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welfare e governo
- Subject: welfare e governo
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Tue, 27 May 2003 06:56:58 +0200
da la voce it 08-05-2003 Welfare, troppe priorità per una Presidenza Chiara Saraceno Sono cinque le priorità del Governo in tema di welfare per il semestre in cui l'Italia avrà la Presidenza europea: 1) combattere l'esclusione sociale e favorire la conciliazione tra vita professionale e familiare, con particolare riferimento al ruolo della famiglia; 2) promuovere una strategia europea contro il lavoro nero; 3) avviare un'Europa allargata nelle relazioni industriali, nel diritto del lavoro e nella mobilità; 4) incoraggiare la responsabilità sociale delle imprese; 5) rafforzare le politiche per l'occupazione, le riforme del mercato del lavoro e la crescita economica. Lo stato sociale europeo Dopo l'annuncio di Berlusconi al convegno torinese degli industriali di volere una Maastricht del welfare, Roberto Maroni ha insieme ridimensionato e rilanciato. L'obiettivo della costruzione di uno stato sociale europeo non è all'ordine del giorno. Le politiche sociali e previdenziali, incluse quelle pensionistiche (cui si riferiva un po' riduttivamente Berlusconi quando parlava di welfare), sono di competenza dei singoli stati nazionali. In effetti, i sistemi di protezione sociale sono organismi complessi, con un loro equilibrio interno, ove il ruolo dei singoli istituti (pensioni, indennità di disoccupazione, assegni per i figli, garanzie di reddito minimo, ecc.) non è perfettamente equiparabile, e neppure trasferibile, da un Paese all'altro. Incorporano anche concezioni di giustizia, equità, modelli di cittadinanza, di solidarietà e obbligazioni famigliari, spesso diversi. E lo saranno ancora di più dopo l'allargamento. Nel migliore dei casi, si possono individuare obiettivi comuni tramite il metodo cosiddetto di coordinamento aperto, in cui hanno un ruolo importante gli organismi permanenti, e su cui può influire in modo significativo una Presidenza di turno con obiettivi chiari e sostenuti in modo efficace e sistematico. Si pensi a quanto sono stati importanti i vertici di Lisbona, Lussemburgo, Nizza nel definire l'agenda sociale europea e lo sviluppo dello stesso metodo del coordinamento aperto nel campo delle politiche del lavoro e sociali. Troppi obiettivi. E confusi Cinque obiettivi sono forse troppi per disegnare un profilo forte alla Presidenza italiana in campo sociale, soprattutto se non sono sufficientemente chiari e circoscritti. Mi sembra che solo due rispondano a questo criterio: il secondo e il quarto. Il terzo e il quinto sono generici, se non tautologici. Il primo è francamente incomprensibile nella sua formulazione bizantina. Come lo avranno tradotto nelle altre lingue? In effetti questo obiettivo sembra piuttosto una matrioska, che ne contiene tre distinti. Se è vero che favorire la conciliazione tra vita professionale e familiare, nella misura in cui facilita il lavoro delle madri, costituisce un elemento di protezione dalla povertà nelle famiglie con figli, non è questo l'unico obiettivo delle politiche di conciliazione, che riguardano anche un riequilibrio nella divisione del lavoro, remunerato e familiare, in base al genere, la realizzazione di maggiore equità nei rapporti tra uomini e donne, e politiche del lavoro e dei tempi di lavoro più attente alle responsabilità familiari dei lavoratori e delle lavoratrici (anche qui si gioca la responsabilità sociale delle imprese). Allo stesso tempo, il contrasto alla povertà e all'esclusione sociale non si realizza solo con l'incentivazione al lavoro femminile, ma con un complesso pacchetto che deve includere non solo politiche del lavoro più efficaci, ma una indennità di disoccupazione degna di questo nome e una misura di sostegno al reddito per chi, povero, non vi ha diritto. Richiede anche un riconoscimento al costo dei figli che non passi solo per la via fiscale. Sempre e solo la famiglia Tutte cose che esistono nella maggior parte dei Paesi europei, ma che mancano in Italia. Non solo, questo Governo non sembra considerarle importanti se si legge il Libro bianco sul welfare, e in alcuni casi (reddito minimo di inserimento) esplicitamente le rifiuta. Proprio la lettura di questo documento, per altro, ci può illuminare sul senso di quell'obiettivo così bizantinamente formulato: è la valorizzazione della famiglia come ambito pressoché esclusivo di solidarietà lo strumento principale di politica sociale proposto dal Governo. Se è "legalmente costituita" avrà qualche piccolo aiuto. Ma è a essa, oggi come sempre, che viene affidato il compito di ridistribuire risorse economiche e di cura: verso i minori, gli anziani fragili, i disabili, i giovani privi di sicurezza nel lavoro. Che ciò sia spesso in contraddizione con i diritti alle pari opportunità non solo delle donne, ma delle generazioni più giovani e costituisca uno dei motivi per cui l'Italia è tra i Paesi a più bassa fecondità, a più bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro, e in cui vi è una fortissima riproduzione intergenerazionale delle disuguaglianze, non sembra essere un problema per il Governo e in generale nel dibattito politico. Ma qualche problema può sorgere quando viene formulato come obiettivo europeo. Per saperne di più C. Saraceno, Mutamenti della famiglia e politiche sociali in Italia, il Mulino, Bologna 2003
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