clonazione: al dna non si comanda



da boiler.it

giornale di scienza, innovazione e ambiente
                 20.04.2003

FOCUS.Clonazione
Al Dna non si comanda

Nello sviluppo di embrioni clonati di primati si verificano errori
fondamentali che rendono molto difficile la nascita di cloni a fini
terapeutici. E pressoché impossibile la clonazione umana a scopo
riproduttivo.

FOCUS.Clonazione
Quegli ostacoli biologici verso un clone umano

di BARBARA PALTRINIERI


 ERRORI FONDAMENTALI che si verificano nello sviluppo di embrioni clonati di
primati rende molto difficile la clonazione terapeutica in questo tipo di
animali e pressochè impossibile quella di tipo riproduttivo compresa quella
umana. È quanto emerge da uno studio condotto da ricercatori dell'Università
di Pittsburgh e pubblicato sull'ultimo numero della rivista Science. I
ricercatori hanno riscontrato ostacoli biologici di base che bloccano il
normale sviluppo cellulare per quattro diversi tipi di trasferimento
nucleare, la tecnica con cui oggi viene effettuata la clonazione. Questo
rende molto difficile la clonazione terapeutica, quella cioè che mira a
ottenere cellule staminali per la terapia. E rende anche praticamente
impossibile la clonazione riproduttiva, quella che cioè mira allo sviluppo
completo di un individuo.

 «I cromosomi non si separano in modo opportuno», spiega Gerald Schatten,
autore dello studio: «Fin dalle primissime divisioni cellulari, lo sviluppo
appare inappropriato, in senso vitale». In questo studio Shutten e colleghi
hanno utilizzato la tecnica del trasferimento nucleare su 724 cellule uovo
di femmine di Resus macachi. Su 33 embrioni trasferiti in utero non si è
avuta alcuna gravidanza. Immagini particolari delle strutture delle cellule
di questi embrioni hanno rivelato che mentre la divisione cellulare
continuava in modo superficialmente normale, esistevano problemi nel numero
dei cromosomi contenuti in ogni cellula.


FOCUS.Clonazione
"Hanno dimostrato un principio già noto"

di BARBARA PALTRINIERI


 «È UNO STUDIO molto interessante, in cui è stato dimostrato
sperimentalmente un principio già noto». Questo il primo commento di
Giuseppe Novelli, genetista all'Università di Roma "Tor Vergata", sulla
ricerca condotta all'Università di Pittsburgh sulla clonazione nel campo dei
primati. Novelli ci spiega il motivo che si nasconderebbe dietro ai problemi
cromosomici che limitano lo sviluppo degli embrioni clonati. «Nello zigote,
la cellula fecondata, ci sono alcuni organelli importanti che derivano in
parte dalla madre e in parte dal padre. Mentre i mitocondri, fondamentali
per la respirazione cellulare, arrivano dalla madre, i centrioli arrivano
dallo spermatozoo, cioè dal padre». Questi ultimi sono molto importanti in
fase di divisione celllare, perché portano alla formazione di quelle fibre
proteiche a cui si aggrappano i cromosomi per suddividersi in modo corretto
nelle due cellule figlie. «Nel momento in cui faccio il trasferimento
nucleare per la clonazione, allora viene meno lo spermatozoo e di
conseguenza anche il corretto apporto di centrioli», continua Novelli. «La
mancanza di questi organelli può essere sopperita in qualche modo ma si
osserva comunque qualcosa di disorganizzato. Questo porta dunque ad anomalie
nel contenuto di cromosomi delle cellule figlie, durante lo sviluppo
dell'embrione».

 Questo è vero in quasi tutti i mammiferi, tranne i topi. «Oggi la
clonazione è un processo altamente fallimentare e Dolly lo dimostra, perché
ci sono voluti oltre 250 tentativi per averla », continua Novelli. «La
ricerca pubblicata su Science ha mostrato che, a parte il problema della
riprogrammazione del genoma, nei cloni c'è anche quello dei centrioli, che
entra in gioco contro lo sviluppo degli embrioni. I due elementi spiegano
l'alto numero di insuccessi di queste tecniche. Secondo me, però, questo
studio non dimostra l'impossibilità della clonazione terapeutica, ma porta
alla luce un nuovo elemento. Un nuovo elemento da studiare e da comprendere.
E prima di parlare dell'uso della medicina rigenerativa è importante
comprendere il problema della biologia rigenerativa, cioè svelare tutti i
punti ancora oscuri».


FOCUS.Clonazione
Ma Zavos insiste: non ci sono più rischi.

da Lanci


 DOVREBBE ESSERE pubblicato sul prossimo numero della rivista inglese
Reproductive BioMedicine Online, un articolo che per la prima volta descrive
le tecniche di clonazione umana riproduttiva. L'articolo, molto breve e non
troppo approfondito, è stato scritto da Panayiotis M. Zavos, un esperto di
fertilità del Kentucky fino a qualche mese fa grande amico di Severino
Antinori, il ginecologo italiano noto per il suo appoggio alla clonazione
umana. La clonazione riproduttiva, cioè la creazione di fotocopie genetiche
di esseri umani, è un processo che non incontra il favore né della comunità
scientifica, né in generale della società. Per il momento, però, lo sforzo
di arrivare a un bando mondiale di questa procedura è naufragato
sull'ostacolo rappresentato dalla clonazione terapeutica, cioè dall'uso di
embrioni umani per ottenere cellule staminali in grado di combattere alcune
delle malattie più diffuse, come l'Alzheimer o il diabete.

 Secondo gran parte degli scienziati (come dimostra anche l'ultima ricerca
dell'Università di Pittsburgh pubblicata da Science), la clonazione
riproduttiva è un processo troppo pericoloso, con fortissime probabilità di
dare vita a un bambino malformato. Zavos sostiene che i suoi studi hanno
eliminato questi rischi. Nell'articolo descrive un embrione umano che è
stato fatto crescere fino a otto o dieci cellule. La cellula di partenza è
stata ottenuta da un paziente che non poteva avere figli. Secondo l'esperto
che ha rivisto l'articolo, Azim Surani, un biologo dello sviluppo della
Cambridge University, a uno stadio così precoce è impossibile dire se il
processo di clonazione sia stato un successo o meno.