economia digitale in italia



dal corriere.it di lunedi 26 maggio 2003


INCHIESTA Uno studio di Biffi e Demattè analizza quindici casi industriali e
fa il punto sull'economia digitale in Italia: arretrata ma non troppo

«Il bello di Internet viene adesso»

Techint ha ridotto le scorte. Manuli ha accelerato i tempi di consegna.
Ducati vende più moto. Grazie a un buon uso del web

Paradossalmente, Internet (di cui non si parla quasi più) vale per le
imprese molto più oggi di quando tutti ne straparlavano, perché il valore
delle azioni dotcom saliva alle stelle. E, nonostante i tempi non facili,
l'impatto di Internet sull'economia è destinato a crescere sempre di più. Da
non molto tempo anche le medie e piccole aziende italiane hanno cominciato a
usare con successo la Rete per aumentare la produttività, risparmiare sui
costi, migliorare le relazioni con i fornitori, i distributori e i clienti.
Si tratta di una tendenza poco appariscente, purtroppo in Italia ancora
troppo limitata, ma molto importante. «E' finita l'illusione di fare enormi
guadagni in poco tempo vendendo via Internet. Ma Internet è e diventerà
sempre di più una leva strategica per il successo competitivo delle aziende,
soprattutto nel settore cosiddetto b2b (business to business, ovvero nei
rapporti tra le imprese)», spiega Alfredo Biffi, professore di Sistemi
Informativi, che, con Claudio Demattè, come lui docente dell'università
Bocconi di Milano, ha recentemente curato un saggio intitolato «L'araba
fenice: economia digitale alla prova dei fatti»; lo studio analizza una
quindicina di casi concreti di successo nell'applicazione delle tecnologie
Internet, e fa il punto sullo stato dell'economia digitale in Italia.
«Esistono molte aziende tradizionali che, senza tanto clamore hanno
cominciato a usare la Rete per integrare sul loro sistema informativo i
clienti e i fornitori, con risultati davvero significativi».
I vantaggi legati all'uso di Internet nel b2b possono essere misurati ed
essere anche molto consistenti. Per esempio, il gruppo multinazionale
italiano Techint, nel 2000, ha deciso di creare una sua società
specializzata, Exiros, per riorganizzare, centralizzare e automatizzare i
processi di acquisto (eProcurement). Exiros ha creato via Internet un suo
mercato telematico per gli acquisti di diverse aziende del gruppo. Dopo due
anni di attività sono stati raggiunti risultati eccellenti: una riduzione
dei prezzi di acquisto di circa l'8% (su un valore totale di 1,5 miliardi);
una riduzione delle scorte pari al 20%; una riduzione dell'11% delle risorse
dedicate agli acquisti e l'abbattimento dei costi amministrativi del 18%.
Manuli Rubber Industries, leader europeo e mondiale nel settore idraulico,
che vale il 50% circa del suo fatturato totale, ha invece sfruttato la Rete
per migliorare radicalmente la relazione con i clienti. «Nell'area
idraulica - spiega Dardanio Manuli, amministratore delegato della società -
abbiamo deciso di avviare nel 2000 un progetto di radicale riorganizzazione
dei processi produttivi, logistici, amministrativi. La riorganizzazione era
indispensabile per la creazione di un nuovo portale che consideriamo
strategico per soddisfare i nostri clienti». Il portale permette ai clienti
di inserire gli ordini via Internet e di monitorarli fino alla consegna del
materiale acquistato. I risultati sono significativi. Oggi, il 62% del
fatturato dell'idraulica è realizzato via Internet con un risparmio valutato
intorno al 35% sulle risorse di customer service. Inoltre il sistema
telematico ha permesso di fidelizzare i clienti, che godono di una forte
trasparenza sullo stato dei loro ordini. E soprattutto, grazie
all'automazione delle operazioni, i tempi di consegna vengono rispettati
almeno nell'85% dei casi rispetto al 65% di circa due anni fa (l'obiettivo è
di raggiungere il 90%). E il rispetto dei tempi per la competitività della
Manuli è fondamentale.
Anche le banche sono sempre più interessate all'eBusiness: per esempio
Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredito, sostiene che lo
sviluppo di i-Faber, la società creata circa tre anni per il mercato
elettronico in Rete (marketplace), è strategica per conquistare nuovi
clienti. Dopo un avvio anche contrastato, alla fine del 2002 il marketplace
contava più di 1200 imprese iscritte - tra venditori e acquirenti - e aveva
realizzato più di 450 aste elettroniche per un valore complessivo di 170
milioni di euro.
«Vogliamo offrire il vantaggio di facilitare e semplificare le
contrattazioni, riducendo costi e tempi delle operazioni - sostiene Paolo
Cederle, amministratore delegato di i-Faber -. Si stima che il mercato
telematico abbia permesso un risparmio in media tra il 10 e il 25% rispetto
ai prezzi target fissati dagli acquirenti. Il marketplace conta tra i
maggiori clienti, oltre naturalmente a Unicredito, Erg e Italcementi
(partner della società), anche Api, Q8, Credem, Popolare di Sondrio e
prevede una fortissima crescita delle contrattazioni telematiche.
Ducati Motor, leader internazionale del settore motociclistico, ha adottato
un altro approccio: punta a sviluppare il valore del suo marchio grazie alle
comunità virtuali. L'amministratore delegato Federico Minoli ha deciso nel
2000 di creare Ducati.com, l'azienda specializzata sul collaborative
marketing via Internet, ovvero il marketing sviluppato in collaborazione con
i clienti. Ducati.com ha raggiunto risultati lusinghieri: di fronte a circa
40 mila moto Ducati vendute all'anno e un parco totale di circa 270 mila
clienti, il sito conta circa 800 mila visitatori al mese (circa tre volte il
numero dei suoi clienti). «Il sito attira clienti potenziali per noi molto
importanti - dice Patrizia Cianetti, direttore generale di Ducati.com -. E
rappresenta un canale di vendita significativo: grazie al web abbiamo
venduto in circa due anni circa 3200 moto concepite esclusivamente per il
canale Internet». Insomma: Internet è morta, viva Internet!
egrazzini at tin.it

Enrico Grazzini

Analisi

Ma i grandi in Rete sono ancora troppo pochi

Le applicazioni aziendali basate su Internet si diffondono ancora troppo
lentamente tra le aziende italiane e, anche per questo motivo, è a rischio
la competitività del Sistema Paese. Infatti, secondo i dati elaborati dalla
ricerca NetImpact, curata dalla Bocconi, solo l'11% delle aziende italiane
utilizza soluzioni Internet per migliorare le relazioni con clienti,
fornitori o dipendenti, di fronte a una media del 61% negli Usa e del 47%
dei maggiori Paesi europei. Le applicazioni Internet sono concentrate
soprattutto nelle grandi aziende e nei settori della finanza e delle
telecomunicazioni, mentre gli altri comparti sono ancora praticamente nella
fase iniziale d'adozione delle nuove tecnologie competitive. E questo gap
innovativo ha una ripercussione notevole sulla produttività: infatti, le
aziende che hanno adottato soluzioni di eBusiness, secondo le stime, hanno
avuto un aumento dei ricavi pari a 6,6 miliardi di euro e una diminuzione
dei costi ancora maggiore, pari a circa 9 miliardi. Cifre importanti, ma che
diventerebbero molto più significative se la penetrazione di Internet si
avvicinasse alla media europea (vedi la tabella). «Nell'eBusiness siamo
partiti tardi e ci stiamo fermando prima degli altri Paesi - afferma Claudio
Demattè, professore di Strategia aziendale presso l'università Bocconi, ex
presidente della Rai e delle Ferrovie dello Stato -. Le maggiori aziende
italiane sono allineate a quelle europee, ma scontiamo il fatto che la
struttura economica del nostro Paese è formata soprattutto da piccole e
piccolissime aziende familiari, dove l'unica applicazione Internet è magari
solo la posta elettronica. Le potenzialità dell'eBusiness sono enormi. Ma
c'è un problema di risorse finanziarie e anche culturale: mediamente i
nostri piccoli imprenditori famigliari sono poco propensi al rischio». Non a
caso nei distretti industriali - che costituiscono, come è noto, l'originale
punto di forza del nostro sistema economico - le applicazioni in Rete sono
generalmente ancora troppo poco diffuse. Il problema è che l'introduzione
dell'eBusiness comporta un profondo cambiamento culturale, in termini per
esempio di lavoro collaborativo, di trasparenza e di fiducia tra gli attori.
Inoltre i ritorni sull'investimento possono essere molto importanti ma non
sempre sono immediati. E l'attuale brusca caduta degli investimenti
informatici rischia di congelare anche gli innovativi progetti di eBusiness,
con effetti negativi sul sistema Paese.
«E' molto complesso stimare con precisione l'impatto delle applicazioni
Internet sulla produttività complessiva, perché il risultato degli
investimenti in tecnologia è condizionato da variabili organizzative e
culturali non quantificabili - afferma Ferdinando Pennarola, responsabile
dello studio NetImpact e professore associato dell'Istituto di
Organizzazione e Sistemi Informativi dell'università Bocconi -. Ma è certo
che, se l'eBusiness si affermasse, si scatenerebbe un "effetto domino" che
incrementerebbe notevolmente la produttività del sistema Italia, che è il
vero indicatore della possibilità di ricchezza di un Paese». Per ora la
speranza di molti imprenditori è riposta soprattutto nell'effetto traino
degli investimenti pubblici effettuati per portare l'eBusiness nella
pubblica amministrazione.

E. G.