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la sinistra e l'economia sostenibile
- Subject: la sinistra e l'economia sostenibile
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Tue, 8 Jun 2004 06:46:09 +0200
da aprile.it Prigionieri della crescita La sinistra e l'economia sostenibile Cristina Mosca Cipolletti Un mondo diverso è necessario (Editori Riuniti, pp. 252, 12 euro) ci conduce a una profonda analisi dell'attuale modello socioeconomico e della crisi dei processi ecologici, sociali e politici che sostengono il sistema produttivo. L'autrice Carla Ravaioli - personaggio femminile di grande valore, di forte sensibilità politica e culturale - affronta così nel libro questioni che impongono alle sinistre una riflessione attenta. E richiama domande poste dal movimento new global. Non a caso, nel recente Social forum europeo di Firenze, al seminario organizzato da Ars e Socialismo 2000 sui temi della crisi ecologica (presente la stessa Ravaioli che ha illustrato le linee del libro), tanti giovani affollavano la sala, prendendo appunti, interrogando l'autrice sui nodi irrisolti del rapporto tra ambientalismo e sinistra. Il valore del libro, infatti, è proprio quello di stimolare un dibattito sia nel mondo politico sia in quello del cosiddetto "movimento dei movimenti". In particolare, a partire dalla crisi del modello di sviluppo, dalla cosiddetta crisi ecologica, il libro propone alla sinistra di ripensare i propri paradigmi interpretativi e mette in luce i limiti delle forze tradizionali del movimento operaio per come si sono rapportati ai movimenti degli anni Settanta e oltre, a partire da quello ambientalista. La critica, spietata e feroce ma significativa, riguarda il fatto che a sinistra le analisi, e di conseguenza la pratica politica e la costruzione di soggettività, rapporti, alleanze sono state dettate da un modello "sviluppista" e economicista che ha trascurato, se non a volte osteggiato, le contraddizioni nuove che si affacciavano sulla scena politica, come quella appunto ambientalista. Al "movimento dei movimenti", invece, la ricerca dell'autrice chiede un rapporto nuovo tra politica e ciò che si muove nella società. Perché fa i conti con il fatto che la crisi ecologica non si risolve se non con un nuovo protagonismo di una sinistra che rimetta in discussione le compatibilità date dal modello di sviluppo capitalista. Il libro, ricco di citazioni e dati analitici, è molto documentato a testimonianza della ricerca teorica dell'autrice che da alcuni anni si interroga su questi temi. Carla Ravaioli, con determinata riflessione e con analisi dettagliata, ci presenta la realtà antropologicamente segnata da una sorta di fondamentalismo economico che comporta un vero degrado del senso comune, dominato dal mito della crescita produttiva, dai decimali del Pil e dalle compatibilità aziendali: un drammatico impoverimento delle coscienze deformate dall'ideologia dei consumi. L'accelerazione dell'acquisizione di beni sempre meno necessari, che nulla ha a che fare con un'equa diffusione di consumi, non è in alcun modo finalizzata al benessere dei popoli e ha trovato nella società attuale il baricentro della propria struttura. Il comprare a tutti i costi diventa lo strumento della favola pubblicitaria, capace di manipolare psicologicamente i comportamenti degli individui imponendo il consumo come anima del sistema. Qui, da parte di Ravaioli, c'è la lettura aggiornata del consumismo. Ma l'analisi prosegue. Con l'affermazione delle politiche liberiste e con la loro applicazione a dimensione globale la crescita produttiva non garantisce più lavoro, certezza di salario e di diritti, sviluppando l'iniquità sociale. Della profonda crisi ne hanno fatto le spese le istituzioni che fungono da architettura di governo per il capitalismo globale: Fondo monetario, Banca mondiale e Organizzazione mondiale del commercio. Il crescente divario tra ricchi e poveri, la crisi ecologica sono il risultato di questo mondo produttivo senza orizzonti che sulla rapina della natura, sulla disuguaglianza sociale fonda la sua prosperità. La questione, conclude Ravaioli, va affrontata a iniziare dall'Occidente perché è preciso dovere dei paesi ricchi operare per un riorientamento radicale della nostra stessa economia. Le sinistre, spiega ancora l'autrice, hanno il compito di impegnarsi ad approfondire la realtà, studiando gli squilibri per affermare la necessità di nuove terapie. Questa è la grande novità, da Porto Alegre a Firenze: soggetti nati per rivendicazioni diverse all'interno del movimento no global si sono trovati fianco a fianco in un'unica lotta, individuando in G8, Wto e Fmi un nemico comune. Una domanda, infine, attraversa tutto il libro: è un sogno sperare nell'Europa come possibile levatrice di un mondo diverso? Potrebbe essere il punto di partenza per "iniziare a cambiare il mondo". Spetta alla sinistra provarci. da ecologiapolitica.it Carla Ravaioli e Bruno Trentin, "Processo alla crescita", Roma, Editori Riuniti, 2000, 159 pp. di G. Nebbia Una società e una economia "funzionano" (dovrebbero funzionare) col fine di soddisfare bisogni umani: bisogni di abitazione, di cibo e acqua, di respirare aria pulita, di salute e conoscenza, di comunicazione delle proprie conoscenze ad altri; bisogni di libertà e dignità. Per quanto se ne dica, per soddisfare tutti questi bisogni occorrono degli oggetti materiali che possono essere ottenuti soltanto trasformando dei beni naturali --- aria, acqua, vegetali, animali, rocce, pietre, minerali, fossili estratti dal sottosuolo --- in cose utili mediante il lavoro e mediante strumenti che, da quando è nata la proprietà privata, diecimila anni fa, possono solo essere comprati o venduti in cambio di denaro. Chi investe il proprio denaro nella produzione di merci deve essere premiato con altro denaro anche perché è un benefattore: permette ai lavoratori di acquistare più merci che fanno aumentare la produzione e il denaro in circolazione, eccetera. Il progresso non si misura forse con la "crescita" del denaro in circolazione, così bene interpretata dal prodotto interno lordo di un paese ? Ci volevano dei malinconici brontoloni a spiegare, alla luce dell'"ecologia", che "il di più" --- più merci, più denaro --- la crescita, insomma, si scontra con limiti inviolabili, quelli della capacità della natura di fornire nuove materie prime e quelli della capacità dell'aria, delle acque, del suolo, di accettare, sopportare, la crescente massa di scorie e rifiuti che inevitabilmente accompagnano la crescita delle merci e del denaro. Da oltre trent'anni si trascina il dibattito fra alcuni che, anche nella sinistra, osservano che la crescita, delle merci e del denaro, in qualche momento deve rallentare (o fermarsi ?); e altri, la maggioranza --- i governi ormai di tutto il mondo, gli imprenditori e anche i lavoratori --- sostengono invece che, per soddisfare i crescenti e sempre più raffinati bisogni umani, nel Nord e nel Sud del mondo, occorre far crescere il denaro in circolazione, unico agente capace di consentire l'occupazione e la produzione. Col libro "Processo alla crescita" Carla Ravaioli, per molti anni senatore della Sinistra indipendente, saggista e una delle voci più attente, a sinistra, ai rapporti fra esseri umani, natura, lavoro e società, continua la serie dei "colloqui" cominciati anni fa con Alberto Moravia sulle donne, con Claudio Napoleoni sul lavoro e, in tempi più recenti, con numerosi economisti internazionali: la raccolta di queste ultime interviste, "Il pianeta degli economisti", è stata tradotta in inglese ed è citatissima. Questa volta il colloquio è con Bruno Trentin il quale, "da sinistra", spiega la inevitabilità della "crescita" che egli fa coincidere con "lo sviluppo" umano. Dal colloquio emergono tutte le contraddizioni fra crescita e "natura": i limiti fisici della natura possono essere superati governando lo sviluppo, la sua qualità, rendendolo "sostenibile", come è di moda dire adesso. Ma la "sostenibilità" non sarà una nuova parola magica per evitare di mettere in discussione la "crescita" merceologica e non sarà destinata anche lei a scontrarsi con i limiti fisici della natura ? L'altro punto importante riguarda la democrazia: è possibile evitare o rallentare lo sfruttamento delle risorse naturali e dell'ambiente senza ricorrere a tentazioni autoritarie, "reazionarie", "di destra", senza condannare le classi povere e i paesi poveri a restare con la propria miseria, nel nome della salvaguardia di valori che sono tali per (o che sono percepiti come tali soltanto dalle) classi agiate ? Può una sinistra chiedere "oggi" ai lavoratori di accettare minori salari, meno automobili, di consumare meno benzina, per salvare i boschi o lo strato di ozono, perché la distruzione delle foreste e dello strato di ozono, imposta dalla crescita del capitale internazionale, è destinata a provocare "domani" ricadute negative più gravi proprio sulle classi povere e sui paesi poveri ? Dal colloquio Ravaioli-Trentin emergono anche le linee per alcune proposte: uno scrutinio della qualità delle merci e delle materie prime, alla luce dei vincoli ambientali; una nuova cultura nei bisogni e nei consumi individuali; una educazione critica verso le merci oscene come le armi; un intervento pubblico verso la standardizzazione delle merci perché durino di più, siano più facilmente riciclabili alla fine della loro vita utile; lo sviluppo di tecniche e processi che, invece di moltiplicare merci e bisogni futili, aiutino i paesi poveri ad attenuare la loro cronica mancanza di cibo, salute, acqua potabile, abitazioni decenti, energia, istruzione, libertà. Tutto questo non risolve il problema di fondo: non frena la crescita, non allarga i limiti delle risorse naturali, ma almeno richiede innovazione, crea occupazione, alleggerisce la pressione migratoria --- e può anche mettere in discussione i dogmi della competitività, dello sfruttamento, del capitalismo, cioè delle condizioni intrinsecamente incompatibili con le leggi della natura. Troveremo una sinistra capace di affrontare una tale sfida?
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