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economia digitale in italia
- Subject: economia digitale in italia
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 29 May 2003 06:51:49 +0200
dal corriere.it di lunedi 26 maggio 2003 INCHIESTA Uno studio di Biffi e Demattè analizza quindici casi industriali e fa il punto sull'economia digitale in Italia: arretrata ma non troppo «Il bello di Internet viene adesso» Techint ha ridotto le scorte. Manuli ha accelerato i tempi di consegna. Ducati vende più moto. Grazie a un buon uso del web Paradossalmente, Internet (di cui non si parla quasi più) vale per le imprese molto più oggi di quando tutti ne straparlavano, perché il valore delle azioni dotcom saliva alle stelle. E, nonostante i tempi non facili, l'impatto di Internet sull'economia è destinato a crescere sempre di più. Da non molto tempo anche le medie e piccole aziende italiane hanno cominciato a usare con successo la Rete per aumentare la produttività, risparmiare sui costi, migliorare le relazioni con i fornitori, i distributori e i clienti. Si tratta di una tendenza poco appariscente, purtroppo in Italia ancora troppo limitata, ma molto importante. «E' finita l'illusione di fare enormi guadagni in poco tempo vendendo via Internet. Ma Internet è e diventerà sempre di più una leva strategica per il successo competitivo delle aziende, soprattutto nel settore cosiddetto b2b (business to business, ovvero nei rapporti tra le imprese)», spiega Alfredo Biffi, professore di Sistemi Informativi, che, con Claudio Demattè, come lui docente dell'università Bocconi di Milano, ha recentemente curato un saggio intitolato «L'araba fenice: economia digitale alla prova dei fatti»; lo studio analizza una quindicina di casi concreti di successo nell'applicazione delle tecnologie Internet, e fa il punto sullo stato dell'economia digitale in Italia. «Esistono molte aziende tradizionali che, senza tanto clamore hanno cominciato a usare la Rete per integrare sul loro sistema informativo i clienti e i fornitori, con risultati davvero significativi». I vantaggi legati all'uso di Internet nel b2b possono essere misurati ed essere anche molto consistenti. Per esempio, il gruppo multinazionale italiano Techint, nel 2000, ha deciso di creare una sua società specializzata, Exiros, per riorganizzare, centralizzare e automatizzare i processi di acquisto (eProcurement). Exiros ha creato via Internet un suo mercato telematico per gli acquisti di diverse aziende del gruppo. Dopo due anni di attività sono stati raggiunti risultati eccellenti: una riduzione dei prezzi di acquisto di circa l'8% (su un valore totale di 1,5 miliardi); una riduzione delle scorte pari al 20%; una riduzione dell'11% delle risorse dedicate agli acquisti e l'abbattimento dei costi amministrativi del 18%. Manuli Rubber Industries, leader europeo e mondiale nel settore idraulico, che vale il 50% circa del suo fatturato totale, ha invece sfruttato la Rete per migliorare radicalmente la relazione con i clienti. «Nell'area idraulica - spiega Dardanio Manuli, amministratore delegato della società - abbiamo deciso di avviare nel 2000 un progetto di radicale riorganizzazione dei processi produttivi, logistici, amministrativi. La riorganizzazione era indispensabile per la creazione di un nuovo portale che consideriamo strategico per soddisfare i nostri clienti». Il portale permette ai clienti di inserire gli ordini via Internet e di monitorarli fino alla consegna del materiale acquistato. I risultati sono significativi. Oggi, il 62% del fatturato dell'idraulica è realizzato via Internet con un risparmio valutato intorno al 35% sulle risorse di customer service. Inoltre il sistema telematico ha permesso di fidelizzare i clienti, che godono di una forte trasparenza sullo stato dei loro ordini. E soprattutto, grazie all'automazione delle operazioni, i tempi di consegna vengono rispettati almeno nell'85% dei casi rispetto al 65% di circa due anni fa (l'obiettivo è di raggiungere il 90%). E il rispetto dei tempi per la competitività della Manuli è fondamentale. Anche le banche sono sempre più interessate all'eBusiness: per esempio Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredito, sostiene che lo sviluppo di i-Faber, la società creata circa tre anni per il mercato elettronico in Rete (marketplace), è strategica per conquistare nuovi clienti. Dopo un avvio anche contrastato, alla fine del 2002 il marketplace contava più di 1200 imprese iscritte - tra venditori e acquirenti - e aveva realizzato più di 450 aste elettroniche per un valore complessivo di 170 milioni di euro. «Vogliamo offrire il vantaggio di facilitare e semplificare le contrattazioni, riducendo costi e tempi delle operazioni - sostiene Paolo Cederle, amministratore delegato di i-Faber -. Si stima che il mercato telematico abbia permesso un risparmio in media tra il 10 e il 25% rispetto ai prezzi target fissati dagli acquirenti. Il marketplace conta tra i maggiori clienti, oltre naturalmente a Unicredito, Erg e Italcementi (partner della società), anche Api, Q8, Credem, Popolare di Sondrio e prevede una fortissima crescita delle contrattazioni telematiche. Ducati Motor, leader internazionale del settore motociclistico, ha adottato un altro approccio: punta a sviluppare il valore del suo marchio grazie alle comunità virtuali. L'amministratore delegato Federico Minoli ha deciso nel 2000 di creare Ducati.com, l'azienda specializzata sul collaborative marketing via Internet, ovvero il marketing sviluppato in collaborazione con i clienti. Ducati.com ha raggiunto risultati lusinghieri: di fronte a circa 40 mila moto Ducati vendute all'anno e un parco totale di circa 270 mila clienti, il sito conta circa 800 mila visitatori al mese (circa tre volte il numero dei suoi clienti). «Il sito attira clienti potenziali per noi molto importanti - dice Patrizia Cianetti, direttore generale di Ducati.com -. E rappresenta un canale di vendita significativo: grazie al web abbiamo venduto in circa due anni circa 3200 moto concepite esclusivamente per il canale Internet». Insomma: Internet è morta, viva Internet! egrazzini at tin.it Enrico Grazzini Analisi Ma i grandi in Rete sono ancora troppo pochi Le applicazioni aziendali basate su Internet si diffondono ancora troppo lentamente tra le aziende italiane e, anche per questo motivo, è a rischio la competitività del Sistema Paese. Infatti, secondo i dati elaborati dalla ricerca NetImpact, curata dalla Bocconi, solo l'11% delle aziende italiane utilizza soluzioni Internet per migliorare le relazioni con clienti, fornitori o dipendenti, di fronte a una media del 61% negli Usa e del 47% dei maggiori Paesi europei. Le applicazioni Internet sono concentrate soprattutto nelle grandi aziende e nei settori della finanza e delle telecomunicazioni, mentre gli altri comparti sono ancora praticamente nella fase iniziale d'adozione delle nuove tecnologie competitive. E questo gap innovativo ha una ripercussione notevole sulla produttività: infatti, le aziende che hanno adottato soluzioni di eBusiness, secondo le stime, hanno avuto un aumento dei ricavi pari a 6,6 miliardi di euro e una diminuzione dei costi ancora maggiore, pari a circa 9 miliardi. Cifre importanti, ma che diventerebbero molto più significative se la penetrazione di Internet si avvicinasse alla media europea (vedi la tabella). «Nell'eBusiness siamo partiti tardi e ci stiamo fermando prima degli altri Paesi - afferma Claudio Demattè, professore di Strategia aziendale presso l'università Bocconi, ex presidente della Rai e delle Ferrovie dello Stato -. Le maggiori aziende italiane sono allineate a quelle europee, ma scontiamo il fatto che la struttura economica del nostro Paese è formata soprattutto da piccole e piccolissime aziende familiari, dove l'unica applicazione Internet è magari solo la posta elettronica. Le potenzialità dell'eBusiness sono enormi. Ma c'è un problema di risorse finanziarie e anche culturale: mediamente i nostri piccoli imprenditori famigliari sono poco propensi al rischio». Non a caso nei distretti industriali - che costituiscono, come è noto, l'originale punto di forza del nostro sistema economico - le applicazioni in Rete sono generalmente ancora troppo poco diffuse. Il problema è che l'introduzione dell'eBusiness comporta un profondo cambiamento culturale, in termini per esempio di lavoro collaborativo, di trasparenza e di fiducia tra gli attori. Inoltre i ritorni sull'investimento possono essere molto importanti ma non sempre sono immediati. E l'attuale brusca caduta degli investimenti informatici rischia di congelare anche gli innovativi progetti di eBusiness, con effetti negativi sul sistema Paese. «E' molto complesso stimare con precisione l'impatto delle applicazioni Internet sulla produttività complessiva, perché il risultato degli investimenti in tecnologia è condizionato da variabili organizzative e culturali non quantificabili - afferma Ferdinando Pennarola, responsabile dello studio NetImpact e professore associato dell'Istituto di Organizzazione e Sistemi Informativi dell'università Bocconi -. Ma è certo che, se l'eBusiness si affermasse, si scatenerebbe un "effetto domino" che incrementerebbe notevolmente la produttività del sistema Italia, che è il vero indicatore della possibilità di ricchezza di un Paese». Per ora la speranza di molti imprenditori è riposta soprattutto nell'effetto traino degli investimenti pubblici effettuati per portare l'eBusiness nella pubblica amministrazione. E. G.
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