la terra scoppia



da consapevolezza.it
novembre 2004

Eccessivo consumismo,
crescita demografica
e tecnologie senza regole,
tre ingredienti esplosivi, primi responsabili dello sfascio del nostro
pianeta.
Le responsabilità di Papa Wojtyla, della Chiesa Cattolica, e dei governi dei
cosiddetti paesi ricchi.
I tranquillisti minimizzano ma i segni sono inequivocabili: il pianeta sta
morendo, e a questa fine tutti noi stiamo imprimendo la massima
accelerazione.

COSA SUCCEDERÀ ALLA TERRA
Addio stupidi eccessi
L'assillo della sovrapopolazione. Quello di uno sviluppo altamente
inquinante. E della tecnologia che ha gravi ricadute sull'ambiente. Solo
lavorando su questi tre fronti la natura non si vendicherà
articolo di
Giovanni Sartori, politologo
L'Espresso (1 gennaio 2003)

Quest'anno è andato male per chi racconta che tutto va bene. Quest'anno il
maltempo, l'aumento del tempo cattivo, è stato di tutta evidenza. Così tutti
cominciano ad avvertire che il clima sta cambiando, e che sta cambiando
rovinosamente. I "tranquillisti" ci tranquillizzano ricordandoci che il
clima è sempre stato variabile, a volte buono, a volte no. È vero; ma il
peggioramento del clima è ormai costante, è ormai un trend. Nubifragi,
inondazioni e siccità non sono certo novità; ma è nuova la loro frequenza,
la loro accelerazione. Negli ultimi dieci anni il numero di eventi
meteorologici estremi è balzato da 360 a più di 700 (il calcolo è della
Organizzazione mondiale di meteorologia dell'Onu). Del pari, i grandi eventi
alluvionali del mondo sono stati 6 negli anni Cinquanta, 18 negli anni
Ottanta, 26 negli anni Novanta (calcoli della Geoscienze di Monaco). Inoltre
piogge e siccità si spostano. In Italia il divario tra piogge disastrose al
Nord e siccità (diminuzione di piogge) al Sud, è crescente: il che mette a
rischio una metà della nostra agricoltura.
Questi i fatti. Sono contestabili? Ormai sempre meno. Ma come si spiegano?
Su questo fronte i tranquillisti si trasformano in fatalisti. Ammesso, come
ormai ammettono, che il clima sta peggiorando, la loro spiegazione è che il
trend riscaldante dipende da cicli cosmici. Ma se è vero che la Terra si è
sempre scaldata e poi raffreddata, è anche vero che non abbiamo mai scoperto
perché. E se le cause cosmiche sono soltanto una congettura per il passato,
allo stesso titolo lo sono per il presente. Anzi, per il presente questa
congettura è davvero poco credibile. Perché nel passato i cicli di
glaciazione e di riscaldamento sono stati lentissimi, mentre il nostro
cambiamento climatico è veloce. Dal che consegue che deve essere attribuito
a un fattore nuovo. E di questo fattore - il cosiddetto effetto serra -
sappiamo ormai parecchio. E sappiamo con certezza che questo effetto serra -
con tutti i malanni che ne derivano - è prodotto dall'uomo. Siamo noi i
responsabili dello sfascio del nostro pianeta. Ma "noi" chi? Noi come? Per
via dell'eccesso di popolazione? Per colpa di un eccesso di consumismo? O
perché la tecnologia che ci salva è anche una tecnologia che ci distrugge?

Il discorso comincia con Malthus, che alla fine del Settecento enunciò nel
suo celebre "Saggio sulla Popolazione" tre principii. Primo, che la crescita
della popolazione era frenata dal fatto che i poveri morivano di fame
(morivano davvero, non figurativamente). Secondo, che altrimenti la
popolazione si sarebbe raddoppiata ogni 20-25 anni, il che comportava una
crescita in progressione geometrica (1,2,4,8,16...). Terzo, che
l'agricoltura, e cioè il cibo, non poteva crescere allo stesso ritmo ma
soltanto in progressione aritmetica (1,2,3,4...). Pertanto il buon abate
Malthus raccomandava il controllo e la limitazione delle nascite: la
dottrina che viene appunto detta malthusiana.

Le previsione di Malthus erano sbagliate? In parte sì, ma in parte no. Ai
suoi tempi la Terra era abitata da un miliardo di persone. Due secoli dopo
siamo arrivati a 6 miliardi. L'aumento non sarà stato in progressione
geometrica, ma poco ci manca; e poi nemmeno Malthus prevedeva che lo sarebbe
stato, visto che metteva in conto un crescendo di poveri che morivano di
fame. La previsione sbagliata era quella sul cibo. Malthus scriveva agli
albori della rivoluzione industriale, e la rivoluzione tecnologica che
avrebbe moltiplicato a dismisura la resa dell'agricoltura non era nemmeno
alle viste. A questo effetto la sua contabilità non poteva non essere
sbagliata. E questa considerazione sposta il discorso dalla demografia alla
tecnologia, e allo sviluppo fondato sulla tecnologia.

La tecnologia è il miracolo che ci tiene vivi in 6 miliardi, e che forse ci
consentirà di diventare - quantomeno sulla carta - 10 miliardi tra una
cinquantina d'anni. Ma la tecnologia è un miracolo costoso, un miracolo
gravido di effetti collaterali nocivi. Il fatto è che il nostro habitat sta
diventando sempre più inabitabile, e che la tecnologia ci ha già fatto
imboccare il tunnel dello sviluppo "non sostenibile". Non sostenibile nel
senso che la natura non è più in grado di provvedere a se stessa, di
rigenerarsi e di autoripararsi. Non è solo che noi stiamo consumando risorse
finite (petrolio e carbone) che finiranno presto; è anche che stiamo
pericolosamente inquinando l'aria e l'acqua e pericolosamente disturbando
gli equilibri climatici. Il che ci riporta alla domanda: per colpa di chi o
di che cosa?

Sì, lo abbiamo appena detto: per colpa della tecnologia. Ma questa è
soltanto una risposta interlocutoria. Perché la tecnologia è uno strumento i
cui effetti dipendono da come viene adoperato. Adoperato, appunto,
dall'uomo. E così torniamo alla sovrappopolazione, al problema di Malthus.
Con questa differenza: che nel Settecento la popolazione poneva soltanto un
problema di cibo, mentre oggi pone anche, in più, un problema di eccesso di
consumo, (vedi la pagnia dedicata al consumismo NdT) di un "consumo
cospicuo" (come diceva Veblen) che si traduce sia in uno spreco di risorse,
sia in un fattore di inquinamento. Pertanto i rimedi, le cose da fermare o
comunque da frenare, sono essenzialmente tre: la crescita della popolazione,
il consumismo inquinante, la tecnologia inquinante.

Contro la tecnologia inquinante il combattimento è, ed è stato, del tutto
perdente. Gli accordi di Kyoto del 1997 sull'inquinamento che produce i gas
serra attendono ancora le ultime ratifiche, sono stati rinnegati dagli Stati
Uniti, e comunque richiedono entro il 2012 una riduzione risibile
(inizialmente del 5,2 ora dell'1,8 per cento) che equivale soltanto a un
modestissimo rallentamento di un inquinamento galoppante. Kyoto è importante
solo come caso emblematico. In termini di costi-benefici economici, "pulire"
le emissioni nocive è un costo sproporzionato al beneficio. Il problema è da
impostare in termini di costi-benefici ecologici, di salute della Terra e
anche dei nostri polmoni. Ma da questo orecchio i politici e gli affari non
ci sentono. E così l'amara conclusione è che il nostro suicidio tecnologico,
nel senso sopra precisato, non è fermabile.

Veniamo al consumismo. Qui il discorso è che i popoli ricchi consumano
troppo, e che tutto andrebbe a posto se consumassero meno. Ma se è vero che
gli Stati Uniti consumano e sprecano in modo sproporzionato, se guardiamo ai
totali invece che all'inquinamento pro capite, già oggi il mondo occidentale
da un lato, e il resto del mondo dall'altro, inquinano l'atmosfera a metà. E
lo sviluppo dei Paesi sottosviluppati, che è uno sviluppo fondato su energia
"sporca" (carbone, petrolio, più le foreste bruciate in Indonesia per
ricavarne pochi anni di suolo agricolo), comporta che i grandi inquinatori
dei prossimi decenni saranno la Cina, l'India, l'Indonesia e tutti i Paesi
(Africa inclusa) ad alta prolificità. Pertanto non è vero che il problema
sarebbe risolto se i Paesi sviluppati consumassero e quindi inquinassero
meno. Il problema ormai è posto, con accelerazione drammatica, dalla
popolazione crescente dei Paesi poveri o "in sviluppo". Il fatto che gli
Stati Uniti, con meno del 5 per cento della popolazione mondiale emettano
più del 25 per cento dei gas serra, irrita anche me. Il che non toglie che
in questi termini il problema sia mal posto.

Resta, allora, soltanto la soluzione di fermare la crescita demografica. A
questo effetto la tecnologia è benefica, la tecnologia aiuta:
contraccettivi, pillole del giorno dopo, pillole abortive, costano
pochissimo e la loro utilizzazione richiede soltanto un addestramento
minimo. Ed è la soluzione che davvero risolve. Se fossimo ancora 2
miliardi - quanti eravamo appena 70 anni fa; quando gli anziani di oggi
erano già nati - potremmo inquinare senza danno, e tutti i problemi che ci
assillano in 6 miliardi (in rapida marcia verso i 10) sarebbero tutti di
facile soluzione, proprio nuova tecnologia aiutante. Eppure di questa
soluzione quasi non si parla. L'argomento è tabù. La Chiesa cattolica si
oppone, e la sua opposizione riesce a bloccare tutti.

Soltanto la Chiesa cattolica? Sì. Perché il cristianesimo protestante - che
pur si richiama agli stessi testi sacri e allo stesso Dio - consente la
contraccezione. Così come la consentono tutte le religioni orientali, e
anche l'Islam. Di recente l'Iran - il più teocratico di tutti gli Stati
musulmani - si è fortemente impegnato, con successo, in una campagna di
riduzione della natalità (che è scesa da 6,5 a 2,1 figli per donna). La
domanda allora diventa: possibile che la Chiesa di Roma conti per tutti? Sì,
è possibile perché dispone di voti strategici negli Stati Uniti e nell'Onu.
E se le Nazioni Unite rifiutano persino di ammettere che esista un problema
di esplosione demografica, quella esplosione non può essere fermata. Tanto
vero che la popolazione mondiale sta aumentando di 70-80 milioni di persone
all'anno. Ogni anno nascono, per così dire, due Spagne in più. È folle, è
follia.

È folle anche perché l'accanimento "procreazionista" del Vaticano è recente,
recentissimo. L'enciclica "Humanae vitae" di Paolo VI è del 1968, allora
cadde praticamente nel nulla, e non costituisce un pronunciamento
infallibile (non è coperto dalla dottrina della infallibilità del papa).
Pertanto la crociata pro-nascite della Chiesa di Roma è tutta opera di papa
Wojtyla.

Certo è che il divieto di pratiche contraccettive non trova nessun sostegno
nelle Sacre Scritture, nella tradizione, teologia e legge naturale del
cattolicesimo. E poi, come si fa a condannare non solo l'interruzione di una
gravidanza ma, alla stessa stregua, anche la sua prevenzione? La Chiesa non
si può opporre ai contraccettivi con l'argomento che usa contro l'aborto, e
cioè che si tratta di assassinio. Assassinio di che cosa? Del nulla, visto
che la prevenzione impedisce la fecondazione. L'argomento - lo so bene - è
delicato. Ma se la natalità non viene fermata (è la mia tesi di fondo nel
libro "La terra scoppia -Sovrappopolazione e Sviluppo" uscito per i tipi di
Rizzoli a gennaio) la Terra davvero scoppierà.

Alla fine del 2002 l'uomo europeo è allarmato soprattutto dal clima, e per
ora si accorge del fatto che in città respira male, respira veleno. Ma la
nuvola asiatica, la nuvola marrone di altri veleni riscaldanti, è in arrivo
sul Mediterraneo; e quindi tra poco respireremo male anche al mare. È tempo
di cominciare a capire, allora, che è il nostro habitat che è minacciato dai
troppi abitanti, e che esiste un punto di non ritorno ecologico oltre il
quale l'uomo distrugge le proprie condizioni di vita.

Giovanni Sartori,
politologo e docente alla Columbia University

"... Nel 1972 venne pubblicato, a cura del Club di Roma, un celebre
rapporto, intitolato "I limiti dello sviluppo" nel quale si sottolineava che
la Terra non è in grado di fronteggiare l'aumento incontrollato della
popolazione, che porta con sé diminuzione delle risorse naturali, crescita
dell'inquinamento, crescita della fame. Da allora, in soli trent'anni, la
popolazione mondiale è quasi raddoppiata, e la Terra sta precipitando verso
una catastrofe ecologica e climatica. La sovrappopolazione (oggi, la
sovrappopolazione del Terzo Mondo) è solo uno dei problemi che minacciano il
nostro futuro. Ma è un punto di partenza essenziale. "Eppure, l'argomento
che la causa primaria del collasso della Terra è la sovrappopolazione è un
argomento vietato, un argomento tabù". Ecco perché Giovanni Sartori (con il
contributo di Gianni Mazzoleni, autore degli "Approfondimenti" che
costituiscono la seconda metà del volume) prosegue e intensifica con questo
libro la battaglia che combatte da tempo sul "Corriere della Sera" contro
alcuni obiettivi precisi. Contro la Chiesa e la sua opposizione al controllo
delle nascite. Contro gli Stati Uniti che non ratificano il trattato di
Kyoto. Contro i no-global che rifiutano il "cibo di Frankestein" e non si
rendono conto che senza gli alimenti transgenici i poveri del Terzo Mondo
moriranno sempre più di fame. Contro i politici incapaci di vedere oltre gli
interessi immediati e pensare al futuro. Contro l'"oceanica moltitudine di
struzzi" (come ha scritto Ceronetti), i profeti dello "sviluppismo" che si
rifiutano di guardare in faccia la realtà e vogliono illudersi (e illuderci)
che le cose non sono mai andate così bene, e andranno sempre meglio...

... ADDENDUM ...
La crescita demografica non si ferma da sola
Giovanni Sartori

Tempo fa ricordavo scherzosamente su queste colonne la Profezia di
Nostradamus che il mondo finirà quando Pasqua cadrà un 25 aprile.
La prossima volta avverrà nel 2038.
Ora il W.W.F. (World Wildlife Fund), che è la più autorevole organizzazione
ambientalista, lancia un nuovo drammatico allarme: di questo passo al
pianeta Terra e ai suoi abitanti restano cinquant'anni di vita.
Davvero bravo il nostro Nostradamus: forse lui lo sapeva da cinque secoli.
La diagnosi è irrefutabile: la Terra è troppo sfruttata, troppo "consumata".
Dal che si dovrebbe ricavare che la colpa primaria è dei troppi consumatori,
del fatto che siamo in troppi a consumare. Ma il Wwf questo non lo dice.
Dice invece che il collasso in corso è dovuto, in primo luogo, agli stili di
vita dissennati dei paesi più ricchi, al fatto che il "peso sull'ambiente"
dei consumatori occidentali è di quattro volte maggiore di quello di tutti
gli altri.
Però attenzione: questa disparità di danno è di oggi, e cioè si applica a 6
miliardi di viventi.
Ma nel 2050 il Wwf prevede che saremo 9 miliardi; e questo incremento sarà
quasi tutto extra-occidentale. Pertanto a quel momento i macro-consumatori
"spreconi" saranno ancora soltanto 1 miliardo, mentre i microconsumatori
(che consumano meno, ma pur sempre consumano) saranno diventati 8 miliardi.
A quel momento, allora, il collasso ambientale non sarà più colpa degli
occidentali ma della prolificità.
Con questo non difendo lo spreco, e tantomeno difendo la politica
ecologico-demografica del presidente Bush (che ritengo vergognosa). Però ci
dobbiamo chiarire le idee. La crescita e il surplus di ricchezza dei paesi
ricchi sono oggi legati al loro consumismo.
Gli Stati Uniti tremano ogni qual volta la consumer confidence, la fiducia
del consumatore, si incrina. E la parola d'ordine dello sviluppo economico è
di stimolare i consumi. Male? Sì, forse malissimo.
Ma la macchina gira così. E se la fermiamo denunciando il consumismo, anche
la crescita economica rallenterà. I paesi ricchi si troveranno a essere meno
ricchi. Con tanti saluti, in tal caso, agli aiuti ai paesi poveri. I paesi
ricchi non sono governati da despoti illuminati; sono democrazie il cui
demos chiede benefici per sé. Pertanto al detto, the economy, stupid!
dobbiamo affiancare il detto, this is democracy, stupid! (questa è
democrazia, stupidone). E dunque il discorso dei ricchi che pagano i poveri
e la loro moltiplicazione non quadra. Impostato così, il problema è
insolubile e ci scappa sempre più di mano.
"Dobbiamo inventare una soluzione... Abbiamo dalla nostra la scienza e la
tecnologia" scrive (ieri [10/07/2002 NdT]) Edoardo Boncinelli, anche lui
(come tantissimi altri) bravissimo nell'auspicare soluzioni "di fantasia"
che non sa trovare. Eppure la soluzione c'è. Come qualsiasi persona di
normale e libera intelligenza (libera da paraocchi ideologici o religiosi)
capisce benissimo, il nostro problema è di esplosione demografica; dal che
consegue che per sopravvivere come genere umano la dobbiamo bloccare.
Ma la dobbiamo bloccare subito e intervenendo attivamente, oppure dobbiamo
aspettare che si fermi da sola?
La Chiesa di papa Wojtyla ci raccomanda di aspettare la fine "naturale" di
questa crescita.
In materia il papa non è protetto (per la dottrina stessa della Chiesa) da
infallibilità. Pertanto non c'è offesa nel ritenere - come ritengo - che il
papa sbaglia e si sbaglia.
A parte il fatto che non possiamo aspettare che la crescita arrivi, prima di
stabilizzarsi, ai previsti 10-12 miliardi di viventi, il punto è che la
stabilizzazione demografica non è mai "naturale". È vero che esiste una
indubbia correlazione tra educazione e indipendenza delle donne da un lato,
e diminuzione dei loro bambini dall'altro. Ma perché? Una correlazione non
stabilisce nessun rapporto di causa-effetto.
Esiste anche una fortissima correlazione tra l'arrivo delle rondini e
l'arrivo della primavera, il che non significa che le rondini "causano" la
primavera.
Citando Amartya Sen, Paolo Mieli (Corriere del 28 giugno 2002) scrive che
"sono l'educazione, la democrazia e la modernità che sconfiggono la natalità
selvaggia... Non altro". Come non altro? A dirla così sembrerebbe che
l'educazione e la modernità riducano la fertilità. In realtà le donne
modernizzate sono tanto fertili, volendo, quanto le donne premoderne.
Il punto è, allora, che una donna istruita sa usare i contraccettivi meglio
di una donna analfabeta. Ma sempre i contraccettivi deve usare. Se non li
usa anche la sua può essere natalità selvaggia, anche lei può generare venti
figli. Pertanto l'argomento che a un certo punto dello sviluppo la
moltiplicazione dei bambini si fermerà da sola è falso. Il calo delle
nascite che avviene nei paesi sviluppati non è spiegato da cause naturali,
ma dalle pratiche contraccettive che la Chiesa condanna come "innaturali".
La crescita degli umani non è mai fermata dalla natura.
Giovanni Sartori (11 luglio 2002)

POSTSCRIPTUM.
Antonio Socci mi risponde su Il Giornale del 12 luglio 2002 esordendo così:
"Chissà se gli alti vertici della Fiat leggono gli editoriali pubblicati sul
Corriere della Sera... Perché fa un certo effetto trovare sul giornale
principale della galassia Agnelli una simile campagna demonizzatrice contro
l'industria automobilistica". Chissà. Ma per quanto ne so gli alti vertici
della Fiat sono meno meschini degli alti vertici di Arcore che invece
ispirano la penna di Socci. Mi è chiaro, però, che il signor Socci mi
vorrebbe cacciato (ritorna sul punto ben quattro volte).
Mi invita anche, successivamente, a "rinunciare all'auto". Già fatto, signor
Socci: l'ho fatto da anni. Ma ora mi rendo conto (grazie per avermi messo
sull'avviso) che se tengo al mio posto dovrei comprare una Fiat. Ma non
vorrei dar l'impressione che Socci scriva un editoriale soltanto per
chiedere il mio licenziamento.
No, esiste anche il Socci-pensiero. Ne trascrivo alcune perle. Per esempio,
questa: "l'ecologismo che considera l'uomo il cancro del pianeta deriva da
una ideologia neo-pagana che vuole attaccare la tradizione
giudaico-cristiana e la centralità che essa attribuisce all'uomo". Oppure
quest'altra: "l'arrivo alla Casa Bianca di George Bush ha ridato voce a chi
denunzia l'assurdità del millenarismo ecologista (per esempio la balla
apocalittica del riscaldamento globale)". Questo sciocchezzume non
merita risposta. Ma leggo che il signor Socci è "la Samarcanda del
centro-destra", il nuovo astro della nostra Tv, "editorialista del Giornalee
del Foglio, con buoni contatti con il mondo cattolico, neovice-direttore di
Raidue". Che dichiara che il suo compito sarà di "fare una informazione
dignitosa e rispettabile".
Come quella esibita sopra? Infine, una curiosità. Socci legge nel mio fondo
una campagna demonizzatrice contro l'industria automobilistica. Di grazia,
dove?

dal corriere.it
sabato 6 novembre 2004

Remare controcorrente non preoccupa Giovanni Sartori. Ma certo la riedizione
del volume La terra scoppia (pp. 266, 17), in uscita da Rizzoli mercoledì
prossimo, giunge all'indomani di un evento cruciale che va nella direzione
opposta a quella da lui auspicata. Mentre infatti il politologo fiorentino,
nel libro scritto con Gianni Mazzoleni, invoca una severa politica di
controllo demografico, sottolineando i pericoli determinati dal
riscaldamento globale e dalla penuria di acqua potabile, gli Stati Uniti
hanno rieletto trionfalmente un leader ben poco impegnato in campo ecologico
e ancor meno sul fronte della limitazione delle nascite. Più in generale
l'allarme di Sartori, benché avallato dalla maggioranza della comunità
scientifica, non sembra destinato a raccogliere vasti consensi. La proposta
di combattere la sovrappopolazione diffondendo i metodi contraccettivi non
piace alla Casa Bianca e tanto meno al Vaticano, ma neppure alla sinistra no
global, che incolpa di ogni guaio le multinazionali. Per giunta, nota
polemicamente Sartori nella nuova prefazione e nelle repliche ai critici
aggiunte in appendice, si va diffondendo, soprattutto a destra, una
pubblicistica che tende a minimizzare i rischi ambientali. Molti sostengono
che i problemi alla fine si risolveranno da soli, grazie ai meccanismi
spontanei del mercato. Eppure gli eventi meteorologici disastrosi aumentano,
il prezzo del petrolio è alle stelle, la siccità colpisce sempre più spesso,
masse crescenti di diseredati bussano alle porte del mondo industrializzato.
L'Africa sprofonda nella miseria più atroce, mentre stanno assai meglio Cina
e India, che hanno puntato sul controllo delle nascite. Forse i moniti di
Sartori meritano più attenzione.
Antonio Carioti