idrogeno, non e' ancora il momento



DA BOILER.IT

sabato 28 giugno 2003


ENERGIA
Idrogeno, non è ancora il suo momento

di MARK BAARD

. Il problema del rifornimento
. Minor prezzo, maggiore rendimento



 LA NUOVA ECONOMIA all'idrogeno ha avuto un inizio indiscutibilmente
burrascoso. A maggio, la Toyota ha dovuto ritirare dal mercato giapponese il
suo veicolo ibrido a celle di combustibile: nel serbatoio dell'idrogeno di
una macchina si era aperta una falla. E la settimana scorsa, alcuni
ricercatori del California Institute of Technology, in un articolo
pubblicato su Science, hanno avanzato l'ipotesi che eccessive quantità di
idrogeno nell'atmosfera possano gravemente danneggiare lo strato di ozono. E
i consumatori di gas naturali - che finora sono stati la fonte primaria di
rifornimento per qualsiasi prodotto a idrogeno, dai cibi addizionati ai
missili della Nasa - hanno scoperto loro malgrado, negli ultimi giorni, che
le riserve sono arrivate al minimo storico degli ultimi venticinque anni.

Tutto sembra congiurare contro l'affermazione di questo nuovo combustibile,
ma molti scienziati sono convinti di poter trovare delle fonti di
rifornimento alternative, e di poter riparare i serbatoi danneggiati. E la
teoria dei ricercatori del Caltech li lascia un po' perplessi. Tuttavia, si
trovano costretti ad ammettere che le centraline a celle di combustibile,
che producono elettricità dalla combinazione di idrogeno e ossigeno, sono
ancora troppo fragili e costose perché si arrivi a una loro diffusione di
massa nel mercato automobilistico. Quella del declino delle riserve di gas
naturali, invece, è una buona notizia per i sostenitori delle rinnovabili,
che vedono le celle a idrogeno come possibile risorsa per lo sviluppo di
fonti energetiche diverse dai combustibili fossili. «Le celle a combustibile
sono una tecnologia cruciale, di levata efficacia e limitato impatto»,
spiega Charles Chamberlin, co-direttore dello Schatz Energy Research Center
alla Humboldt State University. «Potremmo utilizzare il vento e l'energia
solare per elettrolizzare l'acqua e produrre l'idrogeno, così poi potremmo
usarlo come forma di alimentazione».

Il problema del rifornimento

 Secondo gli scienziati, il trasporto dell'idrogeno dai vecchi stabilimenti
di combustibili fossili alle stazioni di servizio sarà molto più difficile
del previsto. «Non esiste un'infrastruttura adatta a trasferire l'idrogeno
dalle società produttrici ai distributori in maniera sicura, economica ed
ecologicamente sostenibile», commenta Andrew Bocarsly, direttore del
Dipartimento di chimica della Princeton University. Le previsioni dei
ricercatori della Caltech a proposito del possibile deterioramento della
fascia di ozono si basano, in parte, sul calcolo delle perdite di idrogeno
durante il trasporto. Per essere spostato, l'idrogeno dev'essere
pressurizzato, crionizzato o mischiato in un liquido, come il boroidruro di
sodio. Secondo Bocarsly, le emissioni di idrogeno crionizzato potrebbero
essere più facilmente recuperate, minimizzando i danni.

La ricerca del Caltech, secondo la quale una percentuale compresa tra il
dieci e il venti per cento dell'idrogeno prodotto sarebbe destinato a
disperdersi nell'atmosfera, potrebbe spingere le aziende ad abbandonare il
sistema delle scorte e del trasporto su lunghe distanze a favore della
pronta consegna. L'HydrogenSource, una società di comproprietà della Utc
Fuel Cells e della Shell Oil, sta progettando dei processori di idrogeno da
collocare direttamente nelle stazioni di servizio e delle centraline di
trasformazione della benzina in idrogeno trasportabili a bordo delle
autovetture. Utilizzando queste ultime apparecchiature, gli automobilisti
potranno fare il pieno di carburante, avendo poi la possibilità di
convertirlo chimicamente durante il viaggio all'interno delle celle di
combustibile, senza emettere i tradizionali prodotti di scarto dei vecchi
motori a scoppio (monossido di carbonio, diossido di azoto e altre
particelle inquinanti). Resterà però invariata la produzione di anidride
carbonica. «Allo stato attuale non è possibile evitare anche l'emissione di
questo gas serra», spiega Ignacio Aguerrevere, marketing manager dell'
HydrogenSource. «Ma stiamo cercando di agevolare la transizione dalle
vecchie strutture a energia fossile alla nuova economia dell'idrogeno».

Minor prezzo, maggiore rendimento

A prescindere dalle modalità di rifornimento, però, il problema maggiore per
gli ingegneri resta quello di costruire i serbatoi per l'idrogeno con
componenti abbastanza economiche e con non abbiano bisogno di revisioni per
almeno cinquemila ore di attività, vale a dire dai trecentomila ai
quattrocentomila chilometri circa. «I clienti non sarebbero certo felici di
vedere che la loro macchina a idrogeno passa più tempo in officina che in
strada», spiega Bocarsly. Al momento, le celle di membrane a interscambio
protonico, o Pem - le più diffuse nei test di laboratorio, che per la
maggior parte sono costituite da membrane Nafion della DuPont - non sembrano
durare abbastanza: si deteriorano rapidamente, perché non riescono a
tollerare lo stress continuo delle reazioni chimiche, della pressione e del
calore.

Le membrane Nafion hanno uno spessore di circa 125 micron, e possono forarsi
o lacerarsi facilmente. L'aggiunta di strati ulteriori potrebbe allungarne
la durata, ma il Nafion, materiale molto simile al Teflon, è una delle
componenti più costose di una cella a combustibile. «Bisogna ancora trovare
un equilibrio tra prezzo e resistenza», commenta Noordin Nanji,
vicepresidente del settore Sviluppo della Ballard Power Systems, una delle
aziende produttrici di Pem, con sede a Vancouver. La Ballard, che vanta tra
i suoi clienti dieci delle maggiori società automobilistiche al mondo, sta
cercando di elaborare delle membrane più forti e più economiche, per ridurre
le perdite di idrogeno. Anche la DuPont, la 3M e altre società del settore
stanno escogitando delle alternative al Nafion. Nanji è molto ottimista al
riguardo: «In laboratorio siamo già riusciti a ottenere una cella stazionare
in grado di funzionare per ventimila ore di fila».