tecnologia wi - fi per internet



il manifesto - 08 Giugno 2003


E' una tecnologia dal basso, di comunità
Il WiFi predispone alla condivisione del collegamento; ma questo non piacerà
affatto ai provider
F. C.
Un bell'equivoco si aggira attorno alle connessioni senza fili, il Wi-Fi.
Esso consiste in questo: che questa tecnologia di trasmissione dati in celle
di territorio delimitate (poche decine o centinaia di metri), sia in
alternativa alle comunicazioni altrettanto senza fili e altrettano cellulari
della telefonia mobile, specialmente di quella di terza generazione. Le cose
non stanno così, non ancora almeno. Certamente c'è una fascia di
sovrapposizione, ma questa riguarda soprattutto i manager mobili, anzi
nomadi, e i luoghi dove eventualmente si fermino, volendo o dovendo ancora
lavorare, essenzialmente alberghi, stazioni, e aeroporti. Qui la sosta può
durare un certo tempo e la possibilità di aprire il computer portatile,
trovandosi subito in Rete può essere attraente. Per gli alberghi, poi, una
rete locale Wi-Fi fa risparmiare molti costi di cablatura della stanze (ma
impedisce anche ai gestori degli hotel di lucrare sul tempo di connessione
telefonica).

Non sembra adatta invece questa tecnologia a gestire delle connessioni
intense di persone in movimento rapido, per esempio in macchina o in treno;
il problema è quello del passaggio da una cella all'altra, da un'antenna
all'altra. In questo campo gli operatori cellulari continueranno ad avere il
predominio, perché le chiamate sono più brevi e le loro reti già ben
collaudate nel passaggio di testimone da un'antenna a quella più prossima.
In compenso possono offrire una banda trasmissiva ben più limitata, già oggi
messa alla prova dai collegamenti in modalità Gprs-Wap, insopportabilmente
lente anche quando si tratti di trasmettere poche migliaia di caratteri.

Le cose potranno cambiare quando debutteranno i telefoni cellulari di quarta
generazione (4G), capaci di gestire sia collegamenti Wi-Fi che connessioni
telefoniche, in ogni posto misurando e valutando (automaticamente) quale sia
la migliore connettività lì disponibile. Ma i tempi non sono vicini.

Le cose più interessanti del Wi-Fi attuale sono altre: l'assenza di cavi
permette di risparmiare molto nella realizzazione di reti locali all'interno
di un palazzo (per esempio di uffici), senza stendere cavi e installare
canalette e permettendo ai computer connessi di muoversi da una stanza
all'altra, sempre restando in rete. La cosa potrebbe avere significative
conseguenze sia sulla struttura fisica degli uffici che sulla struttura
sociale, resa meno rigida. Lo stesso vale per le abitazioni: i precursori
certo hanno già steso cavi più o meno volanti da una stanza all'altra, per
collegare televisioni, schermi «teatrali», registratori digitali e
naturalmente computer, ma chi arrivi adesso può fare lo stesso senza fili,
assicurando a ogni apparato di casa la possibilità di essere spostato a
piacimento, senza cascare fuori dalla rete.

Ma soprattutto le piccole reti Wi-Fi ben si prestano a connettere dal basso
delle comunità locali di amici o vicini che in questo modo socializzano la
banda passante: uno la affitta, tutti la usano. Non c'è dubbio che questa
pratica, ormai diffusa più o meno clandestinamente anche da noi, ma
largamente e pubblicamente praticata negli Stati Uniti come in Canada, non
sia gradita ai provider e alle compagnie telefoniche, le quali ovviamente
preferirebbero che ogni cliente abbia il suo abbonamento, senza possibilità
di passare i bit anche ad altri. Di nuovo si sta assistendo a una sorta di
trasgressione diffusa, analoga a quella (ben più vistosa) della condivisione
dei file musicali. C'è da aspettarsi dunque che prima o poi i detentori dei
canali trasmissivi corrano ai ripari, chiedendo ai governi e alle Authority
di regolamentare l'uso e di sanzionare quelli che essi ritengono abusi.

La pratica della banda condivisa tra più nuclei familiari è del resto
analoga alla tecnica da tempo assai diffusa in diversi paesi in via di
sviluppo, di attivare un'unica antenna per la televisione e poi distribuire
il segnale a più abitazioni, via cavo coassiale. E del resto la televisione
via cavo nacque in America proprio così, distribuendo a comunità locali
sparpagliate i programmi dei grandi network nazionali, captati da un'unica
antenna.


Turbo senza fili, dalla `b' alla `g'
F.C.
La situazione delle connessioni senza fili secondo lo standard Ieee 802.11
(che è il nome tecnico del cosiddetto Wi-Fi) è ormai in continuo movimento.
Due i problemi emersi, entrambi in via di soluzione. Il primo riguarda la
larghezza della banda: lo standard 802.11b, finora prevalente offre sulla
carta 11 megabit al secondo, ma tali prestazioni si dimezzano appena ci si
allontani di pochi metri dal punto di accesso.

In ogni caso è una banda che viene ripartita tra le utenze e quindi già
appare scarsa, specialmente quando il Wi-Fi venga usato per delle reti
locali aziendali, dove c'è molto traffico di bit. Ecco allora, ormai già
maturo e pronto, lo standard 802.11g, che offre 54 megabit al secondo.

Dal punto di vista tecnico l'ultima novità arriva da una nota azienda di
apparati, la U.S Robotics, che ha appena annunciato per l'estate un suo
sistema chiamato 802.11g Wireless Turbo, dove il nome dice tutto: contiene
infatti un «Acceleratore» che, promettono, dovrebbe spingere un numero
ancora maggiore di bit lungo il canale senza fili. Si passerebbe dunque a
100 megabit al secondo.

Il secondo problema è quello della sicurezza: gran parte delle reti locali
Wi-Fi oggi installate risultano «aperte», nel senso che chiunque passi lì
vicino, dotato di un computer con relativa scheda di connessione, può non
solo navigare nell'Internet passando per quella porta, ma anche entrare nei
computer di quella rete locale; esistono ovviamente dei software che
chiedono la password, ma la protezione non è ancora sicurissima. Anche su
questo terreno i tecnologi vanno proponendo degli standard adeguati e
unificati.