solare ed economia globale



da reteambiente.it
mercoledi 6 ottobre 2004

Il solare e l'economia globale

Se l'energia solare aveva bisogno di un avvocato, in Hermann Scheer ha
trovato il migliore, e Il solare e l'economia globale è la sua appassionante
arringa, un libro che Günther Grass ha definito "della più grande importanza
per l'umanità".
Il vero significato dell'attuale sistema energetico è sotto gli occhi di
tutti, dagli orrori dell'Iraq e dell'Afghanistan, al carovita, all'aria
irrespirabile delle nostre città.
Il solare e l'economia globale è una dettagliata mappa del percorso che la
società e l'economia hanno di fronte: il percorso verso l'abbandono delle
fonti energetiche fossili a favore di quelle rinnovabili, verso il "solare"
inteso nel suo significato più ampio.
Hermann Scheer traccia il quadro di una trasformazione che dovrà coinvolgere
la struttura economica nel suo complesso, e che pure risulta possibile e
convincente. Un quadro a tinte forti, specie quando l'autore punta il dito
sui fattori di resistenza al cambiamento, espressi da forze che paiono
cieche di fronte all'evidenza dei benefici che l'economia solare
apporterebbe.
Il volume analizza il nodo apparentemente inestricabile che lega l'economia
e la società all'attuale modello energetico con tutte le sue contraddizioni:
da una parte gli sprechi e i danni prodotti dalle lunghissime catene di
approvvigionamento delle energie fossili, dall'altra il tentativo di
riportare anche le energie rinnovabili - e il loro potenziale di
innovazione - all'interno di una struttura di potere cristallizzata, che
vede prevalere i soliti attori, i global player del mercato globale.
Che cosa può essere l'economia del sole, l'autore lo spiega in modo
estremamente convincente, chiarendo soprattutto come l'alternativa al
sistema fossile esista già e non abbia alcun gap tecnologico da colmare. Ma
debba solo superare l'opposizione di chi oggi controlla l'energia e ha ben
poca voglia di rinunciare a tale potere.
Hermann Scheer è membro del Bundestag (il Parlamento Federale tedesco),
presidente di EUROSOLAR, Associazione Europea per le Enegie Rinnovabili e
Direttore Generale del World Council for Renewable Energies. Il suo lavoro
ha ottenuto diversi riconoscimenti di prestigio, come il Nobel Alternativo
nel 1999, il World Solar Prize nel 1988 e il World Prize for BioEnergy nel
2000.

Eco-efficienza vs. energie rinnovabili?

Anche le considerazioni di tipo ambientale vengono manipolate per screditare
l'energia rinnovabile. Un guadagno in termini ambientali si ottiene più
facilmente - così viene detto - attraverso il risparmio energetico o con un
impiego più efficiente dei combustibili fossili, piuttosto che con costosi
investimenti nell'energia rinnovabile. Questa argomentazione potrebbe
sembrare convincente e in molti casi può anche essere avvalorata dai
calcoli. Tuttavia in linea generale è discutibile, se non assurdo, applicare
questo principio. Spesso l'efficienza ambientale di un investimento in
energia rinnovabile è paragonabile a un investimento in efficienza
energetica, come nel caso dell'uso "passivo" dell'energia solare negli
edifici. Anche il Ministro tedesco per l'ambiente ha l'abitudine di evocare
l'efficienza energetica come argomento contro l'uso dell'olio vegetale come
combustibile per gli autoveicoli, dichiarando di preferire quelli a motore
tradizionale e ad alta efficienza: il che fa perdere di vista il fatto che i
motori a olio vegetale potrebbero avere la stessa efficienza di quelli a
gasolio e a benzina. L'efficienza usata come pretesto contro il combustibile
vegetale serve solo a dare la precedenza ai combustibili fossili: un vero
controsenso ambientale.
Anche per il fotovoltaico, ancora oggi la più costosa tecnologia solare, ci
sono casi in cui non si può applicare il parametro di costo-efficacia
ambientale. Se rendono inutili le reti di distribuzione e di cablaggio, le
installazioni di fotovoltaico hanno già un costo-resa superiore a tutte le
forme di energia convenzionale. Contestare l'energia rinnovabile a partire
da motivazioni relative alla sua efficienza è in realtà una politica
ecologicamente irresponsabile. Se sia più appropriato investire in maggiore
efficienza dei combustibili fossili o in energia rinnovabile, oppure
scegliere entrambe le strade, dipenderà dagli specifici casi in questione.
Anche nel caso in cui un impiego più efficiente dei combustibili fossili
potrebbe portare maggiori e immediati guadagni ambientali, ci si deve
comunque chiedere se sia appropriato in termini relativi all'intero ciclo di
vita della tecnologia. Non è infatti sufficiente limitarsi a confrontare i
costi correnti degli investimenti nei combustibili fossili o negli impianti
a energia solare, ma bisogna mettere a confronto anche quelli del
combustibile fossile a maggiore efficienza con il costo zero delle
installazioni solari.
In ogni caso c'è un limite all'efficienza di un impianto a combustibile
fossile. Di regola, il costo marginale di ogni incremento di efficienza
aumenta con ogni risparmio aggiuntivo, mentre il prezzo della tecnologia
dell'energia rinnovabile diminuisce parallelamente all'incremento della sua
penetrazione nel mercato. Il fattore decisivo nell'analisi economica è il
trend dei costi, che deve essere preso in considerazione anche nelle
estrapolazioni sul futuro.
In una società dove operano soggetti economici indipendenti non si può
presumere che la valutazione dei costi e dei benefici relativi alla
salvaguardia del clima e dell'ambiente debba sempre condurre a scegliere
investimenti in efficienza energetica. Non è detto, per esempio, che gli
agricoltori preferiranno recuperare i residui agricoli usando un impianto a
biogas piuttosto che costruire fattorie eoliche. Né che le famiglie che
hanno già fatto tutto il necessario per aumentare l'efficienza energetica
dei loro impianti non vorranno produrre elettricità domestica con il
fotovoltaico. Dovrebbero forse rinunciare a investire in un progetto in cui
si identificano per qualche investimento anonimo a favore dell'efficienza
dei combustibili fossili? Se la tesi che una maggior efficienza energetica
porta maggiori benefici ambientali fosse coerente si dovrebbe creare un ente
centrale incaricato di allocare risorse agli investimenti più efficienti. I
trend economici si basano su una grande varietà di motivazioni, e se queste
si costringono entro un mero calcolo costi-benefici viene inibito il
dinamismo individuale e promosso il conformismo.
L'energia pulita è una necessità emotiva, etica e razionale. Rinunciare alla
spinta che queste esigenze possono produrre sarebbe assurdo

( di Hermann Scheer )

I vantaggi dell'economia solare in breve

Come l'energia rinnovabile può essere usata per abbattere i costi? Questo è
il punto chiave per una sua adeguata diffusione. Ed è una domanda che molti
dovrebbero porsi: i produttori di tecnologie per il solare (per aumentare la
commerciabilità dei loro prodotti); chi acquista gli impianti solari (per
ottimizzare l'investimento e massimizzare i benefici economici); i
produttori di apparecchiature elettriche, gli architetti e i pianificatori
dell'edilizia (per migliorare i loro prodotti e trovare nuovi sbocchi di
mercato).
C'è un costo che viene evitato in tutte le installazioni a energia solare (a
eccezione della combustione di biomassa), e cioè il costo di funzionamento.
Questo è noto, ma i calcoli di redditività spesso non prendono in
considerazione questo elemento, in particolare nei calcoli sul risparmio
energetico a lungo termine. Questi risparmi dovrebbero essere presi in
considerazione quando si valutano le richieste di prestiti per le
installazioni solari, proprio come si fa per i mutui per le proprietà
immobiliari. Contrariamente ai prestiti per attività commerciali, i mutui
hanno tempi di rimborso molto lunghi, e il valore degli affitti -
risparmiati o incassati - vengono inclusi nei calcoli finanziari. Ci sono
imprese di costruzione e di finanziamento immobiliare nate a questo scopo e
le banche hanno uffici specializzati, che nei calcoli includono anche i
sussidi governativi. Ma questi fattori vengono di rado presi in
considerazione nella valutazione degli investimenti nell'energia
rinnovabile.
Le analisi di flusso finanziario a lungo termine - per tutta la durata del
prodotto - sono il solo metodo idoneo a calcolarne il costo, criterio valido
non solo per l'energia rinnovabile. La tendenza del mondo del business ad
allontanarsi da questo tipo di analisi, dovuta al fatto che i rimborsi a
breve stanno diventando il prediletto metro di valutazione dell'
nvestimento - tanto da governare le politiche economiche liberali - priva l'
economia delle sue prospettive future. Via via che predominano i calcoli a
breve termine, aumentano i costi a lungo termine per l'economia. Il settore
che ha sperimentato più velocemente questo tipo di conseguenze negative è
quello edilizio. Le case devono essere beni durevoli, se non altro per i
loro costi elevati. Ma l'economia dell'edilizia moderna conferisce
importanza soprattutto ai capitali implicati, che sono anche il fattore
cruciale nell'assegnazione degli appalti. Di conseguenza, a causa dei
materiali scadenti, problemi strutturali insorgono poco dopo la chiusura dei
cantieri, e portano spesso a demolizioni dopo soli venti o trent'anni. Il
settore pubblico è un cattivo esempio in proposito, perché le norme - almeno
in Germania - impongono piani di rientro a breve termine anziché calcolare i
costi operativi dell'edilizia sull'arco di almeno vent'anni. Un
atteggiamento tipo après moi le déluge. Se invece si calcolano i costi
operativi dell'edilizia nel lungo termine, l'impiego del solare diventa
essenziale.

Calcolare i costi dell'edilizia solare

Per determinare i minori costi dell'edilizia con il ricorso all'energia
solare, occorre tenere conto di:
. quanto può essere ridotta la domanda di elettricità e riscaldamento
posizionando l'edificio in modo tale da ottimizzare l'uso di luce e calore
solare, sia utilizzando direttamente questi elementi, sia impiegando
apparecchiature alimentate attraverso pannelli solari;
. se i pannelli e collettori solari sono "montati" oppure integrati nella
struttura stessa dell'edificio: in quest'ultimo caso essi sostituiscono
altri elementi e riducono i costi. Se i pannelli sostituiscono in parte o
del tutto il tetto o i rivestimenti esterni, si risparmia sul materiale
usato per queste componenti. In questo caso il confronto tra input per
kilowattora di elettricità o calore erogato non è più decisivo, mentre
diventa essenziale il paragone tra i costi dei componenti che forniscono
energia (compreso il loro output energetico) ed elementi improduttivi;
. se le installazioni solari sono aggiunte al sistema energetico - del
quale, quindi, si continuano a pagare i normali costi - oppure forniscono
tutta l'energia, rendendo superflue le apparecchiature convenzionali (boiler
e connessioni alla rete elettrica);
. se il surplus di energia solare viene immagazzinato grazie a un
accumulatore incorporato oppure viene disperso o trasferito.
Quanto più numerose saranno le funzioni che in edilizia si affideranno alle
tecnologie solari (e ai relativi elementi applicabili su tetti e facciate) e
quanto più si riusciranno a evitare costi aggiuntivi (evitando il ricorso a
impianti di energia convenzionale e a forniture esterne), tanto più in
fretta l'uso dell'energia solare in tale settore diverrà redditizio.
I costi del solare diventano quindi ricavi del solare. Le possibilità sono
molte e ci sono già numerosi esempi pratici. Il Reichstag di Berlino, ad
esempio, al momento del restauro è stato dotato di un impianto di
cogenerazione alimentato a olio vegetale che potrebbe soddisfare il
fabbisogno elettrico e di riscaldamento dell'intero edificio; questo però
non succede perché in estate il riscaldamento non funziona al massimo,
dunque anche la generazione elettrica è insufficiente. Ma quando d'inverno
il sistema funziona a pieno ritmo, la generazione elettrica è spesso
superiore al fabbisogno e viene ceduta alla rete di distribuzione esterna.
Basterebbe un sistema di stoccaggio efficiente perché l'intero edificio
possa diventare elettricamente autosufficiente.
La tecnologia attuale ci permette già di riscaldare una casa di dimensioni
medie con la sola irradiazione solare, a patto che l'edificio sia costruito
con buoni materiali isolanti e orientato in modo ottimale, in modo, cioè,
che il calore che occorre immagazzinare sia solo una piccola percentuale del
fabbisogno termico totale dell'edificio. Anche per un impianto di
cogenerazione da biomassa sarebbe sufficiente un sistema di stoccaggio
elettrico per evitare la connessione con la rete di distribuzione.
Nelle vicinanze di Friburgo è stato realizzato un complesso residenziale
solare con parecchie centinaia di alloggi, progettato dall'architetto Rolf
Disch. Questi edifici producono più energia di quanta ne usano. Il costo
dell'intero complesso è stato calcolato ipotizzando anche l'eventuale
collegamento alla rete di distribuzione: in questo caso il costo totale di
un singolo alloggio sarebbe stato di 343.687 euro, mentre la "versione"
solare viene a costare 307 euro di meno! Minori perdite e maggiori guadagni
energetici porteranno a una spesa di 17.851 euro l'anno, contro i 18.433
euro che si sborserebbero utilizzando l'energia convenzionale. Dopo i
quindici anni necessari all'ammortamento dell'impianto solare, il risparmio
annuale sarà di 2045 euro, senza calcolare il possibile aumento del prezzo
dell'energia convenzionale, che potrebbe anche raddoppiare. L'insediamento
solare, inoltre, non sfrutta ancora tutte le possibilità tecnologiche che il
futuro renderà disponibili.
 di Hermann Scheer )

Detassare le risorse solari

Le eco-tasse - ovvero imposte più alte per l'uso di energie nocive all'
ambiente - possono essere tanto più convincenti quanto più si riuscirà a
procedere in fretta alla loro introduzione e al loro coordinamento con altre
imposizioni fiscali: l'ipotesi sta infatti perdendo popolarità perché gli
aumenti e le riduzioni delle imposte non incidono sugli stessi contribuenti
e non avvengono neppure parallelamente. Infatti coloro che devono farsi
carico del peso di tassazioni aggiuntive sull'energia non sono per forza le
stesse persone che potranno beneficiare di altri sgravi fiscali. Di
conseguenza, gli aumenti - dolorosamente avvertiti - delle tasse sull'
energia di rado vengono messi in relazione con le detrazioni in altri campi,
ma piuttosto collocati nel campo delle esortazioni al risparmio rivolte alla
popolazione da parte di parlamenti e governi. (.)
Alla luce dell'esperienza si sarebbe già dovuto interrompere il ciclo di
proroghe e attenuazioni delle norme, proponendo le eco-tassazioni in modo
che non diventino solo un ulteriore aggravio fiscale, sollevando paure e
suscitando reazioni eccessive. Esse dovrebbero invece basarsi su una
strategia articolata in modo chiaro e finalizzata a estromettere dal mercato
i combustibili fossili e quelli nucleari per sostituirli con l'energia
rinnovabile. L'obiettivo della eco-tassazione non deve essere quello di
ridurre il consumo energetico totale, ma di stimolare il passaggio alle
fonti rinnovabili. Ciò non significa che le tariffe dell'energia devono
salire alle stelle: le tasse sull'energia convenzionale dovrebbero essere
fissate a un livello tale da rendere l'energia rinnovabile l'alternativa più
conveniente. L'eco-tassazione sarebbe vista in modo molto più favorevole se
allo stesso tempo l'energia rinnovabile fosse esentasse, ovvero se a fianco
di un maggior onere fiscale vi fosse un'alternativa cui la gente venisse
incoraggiata a rivolgersi.
Se i combustibili da fonti rinnovabili fossero già sul mercato a meno di 1
euro al litro, e se li si rendesse "tax-free", allora basterebbe che la
tassa sui combustibili fossili fosse abbastanza alta da farli diventare
sensibilmente più costosi, arrivando cioè a poco più di un euro al litro.
Ciò sarebbe sufficiente per dare il via a una rapida espulsione dal mercato
dei combustibili fossili. E così il gigantesco passo dell'abbandono del
petrolio - il più grosso settore dell'industria energetica - diventerebbe
per i consumatori un passo piccolo e comprensibile. Per liberare la
tassazione ambientale dal marchio di essere socialmente regressiva, deve
essere rettificata l'evidente situazione di ingiustizia nella tassazione
energetica revocando le agevolazioni fiscali di determinati settori e
prodotti, come ad esempio il carburante usato nel trasporto via nave e aereo
e, all'interno della UE, l'esenzione dei dazi sul petrolio per l'industria
di lavorazione del greggio (quella chimica ad esempio), le cui devastanti
conseguenze sono state trattate nel Capitolo 7. Gli sgravi fiscali
mantengono alti i consumi dell'energia fossile e artificialmente basso il
suo costo, anche al di fuori delle aree beneficiate da sovvenzioni dirette.
Ma il calo delle vendite dell'energia fossile porterebbe automaticamente a
un incremento delle tariffe, accelerando così il processo di sostituzione. E
un eventuale aumento delle tasse sull'energia convenzionale sarebbe in netta
contraddizione con lo status esentasse dei settori industriali ad alto
consumo, quindi qualsiasi progetto fiscale che non risolva questa
contraddizione abolendo i sussidi manca di credibilità e di obiettivi
realistici.
Gli schemi di tassazione "verde" devono inoltre essere resi più equi,
eliminando l'esenzione che attualmente è prevista a favore di molti settori
commerciali. Escludere dall'imposizione fiscale il business significa
escludere proprio la sfera di attività dove c'è lo spazio maggiore per una
trasformazione efficace. L'investimento necessario a tale trasformazione
potrebbe essere scaricato dalle tasse e comunque eventualmente condizionato
al fatto che l'azienda dimostri di aver effettivamente esaurito tutte le
opzioni per razionalizzare i propri usi energetici.
Ci sono comunque altre forme di sgravi fiscali che soddisfano i criteri
descritti, come un rimborso del 50% (o addirittura del 100%) sull'IVA per le
installazioni di impianti solari o per l'elettricità da essi prodotta. Se
non altro queste misure avrebbero un impatto netto neutro sulle finanze
dello stato: se da una parte si perde un'entrata fiscale, dall'altra la
spinta che la tecnologia solare riceverebbe indurrebbe nuove entrate fiscali
(per esempio sui redditi prodotti dai nuovi posti di lavoro che si
creerebbero). Per incentivare il passaggio da materie prime fossili a quelle
solari e accelerare la penetrazione nel mercato di queste ultime si potrebbe
utilizzare anche un'esenzione sull'IVA.
Il dibattito attuale in Germania sulle "automobili da tre litri" dimostra
quanto le proposte di "tasse verdi" abbiano mancato l'obiettivo di ridurre
il consumo di combustibili fossili. Il governo tedesco ha proposto di usare
l'eco-tassazione come incentivo per l'acquisto di nuove auto super
economiche. Ma se si considera che questo tipo di auto indurrà
inevitabilmente un aumento del numero dei veicoli in circolazione su scala
mondiale, ci si rende conto che i motori a maggior resa non rappresentano
una vera alternativa ecologica, perché i loro vantaggi sarebbero annullati
dall'aumento del numero dei veicoli. Un consumo di carburante dimezzato ma
moltiplicato per un numero doppio di auto non apporta alcuna riduzione dell'
elevato consumo globale di combustibili fossili per autotrazione. Veicoli a
emissioni zero, così come auto funzionanti con fonti di energia rinnovabile,
sono invece un obiettivo molto più convincente e svilupparne la produzione
sarebbe un'alternativa assai più sensata.
Inoltre, se i carburanti derivati da fonti rinnovabili godessero di
esenzioni fiscali l'uso dell'auto tornerebbe a essere poco costoso. Una
volta che i combustibili fossili fossero scomparsi dalle strade, si
potrebbero riattivare in qualsiasi momento le tasse sui combustibili
biologici. Tutti i dati dimostrano che una strategia più radicale per la
transizione all'energia rinnovabile non rappresenta solo una migliore
soluzione al problema, ma sarebbe anche accettata meglio e sarebbe pertanto
più attuabile dal punto di vista politico.
( di Hermann Scheer )

Verso l'economia solare: i termini del problema

Il problema centrale che l'umanità deve affrontare è se l'economia globale
produce abbastanza per funzionare. Se la nostra economia continuerà a
basarsi su risorse limitate e inquinanti e su strutture aziendali globali
sempre più concentrate non vi sarà abbastanza per tutti. Più questo diventa
ovvio e più probabilità vi sono che, in assenza di una chiara alternativa,
il mondo finisca per accettare l'idea che occorre rinunciare all'ideale di
diritti umani universali. Una tendenza, come è noto, già largamente
dispiegata. Lo scrittore tedesco Carl Amery traduce questa tendenza con
poche parole di buon senso: se non c'è abbastanza per tutti, la dottrina
nazista della "nazione eletta", con quello che ha provocato, non resterà un
episodio isolato della storia. La distinzione fra privilegiati e non, fra
coloro che vengono considerati superiori e coloro che vengono ritenuti
inferiori, diverrà la filosofia dominante del 21° secolo. In realtà stiamo
rischiando nuovi genocidi e nuove guerre per il Lebensraum &endash; lo
spazio vitale &endash; condotte dagli uomini e garantite dalle leggi di
mercato.
Ma quando la natura reagisce, non ha alcun rispetto per i privilegi, la sua
selezione è indiscriminata; è allo stesso tempo giusta e ingiusta, dal
momento che la sua vendetta si abbatte anche su chi non l'ha provocata.
Tuttavia la natura potrebbe accettare un compromesso, che noi stessi
dobbiamo proporre. La risposta non è in un'idea di "protezione ambientale"
che salvaguarda semplicemente riserve isolate senza arrestare la distruzione
complessiva, ma piuttosto in un'economia naturale che usi in modo rispettoso
la "ricchezza della natura" invece di devastare il pianeta con razzie e
saccheggi per ottenere una immaginaria "ricchezza delle nazioni" (Adam
Smith).
L'obiettivo del soddisfacimento universale dei bisogni umani è l'ideale
sociale e democratico dell'età moderna, un ideale che si è sviluppato nel
corso della Rivoluzione Industriale. Ma proprio gli eccessi della
Rivoluzione Industriale che ci hanno portato a voler dominare la natura,
rendono impossibile la realizzazione nel lungo termine di questo ideale. Per
raggiungerlo non è necessario che alla natura venga conferita priorità
rispetto ai bisogni dell'umanità. Ciò che è essenziale è il primato delle
leggi fisiche sulle leggi di mercato. Una società che, con l'aiuto delle sue
istituzioni politiche, è incapace di ribaltare la supremazia del mercato
sulla natura, è destinata a perire.
La scelta non è fra aziende pubbliche o private, fra libero mercato o
economia pianificata, è invece una questione di leggi fisiche che governano
sia le imprese pubbliche sia quelle private, sia il mercato sia l'economia
pianificata.
Solo un'economia solare mondiale può soddisfare i bisogni materiali dell'
umanità e dunque salvare i nostri ideali sociali e democratici. Un'utopia
irraggiungibile? Niente affatto; utopica è l'idea della "mano invisibile del
mercato" che assicurerebbe uno stabile futuro economico, perché &endash;
come diceva Adam Smith &endash; il mercato orienterebbe il comportamento
delle persone in modo che la loro interazione inconscia operi a favore del
bene collettivo. Questa teoria, sebbene ormai ampiamente e ripetutamente
confutata, è divenuta un assioma, una verità assoluta la cui prova finale è
stata fornita dal crollo della pianificazione economica del socialismo. Ma
questa "mano" appena percepibile è il più delle volte una mano che arraffa
piuttosto che aiutare, che prende piuttosto che donare, ed è spesso più
ostile che amichevole. Essendo invisibile, la mano del mercato può rubare e
sfruttare senza essere riconosciuta. Il risultato non è armonia, ma
tensione, divisione e distruzione.
La mia proposta è di affidarsi innanzitutto alla "visibile mano del sole",
una mano più precisa, completa, gestibile, comprensibile, accessibile,
adatta alle necessità della gente e più realistica.
( di Hermann Scheer )

Il potere dei "big" dell'energia e l'indebolimento delle istituzioni

Le grandi società che operano nel campo dell'elettricità da combustibili
fossili rappresentano qualcosa di più di un grave pericolo ambientale. Il
loro controllo sulle forniture di elettricità e la loro capacità di
condizionare l'industria delle risorse minerarie, assieme al sostegno che
ricevono dalle grandi banche di investimento, ne fanno l'elemento più
potente di tutto il complesso economico. Hanno tutte le carte necessarie a
creare un impero globale di offerta di beni e di mezzi di comunicazione.
Sono strettamente legate all'industria dell'estrazione e della lavorazione
dei combustibili fossili, e per estensione, all'industria chimica. Quest'
ultima non solo ha reso l'agricoltura ormai dipendente dalle sue forniture
di fertilizzanti e pesticidi, ma ha anche utilizzato la biotecnologia e le
norme sui brevetti per rendere questa dipendenza ancora più stretta.
Inoltre, ha numerosi legami con l'industria alimentare. Le società
fornitrici di energia elettrica hanno anche connessioni con l'industria che
gestisce l'eliminazione dei rifiuti e stanno attualmente cercando di portare
sotto il loro controllo anche i servizi pubblici municipali per la fornitura
idrica. Vogliono istituire "pedaggi" per le reti di informazione e dei mezzi
di comunicazione e stanno sistematicamente acquisendo il dominio sulle reti
precedentemente in mano al settore pubblico, senza lasciare alcuna
possibilità di controllo o responsabilizzazione. Stanno devastando l'
ambiente, la democrazia e il libero mercato.
Anche se non è questo il loro intento dichiarato, le società del settore
elettrico hanno imboccato la strada che le porterà a formare un cartello
eccezionalmente potente. In questo senso non hanno bisogno di visioni
grandiosamente strategiche, devono semplicemente seguire, passo dopo passo,
la logica economica delle loro attuali catene di approvvigionamento. Da
questo punto di vista il loro comportamento è "normale" tanto quanto quello
delle altre aziende, con la differenza che a esse si sono aperte opportunità


le cui ripercussioni sono globali e schiaccianti. Il non essersi opposti a
questi sviluppi, ma aver addirittura cercato di favorirli, rappresenta per
le istituzioni politiche un fallimento di portata senza precedenti.
( di Hermann Scheer )

I sistemi "fossili" e i processi di concentrazione

Nelle industrie estrattiva ed energetica - diversamente da quanto accade in
altri settori, nei quali, sia pure con efficacia via via minore, si tenta di
frenare il processo di concentrazione con provvedimenti antitrust - non si
ricorre ad analoghe misure perché qui l'accelerazione dei processi di
concentrazione industriale è insita al sistema stesso per via della
complessità della filiera di approvvigionamento.
(.)
Sono stati proprio i giganti del petrolio ad avviare questo modello portando
sotto lo stesso "tetto" l'intera catena: dalle esplorazioni alle stazioni di
rifornimento. Conglomerati che riuniscono aziende impegnate nelle estrazioni
carbonifere e minerarie, impianti per la produzione di elettricità e
fonderie si sono formate, fintanto che duravano le riserve domestiche dei
paesi industrializzati, a livello nazionale, poi a quello internazionale. A
partire dal ventesimo secolo, quando il petrolio ha sostituito il carbone
quale principale fonte energetica, l'internazionalizzazione, determinata
dalla localizzazione geograficamente concentrata delle riserve di petrolio,
è diventata una conseguenza ineluttabile. I giganti del petrolio - le famose
"sette sorelle" - divennero i primi global player e un modello per il
business del ventesimo secolo. (.)
Nel settore della produzione di elettricità, sviluppatosi nei paesi
industrializzati a partire dalle centrali idriche e a vapore, il processo di
concentrazione è stato più difficile che nel settore del petrolio, dei gas e
del carbone perché la distribuzione al dettaglio dipende dalla rete
elettrica locale che non può essere facilmente controllata senza il
coinvolgimento del potere politico. I vantaggi tecnici ed economici offerti
a chi aveva il controllo del settore idroelettrico di larga scala, la fonte
più a buon mercato e più facile da sfruttare, è stata la carta vincente che
le società elettriche sono riuscite a giocare a proprio favore. Esse hanno
costruito le reti nazionali, trampolino per monopolizzare la fornitura di
elettricità, hanno boicottato i produttori locali di elettricità e ora
stanno assumendo il controllo di un numero sempre maggiore di reti di
distribuzione municipali. Quali compratori all'ingrosso di combustibili
fossili, sono riusciti a spuntare prezzi più bassi e possono quindi variare
i prezzi a seconda del luogo, in modo da praticare prezzi competitivi e
tagliare fuori dal mercato i fornitori municipali. Inoltre, hanno
boicottato, anche quando ciò non era giustificabile sulla base dei costi, i
produttori locali, così come i gestori di piccole centrali idroelettriche e
di turbine eoliche, molti dei quali lavoravano nel settore fin dagli anni
trenta, in paesi come gli Usa, la Danimarca e la Germania. Nonostante molti
operatori indipendenti di piccole centrali idroelettriche e di fattorie
eoliche fossero in grado di produrre elettricità a costi contenuti, i
monopolisti della rete si sono rifiutati di acquistare l'elettricità o di
offrire un prezzo che fosse sufficiente a coprire i costi di produzione. Le
centrali elettriche regionali e municipali rappresentavano infatti un
ostacolo all'istituzione di un monopolio globale della distribuzione
elettrica.
Il maggiore vantaggio commerciale delle società di erogazione elettrica è
comunque tuttora costituito dai privilegi politici che sono stati garantiti
loro quando, con l'espandersi dell'industria dei prodotti elettrici, venne
riconosciuta l'importanza della produzione di elettricità nelle strategie
economiche e sociali, e nel momento in cui si è verificata la crescita della
domanda di elettricità. Le società di erogazione elettrica si sono collocate
come garanti di una fornitura stabile e uniforme di energia elettrica e, di
conseguenza, gli statuti che regolano l'industria dell'energia elettrica
sono stati disegnati in modo tale da soddisfare le esigenze di queste
società. I governi, in altre parole, hanno attivamente promosso una sempre
maggiore concentrazione in campo industriale, giustificandola con la
necessità di garantire una fornitura stabile e quindi attentamente
pianificata di energia.
( di Hermann Scheer )

Invertire i trend grazie alle risorse solari

La differenza fra le risorse rinnovabili e la tradizionale industria
energetica &endash; con i suoi quattro pilastri rappresentati dalle società
di estrazione e commercializzazione del petrolio, del carbone, del gas e
dell'uranio; i gestori di centrali elettriche e quelli (che spesso sono gli
stessi) delle reti di distribuzione; l'industria di costruzione delle
centrali elettriche e le banche di investimento che finanziano tutti i
settori qui menzionati &endash; sta nel fatto che nel caso delle prime vi è
solo un settore esposto al rischio della concentrazione e del monopolio, e
cioè quello della produzione e della costruzione degli impianti (collettori
solari, celle solari, turbine eoliche e centrali a biomassa).
Se le risorse rinnovabili arrivassero un giorno a dominare il mercato, le
"ragnatele" industriali descritte più sopra, ovvero le società di estrazione
e di commercializzazione dei combustibili fossili, scomparirebbero
lentamente, soppiantate dall'elettricità prodotta dal calore e dalla luce
solare, dall'eolico, dall'energia delle onde e dall'idroelettrico, e la
nicchia che occupano attualmente rimarrebbe semplicemente vuota. E come dice
con chiarezza Franz Alt: "il sole non spedisce alcuna bolletta".10 Il
problema fondamentale delle società del settore dei combustibili fossili è
che la luce solare e il vento non possono essere brevettati e venduti sotto
licenza. L'impiego diffuso dell'energia rinnovabile smorzerebbe il vento che
sta gonfiando le vele di un processo di globalizzazione e di concentrazione
industriale trainato dalla scarsità delle risorse di combustibili fossili: e
questo potrebbe bastare ad avviare un processo di de-concentrazione, di
de-monopolizzazione e di ri-regionalizzazione delle strutture economiche.
In un sistema di erogazione elettrica decentrato e fondato sull'energia
solare, i ragni tessitori della ragnatela dell'industria dell'energia
fossile &endash; i gestori delle centrali elettriche e quelli delle reti di
distribuzione di gas ed elettricità &endash; non avrebbero più alcun ruolo.
Il mercato per le centrali elettriche da rinnovabile rimane ovviamente
aperto ai rischi di processi di concentrazione, ed è possibile che a un
certo punto siano solo poche aziende a controllare la produzione di pannelli
e collettori solari, di turbine eoliche e di impianti a biomassa.
Ciononostante i produttori di centrali a energia solare non saranno mai in
grado di dominare completamente il mercato e in ogni caso dipenderanno pur
sempre da una base di molti miliardi di clienti. Ci sarà spazio per un'ampia
tipologia di produttori e distributori, e per un'offerta ancora più vasta di
progettazione tecnica e servizi di installazione. I protagonisti dell'
industria dell'energia fossile non avranno alcuna parte nella storia dell'
energia rinnovabile, o forse solo un ruolo secondario; il mercato dell'
energia rinnovabile non sarà più una nicchia, quantomeno non con un giro d'
affari delle dimensioni attuali.
Le brevi catene di approvvigionamento per le fonti di energia rinnovabile
metteranno termine alla spinta verso la globalizzazione che ha all'origine
le risorse fossili. Le energie rinnovabili libereranno la società dal
soffocamento delle ragnatele intessute dai ragni dell'economia fossile.
( di Hermann Scheer )

La chiamata alle armi per le risorse

Oggi, a differenza del passato, le ambizioni di annessione di nuovi
territori da parte dei paesi forti, sono ostacolate dalle leggi
internazionali e dall'opinione pubblica mondiale. I paesi industrializzati,
con tecnologie agricole molto avanzate e dinamiche demografiche stagnanti,
non avrebbero alcun motivo di cercare un'espansione del proprio territorio.
Le multinazionali rendono per di più inutile il controllo politico diretto
sui nuovi mercati. E tuttavia questo non sembra bloccare il ricorso alle
armi
Il classico modus operandi per assicurarsi le risorse geopolitiche era il
colonialismo territoriale, ma le colonie esigevano amministrazione politica
e presenza militare. Con la nascita dei movimenti di liberazione dei paesi
colonizzati, sostenuti internazionalmente e spronati dagli ideali di
democrazia del 20° secolo, il colonialismo è diventato inefficiente e
inopportuno.
Il moderno colonialismo come integrazione nel sistema del capitalismo
globale è molto più efficace, ma tale potere può esser esercitato solo con l
'aiuto delle aziende di estrazione delle risorse. Non c'è più bisogno di
assumersi responsabilità politiche sui territori e si risparmia sui costi di
amministrazione e di polizia. L'unica condizione è che i governi dei paesi
che possiedono le risorse ne consentano l'esportazione e non ne interrompano
la circolazione verso il mondo industrializzato. Finora tutte le
insubordinazioni sono state stroncate, alcune velocemente, altre più
lentamente.
L'obiettivo resta quello di assicurarsi l'accesso alle riserve e il prezzo
più basso possibile per le risorse. Quando i governi dei paesi esportatori
hanno nazionalizzato le industrie di estrazione per aumentare la propria
quota di profitti, per assicurarsi la loro cooperazione sono state usate (e
continuano a essere usate) sanzioni, tra cui anche l'embargo economico. Il
più recente metodo adottato è quello di legare i prestiti del Fondo
Monetario Internazionale (FMI) alla deregulation e alla privatizzazione
delle industrie. Anche il cartello OPEC, che tra il 1973 e il 1982 procurò
una crisi mondiale aumentando del 300% il prezzo del petrolio, difficilmente
potrà provocare ancora disturbi di questo tipo: i paesi esportatori di
petrolio hanno acquistato grossi portafogli azionari delle società dei paesi
industrializzati e non hanno alcun interesse a causare loro problemi.
I paesi industrializzati sono comunque sfruttatori abili degli interessi
divergenti e dei conflitti politici tra le nazioni esportatrici, e mettono
in pratica in modo avveduto il vecchio principio del divide et impera.
(.)
Le tattiche impiegate dai paesi industrializzati per favorire i propri
interessi nella caccia alle risorse sono state, e continuano a essere,
estremamente discutibili, soprattutto nel fomentare o quanto meno servirsi
dei conflitti e delle guerre fra i paesi esportatori. Nel 1980 i paesi
industrializzati si sono serviti di Saddam Hussein come arma contro il
fondamentalismo islamico dell'Iran: gli è stato permesso di condurre una
guerra brutale prima che calpestasse gli interessi dei suoi protettori
occidentali. I paesi industrializzati non si sono mai trattenuti dal dare
sostegno ai peggiori regimi fintanto che questi li hanno aiutati a far
circolare le risorse. Valga per tutti l'esempio dello Zaire: il successore
di Mobutu, Kabila, fu aiutato a salire al potere dagli Stati Uniti dopo aver
promesso di servire nel migliore dei modi i loro interessi sulle risorse. La
prima mossa di Kabila fu quella di ridistribuire i diritti di estrazione
nelle zone conquistate. Altri interessi, sempre connessi alle risorse, hanno
invece appoggiato il movimento di resistenza cresciuto poi contro di lui. In
certi casi sono stati finanziati alcuni "signori della guerra" per
neutralizzarne altri che minacciavano di ostacolare la circolazione delle
risorse: così ad esempio la Somalia non ha tuttora uno stato funzionante, ma
i pozzi petroliferi delle compagnie statunitensi sono tornati operativi.
Anche i combattenti religiosi fondamentalisti, come i Talebani in
Afghanistan, sono stati in passato appoggiati dagli Usa, e questo sostegno -
malgrado i timori statunitensi per il fondamentalismo islamico in Iran - è
continuato molto dopo che le truppe russe si sono ritirate dall'Afghanistan
e il regime comunista è stato spazzato via. La sola possibile spiegazione
sta nel fatto che i Talebani si erano impegnati a garantire alle corporation
statunitensi il passaggio del petrolio attraverso gli stati transcaucasici.
I tragici eventi dell'11 settembre 2001 non sono che una triste
dimostrazione della follia e dell'avventatezza di questa strategia. (.)
Solo quando i paesi esportatori di risorse diventano ingovernabili, quando
anche i governi fantoccio che rappresentano gli interessi delle potenze
economiche hanno perso la loro autorità e non possono più essere sostituiti
da regimi che funzionino meglio, ecco ritornare gli eserciti dell'occidente
con azioni solitamente giustificate sotto forma di interventi umanitari,
cosa non difficile perché è vero che molte zone sono nell'anarchia. Spesso c
'è perfino un mandato delle Nazioni Unite per "azioni umanitarie". Ma un
esame più accurato mostra che, soprattutto in Africa, le decisioni su tali
interventi sono legate agli interessi sulle risorse.
( di Hermann Scheer )