la bella vita dei ladri di futuro



da lexambiente.it

Aprile 25, 2004

 "LA BELLA VITA DEI "LADRI DI FUTURO"
di Luca RAMACCI
tratto dal Rapporto Ecomafia 2004 di Legambiente

Non credo si faccia fatica ad ipotizzare che il "Rapporto Ecomafia 2004"
avrà più pagine di quelli che lo hanno preceduto. La difesa dell'ambiente
diventa infatti, di anno in anno, sempre più ardua per l'inesorabile aumento
delle violazioni.
Al quantitativo sempre più consistente di aggressioni da parte di un numero
continuativamente più vasto di soggetti dediti ad attività illecite si
affiancano alleati potentissimi che lanciano i loro attacchi da posizioni di
privilegio, rafforzando così le garanzie di impunità di coloro che sono
stati giustamente indicati come "ladri di futuro".
Infatti, a fianco di speculatori e inquinatori più o meno organizzati,
svolgono la loro opera in modo talvolta non del tutto involontario un
legislatore sempre più attento agli interessi della grande industria e
numerosi funzionari pubblici chiamati ad assolvere compiti di verifica e
controllo.
Il primo, infatti, continuando ad esprimersi in modo criptico e involuto e
favorendo chi intende sfruttare le tortuosità della legge per sfuggirne le
conseguenze, ha ormai perfezionato il sistema delle norme "a la carte" che
consentono di risolvere in modo rapido ed efficace i problemi di questo o
quel settore dell'industria, come testimonia la costante attività di
erosione della normativa in materia di rifiuti attuata sottraendole, di
volta in volta, questo o quel materiale allo scopo di eliminare le
conseguenze dell'appartenenza a questa scomoda categoria. E' successo con il
pet-coke del Petrolchimico di Gela, con le terre e rocce da scavo dei
cantieri dell'alta velocità, si è tentato con i rottami ferrosi attraverso
la "interpretazione autentica del concetto di disfarsi" che ha attirato le
giustificate critiche dell'UE sul nostro paese.
Il sistema, così efficacemente sperimentato nel settore dei rifiuti, si è
dimostrato utile anche per piccole realtà locali ed in altri settori, come è
avvenuto per le vetrerie dell'Isola di Murano (Venezia) sollevate dall'
obbligo di osservare - uniche in Italia - le disposizioni del dpr 20388 in
materia di inquinamento atmosferico.
Quando non interviene direttamente, il nostro legislatore progetta
interventi su vasta scala ipotizzando massicce depenalizzazioni (nonostante
la quotidiana realtà dimostri in modo inconfutabile l'inutilità delle
sanzioni amministrative che quasi nessuno alla fine paga) o la riscrittura
di testi di legge, che hanno richiesto anni di dibattito dottrinario e
giurisprudenziale per essere letti in modo efficace e coerente, mediante la
creazione di testi unici.
Un altro potente alleato degli inquinatori è rappresentato, si è detto, da
alcuni funzionari pubblici investiti dei poteri di autorizzazione e
controllo che operano con modalità tali da agevolare certe condotte
illecite. Ci si riferisce, in particolare, al rilascio indiscriminato di
autorizzazioni all'esercizio di attività potenzialmente pericolose per l'
ambiente e la quasi totale assenza di controlli.
Il riscontro lo si ha, anche in questo caso, nell'esperienza quotidiana
constatando, ad esempio, come in materia di rifiuti il ricorso alle
procedure semplificate sia sempre più utilizzato per mascherare attività di
gestione che dovrebbero essere invece debitamente autorizzate e come ormai
le verifiche per certi settori, come quelli dell'inquinamento idrico e
atmosferico, siano sempre più rare e meno accurate.
Alla base di tale indifferenza c'è non soltanto la burocrazia ma anche il
consistente interesse economico che ruota intorno a determinate attività e
rappresentato non solo dal risparmio ottenuto eludendo la normativa, ma
anche nell'incidenza sul regime della concorrenza tra imprese che può
determinare il rilascio o meno di un'autorizzazione.
Chi giustifica certi comportamenti richiamando l'attenzione sulle esigenze
di sviluppo economico del paese non tiene tuttavia conto dei costi sociali
che fenomeni di inquinamento su larga scala possono determinare.
Affianca i diffusi fenomeni di inquinamento industriale una sempre maggiore
cementificazione del paese attraverso un abusivismo edilizio sempre più
aggressivo e confortato dalla ciclicità decennale con la quale vengono ormai
emanati i condoni. Anche in questo caso senza considerare che, a fronte
delle somme che uno stato in bolletta cerca di recuperare, il danno
provocato è di gran lunga maggiore.
In questa palude normativa ed amministrativa si muovono agilmente i "ladri
di futuro". Vediamo come.
Cominciamo con i rifiuti, i più insidiosi perché caratterizzati da una
eccessiva mobilità che consente loro di scomparire e riapparire a comando.
Il sistema tipico utilizzato, spesso da ditte specializzate nello
smaltimento, è quello di introitare i rifiuti dai singoli produttori anche
mediante l'ausilio di intermediari smaltendoli, poi, abusivamente in luoghi
opportunamente individuati.
Questa movimentazione si accompagna ad altre operazioni, più o meno
complesse, finalizzate a "cambiare vestito" al rifiuto in modo da rendere
impossibile individuarne la provenienza e le effettive caratteristiche.
Vengono così fatti figurare, ad esempio, inesistenti processi di trattamento
che consistono, in realtà, nella miscelazione indiscriminata dei rifiuti con
successiva attribuzione di codici di identificazione di comodo.
In altri casi, attraverso abusive operazioni di stoccaggio "intermedio", i
rifiuti, originariamente destinati ad operazioni di smaltimento vengono
artatamente "declassificati" predisponendo falsi documenti di trasporto che
attestano l'effettuazione di inesistenti operazioni di recupero ed una
composizione qualitativa diversa da quella effettiva
Un altro sistema è quello di effettuare più passaggi - talvolta fittizi e
non consentiti dalla normativa di settore - in impianti di stoccaggio
intermedio dove poi ai rifiuti viene fatta perdere la loro originaria
provenienza e qualità sempre allo scopo di smaltirli illegalmente.
Naturalmente queste operazioni vanno compiute predisponendo ed utilizzando
falsa documentazione di trasporto ed analisi che attesta una composizione
qualitativa diversa da quella effettiva.
Il giro si chiude poi con lo smaltimento, sempre illecito, presso siti
appositamente reperiti.
Spesso queste attività, che nell'esempio sono state descritte in modo
estremamente sintetico, vengono svolte con l'ausilio di intermediari che
curano il reperimento delle discariche, creando centri di smistamento
intermedi dove i mezzi di trasporto possono scambiare i documenti che
accompagnano il rifiuto con altri predisposti appositamente da impiegati
amministrativi, contabili e da chimici ingaggiati esclusivamente per questi
scopi.
E' infine risaputo che a queste attività spesso non è estranea la
criminalità organizzata specie in alcune regioni del sud dove tale presenza
è maggiormente significativa.
A fronte di attività illecite così complesse ed organizzate l'attività di
controllo è estremamente limitata non solo dalla difficoltà delle verifiche
da eseguire (che spesso richiedono un dispiego di risorse notevole per
seguire i rifiuti nel loro tortuoso percorso) ma anche dalla sciattezza con
la quale certe situazioni vengono valutate in sede di rilascio delle
autorizzazioni ed alla quale si affianca, spesso, un velato ostruzionismo da
parte delle amministrazioni competenti nonché dalla inefficacia delle
disposizioni che disciplinano la materia.
A questo proposito non può farsi a meno di notare come appaia del tutto
ingiustificato il mancato inserimento dei c.d. delitti contro l'ambiente nel
codice penale o, quantomeno, la previsione di delitti che consentano l'
applicazione di strumenti investigativi adeguati (come le intercettazioni
telefoniche ed ambientali) e l'applicazione di misure cautelari personali
che la natura contravvenzionale della maggior parte delle violazioni penali
in materia ambientale rende inutilizzabile.
La distrazione del legislatore su questo punto appare ancor più frustrante
se solo si tenga conto degli indubbi risultati raggiunti attraverso l'
inserimento, nel decreto legislativo 2297, dell'articolo 53bis che prevede
il delitto di "attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti".
Questa disposizione, che per la pena prevista consente l'effettuazione di
intercettazioni e l'applicazione di misure custodiali, ha consentito
risultati impensabili nella lotta contro il traffico illecito di rifiuti
sostenendo ripetutamente, con successo, il vaglio di diversi giudici su
tutto il territorio nazionale. Tutto ciò nonostante si tratti di una norma
unanimemente riconosciuta dalla dottrina come imperfetta perché redatta con
una certa superficialità e contenente errori palesi.
Dormono sonni altrettanto tranquilli gli specialisti del cemento.
Anche nel loro caso il contributo del legislatore, che elargisce condoni
ogni dieci anni giustificandolo ipocritamente con la necessità di porre un
freno all'abusivismo, è determinante. E' sufficiente resistere senza neppure
troppa convinzione e si ha la garanzia di poter mantenere in piedi qualsiasi
edificio costruito illecitamente.
In questo caso non è neppure necessario ricorrere ai sotterfugi richiesti
per mascherare i rifiuti. L'abuso edilizio, anche se quasi impossibile da
nascondere, gode spesso dell'invisibilità assicurata da chi ha la
responsabilità del controllo del territorio.
Chi si occupa della materia sa per esperienza come la denuncia dell'abuso
sia spesso determinata solo dalla segnalazione (che talvolta deve essere
reiterata poter sortire effetto) del confinante infastidito dalla nuova
costruzione.
I moderni mezzi di controllo del territorio, quali i rilievi
aereofotogrammetrici e satellitari ormai accessibili a modico prezzo,
vengono quasi sempre dimenticati.
Tali dimenticanze si accentuano quando è prossima la emanazione di un nuovo
condono, pur essendo noto a tutti che una parte considerevole delle domande
di sanatoria che verranno presentate riporterà una data di ultimazione dei
lavori palesemente falsa che potrebbe essere smentita da un semplice
confronto con una foto aerea.
Nella lotta all'abusivismo anche le amministrazioni comunali manifestano
scarso interesse.
E' molto raro, infatti, che sia dato corso alla procedura amministrativa di
acquisizione dell'immobile abusivo (e dell'area ove esso insiste) prevista
in caso di inottemperanza all'ordinanza di demolizione che la legge impone
di emettere in presenza di un abuso edilizio.
Quando l'ordinanza viene emanata, spesso solo perché vi è il concorrente
intervento dell'autorità giudiziaria, non raramente ci si dimentica di
accertare l'inottemperanza che determina l'acquisto della proprietà all'
amministrazione comunale e la trascrizione dell'atto nei registri
immobiliari è un'evenienza improbabile. Sarebbe interessante uno studio
statistico che raffronti i dati relativi agli abusi segnalati con quelli
delle acquisizioni e demolizioni effettuate dalle amministrazioni locali.
Tale garanzia di impunità rende superfluo, nei territori maggiormente
martoriati dall'abusivismo edilizio, la regolarizzazione mediante il condono
come dimostrano le preoccupazioni manifestate per i minori introiti rispetto
alle previsioni.
A fronte di una situazione così scoraggiante rassicura, però, l'impegno
delle associazioni di tutela ambientale e dei singoli cittadini che
continuano nell'opera di sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulle
tematiche ambientali mantenendo alta l'attenzione su un problema di grande
attualità.
Al loro sforzo si unisce poi l'impegno dei molti operatori di polizia
giudiziaria che, spesso poveri di uomini e mezzi assicurano, unitamente a
settori sani della pubblica amministrazione, il contenimento di certi
fenomeni turbando i sonni dei "ladri di futuro".
Prestano volontariamente il loro contributo all'operato dell'associazione,
delle forze di polizia e delle istituzioni gli avvocati i docenti
universitari ed i magistrati dei Centri di Azione Giuridica. I primi
mediante la partecipazione attiva alle vertenze aperte su tutto il
territorio nazionale, gli altri - insieme a loro - nelle attività di studio
e di ricerca e nell'opera di formazione attivata presso il Centro Studi di
Diritto Ambientale di Rispescia (Grosseto).
Nelle pagine che seguono si troverà un esempio delle attività svolte nel
corso dell'anno.
Luca RAMACCI
Magistrato
Co-presidente naz. CEAG