno a evitare costi aggiuntivi (evitando il ricorso a impianti di energia convenzionale e a forniture esterne), tanto più in fretta l'uso dell'energia solare in tale settore diverrà redditizio. I costi del solare diventano quindi ricavi del solare. Le possibilità sono molte e ci sono già numerosi esempi pratici. Il Reichstag di Berlino, ad esempio, al momento del restauro è stato dotato di un impianto di cogenerazione alimentato a olio vegetale che potrebbe soddisfare il fabbisogno elettrico e di riscaldamento dell'intero edificio; questo però non succede perché in estate il riscaldamento non funziona al massimo, dunque anche la generazione elettrica è insufficiente. Ma quando d'inverno il sistema funziona a pieno ritmo, la generazione elettrica è spesso superiore al fabbisogno e viene ceduta alla rete di distribuzione esterna. Basterebbe un sistema di stoccaggio efficiente perché l'intero edificio possa diventare elettricamente autosufficiente. La tecnologia attuale ci permette già di riscaldare una casa di dimensioni medie con la sola irradiazione solare, a patto che l'edificio sia costruito con buoni materiali isolanti e orientato in modo ottimale, in modo, cioè, che il calore che occorre immagazzinare sia solo una piccola percentuale del fabbisogno termico totale dell'edificio. Anche per un impianto di cogenerazione da biomassa sarebbe sufficiente un sistema di stoccaggio elettrico per evitare la connessione con la rete di distribuzione. Nelle vicinanze di Friburgo è stato realizzato un complesso residenziale solare con parecchie centinaia di alloggi, progettato dall'architetto Rolf Disch. Questi edifici producono più energia di quanta ne usano. Il costo dell'intero complesso è stato calcolato ipotizzando anche l'eventuale collegamento alla rete di distribuzione: in questo caso il costo totale di un singolo alloggio sarebbe stato di 343.687 euro, mentre la "versione" solare viene a costare 307 euro di meno! Minori perdite e maggiori guadagni energetici porteranno a una spesa di 17.851 euro l'anno, contro i 18.433 euro che si sborserebbero utilizzando l'energia convenzionale. Dopo i quindici anni necessari all'ammortamento dell'impianto solare, il risparmio annuale sarà di 2045 euro, senza calcolare il possibile aumento del prezzo dell'energia convenzionale, che potrebbe anche raddoppiare. L'insediamento solare, inoltre, non sfrutta ancora tutte le possibilità tecnologiche che il futuro renderà disponibili. di Hermann Scheer ) Detassare le risorse solari Le eco-tasse - ovvero imposte più alte per l'uso di energie nocive all' ambiente - possono essere tanto più convincenti quanto più si riuscirà a procedere in fretta alla loro introduzione e al loro coordinamento con altre imposizioni fiscali: l'ipotesi sta infatti perdendo popolarità perché gli aumenti e le riduzioni delle imposte non incidono sugli stessi contribuenti e non avvengono neppure parallelamente. Infatti coloro che devono farsi carico del peso di tassazioni aggiuntive sull'energia non sono per forza le stesse persone che potranno beneficiare di altri sgravi fiscali. Di conseguenza, gli aumenti - dolorosamente avvertiti - delle tasse sull' energia di rado vengono messi in relazione con le detrazioni in altri campi, ma piuttosto collocati nel campo delle esortazioni al risparmio rivolte alla popolazione da parte di parlamenti e governi. (.) Alla luce dell'esperienza si sarebbe già dovuto interrompere il ciclo di proroghe e attenuazioni delle norme, proponendo le eco-tassazioni in modo che non diventino solo un ulteriore aggravio fiscale, sollevando paure e suscitando reazioni eccessive. Esse dovrebbero invece basarsi su una strategia articolata in modo chiaro e finalizzata a estromettere dal mercato i combustibili fossili e quelli nucleari per sostituirli con l'energia rinnovabile. L'obiettivo della eco-tassazione non deve essere quello di ridurre il consumo energetico totale, ma di stimolare il passaggio alle fonti rinnovabili. Ciò non significa che le tariffe dell'energia devono salire alle stelle: le tasse sull'energia convenzionale dovrebbero essere fissate a un livello tale da rendere l'energia rinnovabile l'alternativa più conveniente. L'eco-tassazione sarebbe vista in modo molto più favorevole se allo stesso tempo l'energia rinnovabile fosse esentasse, ovvero se a fianco di un maggior onere fiscale vi fosse un'alternativa cui la gente venisse incoraggiata a rivolgersi. Se i combustibili da fonti rinnovabili fossero già sul mercato a meno di 1 euro al litro, e se li si rendesse "tax-free", allora basterebbe che la tassa sui combustibili fossili fosse abbastanza alta da farli diventare sensibilmente più costosi, arrivando cioè a poco più di un euro al litro. Ciò sarebbe sufficiente per dare il via a una rapida espulsione dal mercato dei combustibili fossili. E così il gigantesco passo dell'abbandono del petrolio - il più grosso settore dell'industria energetica - diventerebbe per i consumatori un passo piccolo e comprensibile. Per liberare la tassazione ambientale dal marchio di essere socialmente regressiva, deve essere rettificata l'evidente situazione di ingiustizia nella tassazione energetica revocando le agevolazioni fiscali di determinati settori e prodotti, come ad esempio il carburante usato nel trasporto via nave e aereo e, all'interno della UE, l'esenzione dei dazi sul petrolio per l'industria di lavorazione del greggio (quella chimica ad esempio), le cui devastanti conseguenze sono state trattate nel Capitolo 7. Gli sgravi fiscali mantengono alti i consumi dell'energia fossile e artificialmente basso il suo costo, anche al di fuori delle aree beneficiate da sovvenzioni dirette. Ma il calo delle vendite dell'energia fossile porterebbe automaticamente a un incremento delle tariffe, accelerando così il processo di sostituzione. E un eventuale aumento delle tasse sull'energia convenzionale sarebbe in netta contraddizione con lo status esentasse dei settori industriali ad alto consumo, quindi qualsiasi progetto fiscale che non risolva questa contraddizione abolendo i sussidi manca di credibilità e di obiettivi realistici. Gli schemi di tassazione "verde" devono inoltre essere resi più equi, eliminando l'esenzione che attualmente è prevista a favore di molti settori commerciali. Escludere dall'imposizione fiscale il business significa escludere proprio la sfera di attività dove c'è lo spazio maggiore per una trasformazione efficace. L'investimento necessario a tale trasformazione potrebbe essere scaricato dalle tasse e comunque eventualmente condizionato al fatto che l'azienda dimostri di aver effettivamente esaurito tutte le opzioni per razionalizzare i propri usi energetici. Ci sono comunque altre forme di sgravi fiscali che soddisfano i criteri descritti, come un rimborso del 50% (o addirittura del 100%) sull'IVA per le installazioni di impianti solari o per l'elettricità da essi prodotta. Se non altro queste misure avrebbero un impatto netto neutro sulle finanze dello stato: se da una parte si perde un'entrata fiscale, dall'altra la spinta che la tecnologia solare riceverebbe indurrebbe nuove entrate fiscali (per esempio sui redditi prodotti dai nuovi posti di lavoro che si creerebbero). Per incentivare il passaggio da materie prime fossili a quelle solari e accelerare la penetrazione nel mercato di queste ultime si potrebbe utilizzare anche un'esenzione sull'IVA. Il dibattito attuale in Germania sulle "automobili da tre litri" dimostra quanto le proposte di "tasse verdi" abbiano mancato l'obiettivo di ridurre il consumo di combustibili fossili. Il governo tedesco ha proposto di usare l'eco-tassazione come incentivo per l'acquisto di nuove auto super economiche. Ma se si considera che questo tipo di auto indurrà inevitabilmente un aumento del numero dei veicoli in circolazione su scala mondiale, ci si rende conto che i motori a maggior resa non rappresentano una vera alternativa ecologica, perché i loro vantaggi sarebbero annullati dall'aumento del numero dei veicoli. Un consumo di carburante dimezzato ma moltiplicato per un numero doppio di auto non apporta alcuna riduzione dell' elevato consumo globale di combustibili fossili per autotrazione. Veicoli a emissioni zero, così come auto funzionanti con fonti di energia rinnovabile, sono invece un obiettivo molto più convincente e svilupparne la produzione sarebbe un'alternativa assai più sensata. Inoltre, se i carburanti derivati da fonti rinnovabili godessero di esenzioni fiscali l'uso dell'auto tornerebbe a essere poco costoso. Una volta che i combustibili fossili fossero scomparsi dalle strade, si potrebbero riattivare in qualsiasi momento le tasse sui combustibili biologici. Tutti i dati dimostrano che una strategia più radicale per la transizione all'energia rinnovabile non rappresenta solo una migliore soluzione al problema, ma sarebbe anche accettata meglio e sarebbe pertanto più attuabile dal punto di vista politico. ( di Hermann Scheer ) Verso l'economia solare: i termini del problema Il problema centrale che l'umanità deve affrontare è se l'economia globale produce abbastanza per funzionare. Se la nostra economia continuerà a basarsi su risorse limitate e inquinanti e su strutture aziendali globali sempre più concentrate non vi sarà abbastanza per tutti. Più questo diventa ovvio e più probabilità vi sono che, in assenza di una chiara alternativa, il mondo finisca per accettare l'idea che occorre rinunciare all'ideale di diritti umani universali. Una tendenza, come è noto, già largamente dispiegata. Lo scrittore tedesco Carl Amery traduce questa tendenza con poche parole di buon senso: se non c'è abbastanza per tutti, la dottrina nazista della "nazione eletta", con quello che ha provocato, non resterà un episodio isolato della storia. La distinzione fra privilegiati e non, fra coloro che vengono considerati superiori e coloro che vengono ritenuti inferiori, diverrà la filosofia dominante del 21° secolo. In realtà stiamo rischiando nuovi genocidi e nuove guerre per il Lebensraum &endash; lo spazio vitale &endash; condotte dagli uomini e garantite dalle leggi di mercato. Ma quando la natura reagisce, non ha alcun rispetto per i privilegi, la sua selezione è indiscriminata; è allo stesso tempo giusta e ingiusta, dal momento che la sua vendetta si abbatte anche su chi non l'ha provocata. Tuttavia la natura potrebbe accettare un compromesso, che noi stessi dobbiamo proporre. La risposta non è in un'idea di "protezione ambientale" che salvaguarda semplicemente riserve isolate senza arrestare la distruzione complessiva, ma piuttosto in un'economia naturale che usi in modo rispettoso la "ricchezza della natura" invece di devastare il pianeta con razzie e saccheggi per ottenere una immaginaria "ricchezza delle nazioni" (Adam Smith). L'obiettivo del soddisfacimento universale dei bisogni umani è l'ideale sociale e democratico dell'età moderna, un ideale che si è sviluppato nel corso della Rivoluzione Industriale. Ma proprio gli eccessi della Rivoluzione Industriale che ci hanno portato a voler dominare la natura, rendono impossibile la realizzazione nel lungo termine di questo ideale. Per raggiungerlo non è necessario che alla natura venga conferita priorità rispetto ai bisogni dell'umanità. Ciò che è essenziale è il primato delle leggi fisiche sulle leggi di mercato. Una società che, con l'aiuto delle sue istituzioni politiche, è incapace di ribaltare la supremazia del mercato sulla natura, è destinata a perire. La scelta non è fra aziende pubbliche o private, fra libero mercato o economia pianificata, è invece una questione di leggi fisiche che governano sia le imprese pubbliche sia quelle private, sia il mercato sia l'economia pianificata. Solo un'economia solare mondiale può soddisfare i bisogni materiali dell' umanità e dunque salvare i nostri ideali sociali e democratici. Un'utopia irraggiungibile? Niente affatto; utopica è l'idea della "mano invisibile del mercato" che assicurerebbe uno stabile futuro economico, perché &endash; come diceva Adam Smith &endash; il mercato orienterebbe il comportamento delle persone in modo che la loro interazione inconscia operi a favore del bene collettivo. Questa teoria, sebbene ormai ampiamente e ripetutamente confutata, è divenuta un assioma, una verità assoluta la cui prova finale è stata fornita dal crollo della pianificazione economica del socialismo. Ma questa "mano" appena percepibile è il più delle volte una mano che arraffa piuttosto che aiutare, che prende piuttosto che donare, ed è spesso più ostile che amichevole. Essendo invisibile, la mano del mercato può rubare e sfruttare senza essere riconosciuta. Il risultato non è armonia, ma tensione, divisione e distruzione. La mia proposta è di affidarsi innanzitutto alla "visibile mano del sole", una mano più precisa, completa, gestibile, comprensibile, accessibile, adatta alle necessità della gente e più realistica. ( di Hermann Scheer ) Il potere dei "big" dell'energia e l'indebolimento delle istituzioni Le grandi società che operano nel campo dell'elettricità da combustibili fossili rappresentano qualcosa di più di un grave pericolo ambientale. Il loro controllo sulle forniture di elettricità e la loro capacità di condizionare l'industria delle risorse minerarie, assieme al sostegno che ricevono dalle grandi banche di investimento, ne fanno l'elemento più potente di tutto il complesso economico. Hanno tutte le carte necessarie a creare un impero globale di offerta di beni e di mezzi di comunicazione. Sono strettamente legate all'industria dell'estrazione e della lavorazione dei combustibili fossili, e per estensione, all'industria chimica. Quest' ultima non solo ha reso l'agricoltura ormai dipendente dalle sue forniture di fertilizzanti e pesticidi, ma ha anche utilizzato la biotecnologia e le norme sui brevetti per rendere questa dipendenza ancora più stretta. Inoltre, ha numerosi legami con l'industria alimentare. Le società fornitrici di energia elettrica hanno anche connessioni con l'industria che gestisce l'eliminazione dei rifiuti e stanno attualmente cercando di portare sotto il loro controllo anche i servizi pubblici municipali per la fornitura idrica. Vogliono istituire "pedaggi" per le reti di informazione e dei mezzi di comunicazione e stanno sistematicamente acquisendo il dominio sulle reti precedentemente in mano al settore pubblico, senza lasciare alcuna possibilità di controllo o responsabilizzazione. Stanno devastando l' ambiente, la democrazia e il libero mercato. Anche se non è questo il loro intento dichiarato, le società del settore elettrico hanno imboccato la strada che le porterà a formare un cartello eccezionalmente potente. In questo senso non hanno bisogno di visioni grandiosamente strategiche, devono semplicemente seguire, passo dopo passo, la logica economica delle loro attuali catene di approvvigionamento. Da questo punto di vista il loro comportamento è "normale" tanto quanto quello delle altre aziende, con la differenza che a esse si sono aperte opportunità le cui ripercussioni sono globali e schiaccianti. Il non essersi opposti a questi sviluppi, ma aver addirittura cercato di favorirli, rappresenta per le istituzioni politiche un fallimento di portata senza precedenti. ( di Hermann Scheer ) I sistemi "fossili" e i processi di concentrazione Nelle industrie estrattiva ed energetica - diversamente da quanto accade in altri settori, nei quali, sia pure con efficacia via via minore, si tenta di frenare il processo di concentrazione con provvedimenti antitrust - non si ricorre ad analoghe misure perché qui l'accelerazione dei processi di concentrazione industriale è insita al sistema stesso per via della complessità della filiera di approvvigionamento. (.) Sono stati proprio i giganti del petrolio ad avviare questo modello portando sotto lo stesso "tetto" l'intera catena: dalle esplorazioni alle stazioni di rifornimento. Conglomerati che riuniscono aziende impegnate nelle estrazioni carbonifere e minerarie, impianti per la produzione di elettricità e fonderie si sono formate, fintanto che duravano le riserve domestiche dei paesi industrializzati, a livello nazionale, poi a quello internazionale. A partire dal ventesimo secolo, quando il petrolio ha sostituito il carbone quale principale fonte energetica, l'internazionalizzazione, determinata dalla localizzazione geograficamente concentrata delle riserve di petrolio, è diventata una conseguenza ineluttabile. I giganti del petrolio - le famose "sette sorelle" - divennero i primi global player e un modello per il business del ventesimo secolo. (.) Nel settore della produzione di elettricità, sviluppatosi nei paesi industrializzati a partire dalle centrali idriche e a vapore, il processo di concentrazione è stato più difficile che nel settore del petrolio, dei gas e del carbone perché la distribuzione al dettaglio dipende dalla rete elettrica locale che non può essere facilmente controllata senza il coinvolgimento del potere politico. I vantaggi tecnici ed economici offerti a chi aveva il controllo del settore idroelettrico di larga scala, la fonte più a buon mercato e più facile da sfruttare, è stata la carta vincente che le società elettriche sono riuscite a giocare a proprio favore. Esse hanno costruito le reti nazionali, trampolino per monopolizzare la fornitura di elettricità, hanno boicottato i produttori locali di elettricità e ora stanno assumendo il controllo di un numero sempre maggiore di reti di distribuzione municipali. Quali compratori all'ingrosso di combustibili fossili, sono riusciti a spuntare prezzi più bassi e possono quindi variare i prezzi a seconda del luogo, in modo da praticare prezzi competitivi e tagliare fuori dal mercato i fornitori municipali. Inoltre, hanno boicottato, anche quando ciò non era giustificabile sulla base dei costi, i produttori locali, così come i gestori di piccole centrali idroelettriche e di turbine eoliche, molti dei quali lavoravano nel settore fin dagli anni trenta, in paesi come gli Usa, la Danimarca e la Germania. Nonostante molti operatori indipendenti di piccole centrali idroelettriche e di fattorie eoliche fossero in grado di produrre elettricità a costi contenuti, i monopolisti della rete si sono rifiutati di acquistare l'elettricità o di offrire un prezzo che fosse sufficiente a coprire i costi di produzione. Le centrali elettriche regionali e municipali rappresentavano infatti un ostacolo all'istituzione di un monopolio globale della distribuzione elettrica. Il maggiore vantaggio commerciale delle società di erogazione elettrica è comunque tuttora costituito dai privilegi politici che sono stati garantiti loro quando, con l'espandersi dell'industria dei prodotti elettrici, venne riconosciuta l'importanza della produzione di elettricità nelle strategie economiche e sociali, e nel momento in cui si è verificata la crescita della domanda di elettricità. Le società di erogazione elettrica si sono collocate come garanti di una fornitura stabile e uniforme di energia elettrica e, di conseguenza, gli statuti che regolano l'industria dell'energia elettrica sono stati disegnati in modo tale da soddisfare le esigenze di queste società. I governi, in altre parole, hanno attivamente promosso una sempre maggiore concentrazione in campo industriale, giustificandola con la necessità di garantire una fornitura stabile e quindi attentamente pianificata di energia. ( di Hermann Scheer ) Invertire i trend grazie alle risorse solari La differenza fra le risorse rinnovabili e la tradizionale industria energetica &endash; con i suoi quattro pilastri rappresentati dalle società di estrazione e commercializzazione del petrolio, del carbone, del gas e dell'uranio; i gestori di centrali elettriche e quelli (che spesso sono gli stessi) delle reti di distribuzione; l'industria di costruzione delle centrali elettriche e le banche di investimento che finanziano tutti i settori qui menzionati &endash; sta nel fatto che nel caso delle prime vi è solo un settore esposto al rischio della concentrazione e del monopolio, e cioè quello della produzione e della costruzione degli impianti (collettori solari, celle solari, turbine eoliche e centrali a biomassa). Se le risorse rinnovabili arrivassero un giorno a dominare il mercato, le "ragnatele" industriali descritte più sopra, ovvero le società di estrazione e di commercializzazione dei combustibili fossili, scomparirebbero lentamente, soppiantate dall'elettricità prodotta dal calore e dalla luce solare, dall'eolico, dall'energia delle onde e dall'idroelettrico, e la nicchia che occupano attualmente rimarrebbe semplicemente vuota. E come dice con chiarezza Franz Alt: "il sole non spedisce alcuna bolletta".10 Il problema fondamentale delle società del settore dei combustibili fossili è che la luce solare e il vento non possono essere brevettati e venduti sotto licenza. L'impiego diffuso dell'energia rinnovabile smorzerebbe il vento che sta gonfiando le vele di un processo di globalizzazione e di concentrazione industriale trainato dalla scarsità delle risorse di combustibili fossili: e questo potrebbe bastare ad avviare un processo di de-concentrazione, di de-monopolizzazione e di ri-regionalizzazione delle strutture economiche. In un sistema di erogazione elettrica decentrato e fondato sull'energia solare, i ragni tessitori della ragnatela dell'industria dell'energia fossile &endash; i gestori delle centrali elettriche e quelli delle reti di distribuzione di gas ed elettricità &endash; non avrebbero più alcun ruolo. Il mercato per le centrali elettriche da rinnovabile rimane ovviamente aperto ai rischi di processi di concentrazione, ed è possibile che a un certo punto siano solo poche aziende a controllare la produzione di pannelli e collettori solari, di turbine eoliche e di impianti a biomassa. Ciononostante i produttori di centrali a energia solare non saranno mai in grado di dominare completamente il mercato e in ogni caso dipenderanno pur sempre da una base di molti miliardi di clienti. Ci sarà spazio per un'ampia tipologia di produttori e distributori, e per un'offerta ancora più vasta di progettazione tecnica e servizi di installazione. I protagonisti dell' industria dell'energia fossile non avranno alcuna parte nella storia dell' energia rinnovabile, o forse solo un ruolo secondario; il mercato dell' energia rinnovabile non sarà più una nicchia, quantomeno non con un giro d' affari delle dimensioni attuali. Le brevi catene di approvvigionamento per le fonti di energia rinnovabile metteranno termine alla spinta verso la globalizzazione che ha all'origine le risorse fossili. Le energie rinnovabili libereranno la società dal soffocamento delle ragnatele intessute dai ragni dell'economia fossile. ( di Hermann Scheer ) La chiamata alle armi per le risorse Oggi, a differenza del passato, le ambizioni di annessione di nuovi territori da parte dei paesi forti, sono ostacolate dalle leggi internazionali e dall'opinione pubblica mondiale. I paesi industrializzati, con tecnologie agricole molto avanzate e dinamiche demografiche stagnanti, non avrebbero alcun motivo di cercare un'espansione del proprio territorio. Le multinazionali rendono per di più inutile il controllo politico diretto sui nuovi mercati. E tuttavia questo non sembra bloccare il ricorso alle armi Il classico modus operandi per assicurarsi le risorse geopolitiche era il colonialismo territoriale, ma le colonie esigevano amministrazione politica e presenza militare. Con la nascita dei movimenti di liberazione dei paesi colonizzati, sostenuti internazionalmente e spronati dagli ideali di democrazia del 20° secolo, il colonialismo è diventato inefficiente e inopportuno. Il moderno colonialismo come integrazione nel sistema del capitalismo globale è molto più efficace, ma tale potere può esser esercitato solo con l 'aiuto delle aziende di estrazione delle risorse. Non c'è più bisogno di assumersi responsabilità politiche sui territori e si risparmia sui costi di amministrazione e di polizia. L'unica condizione è che i governi dei paesi che possiedono le risorse ne consentano l'esportazione e non ne interrompano la circolazione verso il mondo industrializzato. Finora tutte le insubordinazioni sono state stroncate, alcune velocemente, altre più lentamente. L'obiettivo resta quello di assicurarsi l'accesso alle riserve e il prezzo più basso possibile per le risorse. Quando i governi dei paesi esportatori hanno nazionalizzato le industrie di estrazione per aumentare la propria quota di profitti, per assicurarsi la loro cooperazione sono state usate (e continuano a essere usate) sanzioni, tra cui anche l'embargo economico. Il più recente metodo adottato è quello di legare i prestiti del Fondo Monetario Internazionale (FMI) alla deregulation e alla privatizzazione delle industrie. Anche il cartello OPEC, che tra il 1973 e il 1982 procurò una crisi mondiale aumentando del 300% il prezzo del petrolio, difficilmente potrà provocare ancora disturbi di questo tipo: i paesi esportatori di petrolio hanno acquistato grossi portafogli azionari delle società dei paesi industrializzati e non hanno alcun interesse a causare loro problemi. I paesi industrializzati sono comunque sfruttatori abili degli interessi divergenti e dei conflitti politici tra le nazioni esportatrici, e mettono in pratica in modo avveduto il vecchio principio del divide et impera. (.) Le tattiche impiegate dai paesi industrializzati per favorire i propri interessi nella caccia alle risorse sono state, e continuano a essere, estremamente discutibili, soprattutto nel fomentare o quanto meno servirsi dei conflitti e delle guerre fra i paesi esportatori. Nel 1980 i paesi industrializzati si sono serviti di Saddam Hussein come arma contro il fondamentalismo islamico dell'Iran: gli è stato permesso di condurre una guerra brutale prima che calpestasse gli interessi dei suoi protettori occidentali. I paesi industrializzati non si sono mai trattenuti dal dare sostegno ai peggiori regimi fintanto che questi li hanno aiutati a far circolare le risorse. Valga per tutti l'esempio dello Zaire: il successore di Mobutu, Kabila, fu aiutato a salire al potere dagli Stati Uniti dopo aver promesso di servire nel migliore dei modi i loro interessi sulle risorse. La prima mossa di Kabila fu quella di ridistribuire i diritti di estrazione nelle zone conquistate. Altri interessi, sempre connessi alle risorse, hanno invece appoggiato il movimento di resistenza cresciuto poi contro di lui. In certi casi sono stati finanziati alcuni "signori della guerra" per neutralizzarne altri che minacciavano di ostacolare la circolazione delle risorse: così ad esempio la Somalia non ha tuttora uno stato funzionante, ma i pozzi petroliferi delle compagnie statunitensi sono tornati operativi. Anche i combattenti religiosi fondamentalisti, come i Talebani in Afghanistan, sono stati in passato appoggiati dagli Usa, e questo sostegno - malgrado i timori statunitensi per il fondamentalismo islamico in Iran - è continuato molto dopo che le truppe russe si sono ritirate dall'Afghanistan e il regime comunista è stato spazzato via. La sola possibile spiegazione sta nel fatto che i Talebani si erano impegnati a garantire alle corporation statunitensi il passaggio del petrolio attraverso gli stati transcaucasici. I tragici eventi dell'11 settembre 2001 non sono che una triste dimostrazione della follia e dell'avventatezza di questa strategia. (.) Solo quando i paesi esportatori di risorse diventano ingovernabili, quando anche i governi fantoccio che rappresentano gli interessi delle potenze economiche hanno perso la loro autorità e non possono più essere sostituiti da regimi che funzionino meglio, ecco ritornare gli eserciti dell'occidente con azioni solitamente giustificate sotto forma di interventi umanitari, cosa non difficile perché è vero che molte zone sono nell'anarchia. Spesso c 'è perfino un mandato delle Nazioni Unite per "azioni umanitarie". Ma un esame più accurato mostra che, soprattutto in Africa, le decisioni su tali interventi sono legate agli interessi sulle risorse. ( di Hermann Scheer )
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