la grande bufala dell'energia elettrica e delle centrali



da ecodalle città . it
ottobre 2004
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La grande bufala dell'energia elettrica

Aumentano le richieste per costruire nuove centrali termoelettriche. Ma ne
abbiamo davvero bisogno?

Maurizio Pallante

A seguito della liberalizzazione del mercato dell'energia elettrica, al
Ministero delle Attività Produttive sono state presentate 74 richieste di
autorizzazioni a costruire nuove centrali termoelettriche. Altre sembra
siano in arrivo. Dieci sono state approvate. Come era prevedibile, in tutte
le località in cui è stato previsto l'insediamento dei nuovi impianti sono
sorti comitati contro la loro costruzione. In molti casi si sono anche
create lacerazioni tra le posizioni generalmente acquiescenti delle
amministrazioni comunali e quelle intransigenti delle popolazioni. Per
superare questi ostacoli e accelerare i tempi, il Ministero aveva
autorizzato una procedura semplificata che di fatto esautorava ogni potere
decisionale a livello locale, il cosiddetto «Decreto sbloccacentrali», oggi
rientrato.
Le ragioni di chi si oppone fanno leva su alcuni elementi ricorrenti:
l'impatto ambientale e i rischi per la salute di chi abita nei pressi delle
centrali; le bellezze paesaggistiche, naturalistiche, archeologiche e
storiche che verrebbero deturpate; il deprezzamento dei terreni, l'aumento
delle emissioni di CO2. A queste obiezioni le società proponenti rispondono
che le nuove centrali saranno molto meno inquinanti della maggior parte di
quelle oggi in funzione perché verranno alimentate a metano e dotate di
sofisticati sistemi di controllo e lavaggio dei fumi. Inoltre, essendo a
ciclo combinato, hanno rendimenti molto maggiori delle centrali esistenti:
il 55 per cento, rispetto a una media del 38%. Pertanto, a parità di kWh
prodotti riducono le emissioni di CO2.
Questo sarebbe vero se le nuove centrali fossero sostitutive delle esistenti
e non si aggiungessero ad esse. Il vero problema è quindi se sia necessario
o meno accrescere l'offerta di energia elettrica. Posto in termini di
previsioni di crescita della domanda si aprirebbe un contenzioso senza fine.
Gli esperti degli elettrici costruirebbero i classici tre scenari per
dimostrare che l'offerta attuale di kWh è insufficiente, e se non si
potenziasse, nei prossimi anni si andrebbe incontro al rischio di black out.
Gli esperti degli ambientalisti ne costruirebbero altri tre per dimostrare
che a sostenere la crescita della domanda sarebbe sufficiente la crescita
dell'offerta di fonti rinnovabili. Un déjà vu del tutto prevedibile in tutte
le sue dinamiche, che però ha un'alternativa.
Se non si vuole che un numero rilevante di nuove centrali vada ad
aggiungersi al parco esistente, occorre fare in modo che la domanda di kWh
non cresca troppo. Ciò si può ottenere accrescendo l'efficienza con cui si
produce e si usa l'energia elettrica, in modo da soddisfare gli stessi
bisogni con un consumo minore. Per quanto riguarda la produzione, la scelta
strategica, sia in termini quantitativi, sia perché attuabile
nell'immediato, è la microcogenerazione diffusa. Invece di bruciare enormi
quantità di fonti fossili (un terzo dei consumi globali) per riscaldare gli
ambienti, se ne può ricavare energia elettrica e, come sottoprodotto di
scarto, energia termica. Per quanto riguarda gli usi finali, la diffusione
delle lampade ad alta efficienza (ce ne vogliono 6 per arrivare al consumo
di una lampadina a incandescenza), degli elettrodomestici in classe A (ma
già oggi si sa far meglio, con lo standard «plus») e di macchinari
industriali meno energivori, consentirebbero di tagliare decisamente la
domanda senza ridurre gli usi finali. Un ulteriore contributo altrettanto
determinante può essere infine dato dall'eliminazione degli usi impropri
dell'elettricità per fare calore. Questo è il massimo dell'insipienza perché
costituisce un assurdo circolo vizioso: si bruciano delle fonti fossili per
fare calore con cui produrre energia elettrica con un rendimento del 38 per
cento, si butta via il 62 per cento sotto forma di calore inutilizzato e si
usa l'energia elettrica per fare calore con un ulteriore spreco di
trasformazione. Una società tecnologicamente evoluta non può e non deve
utilizzare l'energia elettrica per fare calore. Gli stessi condizionatori,
che vanno diffondendosi a macchia d'olio e costituiscono il principale
fattore di crescita della domanda di energia elettrica, sarebbe molto
meglio, in termini economici ed ambientali, se fossero alimentati da motori
termici, o col calore della cogenerazione.
Se la politica energetica venisse impostata sullo sviluppo e la diffusione
delle tecnologie che accrescono l'efficienza nella produzione e nell'uso
dell'energia elettrica, la domanda potrebbe diminuire anche in presenza di
un aumento dei servizi energetici, rendendo superflua la costruzione di
nuove centrali. Cosa pensare se, al contrario, si incentivassero gli usi
impropri dell'energia elettrica? O, peggio ancora, se si imponessero?
Sarebbe improprio dedurne che si sta facendo crescere forzatamente la
domanda per rendere inevitabile la costruzione di nuove centrali
termoelettriche? Che si sta incentivando la crescita dell'effetto serra pur
di vendere più energia elettrica?
Una delle 74 richieste di nuove centrali termoelettriche è stata presentata
dalla ASM di Brescia, ex municipalizzata privatizzata, all'avanguardia, a
detta di molti, nelle tecnologie ecocompatibili. In origine si trattava di
una taglia massima, da 1.600 MW, poi «ridotta» a 800, nel territorio del
comune di Offlaga, nella bassa bresciana (dove sono state presentate
richieste per altre due centrali da 400 MW). Nella «Guida alla
progettazione» di un «Bando per la progettazione e l'assegnazione delle aree
edificabili, piano di edilizia economico e popolare» emesso nel marzo 2002
dal Comune di Brescia, al punto 3, pagina 10, si legge questa frase: «Per
quanto riguarda la sostenibilità ambientale si precisa che gli insediamenti
saranno dotati della rete duale dell'acqua, potabile e non, e della rete di
smaltimento delle acque piovane che dovranno disperdere direttamente nel
sottosuolo. Diversamente è stata esclusa la fornitura di gas metano per la
cottura». Quindi in quelle case per cuocere i cibi si dovranno utilizzare
piastre elettriche. Si dovrà fare il calore con l'energia elettrica. Onny
soit qui mal y pense.Ma almeno un dubbio resta. Le prescrizioni per l'uso
dell'acqua hanno sicuramente una forte valenza ecologica. Allora perché far
precedere quelle che impediscono l'uso del gas (ma si può fare?)
dall'avverbio «diversamente»?