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Re: il prezzo sociale e invisibile della spesa a basso costo
- Subject: Re: il prezzo sociale e invisibile della spesa a basso costo
- From: Lorenzo Dellacorte <l_coortis at yahoo.it>
- Date: Thu, 30 Sep 2004 15:53:18 +0200 (CEST)
L'analisi è corretta: in effetti ci stiamo avvitando in una caduta che vede la diminuzione complessiva del reddito dei lavoratori (che oggi dobbiamo valutare comprendendo settori sempre più vasti della popolazione ivi compresi i disoccupati che la necessità di produttività caccia dal lavoro) ed un aumento della produttività che impoverisce la qualità del prodotto sia quello "di lusso", sia quello "povero" e la qualità complessiva dell'ambiente eco-biologico globale. Se il modo di produzione capitalistico non viene interrotto a partire dalle multinazionali questa spirale perversa trasformerà (già si vedono i segni premonitori) la terra in un campo di concentramento la cui uscita purtroppo già conosciamo. --- Andrea Agostini <lonanoda at tin.it> ha scritto: > da la stampa.it > Lunedi' 27 Settembre > > > > OLTRE LA LIRA > Il prezzo sociale > (e invisibile) della spesa low cost > > 27 Settembre 2004 > > di Alfredo Recanatesi > > Si è acceso un dibattito importante sulle > implicazioni sociali della crisi > delle imprese. Lo ha innescato Tommaso Padoa > Schioppa rilevando che, quando > una impresa entra in crisi, generalmente vi è spinta > da un'altra impresa > capace di offrire il prodotto o il servizio a > condizioni migliori. Di > conseguenza, non è giusto considerare solo il danno > sociale della perdita > del lavoro di chi era impiegato nell'impresa > soccombente, ma si deve tener > conto anche del beneficio che la generalità dei > consumatori può trarre dalle > condizioni migliori che la nuova impresa può > praticare. «Da che parte sta il > sociale?» chiede ai suoi lettori dopo aver osservato > che «una coppia che a > stento vive con mille euro al mese oggi può arredare > casa, ascoltare buona > musica o andare a Londra grazie ai prezzi di Ikea, > Naxos e Rayanair che > nessun mobiliere, discografico e compagnia aerea > nazionale gli offrono»? > Posto il problema in questi termini, - come dire? - > non c'è partita. Questo > è il modo di porre le cose col quale il liberismo di > questi anni ha > sostenuto le proprie ragioni ed esercitato, spesso > con insistenza, le sue > pressioni. Ma, detto così, il problema è un po' > troppo semplificato. > Basterebbe considerare che, se questa impostazione > fosse esaustiva, di fatto > la riduzione dei prezzi - degli arredi di casa, > della musica, dei passaggi > aerei - avrebbe determinato una elevazione delle > condizioni di vita che > invece nella realtà non è così facile riscontrare. > La globalizzazione, infatti, è certamente apprezzata > da chi trova da Ikea un > mobile che nella produzione nazionale potrebbe > essere trovato solo a un > prezzo almeno doppio, ma probabilmente è apprezzata > meno dai dipendenti > dell'industria nazionale i quali o hanno perso il > posto perché > quell'industria ha trasferito i suoi stabilimenti in > Romania, oppure hanno > dovuto accettare retribuzioni ridotte a parità di > lavoro. Possono viaggiare > con Rayanair, ma è difficile che ciò basti a > confortarli. Questo per dire > che Ikea, Rayanair, i discount, il made in China, le > liberalizzazioni e la > globalizzazione, hanno ridotto il prezzo di molti > beni o servizi, ma hanno > potuto farlo perché in quei beni e servizi è stato > ridotto fortemente il > costo del contenuto di lavoro. Sarebbe progresso se > ciò fosse avvenuto in > ragione di investimenti che avessero innalzato la > produttività del fattore > lavoro e il valore aggiunto contenuto nei prodotti; > è molto discutibile che > lo sia se, invece, avviene perché la remunerazione > del lavoro viene ridotta > attraverso il trasferimento della manifatturazione > in Paesi a basso costo, o > la riduzione della remunerazione che il lavoro > nazionale possa aver > accettato nella illusione che ciò valga a evitare le > delocalizzazioni o la > contrattazione di esuberi. Dunque, quei benefici non > sono gratis, ma costano > quelle riforme - precarietà, riduzione del welfare, > contratti di > solidarietà, aumenti di orario a parità di salario, > esuberi, e tante altre > implicazioni minori spesso irritanti nelle quali ci > imbattiamo > quotidianamente (i call-center automatici, tanto per > dirne una) che dobbiamo > subire in omaggio alla ossessiva esigenza di > comprimere i costi - che la > competizione, una competizione così concepita, > inevitabilmente comporta. > Tutti possono permettersi una spesa da Ikea, ma non > per questo campano > meglio di prima perché il prezzo da pagare non è > solo quello esposto sul > cartellino. > E allora non c'è solo il beneficio di poter comprare > da Ikea anziché da un > mobiliere di Cantù, o di volare Rayanair anziché > Alitalia (anche se tra il > mobile di Cantù e quello di Ikea qualche differenza > c'è, e se una Rayanair > ti porta più dove dice lei che dove vuoi tu). C'è un > saldo che va calcolato > «al netto delle partite di giro» affinché non si > risolva in qualcosa di > simile a una presa in giro. Perché è vero che, nel > mondo globale nel quale > tutto si lega, c'è una offerta a basso costo che > prima non c'era, ma quella > offerta è la faccia amica di una medaglia che, con > l'altra faccia, ci impone > di ridurre ciò che costiamo noi in termini di > retribuzione, di contributi, > di prestazioni sociali, di certezza del posto di > lavoro, di programmabilità > della vita. Non è detto il saldo sia negativo, per > carità; ma non è detto > neppure che con certezza possa essere dato per > positivo per la maggioranza > delle persone. Sarebbe possibile se si fosse > avverata la prospettiva che i > liberisti andavano offrendo: le produzioni a basso > costo verranno cedute ai > Paesi emergenti e i Paesi evoluti faranno cose più > sofisticate, più > innovative, più redditizie in modo che tutti, > emergenti ed evoluti, potranno > progredire sulla via del benessere. Ma questo > eldorado è rimasto una > chimera: il reddito dei Paesi come l'Italia > ristagna; all'interno, si sposta > dalle persone alle imprese; e tra le persone da > quelle che hanno meno a > quelle che hanno più. Questo è «il sociale» dei > nostri giorni. Un giorno > forse ce ne sarà uno, tra i liberisti, che in un > raptus di onestà > intellettuale arriverà a riconoscere la > contraddizione nella quale i suoi > teoremi si sono drammaticamente impigliati. > > > > > > -- > Mailing list Economia dell'associazione PeaceLink. > Per ISCRIZIONI/CANCELLAZIONI: > http://www.peacelink.it/mailing_admin.html > Archivio messaggi: > http://www.peacelink.it/webgate/economia/maillist.html > Si sottintende l'accettazione della Policy Generale: > http://www.peacelink.it/associazione/html/policy_generale.html > > ___________________________________ Scopri Mister Yahoo! - il fantatorneo sul calcio di Yahoo! Sport http://it.seriea.fantasysports.yahoo.com/
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