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GRANELLO DI SABBIA ( n°100 ) - ricevo e giro (abbonatevi, non vi costa un euro)
- Subject: GRANELLO DI SABBIA ( n°100 ) - ricevo e giro (abbonatevi, non vi costa un euro)
- From: Daniele Barbieri <barbieri at carta.org>
- Date: Tue, 1 Jul 2003 09:18:54 +0200
GRANELLO DI SABBIA (n°100) Bollettino elettronico settimanale di ATTAC Giovedì, 19-06-2003 ______________________________ Vi preghiamo di diffondere il Granello nella maniera più ampia possibile. Numero di abbonati attuali: 6 426 ATTENZIONE: tutti i Granelli di Sabbia sono a disposizione sul sito in versione .pdf e .rtf al seguente indirizzo: http://www.attac.org/italia/granello/indice.htm ____________________________________________________________ Scuse: perdonateci per il ritardo nell'uscita del numero 100, ma da 4 giorni stiamo litigando con il servere d'invio! Indice degli argomenti Nota: 100 di questi Granelli! (La redazione) 1 - Sangue in cambio di acqua: la guerra come scusa per ampliare il dominio delle multinazionali Il caso della Bechtel di Vandana Shiva Dopo aver bombardato ospedali, ponti e acquedotti iracheni, gli Stati Uniti e le più grandi aziende statunitensi mietono gli ingenti profitti derivanti dalla ricostruzione della società che hanno deliberatamente distrutta. Il sangue non è stato versato soltanto per il petrolio ma anche per il controllo delle acque e di altri servizi d'importanza vitale. (.)Traduzione a cura di Paola Andreotti 2 - Genova per loro: un'azienda come un'altra Carlotta Guarascio (ATTAC Genova) Alla fine il Comune di Genova ha deciso di vendere le dighe e gli impianti idrici, mettendo a repentaglio la sua stessa maggioranza e nonostante l' opposizione e lo sforzo della campagna Questo mondo non è in vendita, insieme ad ATTAC di provare a ragionare su altre e più partecipate soluzioni. 3 - La globalizzazione va in posta di Greg Poferl Il commercio internazionale non significa più soltanto beni di manifattura. In che modo gli accordi di libero scambio potrebbero avviare la privatizzazione postale (.) Traduzione a cura di Giacomo Guatteri 4 - Scenario di libero scambio postale di Larry Weiss Osserviamo una situazione ipotetica per vedere che cosa possa accadere agli impiegati dell'USPS (il servizio postale statunitense) se regole commerciali come quelle proposte dai nuovi GATS e FTAA (Alca) fossero in funzione. (.) Traduzione a cura di Giacomo Guatteri 5 - Genericamente ipocriti di Silvia Ribeiro (Etc) Ancora una volta le maggiori imprese farmaceutiche figurano quest'anno in Fortune Global 500, l'elenco delle imprese più grandi del mondo. Continuano a essere il settore che ha i maggiori guadagni netti di tutti i rami industriali del pianeta. Molti sono anche i maggiori produttori di semi transgenici e di prodotti agrochimici del mondo. (.) Traduzione: Andrea Pieralli - Attac Firenze 6 - A proposito della "Eccezione Culturale" di Serge Regourd Di fronte alle negoziazioni dell'OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio) la questione della "Eccezione culturale" è tornata al centro dell'attualità. Bisogna rilanciare un dibattito pubblico su questo tema, esprimendosi in favore di un nuovo strumento giuridico che proclami, e garantisca, "la diversità culturale". (.) Traduzione a cura di: Luisa Villa _____________________________ 100 di questi Granelli! __________________________________________________________ Siamo arrivat* al numero 100, un anno e nove mesi di impegno e divertimento per un prodotto abbastanza unico e particolare: il Granello di Sabbia. Per molti di voi è troppo lungo, per altri somministra una buona dose di antiliberismo settimanale, per diversi è da stampare e leggere con calma, per altri ancora da tenere via per l'inverno. La nostra rivista elettronica non è facile, ma offre sempre la possibilità, almeno speriamo, di approfondire e di riflettere sui danni e le miserie della finanziarizzazione del mondo, sulle resistenze al liberismo (tante) che si trovano ai cinque angoli del pianeta e sulle alternative che per lo più mancano ancora. Non celebriamo questo numero 100 con un numero speciale. Oggi vi offriamo il "solito", lungo e intenso Granello (dove Vandana Shiva ci parla di multinazionali e guerra e altr* di vendita di acquedotti a Genova, di multinazionali della farmaceutica, di privatizzazioni delle poste globali e delle differenze culturali). Però ci prendiamo un impegno, quello di realizzare con questa "piccola enciclopedia disordinata di autoeducazione popolare" un cd-rom con tutti i numeri e gli articoli, suddivisi per argomenti ecc. Il MediATTAC è già al lavoro! Il primo ringraziamento va a voi, lettori e lettrici, pazienti. L'abbraccio a Laurent Jesover, instancabile e generoso compagno di Attac Francia che ci ha sempre aiutato e agli altri Granelli del mondo (lo sapete che siamo 6 Granelli per oltre 100.000 lettori?!?). Un grazie infinito a tutt* traduttrici e traduttori, ai loro coordinatori passati e presenti, Patrizia Rosa Rosa, Umberto Bardella, Corinne Milani. Senza di loro nulla era possibile. E infine un ricordo per uno di noi che non c'è più e che continueremo a portare con noi, ovunque andiamo. Ciao Riccardo. Motivés! La Redazione PS aiutateci a diffondere il Granello, fatelo conoscere! Non riusciamo a farlo, siamo troppo impegnati a realizzarlo. _____________________________ 1 - Sangue in cambio di acqua: la guerra come scusa per ampliare il dominio delle multinazionali Il caso della Bechtel __________________________________________________________ di Vandana Shiva Dopo aver bombardato ospedali, ponti e acquedotti iracheni, gli Stati Uniti e le più grandi aziende statunitensi mietono gli ingenti profitti derivanti dalla ricostruzione della società che hanno deliberatamente distrutta. Il sangue non è stato versato soltanto per il petrolio ma anche per il controllo delle acque e di altri servizi d'importanza vitale. In un periodo di declino della crescita economica e di rallentamento dell'irresistibile e devastante forza della globalizzazione, la guerra è diventata una scusa conveniente per espandere il dominio delle multinazionali. Se l'Organizzazione Mondiale del Commercio non basta, utilizza la guerra. Pare essere questa la filosofia politica ed economica soggiacente del neo-conservatorismo che domina oggi gli Stati Uniti e che tenta di impadronirsi del mondo. Ciò che è stato rivelato nei mesi scorsi è la totale, putrescente corruzione su cui si basa il nuovo ordine mondiale. Come ha affermato Bob Herbert nell'articolo intitolato: "Ask Bechtel what war is good for" (Chiedete a Bechtel a cosa serve la guerra) (Herald Tribune, 22 aprile 2003, p6) "In qualche parte del mondo George Shultz sta sorridendo". Shultz, la cui foto potrebbe giustamente comparire a fianco di ogni definizione dell'apparato militare industriale è stato Segretario di Stato con il presidente Ronald Reagan e da moltissimi anni è un pezzo da novanta del potentissimo Bechtel Group di San Francisco, dove prima regnava quale presidente e di cui è ora membro del Consiglio e consulente di altissimo livello. Diversamente dal cantante soul Edwin Starr, di cui è noto l'impegno contro la guerra, e che per ironica coincidenza, ha ottenuto l'eterna ricompensa proprio quando le forze di terra statunitensi sciamavano verso Baghdad - Shultz sa bene a cosa serve la guerra. Egli voleva la guerra con l'Iraq e con quale intensità la desiderava!. Shultz è stato presidente del Comitato di liberazione dell'Iraq, ferocemente favorevole alla guerra, impegnato ben oltre la liberazione politica di quel paese così ricco di petrolio, verso l'enormemente redditizia "ricostruzione della sua economia". In un articolo pubblicato nel mese di settembre 2002 sulla prima pagina del Washington Post dal titolo "Act Now; The Danger Is Immediate (Agire ora, il pericolo è immediato), Shultz, scriveva: "Esistono solide basi per un intervento militare immediato contro Hussein e per un impegno multilaterale per la ricostruzione dell'Iraq dopo che egli se ne sarà andato". Accidenti! Mi domando quale azienda egli ritenesse capace di capeggiare tale impegno. Il Bechtel Group di Shultz è riuscito a dimostrare con esattezza a cosa servano le guerre. L'amministrazione Bush ha concesso il primo importante contratto per ricostruzione dell'Iraq, un accordo di 680 milioni di dollari per diciotto mesi che ha innalzato Bechtel al ruolo di leader della ricostruzione a lungo termine del paese, che potrebbe costare 100 miliardi di dollari e forse più. Bechtel, in sostanza, ha ottenuto il permesso di far quattrini. E tale permesso gli è stato concesso con un processo a porte chiuse, riservato ad un gruppo ristretto di aziende statunitensi collegate a partiti politici. La dittatura di Saddam viene man mano sostituita dalla dittatura delle multinazionali statunitensi, e minima è la distinzione tra coloro che siedono nelle sale dei consigli di amministrazione e coloro che invece siedono alla Casa Bianca, al Pentagono o in altre istituzioni governative. Mancanza di trasparenza e corruzione La mancanza di trasparenza della Cina è risultata evidente nel caso della SARS. La concessione a Bechtel del primo contratto per la ricostruzione dell'Iraq è un esempio lampante di mancanza di trasparenza, di segretezza e corruzione tramite cui è stato istituito il dominio delle multinazionali. Che si tratti di contratti per la privatizzazione dell'acqua in Bolivia o in India, o di accordi per la "ricostruzione" dell'Iraq, la segretezza e la mancanza di democrazia e trasparenza caratterizzano i metodi di accaparramento di mercati e profitti. Il "libero commercio" è chiaramente, totalmente schiavo. È coercitivo, corrotto, ingannevole e violento. Il dominio delle multinazionali non è un'alternativa alla dittatura di Saddam. Significa sostituire una dittatura con un'altra: con la dittatura delle multinazionali che hanno ricattato il potere dello Stato e che utilizzano la forza militare per impadronirsi dei mercati. L'intrinseca disonestà e gli inganni perpetrati dalla dittatura delle multinazionali non appaiono evidenti a coloro che la impongono in nome dell' "operazione Iraq libero" (Operation Iraqi Freedom". Essa sorge da una confusione fondamentale su ciò che si intende per libertà e creazione. Quando la storia millenaria della Mesopotamia è stata distrutta dalla presenza militare statunitense, il commento ingenuo e irresponsabile di Ronald Rumsfeld è stato il seguente: "Le persone libere sono libere di commettere errori e delitti e di comportarsi erroneamente". Secondo questa logica, i terroristi che hanno fatto schiantare gli aerei sul World Trade Centre eccellono nell'esercizio della legittima libertà di "commettere delitti e comportarsi erroneamente". E secondo la stessa logica che ha reso la presenza militare statunitense muta spettatrice di fronte al saccheggio di Baghdad e dei suoi tesori storici, gli Stati Uniti non avevano alcun diritto di muovere guerra al terrorismo dopo l'11 settembre. Così come c'è confusione su ciò che comporta la libertà umana fra coloro che tentano di creare una "libertà" per altri, mediante la guerra, così c'è confusione su ciò che si intende per ricostruzione e "distruzione". Ciò che è avvenuto in Iraq non si può chiamare che distruzione. Ma viene solitamente chiamato "ricostruzione". Persone innocenti sono state uccise, migliaia di anni di storia delle civiltà sono stati distrutti e cancellati. Eppure, Jay Garner - l'ex generale statunitense in pensione, nominato in Iraq unilateralmente capo dell'Ufficio per la ricostruzione e l'assistenza umanitaria parlava di "dare alla luce un nuovo sistema in Iraq". Le bombe non danno alla luce una società, annullano la vita. Le nuove società non "nascono" distruggendo l'eredità storica e culturale delle civiltà più antiche. Forse la scelta di permettere la distruzione dell'eredità storica dell'Iraq era un pre-requisito dell'illusione di "dare alla luce" una nuova società. Forse coloro che governano gli Stati Uniti non percepiscono tali violazioni, perché la loro stessa società è stata costruita sul genocidio degli indiani americani. L'annullamento dell'"altro" sembra essere considerato "naturale" da coloro che detengono il potere dell'unica superpotenza mondiale. Forse percepire la distruzione deliberata di una civiltà e di migliaia di vite innocenti considerandola un processo di "rinascita" è espressione dell'"illusione patriarcale occidentale di "creazione" che confonde la distruzione con la creazione e l'annullamento con la nascita. L'"illusione di creazione" identifica capitali e macchine, comprese quelle da guerra, quali fonti di "creazione", e natura e società umane, specialmente quelle non occidentali, come morte, inerti, passive o pericolose e cannibalistiche. E' questa stessa visione del mondo a creare "il dovere per l'uomo bianco" di liberare la natura e le nostre società anche facendo uso della violenza, considerando tale operato come una " nascita" della libertà. Quali che siano le radici più profonde dell'istituzione di un'economia del saccheggio e della violenza in Iraq in nome della "ricostruzione", l' approfittare della guerra da parte di multinazionali come Bechtel conferma che la guerra è una globalizzazione che utilizza altri mezzi. Per gli abitanti di questa terra, la sfida consiste nel far convergere le energie del movimento anti-globalizzazione, del movimento per la pace e del movimento per la democrazia reale. La nostra sfida consiste nel recuperare il vero significato della parola libertà, affrancandolo dalle contaminazioni cui è stato soggetto per le ambiguità insite in espressioni quali "libero commercio" e "operazione Iraq libero". La "libertà" ricercata tramite trattati di libero commercio e le regole imposte dall'Organizzazione Mondiale del Commercio e la "libertà" risultante dalla guerra in Iraq sono soltanto, per le multinazionali, libertà di far man bassa delle ricchezze disponibili. Tale libertà è una licenza di saccheggio. Ed i saccheggi perpetrati dalle multinazionali e il loro concetto di libertà stanno distruggendo la democrazia e la libertà dei popoli e delle società. La nuova libertà che i popoli ricercano in tutto il mondo è la libertà dalla dittatura delle multinazionali favorita e legittimata a dal militarismo e dalla guerra. Ciò è importante per i cittadini iracheni e degli altri paesi invasi dalle multinazionali globali sotto la protezione dei trattati militari o del "libero commercio", tanto quanto lo è per i cittadini degli Stati Uniti. Il contratto Bechtel e la guerra in Iraq, che ha creato l'opportunità di enormi profitti ricavabili dalla "ricostruzione", hanno evidenziato la mancanza di trasparenza, democrazia e responsabilità in tutte le decisioni economiche e politiche prese dall'amministrazione americana, ormai divenuta indistinguibile dalle multinazionali statunitensi. Un regime in cui i governi sono divenuti strumenti di interessi corporativi non è più democratico. Invece di avere un governo "del popolo, gestito dal popolo, per il popolo", abbiamo un governo "delle multinazionali, gestito dalle multinazionali, per le multinazionali". Per la democrazia, favorire un "cambiamento di regime" è una necessità impellente, sia per gli Stati Uniti che per l'Iraq e per ogni altro paese in cui la dittatura delle multinazionali si stia consolidando. Bechtel in Bolivia La storia più famosa in cui si sia manifestata l'avidità corporativa di Bechtel per l'acqua è la storia di Cochabamba in Bolivia. In questa regione semidesertica, l'acqua è scarsa e preziosa. Nel 1999 la Banca mondiale raccomandava la privatizzazione dell'azienda municipale dell'acqua di Cochabamba (SEMAPA) mediante una concessione alla International Water, una società controllata da Bechtel. Nell'ottobre 1999, è stata approvata la legge per il trattamento dell'acqua potabile (Drinking Water and Sanitation Law), che poneva fine ai sussidi del governo e ne consentiva la privatizzazione. In una città in cui lo stipendio minimo è inferiore ai 100 dollari al mese, le bollette per l'acqua raggiungevano i $20 al mese, ammontando quasi al valore dei costi alimentari di una famiglia di cinque persone per due settimane. Nel gennaio del 2000, è stata fondata un'associazione di cittadini chiamata "La Coordinadora de Defense del Aqua y de la Vida" (Coordinamento in difesa delle acque e della vita) che ha bloccato le vie cittadine per quattro giorni, con una mobilitazione di massa. Tra i mesi di gennaio e febbraio del 2000, milioni di boliviani hanno marciato verso Cochabamba, per uno sciopero generale che ha bloccato tutti i mezzi di trasporto. Il governo ha promesso di invertire la tendenza al rialzo dei prezzi, ma non ha mai mantenuto la parola. Nel febbraio del 2000, La Coordinadora ha organizzato una marcia pacifica per richiedere l'abrogazione della legge sull'impiego di misure sanitarie per l'acqua potabile (Drinking Water and Sanitation Law), l'annullamento delle ordinanze che ne consentivano la privatizzazione, il blocco del contratto per l'acqua e la partecipazione dei cittadini al progetto di legge per le risorse idriche. Le richieste dei cittadini, che intralciavano gli interessi corporativi, sono state represse con la violenza. Le critiche fondamentali de La Coordinadora vertevano essenzialmente sulla negazione dell'acqua quale proprietà della comunità. I manifestanti utilizzavano slogan del tipo: "l'acqua è un dono di Dio, non una merce" e "l'acqua è vita". Nell'aprile del 2000, il governo ha tentato di tacitare le proteste per l' acqua, mediante una legge di mercato. Gli attivisti sono stati arrestati, i manifestanti uccisi e i media censurati. Finalmente, il 10 aprile del 2000, il popolo ha vinto. Aquas del Tunari e Bechtel hanno dovuto lasciare la Bolivia. Il governo è stato costretto a revocare l'odiata legge sulla privatizzazione dell'acqua. L'azienda che gestiva le acque: Servico Municipal del Aqua Potable y Alcantarillado (SEMAPO) è stata data in gestione ai lavoratori e al popolo, assieme ai debiti contratti fino a quel momento. Nell'estate del 2000, La Coordinadora ha organizzato udienze pubbliche per stabilire un piano per la gestione democratica delle risorse idriche. La gente del luogo ha risposto positivamente alla sfida, cercando di gestire democraticamente le risorse idriche, ma i dittatori dell'acqua stanno facendo del loro meglio per sovvertire tale processo. Bechtel ha fatto causa al governo della Bolivia ed al suo popolo e sta ostacolando le attività de La Coordinadora, minacciandone gli attivisti. Se dobbiamo tener conto della lezione della Bolivia, possiamo sin da ora prevedere che Bechtel tenterà di controllare tutte quante le risorse idriche e non soltanto gli acquedotti iracheni. Se la comunità internazionale e gli iracheni non resteranno vigili, Bechtel potrebbe tentare di impossessarsi del Tigri e dell'Eufrate, così come ha tentato di " accaparrarsi" i pozzi boliviani. Bechtel e l'India La Bechtel Enterprises, azienda a conduzione privata, è la più grande ditta del settore delle costruzioni nel mondo, pesantemente coinvolta nel boom del settore edile statunitense del periodo immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale. Essa è responsabile di più di 19.000 progetti in 140 paesi diversi, con cantieri in tutti i continenti, tranne l'Antartico. Bechtel ha interessi in più di 200 impianti per il trattamento delle acque potabili e reflue essenzialmente tramite società affiliate e imprese comuni quali l' International Water (in compartecipazione con Bechtel, l'italiana Edison, e la britannica United Utilities). In India Bechtel era coinvolta nella gestione dell'impianto di Dabhol con la Enron, ed è ora interessata alla privatizzazione delle acque di Coimbatore/Tirrupur e consorziata con Mahindra and Mahindra, United International North West Water. Come per gli altri accordi per la privatizzazione dell'acqua, il contratto non è stato reso pubblico. Gli affari che si possono svolgere soltanto a porte chiuse, nella massima segretezza, non promuovono la libertà.Al contrario, essi soffocano sia la libertà che la democrazia. Fonte: Zmag http://www.zmag.org Traduzione a cura di Paola Andreotti _____________________________ 2 - Genova per loro: un'azienda come un'altra __________________________________________________________ di Carlotta Guarascio (ATTAC Genova) Alla fine il Comune di Genova ha deciso di vendere le dighe e gli impianti idrici, mettendo a repentaglio la sua stessa maggioranza, costringendo molti consiglieri ad ardite acrobazie verbali, scontrandosi con l'opposizione del prc (non partecipazione al voto di tre consiglieri e voto contrario della "disobbediente" Laura Tartarini che ha detto:"non si può andare a Porto Alegre e privatizzare l'acqua"). Con 27 voti a favore e 18 contrari, il Consiglio comunale ha dato via libera a questo inedito capolavoro di privatizzazione dei servizi pubblici, nonostante l'opposizione sociale e lo sforzo della campagna Questo mondo non è in vendita, insieme ad ATTAC di provare a ragionare su altre e più partecipate soluzioni. Proviamo a riassumere la storia. Lo scorso mese di marzo il Comune di Genova discute il bilancio preventivo che prevede, nel capitolo d'entrata relativo all'alienazione dei beni immobili comunali (che già ammonta a più di 100 milioni di euro), la vendita delle dighe ad AMGA s.p.a. Previsione di entrata per la cessione:12 milioni di euro. Quanto basta, si dice, per far quadrare i conti rispettando i vincoli di stabilità e fronteggiare i tagli ai trasferimenti verso gli Enti locali. Quanto serve, si aggiunge, per salvare dal collasso finanziario l'azienda di trasporto pubblico locale, per la quale è stato annunciato un piano di spacchettamento e privatizzazione, da realizzare dopo il necessario risanamento dei bilanci. La scelta di vendere le dighe, si precisa, non sarà così dolorosa come qualcuno in città comincia a dire; la cessione avviene a favore di AMGA, ex municipalizzata ora s.p.a. quotata in borsa, che gestisce il servizio del gas e quello dell'acqua (e che opera in molti altri settori), di cui il Comune di Genova detiene la maggioranza del capitale azionario e che già ha in concessione le dighe che diventeranno di sua proprietà. Ma non tutti sono convinti che l'operazione sia una semplice "partita di giro" per far cassa; i dubbi aumentano man mano che diventano noti i tempi e le modalità con le quali la cessione delle dighe è stata pensata. Si scopre che la richiesta di nomina di un perito per valutare il valore dei beni è del luglio 2002, mentre è dell'ottobre dello stesso anno il parere legale chiesto dal Comune per confortare la legittimità giuridica dell'operazione. Le dighe sono più precisamente un complesso impiantisctico relativo alla produzione di acqua potabile e alla produzione di energia idroelettrica; impianti strategici per la gestione del servizio idrico a Genova, la cui proprietà condiziona la possibilità di intervenire sulla modalità di erogazione del servizio, sui costi e sulla gestione. La nomativa che consente la cessione è l'art.35 della finanziaria 2002: quello variamente contestato anche per ragioni di costituzionalità, recentemente rimaneggiato dalla delega in materia ambientale, traduzione giuridica delle scelte di liberalizzazione dei servizi pubblici locali. A essere precisi la cessione delle dighe ad AMGA è possibile solo forzando estensivamente le stesse confuse previsioni dell'art.35, che prevede la non cedibilità degli impianti e delle reti necessarie alla gestione dei servizi pubblici locali, se non attraverso il loro conferimento in società pubbliche (al 100% secondo l' ultima modifica apportata dalla delega in materia ambientale). Per le società quotate in borsa però è prevista un'eccezione: gli enti locali possono cedere la loro partecipazione in queste società anche se le stesse sono proprietarie di reti e impianti. A quest'ultima previsione il Comune di Genova vuole attribuire il peculiare e non pacifico significato di rendere cedibili impianti non altrimenti disponibili da parte dell'ente locale. Cosa rende necessaria questa forzatura? cosa giustifica il voler a tutti i costi "approfittare" delle possibilità dell'art.35 scritto e riscritto dal governo Berlusconi in sintonia con le scelte neoliberiste dell'Unione Europea e con le politiche di liberalizzazione sostenute in seno al WTO con l'accordo GATS sui servizi? Sono le domande che animano per mesi la discussione in città, nel tavolo genovese della campagna "questo mondo non è in vendita" che si oppone al.prossimo vertice WTO di Cancun. Domande che ne chiamano altre quando appare un altro elemento centrale della delibera di cessione degli impianti ad AMGA:la contestuale previsione della modifica del precedente disciplinare che regola i rapporti tra il Comune e l 'azienda; si vendono le dighe e si elimina il precedente obbligo di retrocessione dei beni trasferiti all'azienda dal Comune o acquistati dalla stessa con finanziamenti pubblici nell'ipotesi che il rapporto tra Comune e AMGA dovesse cessare. Appare allora chiaro che la vendita delle dighe più che un espediente di bilancio è una conseguenza delle scelte di politica industriale e di mercato di AMGA, da inquadrare nell'attuale fase di trasformazione dei servizi pubblici locali in mercati redditizi. Lo chiarirà definitivamente l'amministratore delegato di AMGA nell'audizione chiesta da Rifondazione alla Commissione bilancio del Comune spiegando:la cessione delle dighe serve per rafforzare AMGA e farle affrontare la prossima fase di trasformazione della gestione del servizio idrico, perché acquistando la proprietà degli impianti anche se si perdesse (o non si potesse partecipare alla) la gara per la gestione del servizio idrico a Genova, "a chi vince la gara l'acqua la vendiamo noi". La possibilità che AMGA non gestisca più il servizio idrico a Genova, ma si "accontenti" di gestire la proprietà di reti e impianti sviluppando altrove le proprie strategie di marketing per vincere le gare che mettono sul mercato il servizio idrico, apre scenari assai preoccupanti perché disegna una politica che asseconda e fa proprie le logiche di liberalizzazione che dominano l' ansia di allargare il grande business dell'acqua; presuppone l'impossibilità di contrastare queste politiche. Nella stessa commissione le associazioni della campagna contro il WTO hanno chiesto di sospendere la delibera e aprire una discussione sulla gestione dell'acqua e sulle garanzie per il mantenimento del controllo pubblico della stessa, ricercando strade diverse da quelle imposte; la richiesta è stata anche di Rifondazione, i dubbi hanno iniziato a serpeggiare anche nel correntone DS. La data in cui la delibera doveva essere approvata dal Consiglio Comunale è slittata di 10 giorni, durante i quali il discorso è stato forzatamente riportato fuori dal merito e nella logica delle alleanze di maggioranza, tentando di porre rassicurazioni sul controllo pubblico di AMGA che hanno lasciato aperti tutti i dubbi sollevati in questi mesi. Non è affatto detto che la vicenda si sia adesso conclusa. La possibilità di ricorsi al Tribunale amministrativo è già al vaglio di molte associazioni. _____________________________ 3 - La globalizzazione va in posta __________________________________________________________ di Greg Poferl* Mentre l'amministrazione Bush punta ad un servizio pubblico universale presso gli Uffici Postali con il suo Transformation Plan e prepara un assalto ai diritti di contrattazione collettiva conquistati nel grande sciopero postale del 1970, i lavoratori postali già agguerriti cercano di mobilitarsi contro gli ulteriori attacchi che ci si aspetta possano discendere dalla nuova generazione di accordi di scambio nell'economia globale. COMMERCIO DI SERVIZI L'autunno scorso a Seattle, la Conferenza dei Presidenti Nazionali (NPC)ha iniziato una serie di seminari educativi sulla globalizzazione e sul nuovo ciclo di accordi commerciali che daranno seri problemi ai lavoratori dei settori pubblico e postale. L'NPC è uno storico comitato aperto all'interno dell'Unione Americana dei Lavoratori Postali (APWU), costituito dai presidenti delle unioni locali e statali, che si riuniscono tre volte l'anno per discutere ed agire in merito a questioni emergenti. Il 29 marzo a St. Louis, l'NPC ha condotto un seminario di un giorno condotto da Larry Weiss, direttore della Lega del Minnesota per il Commercio Equo, che ha sottolineato come la globalizzazione, nella forma di accordi di libero scambio, potrebbe avviare una privatizzazione dei servizi pubblici e postali. I nuovi accordi di libero scambio si concentrano sui servizi, compresi alcuni che ora sono forniti dai governi. Due sono gli accordi principali attualmente discussi che potrebbero danneggiare i lavoratori del settore pubblico. Il primo è l'Accordo Generale sul Commercio dei Servizi (GATS), che fa parte del sistema dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, e comprende 144 Paesi compresi gli Stati Uniti. Il secondo, l'Area di Libero Scambio delle Americhe (FTAA-Alca), espanderebbe il NAFTA (che attualmente comprende Stati Uniti, Messico e Canada) ad altri 31 Paesi dell'America del Nord e del Sud. Si prevede che entrambi gli accordi saranno completati per la fine del 2004 ed esaminati dal Congresso nel 2005. PUNTARE ALL'UFFICIO POSTALE Weiss ritiene che il GATS e il FTAA esigeranno che molti servizi forniti dai governi a livello federale, statale, di contea e municipale vengano aperti alle offerte di compagnie private straniere. Per vedere quali servizi verranno probabilmente inclusi nel GATS, Weiss suggerisce di osservare quali di essi i più potenti attori dei negoziati - Europa e Stati Uniti - stanno cercando di includere. Sia l'Unione Europea che gli Stati Uniti stanno puntando specificatamente ai "sevizi postali". In un senso ampio, l'Europa intende includere la gestione di comunicazioni scritte con indirizzo su qualsiasi forma di mezzo fisico, il che includerebbe la maggior parte, se non tutte, delle lettere e dei pacchi.La posizione degli USA - almeno quanto è stato rivelato finora, dato che tutto è fatto in segreto - è quella di includere "servizi di consegna per espresso". Non sapremo con esattezza quali servizi postali saranno inclusi nel nuovo GATS fino a che i negoziati non saranno completati nel 2004. Tuttavia, essendo Stati Uniti ed Europa i maggiori attori, sembra chiaro che almeno una parte significativa dei servizi dell'USPS verranno coperti dalle regole del GATS. AFFRONTARE IL GATS A questo punto, è da vedere se la sfida più difficile sia rappresentata dall'attuale riforma postale o dal prossimo ciclo di accordi commerciali. Tuttavia, rimane una questione più grande sulle strategie necessarie per controbattere sia su scala nazionale che internazionale. Una parte importante della recente conferenza dell'NPC comprendeva congressi sullo sviluppo di strategie organizzative e tecniche per educare e mobilitare membri dell'APWU in sforzi legislativi sia a livello locale che a Washington D.C. Poiché la globalizzazione può essere difficile da comprendere, l'NPC, con l' aiuto della Lega del Minnesota per il Commercio Equo e del Servizio di Educazione del Lavoro dell'Università del Minnesota, sta sviluppando un programma di "insegnamento agli insegnanti" che verrà completato all'inizio di quest'estate. L'NPC ritiene che ci debba essere una forte connessione fra l'educazione dei membri e la strategia d'azione per affrontare i sedicenti privatizzatori del governo USA, così come i pirati globali. L'NPC spera di ampliare ed approfondire la comprensione della globalizzazione/privatizzazione da parte dei membri dell'APWU, sviluppando allo stesso tempo i metodi organizzativi e la costruzione di coalizioni per affrontare la sfida, per pensare globalmente organizzando localmente. Un elemento chiave dell'addestramento è quello di fornire ai membri al livello locale la possibilità di sviluppare risposte creative ed esplorare opzioni strategiche quali azione legislativa, solidarietà internazionale,educazione pubblica e azione diretta. I NUOVI SIGNORI DEI LADRI Nell'organizzare le truppe per venire alle prese con la globalizzazione, Weiss fa un parallelo storico con i "signori dei ladri" dell'inizio del ventesimo secolo, che calpestavano operai, contadini ed altri cittadini. Egli osserva che "non esisteva una regolamentazione nazionale del comportamento corporativo. I sindacati erano repressi violentemente, non c' era un salario minimo, il lavoro minorile imperversava, e molti politici erano immischiati in interessi corporativi. Buona parte della storia dell'inizio del ventesimo secolo riguardava le lotte di cittadini per riportare i signori dei ladri entro un certo livello di regolamentazione. Finalmente il lavoro minorile fu messo fuori legge,le organizzazioni sindacali divennero legali, fu stabilito un salario minimo,e il presidente Theodore Roosevelt, che parlò di "malfattori di grande ricchezza", adottò un ruolo politico pubblico per il governo nell'" anti-trust": controllare, reprimere e distruggere le grandi concentrazioni private di potere economico. Ora che le economie nazionali hanno ceduto il passo ad un'economia globale, avverte Weiss, "le imprese globali sono diventate fuori della portata delle regolamentazioni nazionali, e una nuova era dei signori dei ladri si è sviluppata". E così ci risiamo. Ma possiamo imparare le lezioni del passato, creare unioni del lavoro localmente e attraverso i confini, movimenti di credenti, comunità agricole, ambientaliste, e cittadini consapevoli per affrontare questi nuovi signori dei ladri e i loro difensori ben piazzati nel Congresso? Margaret Mead ha affermato: "Non c'è dubbio che un piccolo gruppo di cittadini consapevoli ed attenti possa cambiare il mondo. In realtà,esso è l'unica cosa che sia riuscita a farlo". I membri dell'NPC sembrano muoversi nella giusta direzione. *Greg Poferl è un agente nazionale dell'Unione Americana dei Lavoratori Postali nella zona di Minneapolis-St. Paul. Traduzione a cura di Giacomo Guatteri _____________________________ 4 - Scenario di libero scambio postale __________________________________________________________ di Larry Weiss Osserviamo una situazione ipotetica per vedere che cosa possa accadere agli impiegati dell'USPS (il servizio postale statunitense) se regole commerciali come quelle proposte dai nuovi GATS e FTAA (Alca) fossero in funzione. Nei mesi precedenti l'entrata in vigore del nuovo GATS, la tedesca Deutsche Post (DHL) e l'olandese TPG Post hanno entrambe privatizzato parzialmente servizi postali nazionali sui quali ora concorrono in altri Paesi. Esse hanno l'approvazione dell'Unione Europea per denunciare i Private Express Statutes degli Stati Uniti - che danno all'USPS il diritto esclusivo di portare lettere per un compenso - come una barriera illegale al commercio sotto il GATS. Più o meno contemporaneamente, TransForce, la seconda compagnia di trasporti del Canada, riceve l'approvazione del governo canadese per denunciare il Service Contract Act come una barriera illegale al commercio sotto il GATS. Nel momento in cui il nuovo GATS entra in vigore, l'Unione Europea e il Canada presentano entrambi denuncia presso l'Organizzazione Mondiale del Commercio. L'Unione Europea dichiara che i Private Express Statutes violano gli accordi GATS che prevedono di permettere a compagnie di altri Paesi GATS di concorrere per il diritto di fornire servizi postali negli Stati Uniti. Il Canada dichiara che il Service Contract Act è una condizione illegale a norma GATS per assegnare contratti di autorità governativa. Gli Stati Uniti scelgono di contestare le accuse. L'Organizzazione Mondiale del Commercio assegna il caso ad una giuria di tre "esperti di commercio". Questi si riuniscono in segreto, nella sede del WTO a Ginevra, in Svizzera. Il loro giudizio sarà essenzialmente definitivo - soggetto soltanto ad un processo di appello, estremamente tecnico, interno al WTO. Dopo mesi di testimonianze e delibere il WTO annuncia le conclusioni della giuria. Essa delibera che sia i Private Express Statutes che il Service Contract Act sono, in effetti, violazioni dei regolamenti del GATS. Essa ordina agli Stati Uniti di modificare queste leggi in conformità coni regolamenti del GATS in modo che corrieri da altri Paesi membri del WTO siano autorizzati a concorrere per il diritto di fornire servizi postali negli Stati Uniti. E così compagnie da altri Paesi membri del WTO diventano autorizzate a concorrere per lavoro dell'USPS senza essere obbligate a pagare i salari medi ai loro lavoratori. Gli Stati Uniti avrebbero la possibilità di rifiutare di rispettare le conclusioni del tribunale, ma in quel caso il WTO infliggerebbe sanzioni commerciali per centinaia di milioni di dollari contro le esportazioni statunitensi - una posizione politicamente pressoché impossibile da mantenere, anche se avessimo un Presidente impegnato per il commercio equo piuttosto che per il commercio "libero". Perciò il Congresso accetta di modificare i Private Express Statutes e il Service Contract Act. Ma i corrieri statunitensi - come FedEx - inscenano una protesta, sostenendo che le compagnie straniere non offrono maggiori opportunità rispetto alle compagnie statunitensi. Alla fine, il Congresso cambia le leggi in modo che tutti i corrieri concorrenti - stranieri e locali - siano autorizzati a fare offerte per i servizi USPS, senza alcun obbligo di dover pagare un salario medio. Deutsche Post e TGP, insieme a FedEx e altre compagnie, cominciano a "scremare" - fare offerte per spiccare i più grandi clienti dell'USPS,come Capital One con 1.4 miliardi di pezzi all'anno di posta preordinata, e Quebecor, la più grande compagnia di stampa commerciale del mondo, che spedisce due miliardi di pezzi all'anno. Allo stesso tempo, l'USPS è obbligata ad accettare l'offerta di TransForce di fornire il trasporto di posta di lunga tratta su 30 rotte chiave, anche se gli autisti della TransForce sono pagati meno di 10 dollari l'ora e ricevono pochissimi vantaggi. E le ditte di trasporti statunitensi cominciano a fare offerte per altre rotte senza dover sottostare ad obblighi sul salario medio. Lasciamo questo scenario ipotetico: ma se i nuovi regolamenti GATS verranno adottati come attualmente previsto, questo caso ipotetico potrebbe diventare fin troppo reale. Traduzione a cura di Giacomo Guatteri _____________________________ 5 - Genericamente ipocriti __________________________________________________________ di Silvia Ribeiro (Etc) Ancora una volta le maggiori imprese farmaceutiche figurano quest'anno in Fortune Global 500, l'elenco delle imprese più grandi del mondo. Insieme, le 10 più grandi - Pfizer+Pharmacia, Glaxo Smith Kline, Merck & Co., Bristol-Myers Squibb, AstraZeneca, Aventis, Johnson & Johnson, Novartis, Wyeth, Eli Lilly - si accaparrano un incredibile 58,4% del mercato farmaceutico mondiale, per un valore di 322 miliardi di dollari, un aumento considerevole di fronte al già temibile 47% dell'anno precedente. Continuano a essere, secondo Fortune, il settore che ha i maggiori guadagni netti di tutti i rami industriali del pianeta: 17% in media, anche se le imprese più grandi si avvicinano al 30%. Molti sono anche i maggiori produttori di semi transgenici e di prodotti agrochimici del mondo. Questi "poveretti" stanno portando avanti in tutto il mondo la loro guerra personale. Non contenti dei lauti guadagni e dell'opprimente controllo del mercato ottenuto con la vendita onerosa dei loro prodotti, chiedono pure di controllare il mondo attraverso il sistema dei brevetti, contrattando per riuscire a impedire che si producano i farmaci generici, cioè i farmaci con lo stesso principio attivo non coperti da brevetto e che per questo sono più accessibili al consumatore. Secondo il loro punto di vista, questo è necessario per proseguire nella ricerca e nello sviluppo di nuovi farmaci per il bene dell'umanità. Tuttavia, la maggior parte - più del 90% - dei "nuovi" farmaci che producono sono solo copie di altri già esistenti, con piccole modifiche che permettono loro di ottenere un nuovo brevetto e di prolungare il vecchio in scadenza di altri 20 anni. Secondo i dati del Programma della Nazioni Unite sulle Sviluppo, di 1223 nuovi farmaci prodotti in un periodo di 20 anni fino al 1996, solo 13 erano dedicati alle malattie tropicali, e di questi solo 4 erano sono stati prodotti dal settore privato. Le multinazionali farmaceutiche sono quelle che hanno spinto l'inclusione (e preparato la bozza) del capitolo sugli Aspetti della Proprietà Intellettuale relativi al Commercio (TRIPs) nell'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), che ha imposto la brevettabilità degli esserei viventi in tutto il mondo. I brevetti così servono loro non solo per combattere e rendere illegale la produzione di farmaci generici, ma sono anche lo strumento chiave per privatizzare le risorse genetiche e il sapere collettivo indigeno dei popoli autoctoni del Sud, grazie al quale producono un'alta percentuale dei loro farmaci e dei loro guadagni. Il più grande progetto di biopirateria in corso in Messico - chiamato ICBG Zone Aride - è un patto trilaterale tra il Giardino Botanico della UNAM, l' Università dell'Arizona, l'impresa Wyeth (la nona del mondo) e il governo degli Stati Uniti, che provvede al suo finanziamento ormai da un decennio. Tutte queste imprese fanno parte dell'associazione PhRMA (Pharmaceutical Research and Manufacturers of America), che esercita un peso politico su governi e organizzazioni internazionali come l'Organizzazione Mondiale della Salute e l'OMC, ottenendo norme che rinforzano i loro diritti monopolistici e i loro privilegi. Quest'anno, nella lista proposta annualmente al Dipartimento del Commercio perché applichi la legge Speciale 301 degli Stati Uniti (rappresaglie commerciali), propongono che il Messico figuri nella "lista prioritaria di paesi sotto osservazione": inclusione dovuta, secondo loro, tra le altre cose, all'aumento di approvazioni di farmaci generici. Secondo PhRMA, a cui non interessa minimamente che nello stesso momento le sue compagnie si stiano arricchendo grazie alle risorse e ai saperi "generici" dei popoli indios del Messico, questo paese è "il maggior mercato di farmaci dell'America Latina, con un valore stimato in 6 miliardi di dollari in vendite durante il 2002. È l'unico mercato di questa regione che secondo le stime crescerà nel 2003" e, dunque, continuano, se gli si permette di proseguire con queste politiche "avrà un impatto devastante sull 'industria della ricerca farmaceutica". La ricerca di che? Di medicine-fotocopia? O di farmaci per i ricchi? Nel frattempo, la discussione sui generici in Messico è stata confusa dalla presenza di una catena particolare di farmacie, alle quali si attribuiscono contatti politici di alto livello e che sembrano essere un ottimo affare per i loro padroni, beneficiati dalla legislazione sui generici. Niente di sorprendente, dato che molti dei farmaci brevettati arrivano al consumatore con prezzi enormemente superiori al vero costo di produzione. Ma perché molte di queste numerose imprese multinazionali, che sono anche i maggiori produttori di transgenici del pianeta, non si attivano per denunciare anche questo tipo di vincoli politico-economici altamente incestuosi in relazione alla Legge sulla Biosicurezza, attualmente in discussione al Senato? O forse in questo caso è meglio ignorare questi vincoli dato che la Legge di Biosicurezza darà via libera ai loro guadagni, a costo di contaminare i consumatori e le coltivazioni contadine del Messico? In quel caso non è più forse importante il bene dell'umanità? Quello che è in gioco con la discussione sui generici e i brevetti va molto oltre gli interessi particolari e va anche oltre il Messico. Si tratta, per esempio, del diritto delle popolazioni dei paesi del terzo mondo a utilizzare e produrre le medicine di cui hanno bisogno, senza dipendere né sottomettersi ai dettati delle multinazionali, e di fermare il saccheggio delle risorse e del sapere indigeno rifiutando il sistema dei brevetti. Silvia Ribeiro. Ricercatrice del Gruppo ETC Traduzione: Andrea Pieralli - Attac Firenze _____________________________ 6 - A proposito della "Eccezione Culturale" __________________________________________________________ di Serge Regourd* Di fronte alle negoziazioni dell'OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio) la questione della "Eccezione culturale" è tornata al centro dell'attualità. Un incontro internazionale che ha riunito, inizio febbraio scorso, numerose organizzazioni professionali costituite nel "Comitato di Vigilanza", ha rilanciato il dibattito pubblico su questo tema, esprimendosi in favore di un nuovo strumento giuridico che proclami, e garantisca, "la diversità culturale". Quest'ultima definizione tende sempre più nettamente a sostituirsi a quella di "Eccezione Culturale" proprio quando - ironia della storia, o turba della memoria collettiva - una tale sostituzione terminologica, e semantica, proposta nel dicembre 2001 da Jean-Marie Messier (1), aveva provocato una vera e propria tempesta mediatica, e costituì un il punto massimo nella spirale di contestazioni che avrebbero portato all'allontanamento di Messier dall'Impero Vivendi Canal-Plus. Eccezione e Diversità culturale Le proposte che il 17/12/2001 avevano suscitato tanta unanime preoccupazione tra i professionisti dell'audiovisivo e della cultura non consistevano, forse, nel proclamare che "l'eccezione culturale francese è morta" puntualizzando subito tale frase, con l'affermazione per cui "oggi siamo in un periodo di diversità culturale"? Come a dire che, le stesse parole pronunciate da persone diverse, in circostanze e in luoghi diversi, con intenzioni diverse, avrebbero - evidentemente - un significato diverso. Il sofismo ormai alla moda e che apparentemente permette di celare simili contraddizioni consiste, secondo alcuni sostenitori della tesi della diversità culturale, nel precisare che "l'Eccezione culturale" non sarebbe che un mezzo per garantire la diversità culturale. In realtà, la controversia retorica dissimula una contrapposizione di significato politico e di portata giuridica che può essere facilmente chiarita da un breve excursus storico sulla creazione dell'OMC e, al suo interno, sul GATS, o AGCS (Accordo Generale sul Commercio dei servizi). Dal GATT all'OMC All'inizio era il GATT (General Agreement on Tariffs and Trade - accordo generale sulle tariffe doganali e del commercio), concluso all'indomani della Seconda guerra mondiale in un contesto di ristrutturazione di un ordine giuridico liberale, fondato, già allora, sui principi e sui valori del libero scambio. In origine corrispondeva solo a una parte della Carta dell'Avana (N.d.T.: Atto finale della Conferenza Internazionale sul commercio e il lavoro, svoltasi all'Avana, tra il novembre del 1947 e maggio del 1948) con l'obiettivo di costruire l'Organizzazione Internazionale del Commercio (OIC), terzo pilastro di quest'ordine liberale, accanto alle altre istituzioni di Bretton-Woods: il F.M.I. (Fondo Monetario Internazionale) e la Banca Mondiale. Ma questo trattato internazionale non fu mai ratificato per via dell'opposizione degli Stati Uniti che gli rimproveravano di essere, in ultima analisi, non sufficientemente garantista del libero scambio. Così, il GATT, un semplice accordo parziale, andava così ad assumere una funzione succedanea a quella dell'organizzazione internazionale abortita sul nascere. Ed è proprio perché il GATT non copriva che parzialmente e in modo incompleto gli obiettivi della liberalizzazione del commercio internazionale che periodicamente si provvide a completarlo con dei cicli - o "Round" - di negoziazioni commerciali multilaterali che avevano per obiettivo l'allargamento dei suoi campi di competenza. Fu così che nel 1986, si aprì un nuovo ciclo, "l'Uruguay Round" con l'intenzione di estendere anche al settore dei servizi i principi del libero scambio, applicabili dal GATT al solo campo del commercio delle merci. Tra i servizi, definiti "commercio invisibile" in opposizione al "commercio visibile" delle merci, figurano l'audiovisivo e il cinema. Il problema centrale che generò l'argomento, da allora qualificato come "Eccezione culturale", consiste nel rifiutare l'applicazione dei principi del libero-scambio propri del GATT, poi diventato OMC (creato, come da termini dell'Uruguay Round, dagli accordi di Marrakech), nei settori culturali quali, appunto, l'audiovisivo e il cinema. "L'Eccezione culturale" attiene quindi alla più elementare delle problematiche giuridiche: da una parte vi sono dei principi, e dall'altra delle eccezioni che sfuggono all'applicazione di quei principi. I principi del libero scambio contro i finanziamenti pubblici della cultura Ma quali sono, schematizzando, i principi messi in causa? Possiamo dire che sono affini al principio generale di "non discriminizzazione" tra merci, o servizi, in ragione della loro origine, nazionale o straniera: gli stati membri dell'OMC devono trattare i servizi stranieri alla stessa stregua e negli stessi termini dei loro propri servizi nazionali. I principali principi in causa, dipendendo dalle diverse modalità di messa in opera, riguardano così la liberalizzazione progressiva degli scambi, il principio della nazione più favorita (secondo il quale qualsiasi trattamento più favorevole accordato da uno Stato membro a prodotti - merci o servizi - provenienti da un altro Stato, deve essere esteso a qualsiasi altro Stato per prodotti similari), il principio del trattamento nazionale secondo il quale gli Stati membri devono trattare i prodotti stranieri e i loro produttori, come i loro prodotti nazionali, i loro stessi cittadini, ecc. L'applicazione di tali principi avrebbe come conseguenza diretta lo smantellamento dei sistemi giuridici e finanziari che organizzano e regolano le attività culturali, sfuggite finora alla logica del solo mercato e del profitto. L'esempio del sistema francese di finanziamento e di organizzazione, del cinema e della televisione, è in questo senso emblematico: il sostegno finanziario pubblico all'industria cinematografica e audiovisiva permette, con meccanismi diversi (aiuti automatici, aiuti selettivi) di assicurare il finanziamento della creazione e produzione francese, in base, ovviamente, a criteri di nazionali dell'opera. E' un tale sistema che ha permesso al cinema francese di continuare ad esistere, mentre l'applicazione di regole ordinarie di scambio merci non porterebbe ad altro che a lasciar esistere, essenzialmente, solo il cinema americano, come già accade - purtroppo - nella maggioranza dei paesi europei. Nella stessa logica, le quote riservate dalla televisione alle opere nazionali e europee sono, è evidente, direttamente antinomiche ai principi del libero scambio globalizzato dato che non hanno altro fine se non esattamente quello di impedire l'egemonia delle produzioni americane. Per farla breve, i principi istitutivi dell'OMC da un lato, e dall'altro le modalità di finanziamento dell' "industria culturale" in un paese come la Francia, si caratterizzano per una contrapposizione frontale. E' da questa contraddizione che deriva il concetto di "Eccezione culturale": mentre il principio del libero scambio commerciale costituisce il fondamento e la finalità dell'OMC, questo principio non si applicherà alle attività aventi una natura culturale, come è il caso del cinema e dell'audiovisivo. D'altra parte si comprende immediatamente che qualunque siano i rischi semantici della nozione di "Eccezione" culturale, questa è dotata di un chiaro significato e di una evidente efficacia giuridica: la non applicazione dei principi della liberalizzazione commerciale alle opere cinematografiche e audiovisive, sulla base di una logica di eccezione fondata sul carattere culturale delle suddette opere. La nozione di "diversità culturale", invece, è sprovvista di pertinenza giuridica: non può che rivestire un carattere "proclamatorio" o "declamatorio", sprovvista quindi di efficacia. Le contraddizioni inerenti alla rivendicazione della diversità e della Eccezione culturale La tendenza oggi dominante di reclamare uno strumento giuridico specifico per la cultura è intellettualmente seducente, ma politicamente e giuridicamente è un azzardo: l'OMC ha la competenza sui servizi, e le opere cinematografiche e audiovisive sono esattamente dei servizi. In quanto tali non sfuggono alle regola del GATS se non nella logica procedurale della Eccezione, che permette agli Stati di non sottoscrivere degli impegni di liberalizzazione nei settori interessati. Prima di promuovere l'adozione di un trattato internazionale specifico sulle questioni culturali, converrebbe inizialmente fare adottare, in seno all'OMC, una clausola di "esclusione culturale" che esenti esplicitamente le attività culturali dalla competenza dell'OMC, cosa che gli Europei non hanno né ottenuto, né rivendicato nel corso delle citate negoziazioni del GATT. In mancanza di una tale esclusione preventiva, l'adozione di un testo internazionale che proclami la "diversità culturale" resterebbe un'illusione. Questa divergenza terminologica non è l'unica contraddizione delle argomentazioni "franco-europee", nel dibattito sull' "Eccezione culturale". Innanzitutto bisogna interrogarsi sulla polarizzazione del dibattito sul solo audiovisivo, proprio mentre l'audiovisivo tende a emanciparsi sempre più nettamente dalle esigenze culturali per obbedire solo alle regole di Audimat (l'equivalente dell'Audiotel italiano - N.d.T.) e delle "componenti del mercato", ivi comprese - talvolta - le televisioni pubbliche. E' uno degli aspetti delle contraddizioni dei discorsi sull' Eccezione culturale, apertamente rivendicata contro l'invasione di immagini americane e certe pratiche del cinema e della televisione francese che mutuano da quest'ultimo alcuni dei suoi caratteri peculiari:la standardizzazione delle tematiche, sempre più formattate per fidelizzare la clientela, la riscrittura multipla degli scenari, il ricorso allo "star-system" fondato sulla ricerca dell'audience (ascolto), a detrimento delle caratteristiche artistiche e sacrificando il budget disponibile per attori di grande talento, ma privi di richiamo (valore) commerciale. Ma soprattutto, la principale potenziale contraddizione consiste nel lasciar credere che la cultura possa essere salvata solo smantellando un insieme di interventi regolatori pubblici. Possiamo dire di voler salvare la cultura dalla mercificazione liberale senza difendere congiuntamente le politiche pubbliche e i servizi pubblici nel campo della Sanità e dell'educazione? Una concezione della cultura, autonoma, ai limiti dell'autismo, è destinata al fallimento - da un punto di vista strategico - ed è sprovvista di legittimità in termini etici. In proposito, il fallimento del progetto AMI (progetto di Accordo Multilaterale sugli Investimenti) costituisce un precedente ricco di insegnamenti: per salvare la cultura non conveniva cimentarsi in un bizantinismo giuridico per immaginare dei dispositivi tecnici di "riserva" alle disposizioni di questo testo nel campo della cultura, ma semplicemente di ricusare in toto, nel suo insieme, questo progetto di trattato ultraliberale. Cosa che fu ottenuta. Quest'esperienza dovrebbe interrogarci in merito alla "vigilanza" del Comitato di vigilanza per la diversità culturale che, come è noto, ha scelto di affidarsi all'esperienza di personalità che accettarono, all'epoca, la logica globale dell'AMI, temperata da simili dispositivi di "riserva" per la protezione della cultura che avrebbero portato, secondo la metafora di Bertrand Tavernier, a creare, di fatto, delle nuove "riserve indiane" per i cineasti francesi ed europei. Note (1) J.M. Messier - sostenitore del neoliberismo, è stato presidente della Compagnie générale des eaux, diventata poi Vivendi, e in seguitoVivendi-Universal . Sul suo conto si vedano vari articoli su LE MONDE DIPLOMATIQUE, tra cui quello di FRÉDÉRIC LEBARON, maggio 2002, al sito: http://www.monde-diplomatique.fr/2002/05/LEBARON/16414 Traduzione a cura di: Luisa Villa * Serge Regourd Professore all'Università di Scienze Sociali di Tolosa. Autore de "L'eccezione culturale" Que Sais-Je (P.U.F. 2002) -------------------------- Il Granello di Sabbia è realizzato da un gruppo di traduttori e traduttrici volontari/e e dalla redazione di ATTAC Italia redazione at attac.org Riproduzione autorizzata previa citazione e segnalazione del "Granello di Sabbia - ATTAC - http://attac.org/"
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