[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
welfare partecipato
- Subject: welfare partecipato
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Sun, 7 Sep 2003 11:00:24 +0200
da carta org luglio 2003 Welfare partecipato, opinioni dal basso "Più welfare, più locale, più partecipazione". Lo slogan scelto dall'associazione Nuovo welfare e i ricercatori dell'Unicab sintetizza bene i risultati dell'indagine sull'opinione degli italiani rispetto alle politiche sociali. La ricerca, intitolata "Quale welfare per l'Italia delle Regioni", rovescia luoghi comuni e conferma una "voglia di sociale" e un desiderio di partecipazione alla cosa pubblica da parte dei cittadini che pochi indagini avevano evidenziato finora. Eppure, la crescita dei movimenti, dai forum sociali al movimento per pace fino ai girotondi, hanno ampiamente anticipato alcuni risultati dell'inchiesta, che ha coinvolto più di ventimila persone attraverso interviste telefoniche. La più grande indagine mai realizzata in Italia sulle opinioni rispetto allo stato sociale, comprende novantaquattro tabelle e numerosi articoli di interpretazione che aiutano a conoscere meglio bisogni, aspettative e giudizi degli italiani. Che hanno innnanzitutto espresso un giudizio positivo sulla qualità della vita della propria ragione [83 per cento]: giudizio più condiviso dai laureati, un po' meno tra chi ha un basso livello di scolarizzazione. "Dal punto di vista geografico i cittadini del nord - si legge nella ricerca - hanno espresso un più elevato livello di soddisfazione per la qualità della vita in generale". È nei comuni fino a 5.000 abitanti che è stata registrata la percentuale di soddisfatti e ottimisti più alta della media. Dal punto di vista sociale l'area del disagio sembra destinata ad allargarsi: un italiano su dieci vive infatti una marginalità priva di prospettive di inserimento; i più esposti a questa dinamica sono gli anziani, le donne e chi ha un basso livello di scolarizzazione. Interessanti le risposte alla domanda "In quali regioni si vive meglio?": Emilia Romagna, Lombardia e Toscana sono le regioni con più consensi, Sicilia, Abruzzo, Sardegna e Campania quelle con meno. Quanto alla fiducia nelle istituzioni, il 58 per cento degli intervistati ha espresso fiducia nei confronti soprattutto del Comune, seguito da Regione [55 per cento], Provincia [51 per cento], e Stato [48 per cento]. Gli autori della ricerca evidenziano anche che "si stanno sempre più affermando la local comunity, comunità in cui il ruolo dei cittadini è sempre più attivo anche se non si esprime più stesse forme e modi attraverso i quali si esprimeva prima. In questo senso parlare di locale ha un valore strategico per diversi fattori: perché è dal territorio che emergono nuovo istanze, maturano nuove aspetattative, valutazioni e ciscuno sperimenta la sua socialità in termini di partecipazione". Così come il livello municipale ha avuto la meglio su quello delle altre istituzioni pubbliche, le organizzazioni non profit [85 per cento] hanno ricevuto più consensi dei partiti [17 per cento] e dei sindacati [37 per cento]. Il 66 per cento degli intervistati hanno anche dichiarato che le organizzazioni sociali devono essere maggiormante coinvolte nella programmazione e nelle decisioni da prendere a livello politico. Il 64 per cente delle persone intervistate ha detto di essere favorevole all'aumento delle tasse e dei servizi. In particolare, la preferenza va per i servizi di sanità pubblica e per quelli legati alla scuola. Certo è che negli utlimi anni l'ampiezza dell'idea di welfare dei cittadini non è più solo la sanità e l'assistenza: "l'idea di welfare è qualcosa di strettamente connesso alla qualità della vita più generale, alle opportunità, ai percorsi di inserimento, ai diritti". Secondo i cittadini intervistati "l'assistenza agli anziani" e "i supporti a chi vive un disagio economico" sono le nuove frontiere del welfare. I dati dicono anche che chi vive un disagio, ed è è l'utente principale delle politche sociali, è anche colui che ha una conoscenza più bassa dei sistemi di garanzia. Infine, è utile segnalare come tre intervistati su quattro sono decisamente contrari ai tagli dei finanziamenti destinati alle politiche sociali [la seconda parte della ricerca, relativa alle opinioni sulle singole istituzioni regionali, sarà pubblicata in autunno]. Spesa sociale ed enti locali: la scommessa della partecipazione Un'indagine dello Spi-Cgil L'osservatorio Spi-Cgil ha reso noto i risultati dell'indagine condotta sul welfare dei comuni, condotta su sessanta comuni medio-grandi in tutta Italia. I risultati sono interessanti soprattutto perché mettono in evidenza quegli aspetti che concretamente incidono sulla differenza degli investimenti stanziati dai municipi nel settore sociale, sia per quanto riguarda la loro entità, sia per quanto riguarda la loro composizione. Il periodo preso in considerazione è il 2001, e la prima cosa che salta agli occhi è un'inversione di tendenza in alcune zone del paese. A fronte di un generale seppur lieve aumento della spesa sociale rispetto al 2000, i comuni del Mezzogiorno registrano invece per la prima volta una diminuzione di circa il 2 per cento. Mentre le zone del Centro registrano un aumento della spesa che si attesta al 4,5 per cento, con gli incrementi più consistenti a Firenze col +34,3, Campobasso col +21,6 e a Parma con il +19 per cento. La prima cosa che emerge dall'analisi dello Spi-Cgil è che proprio in quei comuni del Mezzogiorno dove la spesa diminuisce, le risorse destinate a interventi "burocratici" per l'amministrazione sono assai più consistenti che nel resto del paese: in media pesano di ben un 5 per cento in più sull'intero budget. Altro elemento importante che viene messo in evidenza è l'autonomia finanziaria: le spese per il welfare locale aumentano in quei comuni dove maggiore è l'autonomia finanziaria e quindi la pressione tributaria. Sono quindi le tasse locali a finanziare in maniera più cospicua la spesa sociale dei comuni: se si osserva la tabella n°1 si nota che i comuni del Mezzogiorno hanno una pressione fiscale pari alla metà di quella del Centro, e addirittura un terzo di quella del Nord est. Sono proprio questi i comuni dove si registra il maggior calo nella spesa sociale. La spesa destinata al welfare dai comuni si attesta su una media nazionale del 32,4 per cento, ma questo dato tuttavia oscilla tra le punte di Parma [52,1], Bolzano [50,8] e Reggio Emilia [50,6] e quelle opposte di Messina [19], Potenza [18,8] e Campobasso [18,6]. Lo stesso andamento lo ritroviamo se prendiamo in considerazione la spesa sociale pro-capite: a fronte di una media di 307,1 euro si oscilla tra le punte di Bolzano [689,2 euro] e quelle di Torre del Greco [137,1 euro]. Il dato della spesa sociale si fa però ancora più interessante se viene disarticolato nei vari settori di intervento. Sono infatti i settori dell'istruzione pubblica [-14,2 per cento] della cultura [-6 per cento] e dello sport [-4,8 per cento] a registrare i cali più netti nel Mezzogiorno, mentre le misure sociali "in senso stretto" - come l'assistenza e la beneficenza - registrano addirittura un aumento dell'11,4 per cento. Esattamente il contrario di quanto avviene al Nord, dove, a fronte di un aumento della spesa per la cultura e per le strutture di residenza ed assistenza per anziani, la spesa sociale "in senso stretto" diminuisce: se nel Mezzogiorno occupa il 30 per cento degli stanziamenti complessivi, al Nord non raggiunge neppure il 25 per cento. Le differenze di investimento tra i vari comuni sono altamente collegate a concezioni del welfare radicalmente diverse: una maggiormente ancorata all'assistenza, l'altra caratterizzata dalla compartecipazione al finanziamento dei cittadini, caratterizzata dal coinvolgimento di imprese sociali e dallo stimolo verso forme nuove di finanziamento. Concezioni differenti, che in primo luogo derivano dalle diverse capacità impositive dei comuni. Ecco perché un ulteriore elemento strategico è individuato dall'analisi dello Spi-Cgil nelle caratteristiche demografiche dei diversi comuni. Dove il tasso demografico basso rende impossibili entrate cospicue, la spesa sociale sarà caratterizzata da una scarsa propensione all'investimento. Da questo punto di vista va però sottolineato che il nuovo testo dell'articolo 119 della Costituzione prevede misure correttive in tal senso, come l'istituzione di un fondo perequativo da parte dello Stato per i territori con minore capacità fiscale, al fine di garantire l'effettivo esercizio dei diritti della persona. A tale proposito è probabile che, nonostante l'attuazione di norme perequative, con l'attuazione della riforma del Titolo V della Costituzione si aprirà una fase molto delicata per il welfare locale, nella quale le autonomie locali dovranno dimostrare di essere in grado di gestire il finanziamento delle proprie politiche sociali. Per questo l'analisi conclude individuando due binari lungo i quali si giocherà il futuro del welfare: la propensione dello Stato ad assicurare la leva perequativa e quindi a garantire il sostegno alle aree più depresse, che altrimenti risulterebbero automaticamente penalizzate; e la capacità dei governi locali di quelle aree di incrementare efficacia ed efficienza dell'azione amministrativa, puntando su nuove forme di finanziamento, coinvolgendo la cittadinanza e le imprese sociali. La scommessa, con un governo di centro-destra che incentiva i tagli alla spesa pubblica e penalizza il welfare, è quella di fare della spesa sociale a livello locale un punto di forza in grado di stimolare forme di partecipazione attiva di cittadini, per contrastare tanto le tendenze verso un neo-centralismo, quanto quelle verso un federalismo irresponsabile.
- Prev by Date: nuove frontiere per video e computer
- Next by Date: la via dell'idrogeno in italia
- Previous by thread: nuove frontiere per video e computer
- Next by thread: la via dell'idrogeno in italia
- Indice: