precariato e reddito garantito



Precariato diffuso e reddito garantito
Oct 18, 2003
Fonte: Infoxoa

Precariato diffuso e reddito garantito

La condizione di precarietà coinvolge ormai la totalità della vita di
ciascun soggetto. Le trasformazioni nella produzione, nello sfruttamento
delle risorse e nel mercato del lavoro, indotte dalle politiche
neoliberiste, fanno emergere una nuova condizione dei soggetti implicati
nella produzione sociale. Una precarietà caratterizzata da incertezza di
prospettive esistenziali e instabilità di reddito, che inficia fortemente la
qualità della vita. La precarizzazione complessiva investe ogni aspetto
dell'esistenza, dagli equilibri ambientali a quelli psicologici e
relazionali, dalla mancanza di casa alla penuria di reddito, dalle
difficoltà di accesso alla formazione all'incubo costante della guerra
permanente.
Per quanto ci riguarda la messa in discussione del modello di sviluppo
attuale, la sua radicale trasformazione, passa attraverso l'abolizione del
profitto, dello sfruttamento sull'uomo, sulla donna, sulla natura. La
trasformazione del modello di sviluppo capitalistico passa attraverso la
redistribuzione delle ricchezze, attraverso una radicale messa in
discussione di cosa e quanto produrre, di cosa e quanto consumare.
La messa in discussione delle dinamiche e dell'organizzazione della
produzione implica una radicale critica del lavoro salariato, della sua
sacralità e della sua ideologia. Essa implica non solo l'aspetto culturale
del rifiuto e della fine del lavoro, ma una nuova immagine e una nuova
concezione dell'attività umana, intesa come arte, creazione, innovazione,
liberazione. Se un altro mondo sarà possibile, lo sarà a partire proprio dal
superamento dello sfruttamento complessivo che questo modello di sviluppo
genera. La trasformazione dello stato di cose presenti può essere nelle mani
solo di coloro i quali sono i reali produttori della ricchezza, cioè quei
soggetti che realmente esprimono ricchezza sociale, materiale, che la
realizzano. Proprio quegli stessi soggetti che oggi più che mai sono legati
alle catene dell'oppressione violenta del sistema neoliberista.
Per ciò che ci riguarda rimane centrale, per una trasformazione delle
condizioni materiali, la questione dei rapporti di forza. La costruzione di
questi rapporti di forza non passa attraverso l'immaginario del sol
dell'avvenire, ma proprio attraverso quella riappropriazione quotidiana di
spazi di libertà, di sperimentazioni reali, di un fare-in-comune che parte
da un essere-in-comune dei soggetti; momenti reali, materiali ed
immateriali, da rendere e da percepire come riproducibili. Momenti
realizzabili, possibili, e in grado di trasformare la nostra vita.
Partiamo da noi come soggetti parte di quella infinità precaria,
molteplicità precaria, precariato sociale, in produzione comunque, al lavoro
anche oltre il lavoro, che subisce la precarietà nella sua interezza, a
partire dal mancato esaudirsi delle sue necessità e bisogni, materiali e
non. Una precarietà data proprio dalla condizione di sfruttamento in cui
viviamo, stretti in una dinamica di continua inclusione nella produzione e
nel consumo, ma totalmente esclusi da qualsiasi appagamento delle nostre
necessità e desideri.
Questa universalità della precarietà può travalicare le frontiere e i
territori delle singole lotte e collegarsi alla rivendicazione di una vita
migliore nella sua complessità, dal tempo al cibo, dall'aria che respiriamo
allo spazio che viviamo, aprendo un processo in grado di determinare un
adeguato rapporto di forza.

Per noi rimane centrale la rivendicazione di un reddito di cittadinanza,
universale e incondizionato, strumento e mezzo di redistribuzione, quindi,
ma anche strumento e mezzo di liberazione di tempo, non fette di tempo, ma
tempo pieno per costruire e vivere quell'altro mondo possibile di cui
necessitiamo oggi, ora! Rimane centrale questa rivendicazione fosse anche di
carattere culturale, fosse anche di prospettiva. Ma su questa rivendicazione
crediamo che sia possibile costruire passaggi reali, di rivendicazioni anche
più generali destinate a conquistare spazi di avanzamento. Esso rimane
centrale, indispensabile punto di partenza per qualsiasi proposta.
Un reddito universale e incondizionato, per tutti i cittadini del pianeta.
Un reddito garantito che non preveda condizioni, che non escluda nessuno dai
suoi benefici. All'interno di questa dinamica è centrale una presa d'atto
collettiva del nostro essere-in-comune come aspetto oggettivo delle
condizioni oltre che dei desideri e delle possibilità del nostro
fare-in-comune.
Siamo precari, operai sociali, anello centrale della produzione e del
consumo nella metropoli globale ormai sempre più indistinguibile da una vera
e propria fabbrica sociale. Ci riteniamo altresì parte di quella
"intelligenza collettiva" che è oggi purtroppo messa in produzione per il
padrone e legata al ricatto del salario. Una intelligenza collettiva del
lavoro sociale che ha bisogno di uno sganciamento materiale, che non sia più
costretta a lavorare per il reddito, accettandone la subordinazione e il
ricatto. Riteniamo centrale, quindi, il potenziamento dell'autonomia dei
soggetti messi in produzione, al lavoro e oltre il lavoro, necessitiamo di
un'azione dell'intelligenza collettiva, di uno sganciamento dal ricatto per
immaginare, pensare e costruire un'altra vita.
Riteniamo necessario, anche sotto l'aspetto organizzativo delle lotte e
delle rivendicazioni, che la direzione sia in mano all'autonomia dei
soggetti produttivi, al lavoro e il lavoro, che essi e non altri decidano
rivendicazioni, tempi e pratiche e modi di conflittualità sociale. Il nesso,
necessario, tra autorganizzazione e rivendicazioni non può non tenere
presente scadenze, momenti di lotta, esperienze di riappropriazione sociale.
Da subito va immaginata l'articolazione di un progetto autorganizzativo, che
tenda alla ricomposizione dei soggetti frammentati e atomizzati dalla
condizione della precarietà, attraverso la rivendicazione di un reddito per
tutti, lavoro o non lavoro. Sotto questo punto di vista non bisogna
sottrarsi da alcuna dinamica che possa essere comunque un "punto di
partenza" per una ricomposizione sociale. Anzi, bisogna rilanciare.
Il nostro sottrarsi sarà esclusivamente verso quelle dinamiche politiche che
non tendono alla costruzione di movimenti sociali reali (e che vivono nel
cielo della politica e dell'autoreferenza del politico), che non considerano
l'autonomia dei soggetti sociali produttivi o posizioni ideologiche e
pregiudiziali. Per il resto sarà solo questione di rilanciare. Per questo
vogliamo individuare i punti e gli spazi ed i tempi in cui ciò sia
possibile. I livelli sono diversi e, dunque, lavorare su di essi può
determinare una condizione per cui il rilancio sia più generale possibile.

Quadro dei disegni di legge in materia di reddito garantito in Italia

Uno dei livelli possibili per articolare la lotta per il reddito di
cittadinanza è quello di esaminare criticamente le diverse proposte che già
esistono in tema di reddito garantito. Ad oggi l'introduzione di un reddito
universale e incondizionato da erogare alla generalità della forza-lavoro,
includendo appunto anche quei soggetti al lavoro oltre il lavoro, e quindi
della cittadinanza, non figura nell'agenda di alcuna forza politica
ufficiale. Quella per l'introduzione del reddito di cittadinanza appare
ancora oggi una battaglia astratta, confinata generalmente nell'ambito della
politica culturale. Tra inasprimenti delle norme in materia di immigrazione,
tra tagli alle pensioni e nel mezzo di nuove invenzioni normative tese a
frammentare ulteriormente il mercato del lavoro e a precarizzare i soggetti,
non appare adeguata l'iniziativa e la rivendicazione da parte dei soggetti
produttivi.
Eppure, osservando con attenzione, si nota l'apertura e l'evoluzione dei
dibattiti e delle proposte anche in seno alla sinistra istituzionale, oltre
che nel "movimento", in merito alla questione del reddito almeno garantito.
L'articolazione di un programma economico capace di legare la precarietà
alla questione del reddito comincia, lentamente e con fatica, a farsi
strada. Tra i disegni di legge che analizziamo in questo documento, nessuno
propone l'introduzione di un reddito di cittadinanza incondizionato;
nondimeno qualcosa si muove: con diversi accenti si avverte la necessità di
intervenire, modificandole, sulle dinamiche prevalenti da circa vent'anni
nell'evoluzione del mercato del lavoro italiano. Anche le classi dirigenti
europee, "magnificamente" incarnate dal riformismo moderato di Romano Prodi,
prendono atto, in modo abbastanza netto, della necessità di una svolta. La
Commissione europea, in una pluralità di documenti ufficiali1 , si pone alla
ricerca di sistemi assistenziali in grado di garantire la continuità del
reddito; la preoccupazione principale rimane -sia chiaro- non già quella di
consentire una liberazione -anche parziale- della vita dal lavoro, bensì
quella di mantenere e riconfermare il lavoro quale unico parametro di
riferimento e contenere i rischi della stagnazione sostenendo i consumi;
tuttavia la parola magica -reddito- viene pronunciata, e con ciò si avvia un
parziale confronto con il problema principale della manodopera postfordista.
Dunque qualcosa si potrebbe muovere; la ricerca di alternative si pone
all'ordine del giorno, ed è significativo che nessun progetto di riforma
riesca ad eludere il nodo del reddito, o meglio la questione cruciale che
lega la precarietà al reddito. Scopo di queste righe è di illustrare le
proposte di legge attualmente sul campo, mostrando quali sono in Italia i
modelli di reddito e i percorsi di riforma sociale tesi a riformare il
sistema di assistenza sociale. Mostreremo, dunque, il timido -ma
irresistibile- affacciarsi del tema del reddito garantito sulla scena
politica ufficiale.
Ad oggi sono depositate in parlamento tre diverse proposte di legge, che
illustreremo in quest'ordine: 1) proposta di legge a firma Salvi-Cento
(Verdi + Sinistra DS), nata come disegno di legge ad iniziativa popolare,
elaborata dal Cestes, e dalla rivista Proteo, ed appoggiata da una rete di
associazioni, sindacati e centri sociali diffusi su tutto il territorio
na-zionale; 2) proposta a firma Bertinotti + altri, frutto dell'elaborazione
del Partito della Rifondazione Comunista; 3) proposta di legge intitolata
"Diritti di sicurezza sociale in materia di tutela del lavoro e del
reddito", che vede in Francesco Rutelli il primo firmatario -è la proposta
unitaria dell'Ulivo, sponsorizzata sia dalla componente moderata dell'ex
ministro Tiziano Treu, sia dall'area dei Comunisti italiani, passando per i
Verdi e i DS2.
Prima di calarci nell'analisi, va rilevata, in occasione dell'approvazione
della legge delega n. 30/2003 (la c.d. legge Biagi) di riforma del mercato
del lavoro, la parte dedicata agli ammortizzatori sociali che è stata
stralciata in un diverso disegno di legge (n. S 848-bis) che non è ancora
stato esaminato dal parlamento. Il ddl 848-bis, se e quando sarà approvato,
si limiterà ad attribuire al governo una generica delega "a realizzare un
primo riordino della disciplina vigente in materia di ammortizzatori
sociali". Il governo dovrà ridefinire le "soglie di lavoro che danno diritto
alle indennità di disoccupazione con requisiti ridotti", dovrà estendere le
"tutele a settori e situazioni attualmente non coperti", dovrà semplificare
i procedimenti amministrativi relativi alla domanda e alla concessione dei
sussidi. Si tratta, come è evidente, di impegni vaghi ed imprecisi, cui il
centro destra italiano peraltro, non sembra attribuire una particolare
priorità.

IL DDL C 2575 (Cento - Salvi)
Questo disegno di legge intende istituire il cosi detto reddito sociale,
inteso come misura di sostegno in caso di disoccupazione o di precarietà del
lavoro. La relazione introduttiva dichiara che negli ultimi 20 anni si è
verificato in Italia e altrove un forte processo di finanziarizzazione
dell'economia che si è tradotto in un aumento notevole dei profitti
capitalistici, operato a discapito della remunerazione del fattore lavoro.
Dagli anni Ottanta ad oggi il conflitto tra capitale e forza lavoro ha visto
la continua soccombenza di quest'ultima, mentre il primo ristrutturava
l'economia a proprio piacimento. Risultato immediato di questo processo è
stato l'aumento della disoccupazione, che ha indotto a sua volta la
precarizzazione del lavoro e della vita, che è oggi sotto gli occhi di
tutti.
Il reddito sociale, secondo i promotori della legge, è ritenuto la misura
economica più idonea a contrapporsi a queste tendenze; lo scopo è di
riunificare tutto il mondo del lavoro (composto da inoccupati, occupati,
precari, pensionati), all'insegna della rivendicazione e della
redistribuzione del reddito.


Il ddl, assolutamente chiaro e diretto nelle sue formulazioni, necessita
solo di alcune puntualizzazioni:
1) Il requisito della residenza in Italia da almeno due anni quale requisito
soggettivo per accedere al sussidio (previsto dall'art.1) ricomprende, come
è doveroso, anche gli stranieri regolarmente soggiornanti; rimangono invece
esclusi i cosi detti clandestini, cui non è consentita l'iscrizione nelle
liste anagrafiche. Questo punto apre quindi una necessaria connessione con
la lotta per l'abolizione dello status di clandestino.
2) Per accedere al sussidio non è richiesta alcuna anzianità contributiva, e
potranno perciò beneficiarne anche i soggetti in cerca di prima occupazione.
3) Da sottolineare, all'art. 7, l'unica condizione di decadenza dalla
fruizione del reddito, che consiste nell'avvenuta accettazione di un lavoro
a tempo pieno; tale condizione è assai tenue perché non prevede vincoli
all'accettazione di lavori, né impone un termine ultimo scaduto il quale si
interrompe comunque l'erogazione del reddito.
Questo delle condizioni di decadenza, per noi, è un parametro cruciale per
la valutazione delle proposte di legge in tema di reddito, che si muovono
sempre tra fragili equilibri. Infatti, un meccanismo che erogasse reddito in
cambio di comportamenti remissivi della forza-lavoro o in cambio della
propensione ad accettare impieghi di infima qualità, si tradurrebbe in una
misura tesa a stringere le maglie del controllo sociale; al contrario,
un'erogazione di reddito universale ed incondizionata favorirebbe processi
di emancipazione della forza-lavoro e della cittadinanza.
Ebbene, nella proposta Cento-Salvi si intravede una tendenza a mettere nelle
mani del lavoratore la scelta di sottrarsi eventualmente dal regime di
erogazione del reddito, accettando un posto di lavoro che egli in prima
persona ritiene vantaggioso; si tratta, in breve, di un livello che accoglie
alcuni elementi di erogazione incondizionata, propri di un reddito di
cittadinanza autenticamente sganciato dalla subordinazione al lavoro.
L'incondizionatezza e lo sganciamento dal lavoro sono per noi parametri
centrali per un'effettiva messa in discussione dell'attuale modello di
sviluppo.
Ben diversa è la condizione di decadenza congegnata dalla proposta
"ulivista" (di cui parleremo più avanti), secondo la quale si perde il
diritto al sussidio quando il lavoratore "senza giustificato motivo non
risponde alla convocazione dei servizi per l'impiego, non accetta di
frequentare o non frequenta regolarmente iniziative formative prospettategli
dai predetti servizi, non accetta un'offerta di lavoro in luogo distante
fino a 50 chilometri da quello di residenza per presta-zioni e retribuzione
conformi a quella relativa all'ultima occupazione ovvero non aderisce a
iniziative di inserimento lavorativo". Il sussidio è qui condizionato a una
lunga serie di comportamenti; in particolare spiccano i "servizi per
l'impiego" quali organi burocratici che hanno il potere di vincolare il
soggetto disoccupato a speciali "iter trattamentali", tesi a riqualificarlo
e, quindi, a reinserirlo nel mercato del lavoro. L'erogazione del sussidio
viene in ogni caso interrotta dopo un arco temporale che varia dai 12 ai 24
mesi, a seconda dell'età del beneficiario e del suo luogo di residenza.
4) L'art. 8 del ddl Cento-Salvi in esame prevede che ai soggetti beneficiari
del sussidio sia garantita anche la gratuità di trasporti, cure mediche,
università e corsi di formazione; viene dimezzato il costo delle utenze, e
viene previsto un canone sociale per l'accesso alla casa. Al reddito in
senso stretto si affianca uno speciale sistema di tariffazione sociale,
congegnato in modo da garantire al beneficiario la soddisfazione dei
principali bisogni. Una previsione di tal genere è importantissima, per
scongiurare il rischio di 'monetarizzazione dello stato sociale', in base al
quale si erogherebbe un sussidio ai bisognosi, privatizzando poi per il
resto tutti i servizi pubblici. Il ddl Cento-Salvi afferma, invece, sia pure
in modo implicito, che i principali bisogni (scuola, sanità, trasporti)
devono essere garantiti da strutture pubbli-che uguali per tutti.
5) Punto debole della proposta è la mancata individuazione dei meccanismi di
copertura finanziaria. L'art. 9 getta infatti soltanto delle linee generali
per l'individuazione delle risorse necessarie a dare attuazione alla legge.
Da sottolineare che le misure proposte (tassazione dei BOT, Tobin tax, tassa
patrimoniale, tassazione degli utili di borsa) indicano un criterio di fondo
ben preciso, secondo cui il reddito sociale minimo non deve essere
finanziato dalla fiscalità generale, bensì esclusivamente dalla tassazione
dei capitali.

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2575

PROPOSTA DI LEGGE
Istituzione del reddito sociale per il sostegno contro
la disoccupazione e la precarietà del lavoro

Presentata il 26 marzo 2002

Capo I

DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.
(Requisiti soggettivi di accesso).
1. E' prevista la corresponsione di un reddito sociale minimo in favore dei
soggetti in possesso dei seguenti requisiti:

a) residenza in Italia da almeno due anni;
b) iscrizione da almeno un anno agli elenchi anagrafici previsti
dall'articolo 4 del regolamento di cui al decreto del Presidente delle
Repubblica 7 luglio 2000, n. 442;
c) reddito personale imponibile annuo percepito non superiore a 5 mila euro,
fatta salva l'ipotesi di cui all'articolo 5;
d) appartenenza a un nucleo familiare con reddito imponibile annuo non
superiore a 25 mila euro per nuclei com-posti da due persone e a 30 mila
euro per nuclei composti da tre persone; per ogni ulteriore componente il
nucleo familiare il suddetto limite di reddito è elevato di 4 mila euro.

2. Il reddito sociale minimo è corrisposto dal Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, per il tramite delle direzioni provinciali del lavoro.
3. Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito
l'Ufficio centrale per il rilevamento dello stato di di-soccupazione e per
l'erogazione del reddito sociale minimo, con specifici compiti di
coordinamento dell'attività delle dire-zioni provinciali del lavoro.
L'Ufficio è istituito con regolamento del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, adottato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge.

Art. 2.
(Importo del reddito sociale minimo).
1. L'importo del reddito sociale minimo da corrispondere annualmente a
ciascun soggetto in possesso dei requisiti di cui all'articolo 1 è di 8 mila
euro.
2. L'importo di cui al comma 1 non è soggetto ad alcuna forma di tassazione.

Art. 3.
(Calcolo ai fini pensionisticidel reddito sociale minimo).
1. Il periodo di fruizione del reddito sociale minimo va calcolato ai fini
pensionistici con i criteri e le modalità indicati con apposito decreto del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finan-ze da emanare entro tre mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge.

Art. 4.
(Rivalutazione del reddito sociale minimo)
1. L'importo del reddito sociale minimo indicato all'articolo 2, comma 1, è
rivalutato annualmente sulla base degli indici ISTAT relativi al costo della
vita.

Art. 5.
(Riduzione del reddito sociale minimo).
1. L'importo indicato all'articolo 2, comma 1, è ridotto della metà per i
soggetti che svolgono attività lavorative dalle quali si consegue un reddito
inferiore all'ammontare del reddito sociale minimo.

Capo II
SANZIONI

Art. 6.
(Sanzioni amministrative).
1. Il datore di lavoro, in caso di mancata attestazione della esistenza del
rapporto di lavoro intercorrente con il soggetto che fruisce del reddito
sociale minimo, è soggetto ad una sanzione amministrativa, da comminare a
seguito del procedimen-to di cui agli articoli 14 e seguenti della legge 24
novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni, e pari all'ammontare
del-le somme che il soggetto avrebbe dovuto percepire quale corrispettivo
del lavoro svolto, con riferimento agli importi minimi previsti dal
contratto collettivo nazionale di lavoro della categoria.

Art. 7.
(Decadenza).
1. E', in ogni caso, prevista la decadenza dal diritto di percepire il
reddito sociale minimo nell'ipotesi in cui il lavoratore ottenga un lavoro a
tempo pieno.

Capo III

DISPOSIZIONI FINALI

Art. 8.
(Tariffe sociali nei servizi essenziali).
1. In favore dei soggetti titolari del diritto al reddito sociale minimo,
anche nell'ipotesi di riduzione di cui all'articolo 5, è prevista la
gratuità dell'accesso ai trasporti urbani ed al servizio sanitario, nonché
l'esclusione di ogni onere per l'iscrizione e la partecipazione a corsi e ad
esami di formazione professionale e di istruzione, anche di grado
universitario.
2. E' previsto altresì per gli stessi soggetti il dimezzamento dei costi
delle utenze relative alle forniture di gas e acqua, e la determinazione di
una tariffa sociale con riferimento al servizio di elettricità e di
telefonia fissa attraverso il versamento delle relative quote ai soggetti
erogatori del servizio, da determinare con decreto del Ministro delle
attività produttive, di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge.
3. Per gli stessi soggetti è previsto un canone sociale per l'utilizzo degli
alloggi di edilizia residenziale pubblica, stabilito con apposita legge
regionale.
4. I benefìci previsti dal presente articolo si applicano anche ai soggetti
titolari di pensioni sociali e minime nonché ai componenti di nuclei
familiari compresi nei limiti di reddito di cui all'articolo 1, comma 1,
lettera d).

Art. 9.
(Copertura finanziaria).
1. Per la copertura finanziaria relativa al primo anno di attuazione della
presente legge, si provvede mediante istituzione di una imposta
straordinaria, denominata "labor tax", consistente in una addizionale una
tantum del 2,5 per cento sulla tas-sazione dei redditi di impresa.
2. Per la copertura finanziaria relativa agli oneri derivanti
dall'attuazione della presente legge a decorrere dal secondo anno dalla data
della sua entrata in vigore, si provvede mediante:

a) l'incremento dell'aliquota di imposizione sugli interessi derivanti da
titoli pubblici ed equiparati al 30 per cento, prevedendo comunque per i
possessori di titoli pubblici ed equiparati la possibilità di optare per
l'indicazione nella dichiara-zione annuale dei relativi interessi ed altri
proventi percepiti e dell'ammontare dei titoli pubblici ed equiparati
posseduti, ai fini dell'applicazione di un'aliquota di imposta del 12,5 per
cento sui redditi riferiti ad un valore complessivo di titoli posse-duti non
superiore a 129.114 euro, e del 25 per cento sui redditi riferiti alla parte
del valore dei titoli che eccede i 129.114 euro. In tali casi l'imposta è
applicata a titolo non definitivo e la tassazione è soggetta a conguaglio in
sede di dichiarazione dei redditi;

b) la tassazione dell'incremento di valore di titoli azionari, ovvero del
guadagno in conto capitale, con previsione di una aliquota di imposta che in
ogni caso deve corrispondere ad un unico livello del 30 per cento;

c) l'inserimento nella dichiarazione annuale dei redditi di ogni reddito da
capitale, ai fini dell'applicazione delle im-poste dirette; a tale fine
anche le aliquote e le ritenute sui redditi da capitale sono accorpate su un


unico livello corrisponden-te al 30 per cento;

d) la tassazione dei trasferimenti di capitale all'estero riguardanti le
transazioni internazionali di capitale finanziario a carattere speculativo,
con l'applicazione di un'aliquota sino al 3 per cento con riferimento alle
operazioni aventi durata non superiore a sette giorni, di un'aliquota sino
al 2,5 per cento per operazioni aventi durata non superiore a trenta giorni,
e con previsione di un'aliquota dell'1,8 per cento su operazioni di durata
superiore a trenta giorni;

e) l'istituzione di una tassa sull'innovazione tecnologica che produce
decremento occupazionale, consistente in una addizionale del 3 per cento
sull'imposta sul valore aggiunto dei relativi beni, prodotti o servizi.

IL DDL C 872 (Bertinotti + altri)
La proposte di legge elaborata da Rifondazione comunista pecca a nostro
avviso di un marcato ideologismo; in tutto il suo impianto, infatti, rimane
prigioniera di una visione astratta del lavoro, inteso quale unico strumento
di integrazione sociale. Per quanto ci riguarda i luoghi di socializzazione
del precariato non sono esclusivamente quelli della prestazione lavorativa.
Proprio in quanto la precarietà si presenta come prestazione frammentata e
dislocata sul territorio, la rivendicazione di un reddito garantito potrebbe
diventare essa stessa un elemento strategico di ricomposizione sociale,
capace di investire tutti i soggetti, trasversalmente, su un unico orizzonte
di lotta.
L'obiettivo che si propone questa legge secondo i relatori, è quello di un
drastico abbattimento del tasso di disoccupazione; per perseguire questo
scopo viene introdotto il concetto di "lavoro minimo garantito", raggiunto
tramite l'intervento dello Stato, che fungerebbe così da "datore di lavoro
in ultima istanza". Il meccanismo funziona nel modo che segue: al
disoccupato viene erogato un sussidio per un periodo di tre anni, durante i
quali vengono attivati una serie di incentivi per l'assunzione; al termine
dei tre anni, se permane lo stato di disoccupazione, interviene direttamente
lo Stato, quale garante del pieno impiego.
Ci sembra evidente il vizio tattico di questo scambio: lo Stato eroga
reddito ai disoccupati, ma attenzione (dicono gli estensori del ddl) il
lavoro di fatto è la centralità per i soggetti, intendendo proprio il lavoro
come spazio di risocializzazione dei soggetti. Secondo questo testo, è
necessario perciò reintegrare quanto prima i beneficiari del sussidio nel
mercato del lavoro, e laddove non arriva l'iniziativa privata, giungerà la
mano pubblica ad attivare occasioni di lavoro, in settori produttivi, a
nostro avviso, ancora tutti da inventare.
Non è certo nostra intenzione, in questa sede, sviluppare una critica
teorica all'obiettivo del pieno impiego, non privo del resto di una sua
nobiltà e di un certo fascino; soltanto ci sembra fuori luogo voler inserire
questo obiettivo in una proposta di legge dedicata all'istituzione della
retribuzione sociale. Proporre l'attivazione di opere pubbliche e/o di altre
iniziative statali, volte a riassorbire la manodopera disoccupata potrebbe
sganciarsi dalla questione "reddito sociale". Perché quest'ansia di
proclamare astrattamente l'obiettivo del pieno impiego, proprio nel momento
in cui si vuole intervenire sul problema (assai diverso) della continuità
del reddito per la forza-lavoro postfordista? E come si può parlare di pieno
impiego (e, deve intendersi, un pieno impiego di qualità), senza individuare
minuziosamente i lavori che si intendono offrire al precariato sociale?
Il ddl dice (art. 11) che le pubbliche amministrazioni dovranno offrire
impieghi "nei settori di pubblica utilità, come quelli della cura alla
persona, della tutela dell'ambiente, del territorio e della natura, della
gestione di fonti alternative di produzione energetica, del recupero e della
riqualificazione degli spazi urbani, dei centri storici e delle periferie
delle città e dei beni culturali". La proposta immagina in sostanza una
pluralità di lavori pubblici sottratti alla sfera mercantile, concentrati in
settori trascurati dall'iniziativa privata; ma al di là delle ipotesi e
delle speranze riposte in questa ripresa dell'economia statale, saranno
creati, per la maggior parte, dei posti di lavoro da operaio generico
(l'esperienza degli LSU insegna), destinati a quella parte di forza-lavoro
dequalificata, e ormai inservibile per qualsiasi progetto di imprenditoria
privata. Non si vede il pericolo di questo meccanismo, che rischia di
spaccare in due il tessuto produttivo sociale, generando da un lato la
famiglia degli impieghi "buoni" del settore privato, e dall'altro quella
degli impieghi "derelitti" dei soggetti produttivi "inoccupabili"? In una
società in cui è sempre più debole la protezione dal rischio di esclusione
sociale, non si colgono gli effetti distorti che potrebbe avere questa
rigida istituzionalizzazione di un doppio mercato del lavoro? E se questi
pericoli di esclusione dalla cittadinanza vengono colti, perché si esita a
fare proprio del reddito l'elemento di ricomposizione tra occupati,
disoccupati e precari, cioè tra soggetti inclusi, esclusi e "a rischio
esclusione"? Perché questa resistenza a fare del reddito garantito uno
strumento generale di ricomposizione del precariato sociale diffuso?
Rilanciamo queste domande anche ai compagni di rifondazione, proprio per una
apertura di un dibattito possibile e futuro sul legame tra reddito e lavoro.

Vanno sottolineati comunque alcuni aspetti positivi della proposta di legge:
1) l'art. 6 prevede un sistema di accesso agevolato ai servizi pubblici,
utile a scongiurare, come si è già detto, la tenden-za alla monetizzazione
del welfare;
2) i fruitori della retribuzione sociale possono ottenere in un'unica
soluzione l'intero ammontare del sussidio, da utilizzare per l'avvio di
progetti imprenditoriali o cooperativi (questa possibilità non è contemplata
dalla Salvi-Cento).

Tra gli elementi negativi del disegno di legge va segnalata l'esclusione dal
sussidio degli studenti; non si dà risposta così al grave disagio sofferto
da tanti giovani che, dopo aver ottenuto il diploma secondario superiore,
tentano tra mille difficoltà di completare la propria formazione, restando a
carico delle famiglie, o svolgendo lavoretti precari e mal pa-gati.
Ma l'aspetto di sicuro, per noi più deludente, riguarda le condizioni di
decadenza, in base alle quali si perde il diritto al sussidio se si
rifiutano proposte di lavoro da parte di imprese private; se, invece,
l'impiego viene accettato, allora una parte consistente del sussidio viene
trasferito al datore di lavoro. Si rimane alla logica degli incentivi alle
imprese per la creazione di posti di lavoro, e si mantengono tutti gli
ingiustificati pregiudizi che sconsigliano di erogare reddito ai
disoccupati. Non vorremmo che la logica che sorregge la misura è la
seguente: i soldi in mano ai padroni vanno bene, in mano ai lavoratori sono
invece un fattore di rischio! Perché non si lascia invece al lavoratore la
libertà di scegliere tra il sussidio (che con questo ddl rimane comunque di
modesta entità) e il lavoro?
Secondo l'art. 8 del ddl Bertintotti + altri, "i soggetti fruitori della
retribuzione sociale possono essere impiegati in lavori di pubblica utilità"
(pagati, ovviamente, non un milione al mese, ma a salario pieno), che non
possono essere rifiutati, pena la perdita del sussidio. Con questa
disposizione (pericolosa per quanto ci riguarda) si trasformano i percettori
del sussidio in una forza-lavoro di riserva, sempre disponibile a svolgere
incarichi probabilmente precari e di basso livello, una sorta di
"prigioniero sociale" alla mercé delle pubbliche amministrazioni. In cambio
della (magra) continuità del reddito, si chiede al lavoratore una
disponibilità assoluta, una istantanea capacità di reazione a qualsivoglia
proposta di impiego.
In conclusione, ci sembra che tutto l'impianto del ddl risulti viziato
dall'introduzione del proposito del pieno impiego, che andrebbe invece
radicalmente stralciato e tenuto distinto dall'istituto del reddito sociale.
E' importante, come si è argomentato più sopra, restringere all'osso le
condizione di decadenza dal sussidio, evitando in particolare di vincolare
il beneficiario all'accettazione di impieghi che in altre condizioni avrebbe
senza dubbio rifiutato.

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI
N. 872


PROPOSTA DI LEGGE
Istituzione della retribuzione sociale
Presentata il 15 giugno 2001

Art. 1.
(Condizioni soggettive per l'erogazione della retribuzione sociale).

1. Decorsi tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è
corrisposta una retribuzione sociale ai soggetti in possesso dei requisiti e
nel rispetto delle condizioni di seguito indicati:
a) compimento della maggiore età o, se studenti, al termine degli studi;
b) iscrizione alla prima classe delle liste del collocamento da almeno
dodici mesi;
c) residenza in Italia da almeno diciotto mesi.

Art. 2.
(Modalità di corresponsione).

1. La retribuzione sociale di cui all'articolo 1 è corrisposta dal Ministero
del lavoro e delle politiche sociali tramite le sue articolazioni
territoriali.
2. Ai fini di cui al comma 1 è istituito presso la Commissione centrale per
l'impiego un comitato, supportato da un ap-posito ufficio istituito presso
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per la rilevazione dello
stato della disoccupazio-ne e per l'erogazione della retribuzione sociale,
con compiti di coordinamento delle attività delle commissioni regionali,
pro-vinciali e circoscrizionali, ai sensi del regolamento adottato con
decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro tre mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Art. 3.
(Durata della corresponsione della retribuzione sociale).

1. I soggetti di cui all'articolo 1 hanno diritto a percepire la
retribuzione sociale per un periodo massimo di tre anni, ele-vato a quattro
anni per i soggetti che hanno compiuto quarantacinque anni o che risiedono
nelle aree di cui al testo unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, o in quelle in cui il tasso di
disoccupazione è superiore a quello della media nazionale rilevato nell'anno
precedente l'inizio della corresponsione della retribuzione sociale.
2. I periodi di lavoro derivanti da contratti di lavoro a termine inferiori
ai quattro mesi entro l'anno solare non sono computabili ai fini della
determinazione del periodo massimo di cui al comma 1.
3. L'ingiustificato rifiuto di un lavoro con contratto a tempo pieno e
indeterminato, secondo i criteri previsti dall'artico-lo 9 della legge 23
luglio 1991, n. 223 e successive modificazioni, e dall'articolo 9 del
decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81, o il rifiuto dell'assegnazione
ai lavori di pubblica utilità di cui all'articolo 8 della presente legge
comporta la perdita della retribuzione sociale.

Art. 4.
(Entità della retribuzione sociale).

1. L'entità mensile della retribuzione sociale da corrispondere a ciascun
soggetto di cui all'articolo 1 è pari a un milione di lire, è corrisposta
per dodici mensilità in un anno ed è soggetta a rivalutazione annuale sulla
base degli indici del costo del-la vita rilevati dall'Istituto nazionale di
statistica.
2. La retribuzione sociale non è sottoposta a tassazione.

Art. 5.
(Calcolo ai fini pensionistici della retribuzione sociale).

1. I periodi di godimento della retribuzione sociale sono riconosciuti utili
ai fini del conseguimento del diritto alla pen-sione ed ai fini della
determinazione della misura della pensione stessa. I criteri e le modalità
di calcolo del contributo figura-tivo sono indicati con decreto del Ministro
del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro tre mesi dalla data
di entrata in vigore della presente legge.
Art. 6.
(Accesso agevolato ai servizi pubblici).

1. Le amministrazioni pubbliche locali, nell'ambito delle rispettive
competenze, sono tenute a garantire ai soggetti di cui all'articolo 1 la
gratuità dell'accesso ai trasporti urbani e metropolitani, al servizio
sanitario, alla scuola pubblica per i figli, compresa la gratuità dei libri
di testo e del materiale didattico, all'iscrizione e alla partecipazione a
corsi ed esami di forma-zione e aggiornamento professionale. Le regioni,
nell'ambito delle loro competenze in materia di formazione professionale,
definiscono con apposite disposizioni i programmi specifici di formazione e
aggiornamento professionale per i disoccupati di lunga durata, prevedendo
anche di destinare ad essi una percentuale definita rispetto al complesso
dell'attività formativa, in base alla composizione della disoccupazione
nella regione.
2. Per gli stessi soggetti di cui all'articolo 1 della presente legge che
siano affittuari della propria abitazione è previsto un contributo per
l'affitto attraverso il fondo di cui all'articolo 10 della legge 9 dicembre
1998, n. 431. L'entità del contributo deve equiparare i soggetti destinatari
della presente legge ai soggetti inseriti nella prima fascia del canone
degli alloggi popo-lari istituito con delibera del Comitato
interministeriale per la programmazione economica 20 dicembre 1996,
pubblicata nel-la Gazzetta Ufficiale n. 37 del 14 febbraio 1997.
3. Per gli stessi soggetti di cui ai commi 1 e 2 sono definite tariffe
sociali, fino alla gratuità per i più indigenti, per le u-tenze relative
all'erogazione di elettricità, gas, acqua e telefonia fissa, nonché
condizioni di particolare favore, fino alla com-pleta gratuità, per
l'accesso alle manifestazioni culturali organizzate da enti pubblici.

Art. 7.
(Sanzioni amministrative).

1. Il datore di lavoro che non attesta l'esistenza di un rapporto di lavoro
con un soggetto fruitore della retribuzione so-ciale, o che corrisponde al
lavoratore una retribuzione reale differente da quella dichiarata, è
passibile di una sanzione ammi-nistrativa, oltre a quelle già previste per
le violazioni delle norme sul collocamento, pari al doppio della
retribuzione che il soggetto avrebbe dovuto percepire in base ai minimi
previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro della categoria,
rela-tivamente alle mansioni svolte.
2. Il cittadino che impedisce od ostacola l'accertamento delle condizioni di
cui all'articolo 2, comma 2, ai sensi del rego-lamento ivi previsto, perde
il diritto alla fruizione della retribuzione sociale.

Art. 8.
(Lavori di pubblica utilità).

1. Ferma restando la necessità di concludere mediante assunzione nella
pubblica amministrazione o nelle imprese priva-te l'esperienza dei
lavoratori già impegnati nei lavori socialmente utili, i soggetti fruitori
della retribuzione sociale possono essere impiegati in lavori di pubblica
utilità, in settori e ruoli non sostitutivi di quelli esistenti e in campi
innovativi come quelli indicati nell'articolo 11, secondo progetti
predisposti dalle amministrazioni pubbliche e dagli enti pubblici economici,
in applicazione delle condizioni previste dai contratti collettivi nazionali
di lavoro operanti nei rispettivi settori. In tale caso le amministrazioni e
gli enti citati provvedono a integrare la differenza tra la retribuzione
sociale e la relativa contribuzione a fini pensionistici, che continua ad
essere corrisposta secondo le modalità di cui all'articolo 1, e la
retribuzione prevista per la qualifica corrispondente dai contratti
collettivi nazionali di lavoro.
2. L'ingiustificato rifiuto allo svolgimento dei lavori di cui al comma 1
del presente articolo, quando esso avviene per motivi diversi da quelli
previsti nell'articolo 9 del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81,
comporta la perdita della retri-buzione sociale, salvo il diritto di
presentare ricorso nei termini e nei modi previsti dal citato articolo.

Art. 9.
(Incentivi all'assunzione dei soggetti fruitori della retribuzione sociale).

1. Al datore di lavoro privato o pubblico, fatta eccezione per gli organi
dell'Amministrazione centrale dello Stato, che assume a tempo pieno e
indeterminato un lavoratore fruitore della retribuzione sociale, prima del
termine dei periodi previsti nell'articolo 3, è erogato un contributo
mensile pari al 50 per cento della retribuzione sociale spettante al
lavoratore per il periodo intercorrente dal momento dell'assunzione allo
scadere del periodo massimo previsto dal medesimo articolo 3.
2. Per l'assunzione di lavoratori fruitori della retribuzione sociale di età
superiore a quarantacinque anni ovvero residen-ti nelle aree di cui al testo
unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n.
218, o nelle aree in cui il tasso di disoccupazione è superiore a quello
medio nazionale, il contributo di cui al comma 1 del presente articolo è
elevato al 75 per cento.
3. Se l'assunzione a tempo indeterminato del lavoratore di cui al comma 2
prevede un orario ridotto (part-time) il con-tributo erogato è ridotto della
metà, se l'orario non supera le venti ore settimanali, o di un terzo se le
supera.
4. Se l'assunzione a tempo indeterminato del lavoratore di cui al comma 2
prevede un regime orario di trentacinque ore settimanali, o di trentadue ore
per lavorazioni a ciclo continuo, il contributo di cui al comma 1 è elevato
al 100 per cento del-la retribuzione sociale.
5. Il contributo versato ai sensi dei commi 1, 2, 3 e 4 deve essere
interamente restituito in caso di licenziamento del la-voratore entro due
anni dall'assunzione, fatta eccezione nel caso di sussistenza di giusta
causa o di giustificato motivo de-terminato da gravi inadempienze
contrattuali del prestatore di lavoro. Il periodo di lavoro non è in questo
caso computabile ai fini della determinazione del periodo massimo di
fruizione della retribuzione sociale da parte del lavoratore.

Art. 10.
(Incentivi per l'imprenditoria autonoma e cooperativa).

1. I fruitori della retribuzione sociale che intendano iniziare
un'esperienza imprenditoriale, sotto forma di lavoro auto-nomo o
cooperativo, hanno diritto, sulla base di progetti sottoposti all'autorità
competente secondo le modalità definite in apposito decreto del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali da emanare entro tre mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, di ottenere in un'unica soluzione
l'intero ammontare della retribuzione sociale che sarebbe loro spettata in
caso di mantenimento dello stato di disoccupazione.
Art. 11.
(Lavoro minimo garantito).

1. Le amministrazioni pubbliche, centrali e locali, e gli enti pubblici
economici devono, nel caso che lo stato accertato di disoccupazione dei
fruitori della retribuzione sociale continui a permanere al termine del
periodo massimo di correspon-sione della stessa, offrire una possibilità di
lavoro al lavoratore disoccupato, mediante assunzione nel settore pubblico
con un contratto di lavoro non inferiore a due anni, in particolare nei
settori di pubblica utilità, come quelli della cura alla perso-na, della
tutela dell'ambiente, del territorio e della natura, della gestione di fonti
alternative di produzione energetica, del re-cupero e della riqualificazione
degli spazi urbani, dei centri storici e delle periferie delle città e dei
beni culturali.
Art. 12.
(Elevamento della durata e del trattamento ordinario di disoccupazione).

1. La percentuale di commisurazione alla retribuzione di riferimento
dell'importo del trattamento ordinario di disoccu-pazione, di cui
all'articolo 48 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, convertito,
con modificazioni, dalla legge 6 a-prile 1936, n. 1155, è stabilita dal 1^
gennaio dell'anno successivo alla data di entrata in vigore della presente
legge al 70 per cento e comunque non può dare luogo ad una retribuzione
inferiore alla retribuzione sociale di cui all'articolo 4 della presen-te
legge.
2. Il periodo massimo di percepimento del trattamento ordinario di
disoccupazione è elevato fino a dodici mesi.
3. Il trattamento ordinario di disoccupazione di cui al comma 2 è esteso per
i periodi di non lavoro ai prestatori d'opera in base a rapporti di
collaborazione, di carattere non occasionale, coordinati con l'attività del
committente, svolti senza vin-colo di subordinazione, in modo personale e
senza impiego di mezzi organizzati e a fronte di un corrispettivo, nonché ai
la-voratori assunti con contratto a tempo determinato superiore a quattro
mesi nell'anno solare, ai sensi della legge 18 aprile 1962, n. 230, e
successive modificazioni.
Art. 13.
(Abrogazione di norme).

1. Sono abrogate le norme che istituiscono il contratto di fornitura di
prestazioni di lavoro temporaneo di cui agli arti-coli da 1 a 11 della legge
24 giugno 1997, n. 196 e successive modificazioni, nonché le norme
istitutive dei contratti di for-mazione e lavoro, di cui all'articolo 8 del
decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla
legge 25 marzo 1983, n. 79. Sono, altresì, abrogati le norme, le leggi, i
decreti legislativi relativi a sgravi fiscali, incentivi, crediti di
im-posta, contributi capitari a favore delle imprese, delle aziende
commerciali e artigianali, degli enti pubblici e privati a fronte di nuove
assunzioni a qualunque titolo avvenute e di avviamento e ampliamento di
attività produttive, fatta eccezione per il contributo previsto per
l'assunzione di lavoratori in mobilità, gli sgravi contributivi previsti per
l'assunzione di lavoratori in cassa integrazione straordinaria da più di due
anni, la proroga delle agevolazioni contributive per la trasformazione del
rap-porto di lavoro degli apprendisti a tempo indeterminato. Sono, altresì,
abrogate le norme che prevedono eventuali compar-tecipazioni dello Stato a
finanziamenti previsti per gli scopi di cui al presente articolo da leggi
regionali.
Art. 14.
(Copertura finanziaria).

1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari a lire
13.500 miliardi per l'anno 2002 e a lire 27 mila mi-liardi annue per gli
anni 2003 e 2004, si provvede in parte mediante stanziamento delle somme
derivanti dalle maggiori en-trate e dalle minori spese a carico dello Stato
derivanti da quanto previsto dall'articolo 13 e, per la parte restante,
attraverso l'istituzione di un Fondo a ciò vincolato in cui affluisce, a
decorrere dal 1^ luglio 2002, una quota dello 0,3 per cento del to-tale dei
capitali trasferiti in Paesi esteri, le cui modalità di attuazione saranno
definite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare
entro una mese dalla data di entrata in vigore della presente legge.

IL DDL C 3134 (proposta dell'Ulivo)
La proposta di legge elaborata dall'Ulivo3 si distingue dalle due precedenti
per il maggior grado di elaborazione tecnico-giuridica; essa interviene
infatti nell'ordinamento esistente con una serie di modifiche specifiche e
tecnicamente puntuali; per certi versi propone l'introduzione di istituti
completamente innovativi (non è detto migliorativi), per altri versi riforma
e adegua altri istituti assistenziali già esistenti (quali l'indennità di
disoccupazione o la cassa integrazione).
Se le altre due proposte esaminate aggiungono all'ordinamento il nuovo
strumento di tutela del reddito, non entrano però nel merito degli
adeguamenti che si rendono necessari nel sistema complessivo dell'assistenza
sociale. Sotto questo punto di vista il disegno di legge dell'Ulivo, per
dirla in breve, è invece senza dubbio una vera e propria proposta di
governo. Va precisato che il testo è connotato da un evidente moderatismo,
saldamente ancorato alle tendenze neoliberiste e compatibile con esse.
Questo disegno di legge non prende in nessun modo in considerazione la
questione di un reddito sganciato dalla prestazione lavorativa.
A causa dell'alto livello di elaborazione giuridica della proposta,
riservato in quanto tale a un pubblico di esperti, ci limiteremo in queste
righe a una descrizione prevalentemente qualitativa della proposta di legge.

La riforma del sussidio di disoccupazione e della cassa integrazione
Viene riformata, innanzi tutto, l'indennità di disoccupazione, che viene
estesa a tutti quanti i lavoratori precedentemente esclusi (pubblici
dipendenti, apprendisti, lavoratori del porto); l'ammontare del trattamento
passa al 60% dell'ultima retribuzione, con ciò concludendo un lungo processo
di riforma che ha visto aumentare l'indennità originariamente fissata a 800
lire al giorno (fino al 1988). L'indennità, secondo questa proposta di
legge, viene estesa anche ai lavoratori dimissionari per giusta causa,
mentre adesso è riservata ai soli lavoratori licenziati. La durata del
trattamento viene raddoppiata: si passa dagli attuali 6 mesi ad un anno.
Qualche modifica (migliorativa) viene operata anche sull'istituto
dell'indennità con requisiti ridotti (c.d. indennità ai precari): per
accedere al beneficio bisognerà aver lavorato 70 giorni nell'ultimo anno;
non è più richiesta alcuna anzianità assicurativa: ciò significa che basta
aver lavorato per la prima volta nella propria vita per due mesi e mezzo con
un contratto a termine, per aver diritto all'indennità.
Di sicuro rilievo è la novità proposta dall'art. 18 del ddl Rutelli + altri,
in cui si legge che "ai lavoratori che svolgono rapporti di collaborazione
aventi a oggetto una prestazione d'opera coordinata e continuativa [.] si
applicano le disposizioni vigenti in materia di assicurazione contro la
disoccupazione involontaria"; le due indennità sopra descritte (ordinaria e
per i precari) vengono estese in sostanza anche ai lavoratori co.co.co. E'
un primo timido tentativo, questo, di ricondurre ad unità le molteplici
figure contrattuali fiorite negli ultimi anni. In questo caso, malgrado si
riconosca il diritto alla tutela del reddito, non si prende estensione
alcuna per i soggetti in cerca di prima occupazione, per i disoccupati di
lunga durata, per gli studenti, quindi la misura rimane ancora strettamente
legata alla prestazione lavorativa.
Delle modifiche vengono operate anche sull'istituto della cassa
integrazione, il quale prevede, come è noto, delle integrazioni salariali
per le ore non lavorate, ed è destinato non già alla generalità dei
lavoratori, bensì solo a quelli alle dipendenze di una particolare azienda
in crisi. Ebbene, il ddl dell'Ulivo prevede l'estensione del trattamento a
tutti i rapporti di lavoro subordinato, superando così il gap nei confronti
di alcune categorie (di-pendenti delle piccole imprese, settore artigiano,
imprese portuali), escluse ancora oggi dall'istituto della cassa
integrazione. L'ammontare del trattamento viene parificato a quello
dell'indennità di disoccupazione, venendo così ridotto dall'attuale 80% del
salario.
Secondo le previsioni dell'art. 20 le organizzazioni sindacali e padronali
potranno costituire di comune accordo dei fondi bilaterali, i quali,
operando di fatto alla stregua di istituti assicurativi, potranno versare ai
lavoratori delle prestazioni di sostegno al reddito, aggiuntive rispetto a
quelle previste dalla legge. Questi ci sembrano i presupposti di una
concertazione addirittura privatistica, con scopo di lucro, che delega a
nuove forme di istituti privati l'orizzonte delle garanzie della forza
lavoro.
Il ddl propone, infine, l'introduzione di un nuovo istituto di sostegno al
reddito, destinato ai lavoratori precari che, pur percependo l'indennità di
disoccupazione, non raggiungono comunque livelli dignitosi di reddito: in
tali casi è prevista un'integrazione ulteriore, fino a raggiungere la somma
massima di 9.300 euro lordi annui. Ciò significa che in alcuni casi è
possibile, grazie alle misure di sostegno, raggiungere livelli di reddito
superiori ai 9 mila euro (lordi), pur avendo lavorato per soli 70 giorni in
un anno. Quest'ultima sembra un misura abbastanza interessante perché
potrebbe spingere la manodopera postfordista verso dei comportamenti di
"rifiuto - o autoriduzione- del lavoro".

Sostegno per i giovani
Oltre a ritoccare istituti assistenziali già esistenti, il ddl Rutelli +
altri, propone l'introduzione in un istituto completamente nuovo,
consistente nella dotazione ai giovani fino a 25 anni di età di una somma di
capitale pari a 15 mila euro. La somma viene erogata in prestito (da
restituire senza interessi dopo quindici anni), quale finanziamento per le
attività formative o per le iniziative imprenditoriali dei giovani.

L'introduzione di questo "finanziamento ai giovani" si giustifica
essenzialmente in base a ragioni di equità; l'intento del legislatore è
quello supportare il periodo degli studi o dell'avvio delle prime attività
lavorative, cioè nel momento in cui i giovani compiono scelte spesso
decisive per la propria vita futura, e in cui le disuguaglianza di partenza
possono precludere alcune strade che si vorrebbero invece perseguire.
Riterremmo, questo, un provvedimento importante, se non fosse che prevede la
restituzione del denaro!
Proprio per rendere evidenti i fini di equità che ispirano la proposta, gli
estensori del ddl prevedono di finanziarla tramite la reintroduzione della
tassa sulle successioni.
Il nuovo istituto si giustifica in base a ragioni di efficienza, come si
legge nella relazione introduttiva: "i rischi di ineffi-cienza si palesano
più chiaramente quando ci si richiama alle caratteristiche dell'economia
della conoscenza, il dispiegamento delle cui potenzialità è strettamente
condizionato al possesso, da parte dei cittadini, di requisiti stringenti di
istruzione, sapere, abilità, competenza e investimento nel proprio capitale
umano. La concentrazione nelle mani di pochi di tali requisiti . può
inceppare lo stesso processo di avanzamento di un'innovazione alimentabile
solo mediante apprendimento esteso e a larga diffusione"4 .
Inoltre tra i fini del ddl vi è, stando nuovamente alle parole degli
estensori, quello di promuovere capacità, abilità, com-petenze, piuttosto
che risarcire per mancanze, carenze, deprivazioni; l'intento è inoltre
quello di "influire, oltre che sulla distribuzione iniziale di risorse, sul
prezzo che gli individui possono ottenere per le loro risorse nel momento in
cui le scambiano sul mercato (andando, per esempio, oltre il salario
minimo)". Soldi ai giovani, dunque, per promuovere competenze liberamente
acquisite, e per aumentare il peso contrattuale sul mercato del lavoro. Ci
sembra evidente, in questi passaggi, l'affinità con le intenzioni che
sorreggono la battaglia e le nostre rivendicazioni per il reddito di
cittadinanza, cioè che i soggetti produttivi sono in grado di esserlo senza
essere legati alla catena del lavoro. Ci domandiamo solo: capito ciò, perchè
tanta resistenza ad erogarlo?
E' fin troppo facile, tuttavia, evidenziare i limiti di questa proposta
ulivista, segnata come è evidente da un eccesso di condizionatezza; i 15
mila euro, infatti, non sono assegnati ai giovani quale diritto soggettivo,
ma solo a seguito di do-manda; il beneficio è previsto solo in favore dei
cittadini italiani, e solo nei confronti di persone che non abbiano avuto
trascorsi di tipo penale. Inoltre, a causa della scarsità delle risorse
destinate al finanziamento dell'istituto, le Regioni sono invitate a stilare
delle graduatorie di accesso, che tengano conto sia delle condizioni
economiche di partenza del beneficiario, sia del fabbisogno di figure
professionali presente sul territorio. Siamo ai limiti della società del
controllo globale! Le domande dei giovani, con relative proposte formative o
imprenditoriali, saranno sottoposte a valutazioni e monitoraggi, sia
precedenti che successivi all'erogazione. Simili presupposti lasciano
prevedere un fiorente clientelismo. Di nuovo è sulle condizioni di accesso o
di decadenza che si gioca tutto il senso e la portata innovativa delle
disposizioni in tema di reddito sociale.

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI
N. 3134

PROPOSTA DI LEGGE
Diritti di sicurezza sociale in materia
di tutela del lavoro e del reddito

Presentata il 5 settembre 2002


TITOLO III
SOSTEGNO PER I GIOVANI DISOCCUPATI E INOCCUPATI

Art. 25.
(Dotazione finanziaria di capitale in favore dei giovani per promuovere
l'eguaglianza delle opportunità).

1. Per un periodo sperimentale di due anni, ad ogni cittadino italiano di
diciotto anni di età, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 26,
comma 1, è attribuita una dotazione finanziaria di capitale pari a 15.000
euro, ovvero una dotazione di im-porto superiore qualora prevista dai
provvedimenti di cui al comma 3 dell'articolo 27, per la formazione
post-secondaria qualificata o per l'avviamento di un'attività
imprenditoriale o professionale. La dotazione finanziaria di capitale è
attribuita a titolo di credito senza interessi; le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano possono stabilire che quota parte della
dotazione finanziaria di capitale sia attribuita a titolo di contributo a
fondo perduto con le modalità di cui al citato arti-colo 27.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze presenta annualmente al
Parlamento una relazione sui risultati dell'applica-zione delle disposizioni
di cui al presente titolo.
3. Entro tre mesi dal termine del periodo sperimentale di cui al comma 1, il
Ministro dell'economia e delle finanze, sen-tito il parere delle competenti
Commissioni parlamentari e d'intesa con la Conferenza unificata di cui
all'articolo 8 del decre-to legislativo 28 agosto 1997, n. 281, può disporre
il prolungamento del periodo sperimentale per un periodo non superiore a due
anni.

Art. 26.
(Soggetti beneficiari).

1. I benefìci di cui al presente titolo sono attribuiti, a domanda, al
compimento del diciottesimo anno di età, ai cittadini italiani in possesso
dei seguenti requisiti:
a) completamento dell'obbligo formativo previsto dall'articolo 68 della
legge 17 maggio 1999, n. 144, e successive modificazioni;
b) assenza di condanne penali, salvo quanto previsto dai provvedimenti di
cui al comma 3 dell'articolo 27.
2. Il diritto ai benefìci previsti dal presente titolo decade al compimento,
da parte del soggetto beneficiario, del venti-cinquesimo anno di età, salvo
quanto previsto dai provvedimenti di cui al comma 3 dell'articolo 27.
3. La dotazione finanziaria di capitale è destinata ad una o ad entrambe le
seguenti finalità:
a) formazione post-secondaria qualificata, con l'acquisizione di specifiche
conoscenze e competenze professionali, mediante frequenza di corsi di laurea
universitaria, corsi di formazione riconosciuti, tirocini professionali o
similari;
b) avviamento di un'attività imprenditoriale o professionale.
4. I soggetti beneficiari, all'atto della domanda per l'attribuzione della
dotazione di cui all'articolo 25, specificano:
a) in quale data intendano ricevere, entro i termini di decadenza di cui al
comma 2, la dotazione finanziaria di capita-le;
b) la finalizzazione della dotazione finanziaria di capitale con il relativo
piano di spesa.
5. Al fine di orientare i programmi di formazione e di avvio di attività
imprenditoriali o professionali dei giovani che richiedono i benefìci di cui
al presente titolo, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, previa consultazione delle parti sociali e delle associazioni di
categoria, rendono noti, entro la data di entrata in vigore dei
provvedimenti di cui al comma 3 dell'articolo 27 con proprio documento, la
domanda prevedibile di figure professionali ed il fabbisogno di nuove
attività per la produzione di beni e di servizi, ai fini di uno sviluppo
equilibrato ed innovativo del sistema economico-sociale del territorio.
6. I benefìci di cui al presente titolo sono cumulabili, dai soggetti aventi
diritto, con le agevolazioni di cui all'articolo 9-septies del decreto-legge
l^ ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28
novembre 1996, n. 608.
7. I soggetti beneficiari provvedono al rimborso della dotazione finanziaria
di capitale entro quindici anni dalla data di erogazione del primo rateo, al
netto dell'eventuale quota parte della dotazione finanziaria di capitale
erogata a titolo di con-tributo a fondo perduto, secondo le modalità
previste dai provvedimenti di cui al comma 3 dell'articolo 27. Qualora la
som-ma non sia restituita entro il termine stabilito, il beneficiario
corrisponde alla banca o all'istituto di credito di cui al comma 1 del
citato articolo 27, oltre ad una somma equivalente alla dotazione
finanziaria di capitale, gli interessi correnti per il ritarda-to rimborso
ad un tasso pari all'interesse legale.

Art. 27.
(Fondi per l'eguaglianza delle opportunità dei giovani).

1. Entro il 31 dicembre 2002, il Ministro dell'economia e delle finanze,
d'intesa con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e per le pari
opportunità e con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, stipula una
convenzione con l'Associazione bancaria italiana relativa all'erogazione, da
parte di ban-che ed istituti finanziari, della dotazione finanziaria di
capitale di cui all'articolo 25 ai beneficiari individuati dalle regioni o
dalle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi del comma 3. La
convenzione stabilisce altresì un tasso di interesse sui crediti omogeneo su
tutto il territorio nazionale. L'onere degli interessi e la garanzia per la
copertura dei rischi sui crediti, nonché dell'eventuale erogazione di parte
della dotazione finanziaria di capitale a titolo di contributo a fondo
perduto, sono a carico dei fondi di cui al comma 3.
2. Per un periodo sperimentale di due anni, entro il 31 marzo, il Ministro
dell'economia e delle finanze, con proprio de-creto, d'intesa con la
Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281, ripartisce tra le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano una somma determinata annualmente in misura pari al gettito,
relati-vo all'anno precedente, dell'imposta sulle successioni e donazioni,
che è ripristinata nelle misure e con le modalità previste dalle
disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore della legge 18 ottobre
2001, n. 383. Il riparto è effettuato in relazione al numero dei cittadini
italiani, residenti nei territori delle singole regioni o province autonome,
che compiono diciotto anni di età nel corso dell'anno ed al reddito pro
capite medio di ogni singola regione o provincia autonoma relativo all'anno
prece-dente.
3. Entro tre mesi dalla attribuzione delle somme ripartite secondo le
modalità di cui al comma 2 le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, con propri provvedimenti, provvedono:
a) ad istituire con le predette somme un fondo per l'eguaglianza delle
opportunità dei giovani, di seguito denomi-nato "fondo", destinato alla
copertura degli oneri relativi agli interessi ed ai rischi sui crediti
erogati ai sensi del comma 1 e degli oneri derivanti dalla eventuale
erogazione di parte della dotazione finanziaria di capitale a titolo di
contributo a fondo perduto;
b) a stabilire le modalità per il cofinanziamento del fondo da parte di enti
territoriali e locali nonché da parte di privati cittadini, società,
associazioni ed enti, tra cui gli enti conferenti di cui all'articolo 11,
comma 1, del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153;
c) alla definizione delle modalità di attribuzione dei benefici di cui
all'articolo 25 in base alla graduatoria regionale di cui alla lettera g)
del presente comma, fino a concorrenza delle risorse del fondo per
l'eguaglian-za delle opportunità dei giovani;
d) a stabilire l'ammontare della dotazione finanziaria di capitale di cui
all'articolo 25 destinata all'avviamento di u-n'attività imprenditoriale o
professionale e l'ammontare della dotazione finanziaria di capitale
destinata alla formazione post-secondaria qualificata;
e) a stabilire, in assenza dei requisiti di cui alla lettera b) del comma 1
dell'articolo 26, eventuali modalità specifiche e controllate di erogazione
dei benefici di cui al presente titolo, da attuare con la collaborazione dei
servizi di assistenza so-ciale;
f) a stabilire, in casi particolari, relativi a specifiche e limitate
condizioni, eventuali deroghe al limite di età di cui al comma 2
dell'articolo 26;
g) a definire le modalità per la compilazione delle graduatorie regionali o
provinciali, pubblicate entro un mese dal termine di presentazione delle
domande, tenendo conto: del fabbisogno di figure professionali e di nuove
attività per la pro-duzione di beni e servizi evidenziato dal documento di
cui al comma 5 dell'articolo 26; della situazione economica del richie-dente
relativa al nucleo familiare, definita secondo le modalità di cui al decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 109, e successi-ve modificazioni; della data
di presentazione della domanda;
h) a definire i criteri per il monitoraggio dell'effettivo utilizzo delle
dotazioni finanziarie di capitale erogate per le finalità di cui al presente
titolo;
i) a definire le modalità per il rimborso della dotazione finanziaria di
capitale tenendo conto del reddito dichiarato dai beneficiari nell'anno
fiscale precedente la data prevista per il rimborso, prevedendo eventuali
dilazioni e rateizzazioni.
4. Dopo la lettera c-undecies) del comma 2 dell'articolo 65 del testo unico
delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica
22 dicembre 1986, n. 917, recante norme sugli oneri deducibili, è aggiunta
la seguente:
c-duodecies) le erogazioni liberali in denaro a favore dei fondi regionali e
delle province autonome di Trento e di Bolzano per l'eguaglianza delle
opportunità dei giovani".
5. Entro il 31 marzo di ogni anno, il Ministro dell'economia e delle
finanze, con proprio decreto, sentita la Conferenza unificata di cui
all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede alla
ripartizione delle risorse dei fondi non utilizzate entro il 31 dicembre
dell'anno precedente, tra le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano che hanno utilizzato interamente le somme assegnate con il decreto
di cui al comma 2 del presente articolo.

Conclusioni

Le proposte di legge esaminate in questo lungo contributo saranno tra le
probabili basi di discussione della sinistra istituzionale, almeno per
quanto riguarda il contesto italiano. Lo scenario più plausibile, in
un'ipotesi di ricomposizione del centrosinistra nell'affrontare una
legislatura futura, appare quello di un'iniziativa unitaria, che dovrà
sorgere probabilmente anche dalla mediazione tra la proposta Cento-Salvi, la
proposta di Rifondazione e quella dell'Ulivo.
In realtà questi impianti normativi differiscono profondamente: il primo
eroga (quasi) incondizionatamente reddito ai disoccupati, ma trascura del
tutto quei lavoratori "stabili" che vorrebbero emanciparsi dalla propria
condizione lavorativa e migliorare la propria esistenza; la seconda proposta
offre alcune soluzioni, ma lega i soggetti al lavoro condizionandoli; la
terza introduce alcune misure destinate alla condizione di precarietà, ma
impone a tutta la forza-lavoro disoccupata un iter trattamentale, fatto di
corsi di formazione, stage, tirocini, volto a "risocializzarla", ossia a
ricollocarla il più rapidamente possibile entro il mercato del lavoro. Il
disoccupato sarà così gestito come un "prigioniero sociale" dai servizi per
l'impiego, che provvederanno, per il suo bene, a farne un "lavoratore
modello".
La mediazione tra le posizioni potrebbe non essere facile; il punto di
maggior attrito dovrebbe essere quello delle condizioni di decadenza, ed è
qui che dovrà compiersi la scelta politica più importante: verrà deciso in
fondo, se attribuire al percettore del sussidio la facoltà di accettare o
meno gli impieghi che gli saranno proposti, ovvero se accordare ad un organo
burocratico il potere di decidere i destini individuali, facendo così del
reddito un'ulteriore fonte di asservimento e di controllo sociale.

Dalla lettura dei ddl sono emersi almeno due parametri guida su cui abbiamo
valutato criticamente le proposte di redistribuzione di reddito, che si
appellano a un principio di massima generalità, di incondizionatezza e
indipendenza dalla prestazione lavorativa: il primo riguarda l'aspetto
estensivo dell'erogazione che deve riguardare il maggior numero dei
beneficiari per la massima durata possibile; il secondo riguarda l'aspetto
intensivo dell'erogazione, che deve riguardare sia l'entità monetaria della
ricchezza sia la varietà e la qualità dei beni e dei servizi garantiti ai
cittadini. Quello che rivendichiamo quindi sono la massima estensività e la
massima intensività.
Variabile decisiva in questa contesa, come sempre d'altronde, saranno i
movimenti sociali, cioè l'insieme dei soggetti produttivi concretamente
protesi alla rivendicazione del reddito. Se non si consoliderà nel contesto
italiano ed europeo un blocco sociale, in grado di costruire un rapporto di
forza reale, deciso a far sentire la propria voce in tema di diritto al
reddito, sarà ben difficile andare oltre i deboli (seppur significativi)
propositi riformistici dell'Ulivo + altri.
Come dire: vogliamo tanti soldi e per tutti. Nessun "reddito minimo", ma un
reddito massimo, nessuna "condizione di decadenza", ma per sempre, nessun
elemento di discriminazione tra migranti, studenti, lavoratori, ma per
tutti.
Il ruolo dei movimenti sociali, del precariato sociale, dei lavoratori in
generale, sarà proprio quello di raggiungere una visibilità con alte
rivendicazioni sociali, includendo appunto, non solo la questione del
reddito, ma delle sue mille declinazioni nei bisogni (trasporti, salute,
formazione, casa, socialità, informazione, comunicazione).
Proprio per riprendere la prefazione di questo lungo documento, è necessario
costruire un blocco sociale che renda visibile le rivendicazioni generali a
partire dal reddito per tutti, lavoro o non lavoro. In questo contesto è
fondamentale estendere il blocco sociale che rivendica reddito anche ai
lavoratori così detti "garantiti", individuando obiettivi che, al pari della
questione del diritto al reddito, mettano a tema l'emancipazione dal lavoro:
riduzione dell'orario di lavoro, introduzione di un periodo sabbatico
retribuito, diminuzione dell'età pensionabile, aumento dei giorni di ferie,
trasporti gratuiti.
In questo modo si eviterebbe il rischio di veder esaurire la parola d'ordine
del Reddito Garantito in speculazioni più o meno innovative in tema di
riforma della spesa sociale italiana; diventerebbe, invece, l'innesco di un
generale processo rivendicativo, teso a migliorare le condizioni materiali
di esistenza per tutti.



Note al documento
1. Si veda, a titolo di esempio la Comunicazione COM(97)102 del 12.3.1997,
intitolata Modernising and improving so-cial protection in the European
Union, oppure la più recente COM(2000)163 del 21.3.2000, intitolata
Relazione sulla protezione sociale in Europa - 1999.
Entrambi i documenti sono reperibili all'indirizzo internet
www.europa.eu.int/comm/employment_social/soc-prot/social/index_en.htm
2. Solo per completezza va menzionato il progetto di legge (n. C 2975) dei
Radicali italiani, che propone l'abolizione della tutela reale per i
licenziamenti senza giusta causa (art. 18) in cambio di indennità più
generose versate dai datori di lavoro, ed in cambio di un sussidio di
disoccupazione riformato ed esteso a tutte le categorie di lavoratori.
3. Il ddl, intitolato Diritti di sicurezza sociale in materia di tutela del
lavoro e del reddito, si divide in tre titoli: il primo dedicato alla
"promozione della formazione finalizzata all'accesso e al reinserimento al
lavoro", la cui analisi verrà tralasciata perché sostanzialmente estranea al
tema del presente articolo; il secondo dedicato al perfezionamento dei
"sostegni al reddito", del quale si offrirà un descrizione sommaria di tipo
qualitativo. Il titolo terzo, intitolato "sostegno per i giovani occupati e
inoccupati", viene invece pubblicato integralmente.
4. Il corsivo è nostro.