sviluppo sostenibile il contesto mondiale



da legambiente.it
ottobre 2004

Sviluppo sostenibile e ambiente
Approfondimenti sulla sostenibilità locale e sugli effetti ambientali

SITUAZIONE GENERALE

Il lungo ciclo di espansione economica mondiale iniziato nella seconda metà
degli anni '80 sembrava non aver fine. Era crollato il blocco sovietico ed
erano scomparsi sistemi economici e ideologici alternativi al libero
mercato. Si erano aperti nuovi e vasti mercati, con la privatizzazione delle
imprese statali e la liberalizzazione dei flussi di capitale e degli scambi
commerciali, la creazione di nuove aree economiche fortemente integrate (in
Europa,nel Nord America,nel sud est asiatico),la costituzione di potenti
strutture (il WTO) di regolazione della liberalizzazione commerciale. Lo
sviluppo dell'informatica e delle reti di telecomunicazione,raggiunta la
soglia critica di diffusione,aveva trasformato le modalità di lavoro e di
organizzazione, attivato un nuovo settore economico, permeato la vita
quotidiana. Questi processi promettevano l'emancipazione, pur travagliata,
di vaste aree del mondo. La Cina e altri paesi asiatici come la Corea,
l'Indonesia,la Malesia,la Thailandia, conoscevano ritmi di crescita
economica senza precedenti e attraevano flussi immensi di capitali. Con lo
sviluppo dell'economia della conoscenza,basata sulla ricerca e la
tecnologia,si ponevano le basi di un disaccoppiamento tra crescita economica
e consumo di materie prime e di energia e la Convenzione di Kyoto, con l
'accordo internazionale sulla riduzione dei gas serra per contrastare la più
grave minaccia ambientale planetaria,sembrava segnare l 'avvio di un governo
ambientale mondiale ispirato anche da criteri di equità. La nuova era, l
'era della globalizzazione, poteva essere racchiusa nell'immagine di Walter
Wriston, il passato presidente di Citicorp,la più potente istituzione
finanziaria americana:"un mondo unito assieme in un solo mercato elettronico
che si muove alla velocità della luce". Poi sono venute le drammatiche crisi
economiche del 1997 e del 1998, con l 'esplosione dei mercati finanziari e
la recessione economica delle tigri asiatiche, seguite dalla crisi della
Russia e di alcuni paesi latino-americani e dalla stagnazione del
Giappone.Nel dicembre 99 è arrivata l 'inattesa contestazione di Seattle,che
portava alla sospensione dell'assemblea del WTO e segnalava vistose crepe
nel consenso internazionale.Dalla seconda metà del 2000 si arrestava l
'irresistibile ascesa delle borse e crollavano le capitalizzazioni dei
titoli tecnologici e Internet.Il 2000 terminava con la nuova presidenza Bush
che intonava il de-profundis al più ambizioso accordo ambientale
internazionale,la Convenzione di Kyoto. Prima di Bin Laden, prima dei
drammatici eventi dell'11 settembre,era già stato illuminato il lato oscuro
della globalizzazione. I movimenti critici della globalizzazione, pur nella
varietà delle loro posizioni, hanno posto l 'accento della critica su un
processo di globalizzazione imperniato su politiche neoliberiste e sul
crescente potere delle imprese multinazionali,che ha accresciuto le
ineguaglianze sia a scala mondiale che all'interno delle nazioni. Nella
globalizzazione dei mercati è cresciuta anche una globalizzazione
sociale,dal basso,che ha visto la generalizzazione su scala planetaria di
azioni locali di tutela ambientale,di difesa dei diritti delle minoranze,di
boicottaggio del lavoro minorile,di commerci più equi e più sani. Questi
movimenti hanno mostrate alternative politiche ed economiche. La critica ad
un sistema di scambi commerciali che ha impoverito gli agricoltori dei paesi
più poveri si è saldato alla rinascita di forme di organizzazione
sindacale,ha sostenuto lo sviluppo di sistemi cooperativi,ha prodotto nuovi
canali di commercializzazione, il movimento conosciuto in Italia come
"commercio equo solidale ", che oggi sono diffusi su scala mondiale e
fatturano solo in Europa poco meno di 1000 miliardi. La critica
all'agricoltura chimizzata e all'omologazione dei prodotti alimentari si è
incrociata non solo con la domanda dei consumatori,ma anche con la
conversione di una fetta ormai importante della produzione agricola
mondiale: dall'introduzione di sistemi di riconoscimento dell'origine dei
prodotti e di difesa delle produzioni tipiche, all'espansione
dell'agricoltura biologica. Il micro-credito,originariamente sviluppato da
esperienze pilota come la Grameen Bank,ha conosciuto un successo
riconosciuto anche da istituzioni internazionali come la banca Mondiale,
consentendo uno sviluppo delle comunità più povere più centrato sulle
domande del mercato locale. Le imprese multinazionali hanno dovuto
rispondere alla critica e alle campagne di boicottaggio per la loro politica
ambientale e sociale,abbandonando alcuni progetti o introducendo nuovi
codici di comportamento rispetto al lavoro minorile o ai diritti delle
minoranze etniche. Questi movimenti,diffusi sia nel Nord che nel Sud del
mondo,hanno risposto non solo (e non tanto)alla crescita dei commerci
internazionale,ma soprattutto all'imponente slittamento dei rapporti di
potere che li ha accompagnati. Negli ultimi due decenni si è reso necessario
trovare nuovi equilibri tra funzioni pubbliche e funzioni private,tra stato
e mercato, riconoscendo sia i limiti (i fallimenti) dello stato,sia i limiti
(i fallimenti) del mercato. Il riconoscimento dei limiti della gestione
statale monopolistica di alcune attività economiche (energia e
telecomunicazioni),con la loro privatizzazione e liberalizzazione, ha
consentito servizi più efficienti e competitivi. Il riconoscimento dei
limiti del mercato nella gestione delle risorse ambientali,con l 'impiego di
strumenti normativi e economici da parte dello stato,ha consentito di
ridurre drasticamente le emissioni inquinanti. Ma nella gran parte dei paesi
questa revisione è avvenuta sotto il segno delle politiche neoliberiste che
hanno eroso il ruolo delle funzioni pubbliche. Il controllo e l 'influenza
di alcuni gruppi di pressione economica è cresciuto in maniera notevole, sia
all'interno delle amministrazioni nazionali che sugli organismi di governo
sovranazionali. In "Captive State: the Corporate Takeover of Britain "
Monbiot documenta la pervasività delle multinazionali nella vita politica e
nell'amministrazione della Gran Bretagna, il controllo di
ministeri-chiave,la manipolazione delle politiche e delle decisioni e la
corruzione strutturale indotta. La dimensione e gli effetti di lungo termine
di questo fenomeno,che non è certo ristretto agli Stati Uniti e alla Gran
Bretagna,sono decisivi. In un suo pamphlet,"Lugano Report",Susan George
immagina che un think-thank di studiosi ben integrati nella politica e nel
mondo economico debba preparare un rapporto,intitolato "Come preservare il
capitalismo nel ventunesimo secolo " per conto di alcuni (anonimi) sponsor
verosimilmente costituiti da importanti società multinazionali. Il rapporto
disegna un mondo basato sulla tirannia delle multinazionali e su una
scientifica politica di esclusione dei perdenti. Lo sviluppo sostenibile
diventa lo sviluppo che marginalizza ed elimina (fisicamente) i poveri e
quelli che costituiscono un peso per la società, per ridurre il carico
demografico e sulle risorse. Le ciniche conclusioni del rapporto non sono
poi così paradossali. Di fronte alle crisi più drammatiche,come quelle del
1997 - 1998, i paesi sviluppati e il Fondo Monetario Internazionale non
hanno esitato a sacrificare alcuni paesi e milioni di poveri per garantire
gli interessi forti. La gestione degli strumenti di governo internazionali -
dal WTO al FMI all'accordo sulla proprietà intellettuale,alla convenzione di
Kyoto - è stata subordinata al conseguimento di questi interessi. Per tutti
i paesi in via di sviluppo e soprattutto per quelle aree caratterizzate da
una crescente povertà e da crisi economica,gli aiuti allo sviluppo sono
stati sistematicamente ridotti nell'ultimo decennio. Persino di fronte al
genocidio da Aids e nonostante che l 'Africa sia meno del '1%del mercato
mondiale dei farmaci, per almeno quattro anni le multinazionali
farmaceutiche e i paesi sviluppati hanno difeso i diritti di brevetto
impedendo l 'accesso alle cure a questi paesi e determinando in piena
consapevolezza decine di milioni di morti.

LA GLOBALIZZAZIONE DEI MERCATI

Quella che comunemente chiamiamo "globalizzazione " è il processo di
integrazione internazionale della attività economiche (flussi di merci,di
servizi,di finanza,di forza lavoro), associato ad una integrazione mondiale
dell'informazione e della comunicazione (telecomunicazioni,reti
informatiche),degli scambi personali (migrazioni,mercato del
lavoro,turismo),delle istituzioni di governo (l 'Unione Europea,accordi di
libero scambio come Nafta e Asean,convenzioni e strutture internazionali
come il WTO). L 'interazione tra questi processi,accelerata dalla
dissoluzione delle alternative ideologiche e politico-economiche,ha
determinato a partire dagli anni '80 una nuova fase dell'economia e della
politica mondiale. Mercati e imprese, in primo luogo le imprese
transnazionali, sono stati i protagonisti di questa nuova fase,con il
supporto di politiche liberiste che hanno determinato, in maniera più o meno
estesa nei vari stati,ma con un segno omogeneo su scala mondiale, il
progressivo ritiro dell'intervento pubblico dalle attività economiche
(liberalizzazione e privatizzazione dei mercati energetici,delle
telecomunicazioni,dei trasporti) e dalle funzioni sociali (sanità,
previdenza, educazione).

COMMERCIO MONDIALE

Il segno principale dell'economia globale è stata l 'accelerazione,senza
precedenti per la sua dimensione quantitativa,del commercio mondiale. Per
quanto il tasso di crescita registrato in anni precedenti sia comunque stato
elevato,grosso modo doppio rispetto alla crescita del prodotto interno
lordo,è negli anni '90 che la progressione del commercio mondiale (in
particolare dei prodotti industriali)si disaccoppia dalla crescita della
produzione e del reddito. Tra il 1990 e il 2000, mentre la produzione è
cresciuta del 27% e il reddito mondiale del 25%,il volume delle esportazioni
è pressoché raddoppiato (+96%)e in valore è cresciuto dell' 80%. Lo sviluppo
del commercio ha interessato i prodotti agricoli,minerari,industriali e i
servizi. Ma non allo stesso modo. La crescita si è concentrata,in
particolare,sui beni industriali e sui servizi (in primo luogo trasporti
globali,turismo,servizi finanziari),che oggi rappresentano poco meno del
20%del commercio mondiale. Negli anni '90,a fronte di una crescita del 22%
della produzione agricola,vi è stata una crescita del 54% del volume delle
esportazioni agricole,mentre per i prodotti industriali a fronte di una
crescita del 30% del volume della produzione,il commercio è aumentato del
210% in volume e del 94% in valore. Per effetto della internazionalizzazione
della produzione e della globalizzazione dei mercati - soprattutto nelle
aree ricche - è mutata radicalmente la qualità del commercio mondiale.. Il
commercio internazionale è diventato sempre meno lo scambio tra prodotti
diversi - materie prime contro prodotti industriali - e sempre più uno
scambio tra analoghe tipologie di merci e all'interno dello stesso sistema
di imprese. Come e più che nella produzione,nel commercio internazionale nel
corso degli ultimi due decenni sono emersi nuovi attori nazionali. La
Triade,USA, Europa e Giappone, domina largamente gli scambi, ma nel corso
degli anni '90 un peso crescente nell'economia mondiale hanno assunto anche
altri paesi asiatici,in primo luogo la Cina,Taiwan e la Corea (la cui quota
totale sull'export mondiale è passata dal 2,8% del 1980 al 5,8% del 1990 al
9% del 2000).Sul complesso del commercio mondiale, si è ridotta la quota dei
paesi dell'Unione Europea - al cui interno sono però fortemente aumentati
gli scambi - e, tra questi,anche dell'Italia. Ma grandi aree del mondo
restano ai margini della globalizzazione.Con la caduta dei prezzi del
petrolio si dimezza il peso degli stati arabi,l 'Africa riduce drasticamente
il valore reale delle esportazioni, si contrae il ruolo dell'ex est Europa.

PROGRESSI E ARRETRAMENTI

Guardiamo il quadro di insieme. Secondo i dati raccolti dalle Nazioni Unite,
nei paesi in via di sviluppo un bambino che nasce nel 2000 può sperare di
vivere 8 anni più di sua madre. Nel 1970 più della metà degli adulti nei
paesi in via di sviluppo era del tutto analfabeta, trenta anni dopo gli
analfabeti sono scesi a un quarto della popolazione. La popolazione che ha
accesso ad acqua potabile, nelle aree rurali, si è quintuplicata. Il reddito
medio, tra il 1975 e il 2000, nei paesi in via di sviluppo, si è
raddoppiato. Negli ultimi venti anni, secondo le stime della Fao, il numero
di persone in condizione di denutrizione è passato da 927 a 830 milioni
scendendo dal 21 al 14% della popolazione mondiale. Negli ultimi 10 anni,
secondo le stime della Banca Mondiale, la quota dei poveri si è ridotta:dal
28,3% al 24% la popolazione sotto 1$ al giorno,dal 61% al 56% quella sotto i
2$, anche se per effetto della crescita demografica gli esseri umani ai
limiti della sopravvivenza (in gran parte sotto le condizioni minime di
sopravvivenza) sono cresciuti di circa .80 milioni arrivando a 2,8 miliardi
di persone. Ma dentro questo quadro dobbiamo vedere bene due elementi. Il
primo è che il miglioramento è avvenuto solo in alcune aree geografiche e
con ritmi molto diversi. Il secondo è che negli ultimi due decenni,in
particolare nell'ultimo decennio, cioè nell'età della globalizzazione, il
miglioramento si è diffusamente rallentato e in alcune aree importanti vi
sono forti segni di peggioramento. Le differenze tra le varie regioni sono
particolarmente marcate nel ritmo di crescita economica, il principale
fattore che governa la generazione di risorse per l 'educazione, per la
salute e per la riduzione della povertà. Nell'Asia orientale, un 'area che,
tra gli altri, include la Cina, l 'Indonesia, le Filippine, la Malesia, la
Tailandia, ci sono stati rapidi e sostenuti progressi, in termini di
reddito, speranza di vita, cultura, disponibilità di servizi, riduzione
delle condizioni di povertà estrema. Nel periodo 1975 -99 il reddito
procapite è quadruplicato crescendo al ritmo del 6% annuo (8% la Cina) e
consentendo ad alcuni di questi paesi di uscire dalle condizioni di
sottosviluppo. La popolazione in condizione di denutrizione, negli ultimi
venti anni, è passata da 380 a 220 milioni (scendendo al 12% della
popolazione). Nella sola Cina tra il 1990 e il 1998 gli esseri umani più
poveri, al limite della sopravvivenza (sotto i 2$ al giorno) erano scesi dal
70 al 51% della popolazione,da 789 milioni a 632 milioni Nell'Asia
meridionale,l 'area dell'India e del Bangladesh, la crescita è stata del 2%
(per l 'India del 3,2%).Un tasso di crescita analogo a quello registrato - a
partire da ben altri livelli di reddito - dall'insieme dei paesi OCSE. La
popolazione in stato di denutrizione è diminuita nel corso degli ultimi
venti anni,da 337 a 294 milioni, è aumentata l 'aspettativa di vita (da 54 a
63 anni), gli analfabeti sono scesi al 45% della popolazione. Ma questa
resta l 'area dove ancora si concentra la grande massa dei poveri:mezzo
miliardo di persone sotto 1$ al giorno (il 40% della popolazione nel 1998,50
milioni di individui in più rispetto a 10 anni prima),1 miliardo e 100
milioni sotto i 2$ giorno (l '84% della popolazione, 2 punti in meno,ma 180
milioni di esseri umani in più rispetto a 10 anni prima). Negli Stati Arabi
e in America Latina, il tasso di crescita è stato molto più basso, l
'1%annuo, anche se con marcate differenze tra i vari paesi. Un tasso di
crescita che,considerati i livelli di reddito iniziali,è quasi virtuale.
Poveri e persone in stato di denutrizione,sia in America Latina che negli
stati arabi,sono aumentate in valore assoluto. In America Latina anche la
quota di popolazione sotto il dollaro/giorno (16%) e sotto i due dollari
(36%) è rimasta stabile, anzi in lieve crescita nella seconda metà del
decennio. Ancor più drammatica è stato l 'andamento Africa Subsahariana,
dove vive il 10% della popolazione mondiale. In questa area la crescita è
stata negativa,con una media del -1%annuo. In 18 stati il reddito procapite
del 1999 era più basso in termini reali e calcolato come capacità di potere
d 'acquisto, di quello del 1975. Questi dati si riflettono in una riduzione
della speranza di vita (da 48 anni nel 1980 a 47 anni nel 1999) ,anche (ma
non solo) per l 'effetto dell 'AIDS che sta decimando la popolazione
adulta,in una crescita rilevante delle persone in stato di denutrizione,186
milioni a fine anni '90, e delle persone in condizioni di povertà estrema
(il 46% della popolazione sotto 1$,il 76% sotto i due dollari).La quota di
persone poverissime è cresciuta in valori assoluti (120 milioni in più negli
ultimi 10 anni) ed è rimasta stabile sul totale della popolazione. In molti
paesi si arresta la crescita dei livelli di scolarità e regredisce la
scolarità delle donne. Negli ultimi 10 anni,una vera e propria tragedia si è
abbattuta sulla gran parte dei paesi dell'ex Unione Sovietica e dell'Europa
centro-orientale. In 16 paesi il reddito procapite del 1999 è più basso di
quello del 1990, in 4 di questi si è più che dimezzato. In questo decennio è
cresciuta, in valori assoluti e relativi, la popolazione in condizione di
povertà (da 44 a 93 milioni,dal 10 al 20% della popolazione) e per la prima
volta una quota consistente della popolazione (30 milioni) si trova in
condizioni di denutrizione.Anche in queste aree si manifesta - invertendo
una tendenza storica che sembrava consolidata - una marcata regressione
della scolarità femminile.