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stop ai fumi, si va in fumo ultimatum alla terra
- Subject: stop ai fumi, si va in fumo ultimatum alla terra
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Wed, 17 Nov 2004 07:02:24 +0100
manifesto - 21 Ottobre 2004 ULTIMATUM ALLA TERR Stop ai fumi, si va in fumo La riduzione dei gas di serra deve diminuire del 60-80% rispetto al 1990, altrimenti l'aumento della temperatura nel corso del secolo sarà distruttivo. In un rapporto, per la prima volta le associazioni umanitarie e quelle ambientaliste denunciano insieme il legame tra i gas inquinanti e la povertà GUGLIELMO RAGOZZINO Andremo in fumo? Lo ritiene probabile il gruppo di lavoro su «Cambiamento climatico e sviluppo» che si è scelto proprio come nome Up in smoke. Il gruppo raccoglie alcune tra le più note associazioni umanitarie e ambientaliste, come Oxfam, Wwf , Friends of the Earth, Greepeace, Christian Aid. Up in smoke ha preparato un rapporto di una quarantina di pagine per descrivere la situazione ambientale del pianeta e l'avvenire delle persone che lo abitano, nell'incombente riscaldamento globale. Si tratta di una coalizione di persone, agenzie, associazioni, che non amano stare a vedere l'effetto che fa, ma preferiscono agire: capire gli avvenimenti e spendersi nelle direzioni che conoscono meglio; convincere i governi, muovere le opinioni pubbliche, agire direttamente; cercando così di mitigare gli effetti peggiori delle situazioni rischiose. Il riscaldamento è in corso. Ha un'origine largamente dovuta all'azione umana, è inarrestabile e a lasciarlo andare, crescerà sempre più rapidamente, a meno che.... a meno che non si taglino, subito, del 60-80% le emissioni di gas di serra. Nel corso del secolo la temperatura media della superficie terrestre aumenterà tra 1,4 e 5,8 gradi centigradi. Dipenderà da quanto combustibile fossile verrà bruciato nei prossimi anni. Poi tutto seguirà il suo corso, con moto accelerato. Fin qui si tratterebbe di una ripetizione, sia pure autorevole, di quanto scritto sul Tar nome abbreviato del «Rapporto sul terzo accertamento» del gruppo di lavoro dell'Onu, Ipcc (Comitato ministeriale sul cambiamento climatico). In più c'è una certezza ormai acquisita sul disastro in arrivo e sul mancato raggiungimento di tutti gli Obiettivi di Sviluppo per il Millennio in tema di lotta alla povertà. E a ben vedere proprio qui sta la novità, nel nesso forte tra ambiente, cambiamento climatico di origine prettamente umana e povertà. Il Rapporto Tar non si nascondeva certo questo aspetto, ma non ne faceva il punto decisivo. Ora si capisce che non solo il cambiamento climatico agisce sulla capacità di sopravvivenza delle popolazioni, delle persone in povertà, ma è vero anche l'inverso: la povertà fa sì che le persone siano obbligate a distruggere la loro povera ricchezza per sopravvivere, bevano acqua inquinata per bere, con un'alta probabilità di ammalarsi, non coltivino più i campi non avendo niente da seminare. Al giro seguente, qualche stagione dopo, nessuno avrà arato la terra, difeso i canali, piantato gli alberi. Il deserto avanzerà, l'inondazione avrà buon gioco, e così la dissenteria. «Il tempo speso per cercare e raccogliere acqua (spesso inquinata) è già una ragione importante perché in particolare le ragazze non riescano ad andare a scuola. La pressione della povertà che tiene i bambini lontano dalle aule scolastiche avrà una forza maggiore a causa del riscaldamento globale». Il riscaldamento non è uguale per tutte le persone. Non è uguale, per esempio per chi è ricco e per chi è povero, per chi vive di agricoltura e chi va solo a comprare quel che sta per mangiare, per chi vive in prossimità di un deserto e chi in n una zona temperata, chi è uomo, chi donna, chi vecchio, chi bambino. L'interesse del rapporto sta proprio nell'aver identificato le condizioni diverse e i diversi destini di chi può mettere in moto il proprio condizionatore e chi, nella stessa città, è sollecitato a recarsi al supermercato per godere del fresco che mantiene in buono stato le cibarie dei più fortunati. Le associazioni che si sono riunite nel preparare Up in smoke insistono sul fatto che vi è un consenso internazionale su «un principio di precauzione e un semplice senso comune»: la concentrazione di gas di serra nell'atmosfera deve rimanere al disotto di quanto farebbe aumentare di 2 gradi centigradi la temperatura terrestre. Già così «il riscaldamento globale determina effetti disastrosi sulle popolazioni e sugli ecosistemi in tutta la terra». La necessità di contrastare il riscaldamento globale «deve essere messa in funzione subito, non dopodomani». E` l'esperienza sul campo che consente a Nef e Iied, le associazioni che hanno preparato il rapporto, di sapere con precisione che i disastri hanno un'azione assai più rapida delle opere di prevenzione. Queste devono essere disposte subito, altrimenti ne va della sicurezza generale, non solo delle popolazioni povere. La diga è unica, perché unica è la terra; e una volta superata la diga, la terra sarà inondata per tutti. Per questo è inutile chiamarsi fuori, immaginare di potersi proteggere dal riscaldamento globale nei paesi dei ricchi. Il deserto, l'acqua dell'inondazione, il grande caldo la malattia avanzano per tutti. Coloro che hanno un alto reddito e producono la gran parte dei gas di serra devono sapere che non è solo un obbligo morale risarcire la parte povera del mondo che subisce il caldo e l'inquinamento nati dal benessere. Non è certo con i protocolli di Kyoto che ci si può accontentare. Kyoto è poco più di un secchiello per fermare un'onda.
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