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lettera alla rete GLAM 15 settembre 2003: CANCUN
- Subject: lettera alla rete GLAM 15 settembre 2003: CANCUN
- From: "Fed. Chiese Evangeliche - Comm. Globalizzazione e Ambiente \(by way of MIR\)" <pxp at interfree.it>
- Date: Tue, 16 Sep 2003 17:37:39 +0200
Care e cari amici, a ridosso della conclusione della Conferenza del WTO di Cancun ho scritto un articolo cercando di dare l'informazione essenziale e un minimo di valutazione a caldo. Poiché non tutti voi certo ricevete e leggere "Riforma", vi allego l'articolo (nella forma integrale, che apparirà sul prossimo numero di Riforma con qualche taglio per esigenze di spazio) sperando di farvi cosa gradita. Per oggi mi limito a questo e vi invio un fraterno saluto, Franco Giampiccoli coordinatore della Commissione "Globalizzazione e ambiente" (GL.AM.) della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI) CANCUN Con le organizzazioni internazionali che domina, finora, in modo incontrastato - Organizzazione mondiale del commercio (WTO), Fondo monetario internazionale, Banca mondiale - il mondo sviluppato predica da anni il dogma della liberalizzazione, subordinando prestiti e aiuti al Terzo mondo all'apertura dei loro mercati senza ostacoli tariffari. Ma ha continuato a contraddire questa dottrina mantenendo il protezionismo dei propri mercati agricoli con dazi che bloccano le esportazioni dei paesi del Sud e rovesciando sulla propria agricoltura una valanga di sussidi interni (alla produzione) ed esterni (all' esportazione). Con questo sistema il mondo sviluppato ha riversato nel Terzo mondo le proprie eccedenze alimentari a prezzi sottocosto (dumping) rovinando la produzione locale. Questa colossale menzogna, più o meno mascherata o nascosta, è stata denunciata in faccia al mondo alla V Conferenza ministeriale del WTO a Cancun, Messico, dai paesi del Sud e dell'Est che si sono rifiutati di sottoscrivere un accordo che non prevedesse un avvio dello smantellamento di questo protezionismo in tempi rapidi e certi. E' questa dunque la grande novità che emerge sull'orizzonte economico mondiale: una variegata coalizione di paesi del Sud e dell'Est del mondo per la prima volta hanno tenuto duro e non si sono piegati a raccogliere qualche briciola sottoscrivendo qualche compromesso dell'ultima ora. In testa il G21 (con numeri varianti che sono arrivati a 28), guidato dal Brasile di Lula - invano pressato e ricattato dagli USA anche con insistenti telefonate di Bush - dall'India, la Cina e il Sud Africa. Ma accanto a questa colossale alleanza, che rappresenta più della metà della popolazione mondiale (USA e UE ne costituiscono il 10%), altre coalizioni, come quella del gruppo Africa-Caraibi-Pacifico (ACP), o quella che si è presentata come un G90 unendo le rivendicazioni dell' Unione Africana (UE), del gruppo ACP e dei Paesi meno sviluppati (LDC). E' questa varietà di alleanze e connessioni che ha permesso di sopperire al cedimento di alcuni e di mantenere un fronte sostanzialmente compatto di fronte allo strapotere di USA e UE che non immaginavano di trovare una resistenza così agguerrita. Il fallimento di Cancun In un intreccio complicatissimo di negoziati, basati sul deleterio principio del "trade off" - per cui ogni accordo raggiunto può essere ceduto come compensazione di un altro in un gigantesco "mercato delle vacche" - sono emersi i due scontri fondamentali. Il primo è quello sui sussidi e dazi agricoli a cui si è accennato, che ha avuto il suo caso emblematico nel cotone. I 25.000 agricoltori degli stati del sud degli USA ricevono dal loro governo sussidi che sono il triplo degli aiuti che gli USA destinano a 500 milioni di africani. E 4 stati africani - Benin, Burkina Faso, Mali e Ciad - a causa di questa concorrenza sleale perdono ogni anno più di 250 milioni di dollari di reddito da esportazione. La richiesta di questi paesi di eliminare progressivamente e rapidamente le sovvenzioni è stata seccamente respinta dagli USA. L'Europa, che inizialmente sembrava orientata a non opporsi alle rivendicazioni africane (la sua produzione di cotone non arriva al 3% del totale mondiale) si è presto ricreduta per tema che un cedimento su questo fronte si ripercuota sui propri prodotti sussidiati. In generale, sia USA che UE - che prima di Cancan si erano accordati per un generico impegno a rivedere le sovvenzioni, senza precisazioni né scadenze, illudendosi che questo bastasse - di fronte alla decisa offensiva da parte del Terzo mondo hanno puntato i piedi chiudendosi in difesa. La loro arrogante intransigenza era arrivata al punto di pretendere che diventasse permanente il provvisorio "patto di pace" che impediva ai paesi membro di fare ricorso al tribunale del WTO in materia agricola. Il secondo nodo era costituito dai 4 "nuovi temi", detti di Singapore: facilitazioni per il commercio, trasparenza degli appalti, investimenti, regole per la concorrenza. Di questi, il più pericoloso è quello sugli investimenti, che consentirebbe alle multinazionali di invadere definitivamente i mercati del Sud e dell'Est comprando enti pubblici privatizzati o ditte fallite a causa della spietata concorrenza, integrando così i concorrenti locali nel proprio sistema o riducendoli al ruolo di fornitori subordinati o eliminandoli. Un Accordo multilaterale sugli investimenti (MAI) era già fallito nell'ambito OCSE nel 1998 (anche grazie ad una decisa azione di denuncia del Consiglio ecumenico delle chiese), era fallito anche a Seattle nel 1999, e fallisce ora anche a Cancun. Sui 4 nuovi temi molti paesi del Terzo mondo, in particolare India, Cina e Malesia, sono stati molto attenti. Hanno contestato la legittimità della proposta di negoziato dei 4 temi in blocco, prevista a Doha (2001) solo in presenza di un accordo generale che evidentemente a Cancun non c'era. Hanno resistito anche di fronte alla proposta di negoziare su due dei temi, appalti e facilitazioni per il commercio, che stavano particolarmente a cuore agli USA (che per gli investimenti ormai puntano alla trattativa bilaterale in cui hanno maggiori possibilità di pressione e ricatto). Neppure la proposta di trattare un solo tema, le facilitazioni per il commercio (migliore accesso ai mercati per i prodotti industriali) è stata accettata. Il doppio scontro irrisolto, sull'agricoltura e sui nuovi temi, ha quindi determinato il fallimento di Cancun. Su ambedue i tavoli il Terzo mondo ha trovato il coraggio di difendere il suo diritto alla vita e ad uno sviluppo controllato. Lo ha fatto in modo pacato e fermo, come risulta dalle dichiarazioni del ministro delle Mauritius che alla conferenza stampa seguita alla chiusura della Conferenza ha detto a nome dei paesi ACP, LDC e Unione africana: "Noi paesi in via di sviluppo siamo sempre impegnati per un'agenda commerciale multilaterale, ma dobbiamo difendere gli interessi dei paesi in via di sviluppo. A Doha abbiamo lanciato un'agenda di sviluppo. Lo sviluppo deve essere al centro di questa agenda. Siamo stati molto propositivi e costruttivi, qui a Cancan. Abbiamo presentato le nostre posizioni in tutti e cinque i gruppi di lavoro. Quando è uscito il testo Derbez [la proposta di dichiarazione finale] molti di noi hanno realizzato che non avevano ascoltato per niente le nostre richieste.Noi abbiamo bisogno dei paesi ricchi e vogliamo lavorare con e non contro di loro. Ma se ci sono differenze noi vogliamo sederci, parlare con loro e dire la nostra". Un terzo nodo stava venendo al pettine, quello dell'Accordo generale sul commercio dei servizi (GATS). Con la conclusione di questo accordo, già da tempo avviato, si sarebbe avuta la concorrenza privata nell'ambito di servizi fin qui pubblici come la sanità, l'istruzione, i trasporti, le comunicazioni, la distribuzione dell'acqua, ecc. Erano saltate le scadenze entro cui i paesi membro dovevano dichiarare quali servizi si offrivano di liberalizzare (avevano risposto una trentina di paesi su 148). Ma la bozza di risoluzione finale prevedeva già una pezza sullo strappo, l'invito ai paesi che non avevano risposto a farlo "appena possibile"; aveva smentito la flessibilità stabilita originariamente (possibilità per i paesi membro di non fare alcuna offerta di liberalizzazione); aveva ignorato i testi presentati dai paesi del Terzo mondo e la vastissima richiesta della società civile di escludere l' acqua dalla trattativa negoziale; e aveva ribadito la finalità di "raggiungere progressivamente il più alto livello di liberalizzazione senza nessuna esclusione". Tutto questo pericoloso complesso di accordi è naufragato a Cancun insieme ai mancati accordi su agricoltura e nuovi temi. Quali prospettive? A poche ore dalla conclusione di Cancun è difficile dare una valutazione complessiva. Come hanno fortemente auspicato le organizzazioni della società civile, a Cancun il WTO è stato fermato. L'estensione della sua già gigantesca agenda è stata rifiutata; la sua impostazione di regole e procedure poco democratiche (per es. le "green room", incontri decisionali ristretti su invito) è stata contestata; la sua incapacità di costruire una governance economica accettabile è stata messa in evidenza. D'altra parte c'è il rischio che l'indebolimento della prospettiva multilaterale in economia, come già in politica (vedi ONU), favorisca la spinta verso la prospettiva bilaterale dominata dagli Stati Uniti e condotta con la nota arroganza. Il negoziatore statunitense Zoellick ha già detto di aver "preso nota dei paesi che hanno giocato un ruolo costruttivo a Cancun e delle nazioni che non lo hanno giocato". Tutto si sposta ora a Ginevra, alla sede del WTO, dove a metà dicembre la discussione sarà ripresa a livello di ambasciatori. Sembra impensabile che si arrivi con qualche risultato alla data del 1° gennaio 2005 fissato da Doha per la conclusione dell'agenda proposta, ma senza dubbio le trattative andranno avanti. Molto dipenderà dalla capacità dei paesi che si sono coalizzati a Cancun, in primis il G21, di mantenere una posizione comune senza lasciarsi sgretolare dai ricatti e dalle offerte di soluzioni bilaterali. Certo i paesi del Terzo mondo potranno contare sull'alleanza stabile di un'imponente numero di organizzazioni della società civile che a Cancun non si sono limitate a manifestare e a seguire i lavori, ma hanno fornito ai paesi del Sud e dell'Est del mondo un importantissimo supporto di conoscenza e di esperienza nella trattativa economica e diplomatica. La campagna Our world is not for sale, in Italia "Questo mondo non è in vendita", ha concluso la sua partecipazione a Cancun con una forte dichiarazione: "A Seattle abbiamo vinto e il movimento era in strada. Oggi questa vittoria conta ancor più perché il movimento era dentro e ha sostenuto i più poveri nella rivolta. Oggi è finita la democarazia del terrore del WTO in cui il consenso era estorto con ricatti". Una pagina importante è stata girata nella storia dell'economia mondiale. Speriamo che su una nuova pagina si possa scrivere con meno arroganza e con più giustizia. Franco Giampiccoli coordinatore della Commissione "Globalizzazione e ambiente" (GL.AM.) della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI) La Commissione "Globalizzazione e ambiente" (Glam) della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia aderisce e sostiene la campagna "Questo mondo non è in vendita" http://www.campagnawto.org/
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