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la grande bufala dell'energia elettrica e delle centrali
- Subject: la grande bufala dell'energia elettrica e delle centrali
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Wed, 3 Nov 2004 07:21:47 +0100
da ecodalle città . it ottobre 2004 HomeChi SiamoNewsletterContattaciLinksArchivio La grande bufala dell'energia elettrica Aumentano le richieste per costruire nuove centrali termoelettriche. Ma ne abbiamo davvero bisogno? Maurizio Pallante A seguito della liberalizzazione del mercato dell'energia elettrica, al Ministero delle Attività Produttive sono state presentate 74 richieste di autorizzazioni a costruire nuove centrali termoelettriche. Altre sembra siano in arrivo. Dieci sono state approvate. Come era prevedibile, in tutte le località in cui è stato previsto l'insediamento dei nuovi impianti sono sorti comitati contro la loro costruzione. In molti casi si sono anche create lacerazioni tra le posizioni generalmente acquiescenti delle amministrazioni comunali e quelle intransigenti delle popolazioni. Per superare questi ostacoli e accelerare i tempi, il Ministero aveva autorizzato una procedura semplificata che di fatto esautorava ogni potere decisionale a livello locale, il cosiddetto «Decreto sbloccacentrali», oggi rientrato. Le ragioni di chi si oppone fanno leva su alcuni elementi ricorrenti: l'impatto ambientale e i rischi per la salute di chi abita nei pressi delle centrali; le bellezze paesaggistiche, naturalistiche, archeologiche e storiche che verrebbero deturpate; il deprezzamento dei terreni, l'aumento delle emissioni di CO2. A queste obiezioni le società proponenti rispondono che le nuove centrali saranno molto meno inquinanti della maggior parte di quelle oggi in funzione perché verranno alimentate a metano e dotate di sofisticati sistemi di controllo e lavaggio dei fumi. Inoltre, essendo a ciclo combinato, hanno rendimenti molto maggiori delle centrali esistenti: il 55 per cento, rispetto a una media del 38%. Pertanto, a parità di kWh prodotti riducono le emissioni di CO2. Questo sarebbe vero se le nuove centrali fossero sostitutive delle esistenti e non si aggiungessero ad esse. Il vero problema è quindi se sia necessario o meno accrescere l'offerta di energia elettrica. Posto in termini di previsioni di crescita della domanda si aprirebbe un contenzioso senza fine. Gli esperti degli elettrici costruirebbero i classici tre scenari per dimostrare che l'offerta attuale di kWh è insufficiente, e se non si potenziasse, nei prossimi anni si andrebbe incontro al rischio di black out. Gli esperti degli ambientalisti ne costruirebbero altri tre per dimostrare che a sostenere la crescita della domanda sarebbe sufficiente la crescita dell'offerta di fonti rinnovabili. Un déjà vu del tutto prevedibile in tutte le sue dinamiche, che però ha un'alternativa. Se non si vuole che un numero rilevante di nuove centrali vada ad aggiungersi al parco esistente, occorre fare in modo che la domanda di kWh non cresca troppo. Ciò si può ottenere accrescendo l'efficienza con cui si produce e si usa l'energia elettrica, in modo da soddisfare gli stessi bisogni con un consumo minore. Per quanto riguarda la produzione, la scelta strategica, sia in termini quantitativi, sia perché attuabile nell'immediato, è la microcogenerazione diffusa. Invece di bruciare enormi quantità di fonti fossili (un terzo dei consumi globali) per riscaldare gli ambienti, se ne può ricavare energia elettrica e, come sottoprodotto di scarto, energia termica. Per quanto riguarda gli usi finali, la diffusione delle lampade ad alta efficienza (ce ne vogliono 6 per arrivare al consumo di una lampadina a incandescenza), degli elettrodomestici in classe A (ma già oggi si sa far meglio, con lo standard «plus») e di macchinari industriali meno energivori, consentirebbero di tagliare decisamente la domanda senza ridurre gli usi finali. Un ulteriore contributo altrettanto determinante può essere infine dato dall'eliminazione degli usi impropri dell'elettricità per fare calore. Questo è il massimo dell'insipienza perché costituisce un assurdo circolo vizioso: si bruciano delle fonti fossili per fare calore con cui produrre energia elettrica con un rendimento del 38 per cento, si butta via il 62 per cento sotto forma di calore inutilizzato e si usa l'energia elettrica per fare calore con un ulteriore spreco di trasformazione. Una società tecnologicamente evoluta non può e non deve utilizzare l'energia elettrica per fare calore. Gli stessi condizionatori, che vanno diffondendosi a macchia d'olio e costituiscono il principale fattore di crescita della domanda di energia elettrica, sarebbe molto meglio, in termini economici ed ambientali, se fossero alimentati da motori termici, o col calore della cogenerazione. Se la politica energetica venisse impostata sullo sviluppo e la diffusione delle tecnologie che accrescono l'efficienza nella produzione e nell'uso dell'energia elettrica, la domanda potrebbe diminuire anche in presenza di un aumento dei servizi energetici, rendendo superflua la costruzione di nuove centrali. Cosa pensare se, al contrario, si incentivassero gli usi impropri dell'energia elettrica? O, peggio ancora, se si imponessero? Sarebbe improprio dedurne che si sta facendo crescere forzatamente la domanda per rendere inevitabile la costruzione di nuove centrali termoelettriche? Che si sta incentivando la crescita dell'effetto serra pur di vendere più energia elettrica? Una delle 74 richieste di nuove centrali termoelettriche è stata presentata dalla ASM di Brescia, ex municipalizzata privatizzata, all'avanguardia, a detta di molti, nelle tecnologie ecocompatibili. In origine si trattava di una taglia massima, da 1.600 MW, poi «ridotta» a 800, nel territorio del comune di Offlaga, nella bassa bresciana (dove sono state presentate richieste per altre due centrali da 400 MW). Nella «Guida alla progettazione» di un «Bando per la progettazione e l'assegnazione delle aree edificabili, piano di edilizia economico e popolare» emesso nel marzo 2002 dal Comune di Brescia, al punto 3, pagina 10, si legge questa frase: «Per quanto riguarda la sostenibilità ambientale si precisa che gli insediamenti saranno dotati della rete duale dell'acqua, potabile e non, e della rete di smaltimento delle acque piovane che dovranno disperdere direttamente nel sottosuolo. Diversamente è stata esclusa la fornitura di gas metano per la cottura». Quindi in quelle case per cuocere i cibi si dovranno utilizzare piastre elettriche. Si dovrà fare il calore con l'energia elettrica. Onny soit qui mal y pense.Ma almeno un dubbio resta. Le prescrizioni per l'uso dell'acqua hanno sicuramente una forte valenza ecologica. Allora perché far precedere quelle che impediscono l'uso del gas (ma si può fare?) dall'avverbio «diversamente»?
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