welfare e governo



da la voce it
08-05-2003

Welfare, troppe priorità per una Presidenza
Chiara Saraceno


Sono cinque le priorità del Governo in tema di welfare per il semestre in
cui l'Italia avrà la Presidenza europea: 1) combattere l'esclusione sociale
e favorire la conciliazione tra vita professionale e familiare, con
particolare riferimento al ruolo della famiglia; 2) promuovere una strategia
europea contro il lavoro nero; 3) avviare un'Europa allargata nelle
relazioni industriali, nel diritto del lavoro e nella mobilità; 4)
incoraggiare la responsabilità sociale delle imprese; 5) rafforzare le
politiche per l'occupazione, le riforme del mercato del lavoro e la crescita
economica.
Lo stato sociale europeo
Dopo l'annuncio di Berlusconi al convegno torinese degli industriali di
volere una Maastricht del welfare, Roberto Maroni ha insieme ridimensionato
e rilanciato.
L'obiettivo della costruzione di uno stato sociale europeo non è all'ordine
del giorno. Le politiche sociali e previdenziali, incluse quelle
pensionistiche (cui si riferiva un po' riduttivamente Berlusconi quando
parlava di welfare), sono di competenza dei singoli stati nazionali. In
effetti, i sistemi di protezione sociale sono organismi complessi, con un
loro equilibrio interno, ove il ruolo dei singoli istituti (pensioni,
indennità di disoccupazione, assegni per i figli, garanzie di reddito
minimo, ecc.) non è perfettamente equiparabile, e neppure trasferibile, da
un Paese all'altro. Incorporano anche concezioni di giustizia, equità,
modelli di cittadinanza, di solidarietà e obbligazioni famigliari, spesso
diversi. E lo saranno ancora di più dopo l'allargamento.
Nel migliore dei casi, si possono individuare obiettivi comuni tramite il
metodo cosiddetto di coordinamento aperto, in cui hanno un ruolo importante
gli organismi permanenti, e su cui può influire in modo significativo una
Presidenza di turno con obiettivi chiari e sostenuti in modo efficace e
sistematico. Si pensi a quanto sono stati importanti i vertici di Lisbona,
Lussemburgo, Nizza nel definire l'agenda sociale europea e lo sviluppo dello
stesso metodo del coordinamento aperto nel campo delle politiche del lavoro
e sociali.

Troppi obiettivi. E confusi

Cinque obiettivi sono forse troppi per disegnare un profilo forte alla
Presidenza italiana in campo sociale, soprattutto se non sono
sufficientemente chiari e circoscritti. Mi sembra che solo due rispondano a
questo criterio: il secondo e il quarto. Il terzo e il quinto sono generici,
se non tautologici. Il primo è francamente incomprensibile nella sua
formulazione bizantina. Come lo avranno tradotto nelle altre lingue?
In effetti questo obiettivo sembra piuttosto una matrioska, che ne contiene
tre distinti. Se è vero che favorire la conciliazione tra vita professionale
e familiare, nella misura in cui facilita il lavoro delle madri, costituisce
un elemento di protezione dalla povertà nelle famiglie con figli, non è
questo l'unico obiettivo delle politiche di conciliazione, che riguardano
anche un riequilibrio nella divisione del lavoro, remunerato e familiare, in
base al genere, la realizzazione di maggiore equità nei rapporti tra uomini
e donne, e politiche del lavoro e dei tempi di lavoro più attente alle
responsabilità familiari dei lavoratori e delle lavoratrici (anche qui si
gioca la responsabilità sociale delle imprese).
Allo stesso tempo, il contrasto alla povertà e all'esclusione sociale non si
realizza solo con l'incentivazione al lavoro femminile, ma con un complesso
pacchetto che deve includere non solo politiche del lavoro più efficaci, ma
una indennità di disoccupazione degna di questo nome e una misura di
sostegno al reddito per chi, povero, non vi ha diritto. Richiede anche un
riconoscimento al costo dei figli che non passi solo per la via fiscale.

Sempre e solo la famiglia

Tutte cose che esistono nella maggior parte dei Paesi europei, ma che
mancano in Italia. Non solo, questo Governo non sembra considerarle
importanti se si legge il Libro bianco sul welfare, e in alcuni casi
(reddito minimo di inserimento) esplicitamente le rifiuta.
Proprio la lettura di questo documento, per altro, ci può illuminare sul
senso di quell'obiettivo così bizantinamente formulato: è la valorizzazione
della famiglia come ambito pressoché esclusivo di solidarietà lo strumento
principale di politica sociale proposto dal Governo. Se è "legalmente
costituita" avrà qualche piccolo aiuto. Ma è a essa, oggi come sempre, che
viene affidato il compito di ridistribuire risorse economiche e di cura:
verso i minori, gli anziani fragili, i disabili, i giovani privi di
sicurezza nel lavoro. Che ciò sia spesso in contraddizione con i diritti
alle pari opportunità non solo delle donne, ma delle generazioni più giovani
e costituisca uno dei motivi per cui l'Italia è tra i Paesi a più bassa
fecondità, a più bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro, e
in cui vi è una fortissima riproduzione intergenerazionale delle
disuguaglianze, non sembra essere un problema per il Governo e in generale
nel dibattito politico. Ma qualche problema può sorgere quando viene
formulato come obiettivo europeo.

Per saperne di più

C. Saraceno, Mutamenti della famiglia e politiche sociali in Italia, il
Mulino, Bologna 2003