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idrogeno, non e' ancora il momento
- Subject: idrogeno, non e' ancora il momento
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Tue, 1 Jul 2003 07:24:32 +0200
DA BOILER.IT sabato 28 giugno 2003 ENERGIA Idrogeno, non è ancora il suo momento di MARK BAARD . Il problema del rifornimento . Minor prezzo, maggiore rendimento LA NUOVA ECONOMIA all'idrogeno ha avuto un inizio indiscutibilmente burrascoso. A maggio, la Toyota ha dovuto ritirare dal mercato giapponese il suo veicolo ibrido a celle di combustibile: nel serbatoio dell'idrogeno di una macchina si era aperta una falla. E la settimana scorsa, alcuni ricercatori del California Institute of Technology, in un articolo pubblicato su Science, hanno avanzato l'ipotesi che eccessive quantità di idrogeno nell'atmosfera possano gravemente danneggiare lo strato di ozono. E i consumatori di gas naturali - che finora sono stati la fonte primaria di rifornimento per qualsiasi prodotto a idrogeno, dai cibi addizionati ai missili della Nasa - hanno scoperto loro malgrado, negli ultimi giorni, che le riserve sono arrivate al minimo storico degli ultimi venticinque anni. Tutto sembra congiurare contro l'affermazione di questo nuovo combustibile, ma molti scienziati sono convinti di poter trovare delle fonti di rifornimento alternative, e di poter riparare i serbatoi danneggiati. E la teoria dei ricercatori del Caltech li lascia un po' perplessi. Tuttavia, si trovano costretti ad ammettere che le centraline a celle di combustibile, che producono elettricità dalla combinazione di idrogeno e ossigeno, sono ancora troppo fragili e costose perché si arrivi a una loro diffusione di massa nel mercato automobilistico. Quella del declino delle riserve di gas naturali, invece, è una buona notizia per i sostenitori delle rinnovabili, che vedono le celle a idrogeno come possibile risorsa per lo sviluppo di fonti energetiche diverse dai combustibili fossili. «Le celle a combustibile sono una tecnologia cruciale, di levata efficacia e limitato impatto», spiega Charles Chamberlin, co-direttore dello Schatz Energy Research Center alla Humboldt State University. «Potremmo utilizzare il vento e l'energia solare per elettrolizzare l'acqua e produrre l'idrogeno, così poi potremmo usarlo come forma di alimentazione». Il problema del rifornimento Secondo gli scienziati, il trasporto dell'idrogeno dai vecchi stabilimenti di combustibili fossili alle stazioni di servizio sarà molto più difficile del previsto. «Non esiste un'infrastruttura adatta a trasferire l'idrogeno dalle società produttrici ai distributori in maniera sicura, economica ed ecologicamente sostenibile», commenta Andrew Bocarsly, direttore del Dipartimento di chimica della Princeton University. Le previsioni dei ricercatori della Caltech a proposito del possibile deterioramento della fascia di ozono si basano, in parte, sul calcolo delle perdite di idrogeno durante il trasporto. Per essere spostato, l'idrogeno dev'essere pressurizzato, crionizzato o mischiato in un liquido, come il boroidruro di sodio. Secondo Bocarsly, le emissioni di idrogeno crionizzato potrebbero essere più facilmente recuperate, minimizzando i danni. La ricerca del Caltech, secondo la quale una percentuale compresa tra il dieci e il venti per cento dell'idrogeno prodotto sarebbe destinato a disperdersi nell'atmosfera, potrebbe spingere le aziende ad abbandonare il sistema delle scorte e del trasporto su lunghe distanze a favore della pronta consegna. L'HydrogenSource, una società di comproprietà della Utc Fuel Cells e della Shell Oil, sta progettando dei processori di idrogeno da collocare direttamente nelle stazioni di servizio e delle centraline di trasformazione della benzina in idrogeno trasportabili a bordo delle autovetture. Utilizzando queste ultime apparecchiature, gli automobilisti potranno fare il pieno di carburante, avendo poi la possibilità di convertirlo chimicamente durante il viaggio all'interno delle celle di combustibile, senza emettere i tradizionali prodotti di scarto dei vecchi motori a scoppio (monossido di carbonio, diossido di azoto e altre particelle inquinanti). Resterà però invariata la produzione di anidride carbonica. «Allo stato attuale non è possibile evitare anche l'emissione di questo gas serra», spiega Ignacio Aguerrevere, marketing manager dell' HydrogenSource. «Ma stiamo cercando di agevolare la transizione dalle vecchie strutture a energia fossile alla nuova economia dell'idrogeno». Minor prezzo, maggiore rendimento A prescindere dalle modalità di rifornimento, però, il problema maggiore per gli ingegneri resta quello di costruire i serbatoi per l'idrogeno con componenti abbastanza economiche e con non abbiano bisogno di revisioni per almeno cinquemila ore di attività, vale a dire dai trecentomila ai quattrocentomila chilometri circa. «I clienti non sarebbero certo felici di vedere che la loro macchina a idrogeno passa più tempo in officina che in strada», spiega Bocarsly. Al momento, le celle di membrane a interscambio protonico, o Pem - le più diffuse nei test di laboratorio, che per la maggior parte sono costituite da membrane Nafion della DuPont - non sembrano durare abbastanza: si deteriorano rapidamente, perché non riescono a tollerare lo stress continuo delle reazioni chimiche, della pressione e del calore. Le membrane Nafion hanno uno spessore di circa 125 micron, e possono forarsi o lacerarsi facilmente. L'aggiunta di strati ulteriori potrebbe allungarne la durata, ma il Nafion, materiale molto simile al Teflon, è una delle componenti più costose di una cella a combustibile. «Bisogna ancora trovare un equilibrio tra prezzo e resistenza», commenta Noordin Nanji, vicepresidente del settore Sviluppo della Ballard Power Systems, una delle aziende produttrici di Pem, con sede a Vancouver. La Ballard, che vanta tra i suoi clienti dieci delle maggiori società automobilistiche al mondo, sta cercando di elaborare delle membrane più forti e più economiche, per ridurre le perdite di idrogeno. Anche la DuPont, la 3M e altre società del settore stanno escogitando delle alternative al Nafion. Nanji è molto ottimista al riguardo: «In laboratorio siamo già riusciti a ottenere una cella stazionare in grado di funzionare per ventimila ore di fila».