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MACCHINE MOLECOLARI
- Subject: MACCHINE MOLECOLARI
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Fri, 11 Jul 2003 06:52:39 +0200
da boiler.it giornale di scienza, innovazione e ambiente 28.06.2003 FOCUS.Innovazione Attacco alle (nano)macchine di NOAH SHACHTMAN PRIMA C'È STATA la paura del nucleare. Poi quella degli alimenti geneticamente modificati. E ora gli ambientalisti europei e canadesi hanno trovato un nuovo mostro di laboratorio da combattere: la nanotecnologia. Nei giorni scorsi, infatti, Greenpeace, GeneWatch U.K., l'Etc Group e altri movimenti ecologisti si sono riuniti a Bruxelles, presso la sede centrale del Parlamento europeo, per parlare dei potenziali rischi derivanti dalla manipolazione scientifica degli strati più profondi della materia, al livello microscopico di miliardesimi di metro. Le apparecchiature nanotecnologiche sono così piccole - ha spiegato Jim Thomas, dirigente dell'Etc - che potrebbero riuscire a penetrare nell'epidermide, infiltrarsi negli organi vitali e circolare nell'organismo senza suscitare la minima reazione nel sistema immunitario. Senza contare che le ultime ricerche - ha aggiunto - hanno ampiamente dimostrato come la tossicità della materia, a prescindere dal materiale specifico di cui è composta, aumenti in proporzione alla sua concentrazione. "Il nostro obiettivo è quello di ottenere una sospensione dello sviluppo di tali tecnologie", ha concluso, "almeno finché non si saranno stabilite delle misure di sicurezza chiare e condivise e non si sarà arrivati a una piena consapevolezza dell'impatto che le nanoparticelle possono avere sulla società, sulla realtà politica, sulla cultura e sull'ambiente". Chad Mirkin, presidente dell'Istituto di nanotecnologiadella Northwestern University, si è detto sconcertato dell'atteggiamento degli ecologisti. Troppe molecole possono essere studiate solo su nanoscala. Pensare di poter fermare tutte le ricerche, secondo lui, è inconcepibile. "Respiriamo nanoparticelle ogni giorno", ha commentato. "Le intenzioni di queste persone sono buone, ma stanno parlando di un argomento del quale non hanno alcuna competenza. La nanoscienza non è un settore scientifico a parte, distinto dagli altri. È una nuova ottica, un nuovo approccio alle discipline tradizionali. Gran parte di ciò che oggi chiamiamo "nanotecnologia", ieri era semplicemente chimica, biologia o scienza dei materiali. "Voler mettere al bando la nanotecnologia vuol dire voler mettere al bando qualsiasi attività scientifica", ha concluso Mirkin. Paure autorevoli... È dagli anni Ottanta, quando l'allora ricercatore del Mit Eric Drexler ha introdotto nel lessico comune il termine "nanotecnologia", che l'uomo combatte con gli incubi legati a questa innovazione. Le macchine molecolari artificiali immaginate da Drexler sarebbero state capaci di svolgere qualsiasi attività, nonché di produrre qualunque cosa, incluse altre apparecchiature nanotech. Il pericolo era che poi però non si riuscisse più a fermarle. Il mondo avrebbe rischiato di essere invaso da uno sciame di minirobot, da un'orda di replicanti. Michael Crichton, l'autore di Jurassic Park, e Bill Joy, il fondatore della Sun Microsystems, sono stati due dei massimi interpreti di tale scetticismo. E a loro, recentemente, si è aggiunto anche il principe Carlo d'Inghilterra che, a maggio di quest'anno, si è detto seriamente disturbato della diffusione dei nanoautomi, al punto che la Royal Academy of Engineering e la Royal Society, la più autorevole accademia scientifica inglese, hanno intrapreso un'indagine sui possibili pericoli connessi all'utilizzo delle nanotecnologie. Secondo le agenzie di stampa inglesi, a suscitare l'interesse di Carlo sarebbe stata proprio una relazione dell'Etc Group, The Big Down ("La grande calata"), sull'argomento. Ma il direttore esecutivo dell'Etc, Pat Mooney, ha replicato che i nanorobot non sono l'aspetto della questione che più lo preoccupa. Dopo tutto, la maggior parte degli scienziati ritiene ancora molto lontana l'effettiva realizzazione di replicanti del genere. Il vero problema - ribadisce Mooney - è quello ambientale, legato alla creazione, su base biologica, di macchine a immagine e somiglianza d'uomo. Paradossalmente, questi robot "organici" erano proprio l'idea di partenza di Drexler, il padre della nanotecnologia. Il suo Foresight Institute ha elaborato, a tale proposito, alcune linee guida di limitazione dei rischi. Una per tutte: alle macchine autoreplicanti non dovrebbe essere consentito di riprodursi spontaneamente al di fuori del controllo umano. Un futuro da regolamentare A prescindere dai punti di vista, però, la nanotecnologia è il nostro futuro. Miliardi di dollari ogni anno vengono investiti in questo settore, anche se gli ambientalisti continuano a sostenere la pericolosità di progetti del genere. E non hanno tutti i torti. Le proprietà di un materiale cambiano radicalmente quando esso viene concentrato e ridotto a una scala microscopica. E non sarebbe male - ammette Kevin Ausman, direttore esecutivo del Center for Biological and Environmental Nanotechnology della Rice University - finanziare degli studi relativi all'impatto delle nanoparticelle sulla salute e sull'ambiente. Il problema è che le varietà di nanoparticelle sono troppo numerose per studiarle tutte. Secondo Ausman, converrebbe analizzare quelle più rilevanti dal punto di vista scientifico e commerciale. Secondo l'Etc Group, però, iniziative simili non sono sufficienti. Piuttosto ci dovrebbe essere, quantomeno, un insieme di regole di sicurezza condivise da tutti. Alcuni ricercatori maneggiano questi materiali tenendo conto della loro potenziale tossicità, e indossano dei camici di protezione. Ma altri non usano memmeno i guanti. "È un'idiozia non cercare una linea d'azione comune che stabilisca le pratiche migliori da adottare in laboratorio", commenta Mooney. E se l'Etc si è mobilitata, è probabile che la protesta otterrà dei risultati. Non sarebbe la prima volta. Negli anni Novanta, l'organizzazione - che allora si chiamava Rural Advancement Foundation International - citò in tribunale la Monsanto e altre aziende chimiche perché bloccassero le sperimentazioni sulle piante geneticamente modificate che producevano semi sterili. E dopo una lunga battaglia legale, la Monsanto fu effettivamente costretta a fermare le ricerche. Robot molecolari, è davvero possibile? di NOAH SHACHTMAN PER ERIC DREXLER questo dovrebbe essere un momento di gloria. I suoi colleghi, invece, lo trattano come se fosse un vecchio svitato. La nanotecnologia, il settore scientifico da lui avviato, è diventata una disciplina di rilievo, un business ultramiliardario, con riflessi innovativi in ambito medico, commerciale e accademico. Ma secondo la maggior parte degli specialisti attuali, il sogno portato avanti dal padre del nanotech, l 'utopia dei robot molecolari, è solo fantascienza. E per altri, se la sua visione dovesse mai avverarsi sarebbe una tragedia per l'umanità. In ballo c 'è molto più che un pugno di scienziati in cerca di gloria. Aziende, governi e università hanno investito enormi quantità di denaro in ricerche e progetti. Ma nessuno ha avuto il coraggio di scommettere sui nanorobot di Drexler. «Non me la sento di escludere nessuna possibilità per il Ventiduesimo e Ventitreesimo secolo», commenta Kevin Ausman, direttore esecutivo del Center for Biological and Environmental Nanotechnology della Rice University. Ma la microrobotica di Drexler «è un'ipotesi a cui nessuno sta ancora lavorando concretamente, e alla quale mancano degli obiettivi coerenti». Al contrario, i ricercatori stanno sfruttando le proprietà delle particelle nanometriche (nell'ordine di miliardesimi di metro) nella sperimentazione di nuove terapie contro il cancro e il morbo di Alzheimer, nella progettazione di materiali da costruzione più resistenti, di vestiti idrorepellenti e antimacchia, di display flessibili per computer. Secondo Drexler, attualmente presidente del Foresight Institute, una think tank nanotecnologica, questi sono tutti progetti interessanti, ma che hanno molto poco a che fare con l'incubo dei nano-automi che da circa vent'anni terrorizza l'opinione pubblica. E si lamenta del fatto che «le sole ricerche sulle macchine molecolari siano in realtà esperimenti da cantina, di basso livello, tentati da non addetti ai lavori nel tempo libero». L'uomo come Madre Natura? L'idea di costruire una macchina molecola per molecola, atomo per atomo, esisteva già nel 1959, quando il Nobel per la chimica Richard Feynman pronunciò il suo famoso discorso There's Plenty of Room at the Bottom. Ma il concetto prese davvero corpo solo negli anni Ottanta, quando Drexler, allora ricercatore del Mit, coniò una definizione per le nozioni individuate da Feynman: nanotecnologia. Dall'osservazione delle proteine e degli enzimi che agiscono all'interno del corpo umano, gli era venuta l'idea di minuscole apparecchiature biologiche in grado di attivare e disattivare i geni, di costruire fibre muscolari e di riprodursi autonomamente. Nel suo primo libro, Engines of Creation, si chiedeva: perché l'uomo non potrebbe fare ciò che la natura fa da un'eternità? La sua previsione era che, un giorno, ci sarebbero state delle macchine microscopiche e autoreplicanti, in grado di riparare le cellule del nostro organismo e di allungarci la vita, di rendere più leggere ed economiche le astronavi, di produrre intelligenze artificiali. Questi nanorobot ebbero una presa immediata sull'immaginazione popolare. Esplosero le ricerche sull' infinitamente piccolo. Nel 2000, il presidente Clinton ha approvato la National Nanotechnology Initiative, un sistema di finanziamenti per questo settore pari a circa cinquecento milioni di dollari l'anno. Prima o poi, secondo Clinton, la nanotecnologia «avrebbe portato al cento per cento dei successi nella lotta contro ogni tipo di cancro». Ma proprio all'apice del dibattito, gli ideali di Drexler hanno ricevuto un brutto colpo dal fondatore della Sun Microsystems, Bill Joy, che in un articolo pubblicato da Wired, Why the Future Doesn't Need Us ("Perché il futuro non ha bisogno di noi"), ha scritto: «La conseguenza più immediata di questo sogno faustiano sarà semplicemente quella di farci correre un gravissimo rischio: quello di distruggere la biosfera da cui dipende la nostra esistenza». In assenza di ogni controllo, le macchine molecolari potrebbero riprodursi all'infinito, finendo con l'invadere il pianeta. Botta e risposta Tutto questo succederebbe se mai un un giorno i minirobot venissero effettivamente costruiti. Ma molti scienziati non ne sono così sicuri. «La nanorobotica non è una valida ipotesi scientifica. È pura fantascienza», commenta Stephen Quake, fisico del California Institute of Technology. Secondo lui, il movimento costante degli atomi e delle molecole rende impossibile la costruzione di apparecchiature del genere. Il principio di indeterminatezza di Heisenberg - secondo il quale più si conosce la posizione di una particella subatomica, meno se ne conosce il momento angolare, e viceversa - sarebbe poi un altro elemento a sfavore del sogno di Drexler. Com'è possibile manipolare gli atomi se è così difficile identificarne le componenti? Ma l'attacco più forte alla nanorobotica è stato quello di Richard Smalley, Nobel per la chimica della Rice University. Nel 1999, Smalley tesseva le lodi di un mondo in cui «abbiamo imparato a controllare la nostra attività creative fino al livello più profondo, atomo per atomo». Ma nel 2001 si era già convinto che il trionfo totale di questo sogno non sarebbe stato assolutamente possibile. Le "dita" con cui maneggiamo questa delicata materia sono troppo grandi e rudi, sosteneva in un articolo sullo Scientific American. In conseguenza di tali critiche, e per di più in un periodo di difficoltà personali in seguito a un divorzio, Drexler finì per ritirarsi per parecchi anni dalla scena pubblica, dedicandosi all'informatica e alla matematica pura. Ma ora ha rotto il suo silenzio, e ha deciso di rispondere pubblicamente ai suoi avversari. Alla fine di aprile, ha inviato una lettera aperta a Smalley, accusandolo di falsare il suo lavoro con «argomentazioni tendenziose». Gli enzimi, equivalenti naturali delle macchine molecolari da lui immaginate, non hanno bisogno di "dita" per essere creati. E non ne avrebbero bisogno neanche i suoi minirobot. «La convinzione che ci siano delle prove concrete dell'irrealizzabilità della mia idea è una leggenda metropolitana. Tutte chiacchiere. Non esiste nessun saggio, nessun esperimento in proposito», aggiunge. «È tutto una gran confusione tra quello che si sta effettivamente facendo e quello che un giorno potrà essere fatto».
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