consumi e ricadute su calamità naturali e effetto serra



da lavoceinfo.it

ottobre 2003

07-10-2003
Non solo effetto serra
Giorgio Nebbia


Emilio Gerelli solleva il problema se le attività antropiche (soprattutto il
"consumo" di combustibili fossili) sono responsabili della modificazione del
clima e, in particolare, di un lento continuo aumento della temperatura
media terrestre. Gerelli risponde che i dati statistici meteorologici non
consentono di affermare che tale aumento ci sia davvero.
Vorrei porre la domanda diversamente: le attività antropiche, cioè la
crescita dei consumi merceologici (prodotti agricoli e forestali, prodotti
industriali, costruzioni, mezzi di trasporto e di comunicazione) con le loro
inevitabili conseguenti modificazioni della composizione chimica
dell'atmosfera, delle acque e della superficie del suolo, comportano
alterazioni dell'ambiente tali da compromettere le condizioni di vita della
nostra generazione e di quelle future?
In questi termini, il confronto non è fra frazioni di grado Celsius, ma fra
valori e diritti: il diritto di alcuni di avere più merci (è la posizione
degli studiosi pro-crescita) e il diritto di altri di evitare frane,
alluvioni, perdita di salute e della stessa vita (è la posizione degli
"ambientalisti", qualunque cosa questa parola possa significare a trent'anni
di distanza dalla "primavera dell'ecologia" che aprì il dibattito sui limiti
alla crescita).

I tanti "più" della crescita economica

L'aumento della produzione e dei consumi di merci comporta, inevitabilmente,
la diminuzione delle risorse naturali disponibili e della loro qualità, sia
a livello planetario sia a livello locale. A cominciare dall'agricoltura. Le
pratiche che comportano una crescente produzione per ettaro richiedono un
maggiore apporto di acqua e di concimi, quindi un crescente "consumo" di
energia per tonnellata di grano o di zucchero o di carne, e una crescente
protezione antiparassitaria. Comportano inoltre una modificazione della
superficie del suolo rispetto al bilancio dell'energia solare e una
modificazione chimica delle acque sotterranee.
E ancora: più edifici, più plastica, più acciaio, più autoveicoli, più
telefoni cellulari e computer, significano più estrazione di argilla,
sabbia, calcare, minerali di ferro, rame, oro, tantalio. Più produzione di
gomma e plastica da petrolio e gas naturale, più richiesta di combustibili
fossili e di elettricità, e vari altri "più".
Lasciamo da parte l'impoverimento delle riserve di petrolio e gas naturale,
che può essere spostato avanti nel tempo con il controllo politico-militare
dei paesi petroliferi e (forse) scavando pozzi più profondi. Lasciamo da
parte i fermenti politici (spesso all'origine del "terrorismo") dei popoli e
gruppi poveri contro lo sfruttamento delle loro risorse.

Parliamo di acqua

Prendiamo il caso dell'acqua, la più "rinnovabile" delle risorse naturali,
che ogni anno, in media, cade su una superficie di terreno e rievapora nella
stessa quantità. Possiamo dire che sotto il ponte di Piacenza o di
Pontelagoscuro ogni anno scorre la stessa acqua ? La stessa quantità, in
media, probabilmente sì, ma la sua composizione chimica peggiora ogni anno
per l'immissione, a monte, delle scorie delle crescenti attività agricole,
industriali, edilizie. Inoltre, anche a parità di pioggia caduta, la
distribuzione nei vari mesi, la velocità e la forza erosiva sono molto
diverse: dipendono, per esempio, dalla copertura vegetale (che attenua
l'energia di caduta) e dalla superficie coperta da asfalto e cemento (che
accelera la velocità delle acque).
Effetto serra a parte, non c'è da meravigliarsi se le calamità "naturali" si
fanno più frequenti. Guardate dove hanno costruito le strade, i villaggi e
le fabbriche: nelle golene o sui pendii. Guardate quanti pochi soldi si
investono nella manutenzione e la pulizia dei torrenti, rispetto a quelli
investiti nell'acquisto di merci.
Un buongoverno potrebbe chiedere ai cittadini di accettare di spendere i
soldi delle tasse nella manutenzione del territorio e nella regolazione del
corso delle acque. Potrebbe imporre vincoli nella maniera di edificare
strade e case e quartieri e villaggi turistici. Tutto questo, però,
renderebbe disponibili meno soldi per i consumi e avrebbe effetti sulla
qualità dell'occupazione: meno addetti nella plastica, nella meccanica,
nell'edilizia, nei divanifici e nelle telecomunicazioni e più addetti al
rimboschimento e alla difesa del suolo. Lo aveva fatto Roosevelt a suo
tempo, ma oggi nessun Governo proporrebbe questo programma, mentre tutti
accettano di spendere soldi pubblici per gli "stati di calamità", ovvero per
ricostruire strade e ponti e edifici nei luoghi in cui sono passate e
passeranno ancora le acque delle alluvioni.

Pensiamo all'atmosfera

L'atmosfera gioca, nel nostro pianeta, un ruolo ben più complesso di quello
che può essere descritto con i rapporti fra "gas serra", temperatura
planetaria, cicli solari, mutamenti periodici della temperatura superficiale
oceanica del tipo "El Niño" e gentile signora.
Lo scambio di calore fra superficie del suolo e atmosfera dipende da
numerosi fattori, fra cui la copertura vegetale, la presenza di manufatti.
Le azioni per evitare calamità "naturali" devono essere esercitate sia a
livello locale sia a livello planetario. Può darsi che i modelli matematici
non diano sicure informazioni sui mutamenti climatici dovuti all'effetto
serra e che non sia l'aumento delle emissioni da tenere sotto controllo. Per
quel poco di conoscenze che ho, sono convinto che esiste una correlazione
fra consumi merceologici, modificazioni della composizione chimica
dell'atmosfera e aumento della temperatura planetaria. Più in generale, fra
aumento dei consumi merceologici e diminuzione della capacità ricettiva del
pianeta, e di singoli suoi territori, per le scorie di tali consumi.
Però si tratta di interpretazione di dati statistici incerti per difendere o
contestare un valore, la virtù della crescita merceologica, così difficile
perfino da misurare in unità monetarie su cui ci sia accordo.

Effetto serra o no, allagamento o no di Venezia nel 2100, pur non essendo
competente come Emilio Gerelli, sono certo che le calamità naturali e i
relativi costi (monetari e umani e "ecologici") aumenteranno quanto più
intense e imprevidenti saranno l'occupazione del suolo, la presenza e
l'intensità (chili di materia usati per persona per anno) delle attività
antropiche: in una parola, la crescita dei consumi merceologici. E ciò nel
Molise come nel Bangladesh, in Sicilia come in Cina, nel Friuli come nel
Messico.