acqua: cresce il rischio di inquinamento falde



dal corriere,.it

giovedi 15 maggio 2003

Consumiamo il 30% in più dei francesi. E i prezzi calmierati riducono la
manutenzione al minimo indispensabile

Cresce il rischio inquinamento delle falde

La rete idrica nazionale? Fa acqua da tutte le parti. Sembra un gioco di
parole, eppure è proprio così: solo una parte del prezioso liquido immesso
nelle condotte degli acquedotti comunali raggiunge i rubinetti dei
consumatori. Il resto sparisce nel nulla, si disperde, viene rubato. I dati
sono preoccupanti: «L'età media delle reti è di 30 anni - dice Andrea
Agapito Ludovici, responsabile Acque e Fiumi del Wwf Italia - e ci sono
circa 150 mila chilometri di condutture da controllare: le perdite arrivano
al 27% (con punte fino al 50% in alcune zone del Sud), prima di raggiungere
gli utenti, poi c'è un 5% causato dagli impianti domestici». D'altra parte,
ci sono 13.000 acquedotti indipendenti, con una distribuzione media di 600
mila mc ogni anno, gestiti da oltre 8.000 differenti soggetti: un'autentica
miriade di enti. «Le perdite eccessive della rete idrica - dice Mauro
Zanini, presidente della Federconsumatori di Modena e responsabile nazionale
dell'osservatorio tariffe e servizi dell'associazione - derivano dalla
riduzione degli investimenti degli ultimi tempi rispetto a trent'anni fa. Le
aziende pubbliche dicono che non hanno margini di manovra sulle tariffe,
perché queste sono stabilite dal governo, dal Cipe. Per cui riducono la
manutenzione al minimo indispensabile».
Andrea Masullo, docente di Teoria dello sviluppo sostenibile all'università
di Camerino, fa una distinzione più precisa: «Il Meridione, in genere,
patisce la carenza d'acqua dovuta, oltre che alla scarsa manutenzione, anche
alle perdite e agli allacciamenti abusivi. Al Nord la manutenzione è più
capillare: il problema, a volte, riguarda la qualità dell'acqua erogata, a
causa di infiltrazioni inquinanti nella falda dovute alla presenza di
numerose industrie, con le loro emissioni nocive».
A tutto questo si aggiungono gli sprechi: «La scarsa informazione
rappresenta un problema - conferma Zanini -. La gente non è abituata a usare
l'acqua potabile in modo corretto e responsabile. Inoltre, il 25 per cento
dei consumatori non ha il contatore. Se si considera che le tariffe si
basano sul "minimo impegnato", per cui il 70 per cento dell'acqua viene
pagata indipendentemente dall'effettivo consumo, si può capire come non sia
incentivato il risparmio: si "sperpera" perché tanto è già pagato. Per di
più il prezzo dell'acqua è basso e le aziende la usano con poca accortezza».
Però, nonostante sprechi, malfunzionamenti e perdite, gli specialisti sono
concordi: la qualità dell'acqua degli acquedotti comunali è in genere molto
buona. «In alcuni casi è più sicura della minerale - conferma Zanini -
grazie ai numerosi controlli». Dello stesso parere è anche il professor
Masullo: «L'acqua della capitale, per esempio, è di qualità eccellente. Le
sorgenti sono ancora quelle della Roma imperiale: vanno bene anche oggi che
i consumatori sono più che triplicati. Peccato che non tutto il Lazio si
trovi in una situazione altrettanto rosea. Ma in Italia, purtroppo, mancano
politiche forti da parte del governo per tutelare la qualità delle acque,
con particolare riguardo alla protezione delle falde sotterranee. Basti
pensare alle trivellazioni petrolifere in Val d'Agri, vero pericolo di
inquinamento per una zona in cui si concentrano le risorse idriche di
Puglia, Basilicata e Calabria».
Di questo passo, nel nostro Paese, l'endemica emergenza petrolio si potrebbe
trasformare in emergenza idrica. Colpa anche di una normativa risalente al
1933 che non tiene conto del risparmio, della possibilità di riutilizzo e
della restituzione di acqua non inquinata. «Con questo scenario, non si è
mai sensibilizzato il cittadino a un uso più responsabile - sostiene Agapito
Ludovici -. Gli italiani sono maggiori consumatori d'acqua di tutta Europa:
circa 980 mc per persona ogni anno, contro i 647 della Francia o i 719 della
Germania». Riprende Zanini: «Ecco perché abbiamo chiesto che nella prossima
Finanziaria sia imposto un contatore per ogni utenza».

Marco Vinelli