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pesticidi nel piatto
- Subject: pesticidi nel piatto
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Tue, 10 Jun 2003 06:50:59 +0200
da lanuovaecologia.it Venerdì, 30 Maggio 2003 "Pesticidi in 1 frutto su due" Sconvoglente rapporto di Legambiente: "Contaminato anche il 20% delle verdure in commercio". La risposta della Coldiretti: "I dati ufficiali non denunciano questa catastrofe". ROMA - Frutta dal cattivo sapore. Perché c'è il ddt nelle mele e nelle ciliegie, il captano nell'uva, il clorpifiros nei pomodori. Fare la spesa tra i banchi del supermercato significa quindi quasi sicuramente portarsi a casa, e quindi in tavola un bel carico di erbicidi, antiparassitari e fungicidi. La metà della frutta infatti, stando agli 11.000 campioni analizzati nel 2002 dalle Arpa (Agenzie regionali protezione ambiente) e dalle Asl è risultata contaminata da almeno un tipo di pesticida. In un prodotto su 4 si trovano addirittura tracce di più di un principio attivo. L'allarme è lanciato da Legambiente, che ha presentato oggi i risultati dell'indagine "Pesticidi nel piatto 2003". Migliore, ma non buona, è risultata la situazione della verdura: il 20% dei campioni controllati è risultato contaminato da almeno un pesticida e nel 5% ne sono stati trovati più di uno. E poi ci sono i campioni irregolari, dove non solo sono presenti i pesticidi, ma questi superano le concentrazioni imposte per legge o sono addirittura vietati: sono il 2% del totale (nel 2001 erano l'1,3%). "L'attenzione alla presenza di più d'un residuo nello stesso prodotto è bassissima - attacca Francesco Ferrante, direttore generale di Legambiente - Colpa di una legislazione vecchia di oltre 30 anni che non prevede ancora un limite alla somma di più residui nello stesso alimento e che ignora il principio di precauzione: continuano ad essere tollerate infatti sostanze che, come il procimidone, il vinclozolin o il captano, l'Epa (l'Agenzia americana di protezione dell'ambiente) ha da tempo classificato come possibili o probabili cancerogeni". Esempi negativi non mancano: in Calabria su una sola ciliegia, regolare secondo la legge, sono stati trovati 3 pesticidi (paration, clorpirifos e metidation). 19 peperoni sui 76 prelevati dai mercati dell'Emilia Romagna, e provenienti dalla Spagna, risultano fuorilegge perché contaminati da un fungicida vietato; sempre in Emilia Romagna, della 218 mele controllate, solo 50 (il 22,9%) sono risultate "senza residui rilevabili", a fronte di ben 168 (il 77,1%) contaminate, di cui 10 fuori legge. In Trentino Alto Adige il 50% dell'uva analizzata (7 su 14 campioni) risulta irregolare perché contenente, in 6 casi, sostanze vietate in Italia, e nel settimo una concentrazione eccessiva di captano. Un capitolo a parte merita il ddt. L'Arpa di Trieste ha trovato tracce del pericoloso prodotto in ciliegie, mele e carote; in Liguria è stato trovato in salvia, origano e sesamo e nel pepe è stato addirittura trovato del lindano (vietato da anni, al pari del ddt). Trovare queste sostanze, secondo Legambiente, è la prova dell' esistenza di un turismo dei pesticidi: in molti casi infatti i prodotti che contengono queste sostanze arrivano da Paesi extraeuropei in cui quei prodotti sono ancora in uso. E per il 2002 si stimano in circa 66.000 le tonnellate di pesticidi e fitofarmaci utilizzati in Italia: qualcosa come 440 kg per chilometro quadrato di superficie agricola. Un quantitativo impressionante, sottolinea Legambiente, "dal momento che per ogni chilogrammo di principio attivo utilizzato, solo 10 grammi vengono assimilati dagli insetti oggetto del trattamento, mentre i restanti 990 rimangono nell' ambiente, sui frutti e nel terreno". E un'agricoltura che fa largo uso di pesticidi, conclude, "rappresenta un danno enorme anche per quella che invece li ha eliminati o si avvia ad eliminarli". La Coldiretti non ci sta e risponde: "Chi lavora nei campi ha dimostrato nei fatti di essere pronto ad accogliere l'invito dei cittadini ad una maggiore attenzione alla sanità degli alimenti e al rispetto del territorio, rendendo l'Italia il Paese dei primati, a livello comunitario e mondiale, nella qualità e salubrità degli alimenti". Poi i dati ufficiali completi forniti dal Ministero della Salute - sottolinea ancora Legambiente - evidenziano che nel corso degli anni sono aumentati i controlli effettuati dai laboratori pubblici e diminuiti i campioni di prodotti ortofrutticoli risultati irregolari. "Nel corso di quasi dieci anni la percentuale di prodotti ortofrutticoli irregolari individuata attraverso le analisi si è ridotta dal 5,6% all'1,3%, mentre è aumentato del 46% il numero dei campioni esaminati. Inoltre più della metà dei campioni di frutta trovati irregolari riguardavano prodotti di importazione (Sudafrica, Argentina, Cipro e Turchia) o per i quali non era stata indicata la provenienza". Veleni nel piatto PesticidiPomodori, rughetta, ravanelli. E poi captàno, diazinon e vinclozolin. In Italia la dieta mediterranea cambia faccia: la presenza di fitofarmaci nei prodotti ortofrutticoli e nei derivati dell'industria agricola costituisce nel un rischio per la salute fortemente sottostimato AGRICOLTURA|Le analisi di agenzie ambientali e Asl C'era la dieta mediterranea... Il 20% dei campioni passati esaminati è risultato contaminato da almeno un pesticida, e nel 5% ne sono stati trovati più d'uno. Il Rapporto 2003 di Legambiente PESTICIDI|Per l'Epa incidono sulle patologie comportamentali Un menù ricco... di fitofarmaci Tre pesticidi trovati su una sola ciliegia, 19 peperoni su 76 sono fuorilegge, i controlli non sempre sono efficaci e sufficienti. Le risultanze del Rapporto 2003 di Legambiente.... FITOFARMACI Ancora troppa chimica in tavola Nel 1997 sono state sparse sui campi italiani 77.709 tonnellate di pesticidi fra erbicidi, battericidi, fungicidi, insetticidi.... AGRICOLTURA Terroristi o cassandre? La reazione di Coldiretti, Cia e Agrofarma al rapporto Pesticidi nel piatto 2003 di Legambiente. Fra accusa di allarmismo e dati... AGRICOLTURA|Le analisi di agenzie ambientali e Asl C'era la dieta mediterranea... PesticidiIl 20% dei campioni passati esaminati è risultato contaminato da almeno un pesticida, e nel 5% ne sono stati trovati più d'uno. Il Rapporto 2003 di Legambiente Mele e ciliege al Ddt, uva al captano, pomodori al clorpirifos: è così che la dieta mediterranea cambia faccia. Scegliendo frutta e verdura sulle bancarelle del mercato o sui banchi del supermercato, di una cosa infatti possiamo star certi: assieme alle mele, alle arance, ai peperoni, alle carote, c'è una probabilità su due di portarsi a casa un bel Banco di frutta carico di erbicidi, antiparassitari, fungicidi. La metà della frutta infatti, stando ai campioni - quasi 11.000 - analizzati nel 2002 dalle agenzie ambientali e dalle Asl, è contaminata da almeno un tipo di pesticida. In un prodotto su quattro si trovano addirittura tracce di più di un principio attivo. Migliore ma non buona la situazione della verdura: il 20% dei campioni passati al vaglio è risultato contaminato da almeno un pesticida, e nel 5% ne sono stati trovati più d'uno. E poi ci sono pure i campioni irregolari, dove non solo i pesticidi ci sono, ma superano le concentrazioni imposte per legge o sono addirittura vietati: sono il 2% del totale, un dato tutt'altro che rassicurante, visto l'aumento rispetto all'anno passato (nel 2001 erano l'1,3%) «Assistiamo al paradosso – ha detto Francesco Ferrante, direttore generale di Legambiente, durante la presentazione, a Roma, del rapporto Pesticidi nel piatto 2003 – di frutta e verdura che da una parte vengono unanimemente consigliate (da nutrizionisti, medici, dietologi) come la chiave per un'alimentazione sana, e dall'altra contengono tali e tante sostanze da mettere a rischio la salute di chi le consuma». E in Italia la situazione è allarmante. L'attenzione alla presenza di più d'un residuo nello stesso prodotto poi è bassissima. «Colpa d'una legislazione vecchia di oltre 30 anni - spiega Ferrante - che non prevede ancora un limite alla somma di più residui nello stesso alimento e che ignora il principio di precauzione: continuano ad essere tollerate infatti sostanze che, come il procimidone, il vinclozolin o il captano, l’Epa (l'americana Environmental protection agency) ha da tempo classificato come possibili o probabili cancerogeni». Succede così che, per eludere la legge che impone un tetto all'uso dei singoli pesticidi, in tanti fanno ricorso ai cocktail di sostanze le cui conseguenze sulla salute umana rappresentano un'incognita pericolosa. I CASI LIMITE In Calabria su una sola ciliegia, regolare secondo la legge, sono stati trovati 3 Pesticidi pesticidi (paration, clorpirifos e metidation). 19 peperoni sui 76 prelevati dai mercati dell'Emilia Romagna (esattamente il 25%), e provenienti dalla Spagna, risultano fuorilegge perché contaminati da un fungicida vietato nel nostro Paese; sempre in Emilia Romagna, della 218 mele controllate, solo 50 (il 22,9%) sono risultate "senza residui rilevabili", a fronte di ben 168 (il 77,1%) contaminate, di cui 10 fuori legge. In Trentino-Alto Adige il 50% dell'uva analizzata (7 su 14 campioni) risulta irregolare perché contenente, in 6 casi, sostanze vietate in Italia, e nel settimo una concentrazione eccessiva di captano. L'Arpa di Trieste ha trovato tracce di Ddt in ciliegie, mele e carote; in Liguria il Ddt è stato trovato in salvia, origano e sesamo, in cui come nel pepe è stato addirittura trovato del lindano (vietato da anni, al pari del Ddt). I CONTROLLI «E poi c'è il problema dei controlli - spiega il direttore generale di Legambiente, Francesco Ferrante. Capita infatti che l'assenza di tracce di pesticidi non sia tanto il sintomo della buona qualità di frutta e verdura, quanto piuttosto della scarsa affidabilità delle analisi». È il caso dell'Arpa di Isernia, ad esempio, che nel 2002 ha passato al microscopio solo 44 campioni, ricercando in ognuno non più di 10 principi attivi. L'Arpa Toscana invece scandaglia 1249 campioni fra frutta verdura e derivati, alla ricerca di ben 188 principi attivi. Altre agenzie virtuose sono quella piemontese (oltre mille campioni analizzati), quella dell'Emilia Romagna (3.162 analisi), e quella laziale (194 principi attivi e 1511 campioni). «Una disparità non solo ingiustificata ma preoccupante - aggiunge Ferrante - È necessario che i laboratori competenti effettuino in maniera puntuale e approfondita questo tipo di analisi, ampliando (in molti casi) il numero di principi attivi ricercati, per informare correttamente i consumatori». La stessa metodologia dei controlli non è pienamente affidabile: i limiti di legge sono tarati sulla base della pericolosità per l'organismo di un adulto di circa 60 kg di peso. Secondo il National Research Council, invece, le procedure dovrebbero fondarsi su un modello ben diverso: la tolleranza di riferimento dovrebbe essere quella di una bambina (i più piccoli mangiano in relazione alla massa corporea più di un adulto e consumano alimenti a più elevato rischio di residui di pesticidi, come i succhi di frutta, frutta fresca e ortaggi. LA FORMAZIONE Legambiente chiede che anche le organizzazioni agricole mantengano alto il livello di attenzione, con corsi di formazione per gli agricoltori che utilizzano pesticidi finalizzati alla difesa integrata, mentre il consumatore attento dovrà scegliere i prodotti di stagione, meglio se di provenienza nazionale, spesso meno contaminati, meglio ancora se da agricoltura biologica. Un aiuto, ci auguriamo, potrebbe arrivare dal recente accordo tra i Ministri della salute e dell'ambiente e le Regioni per l'adozione dei Piani nazionali di sorveglianza sanitaria ed ambientale sugli effetti dei prodotti fitosanitari. Da segnalare in positivo, invece, l' aumento delle regioni che eseguono le analisi anche sui prodotti biologici, mentre ancora scarsi sono quelli sugli alimenti destinati all'infanzia e alle mense scolatiche. I DANNI ALLA SALUTI Le bambine hanno dimostrato poi una maggiore sensibilità agli effetti sugli organi riproduttivi) nella fascia d'età più sensibile dal punto di vista dell'organismo, e cioè da zero anni alla pubertà. "Uno studio dell' Università di Seattle, che ha analizzato i residui da pesticidi e loro metaboliti in bambini di età pre-scolare - aggiunge Cesare Donnhauser, del comitato scientifico di Legambiente - ha concluso che i piccoli che consumano frutta e verdura biologica presentano una concentrazione di residui sei volte più bassa dei coetanei che consumano prodotti convenzionali. E visto che l'assunzione (diretta, per via alimentare, o indiretta, attraverso la placenta) di inquinanti ambientali come i pesticidi può alterare lo sviluppo del sistema nervoso centrale, l'Epa ha addirittura messo in relazione l'aumento vertiginoso di patologie comportamentali (letteralmente esplosi in questi ultimi ani negli Usa) anche con l'aumento delle assunzioni di questi inquinanti. FITOFARMACI|I dati del rapporto Pesticidi nel piatto 2003 di Legambiente Ancora troppa chimica in tavola PesticidiNel 1997 sono state sparse sui campi italiani 77.709 tonnellate di pesticidi fra erbicidi, battericidi, fungicidi, insetticidi. Il doppio di Germania e Regno Unito messi insieme Quella italiana, nonostante il carico sia in calo, resta un'agricoltura fortemente dipendente dai pesticidi. Il quantitativo di sostanze chimiche utilizzate in agricoltura nel nostro Paese rimane uno dei più alti in Europa: nel 1997 (ultimo anno per cui l'Eea fornisce dati ufficiali per l' Italia) sono state sparse 77.709 tonnellate di pesticidi (fra erbicidi, battericidi, fungicidi, insetticidi), più di quante ne siano state usate in Germania e Regno Unito insieme. Per il 2002 possiamo stimare in circa 66.000 le tonnellate di pesticidi e fitofarmaci utilizzati in Italia: qualcosa come 440 kg per chilometro quadrato di superficie agricola. Un quantitativo impressionante, dal momento che per ogni chilogrammo di principio attivo utilizzato, solo 10 grammi vengono assimilati dagli insetti oggetto del trattamento, mentre i restanti 990 rimangono nell'ambiente, sui frutti e nel terreno. Anche quello dei prodotti chimici per l'agricoltura è un mercato sul quale la criminalità organizzata sta mettendo le mani. I Nas, come risulta dal rapporto del Comando dei Carabinieri per la Sanità del 2002, hanno effettuato 1.254 ispezioni relative ai prodotti fitosanitari, accertando infrazioni in 489 casi (il 39%) Le persone segnalate alle autorità sono state 360 (erano state 309 nel 2001), 46.263 le confezioni sequestrate per 213.799 kg di peso e valore pari a 1.955.497 euro. Gli illeciti amministrativi sono stati 391. «La criminalità - spiega Francesco Ferrante di Legambiente - offre la possibilità agli imprenditori disonesti di utilizzare sostanze chimiche senza denunciarne l'acquisto e l'utilizzo agli enti competenti e procurandosele sottocosto». A facilitare i traffici è anche la mancanza di tracciabilità: non esiste l'obbligo infatti di segnalare in maniera indelebile e progressiva le confezioni di pesticida acquistate ed utilizzate. In molti casi poi le sostanze comprate al mercato nero vengono diluite con quelle legalmente registrate, modificandone tossicità e rischi, e rivendute sotto banco. «Questo non solo va a discapito del consumatore e all'ambiente, com'è ovvio. Ma lo stesso agricoltore, privato di ogni informazione sul prodotto che impiega, mette a rischio la sua salute». AGRICOLTURA|«Accuse gravissime che danneggiano l'immagine dei produttori» Terroristi o cassandre? ColdirettiLa reazione di Coldiretti, Cia e Agrofarma al rapporto Pesticidi nel piatto 2003 di Legambiente. Fra accusa di allarmismo e dati che non concordano con l'S.o.s. degli ambientalisti La frutta e le verdure italiane sono sempre più sicure dal rischio pesticidi. Lo afferma Agrofarma, l'associazione che riunisce le imprese italiane del settore degli agrofarmaci, reagendo ai risultati dell'indagine presentata da Legambiente sulla presenza di residui nella frutta e nella verdura prodotte in Italia. Negli ultimi 10 anni, infatti, prosegue Agrofarma, «in Italia si è registrato un calo di oltre il 25% del consumo nazionale di agrofarmaci con le 105.205 tonnellate del 2000 contro le 141.200 del 1990. Questo è dovuto all'introduzione di nuove tecnologie sempre più avanzate e rispettose dell'ambiente che, riducendo le dosi di impiego, hanno modificato in positivo il mix, ed allo sviluppo e all'adozione, da parte degli agricoltori, di nuove strategie di difesa delle colture rivolte ad un corretto utilizzo dei prodotti stessi». La Confederazione italiana agricoltori accusa Legambiente di «puro terrorismo alimentare». E aggiunge: «Si scaricano sull'agricoltura italiana accuse gravissime che danneggiano l'immagine dei nostri produttori che da anni hanno come obiettivo prioritario la qualità e, proprio per assicurare ai consumatori prodotti genuini e sicuri, hanno ridotto fortemente l'uso di fitofarmaci». Secondo Coldiretti invece, se ancora molto resta da fare in questo ambito, «non sono certamente incoraggianti i soliti rituali e ingiustificati allarmismi, frutto di un ambientalismo da salotto che affronta i problemi in modo vecchio e superficiale, non vedendo il cambiamento e non contribuendo a dare la necessaria trasparenza dell'informazione ai consumatori». L'organizzazione di categoria snocciola anche i dati ufficiali forniti dal ministero della Salute da cui si evince, spiegano, che «nel corso di quasi dieci anni la percentuale di prodotti ortofrutticoli irregolari individuata attraverso le analisi si è ridotta dal 5,6% all'1,3%, mentre è aumentato del 46% il numero dei campioni esaminati. Inoltre più della metà dei campioni di frutta trovati irregolari riguardavano prodotti di importazione (Sudafrica, Argentina, Cipro e Turchia) o per i quali non era stata indicata la provenienza». Tutto ciò, rileva ancora l'organizzazione agricola, ribadisce la correttezza dei dati ufficiali contenuti nel rapporto sul 'Monitoraggio di residui di pesticidi in prodotti di origine vegetale nell'Unione europea', il quale classifica le produzioni agricole italiane «fra le più sane d'Europa con una percentuale di campioni di frutta, verdura e cereali raccolti in Italia e trovati senza residui riscontrabili di pesticidi dell'80%, la più alta a livello comunitario, superiore alla media europea (64%) e di quella vantata da altri grandi Paesi dell' Ue come Germania (62%), Gran Bretagna (63%), Francia (50%) e Olanda (35%)».
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