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clonazione: al dna non si comanda
- Subject: clonazione: al dna non si comanda
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Mon, 28 Apr 2003 06:56:03 +0200
da boiler.it giornale di scienza, innovazione e ambiente 20.04.2003 FOCUS.Clonazione Al Dna non si comanda Nello sviluppo di embrioni clonati di primati si verificano errori fondamentali che rendono molto difficile la nascita di cloni a fini terapeutici. E pressoché impossibile la clonazione umana a scopo riproduttivo. FOCUS.Clonazione Quegli ostacoli biologici verso un clone umano di BARBARA PALTRINIERI ERRORI FONDAMENTALI che si verificano nello sviluppo di embrioni clonati di primati rende molto difficile la clonazione terapeutica in questo tipo di animali e pressochè impossibile quella di tipo riproduttivo compresa quella umana. È quanto emerge da uno studio condotto da ricercatori dell'Università di Pittsburgh e pubblicato sull'ultimo numero della rivista Science. I ricercatori hanno riscontrato ostacoli biologici di base che bloccano il normale sviluppo cellulare per quattro diversi tipi di trasferimento nucleare, la tecnica con cui oggi viene effettuata la clonazione. Questo rende molto difficile la clonazione terapeutica, quella cioè che mira a ottenere cellule staminali per la terapia. E rende anche praticamente impossibile la clonazione riproduttiva, quella che cioè mira allo sviluppo completo di un individuo. «I cromosomi non si separano in modo opportuno», spiega Gerald Schatten, autore dello studio: «Fin dalle primissime divisioni cellulari, lo sviluppo appare inappropriato, in senso vitale». In questo studio Shutten e colleghi hanno utilizzato la tecnica del trasferimento nucleare su 724 cellule uovo di femmine di Resus macachi. Su 33 embrioni trasferiti in utero non si è avuta alcuna gravidanza. Immagini particolari delle strutture delle cellule di questi embrioni hanno rivelato che mentre la divisione cellulare continuava in modo superficialmente normale, esistevano problemi nel numero dei cromosomi contenuti in ogni cellula. FOCUS.Clonazione "Hanno dimostrato un principio già noto" di BARBARA PALTRINIERI «È UNO STUDIO molto interessante, in cui è stato dimostrato sperimentalmente un principio già noto». Questo il primo commento di Giuseppe Novelli, genetista all'Università di Roma "Tor Vergata", sulla ricerca condotta all'Università di Pittsburgh sulla clonazione nel campo dei primati. Novelli ci spiega il motivo che si nasconderebbe dietro ai problemi cromosomici che limitano lo sviluppo degli embrioni clonati. «Nello zigote, la cellula fecondata, ci sono alcuni organelli importanti che derivano in parte dalla madre e in parte dal padre. Mentre i mitocondri, fondamentali per la respirazione cellulare, arrivano dalla madre, i centrioli arrivano dallo spermatozoo, cioè dal padre». Questi ultimi sono molto importanti in fase di divisione celllare, perché portano alla formazione di quelle fibre proteiche a cui si aggrappano i cromosomi per suddividersi in modo corretto nelle due cellule figlie. «Nel momento in cui faccio il trasferimento nucleare per la clonazione, allora viene meno lo spermatozoo e di conseguenza anche il corretto apporto di centrioli», continua Novelli. «La mancanza di questi organelli può essere sopperita in qualche modo ma si osserva comunque qualcosa di disorganizzato. Questo porta dunque ad anomalie nel contenuto di cromosomi delle cellule figlie, durante lo sviluppo dell'embrione». Questo è vero in quasi tutti i mammiferi, tranne i topi. «Oggi la clonazione è un processo altamente fallimentare e Dolly lo dimostra, perché ci sono voluti oltre 250 tentativi per averla », continua Novelli. «La ricerca pubblicata su Science ha mostrato che, a parte il problema della riprogrammazione del genoma, nei cloni c'è anche quello dei centrioli, che entra in gioco contro lo sviluppo degli embrioni. I due elementi spiegano l'alto numero di insuccessi di queste tecniche. Secondo me, però, questo studio non dimostra l'impossibilità della clonazione terapeutica, ma porta alla luce un nuovo elemento. Un nuovo elemento da studiare e da comprendere. E prima di parlare dell'uso della medicina rigenerativa è importante comprendere il problema della biologia rigenerativa, cioè svelare tutti i punti ancora oscuri». FOCUS.Clonazione Ma Zavos insiste: non ci sono più rischi. da Lanci DOVREBBE ESSERE pubblicato sul prossimo numero della rivista inglese Reproductive BioMedicine Online, un articolo che per la prima volta descrive le tecniche di clonazione umana riproduttiva. L'articolo, molto breve e non troppo approfondito, è stato scritto da Panayiotis M. Zavos, un esperto di fertilità del Kentucky fino a qualche mese fa grande amico di Severino Antinori, il ginecologo italiano noto per il suo appoggio alla clonazione umana. La clonazione riproduttiva, cioè la creazione di fotocopie genetiche di esseri umani, è un processo che non incontra il favore né della comunità scientifica, né in generale della società. Per il momento, però, lo sforzo di arrivare a un bando mondiale di questa procedura è naufragato sull'ostacolo rappresentato dalla clonazione terapeutica, cioè dall'uso di embrioni umani per ottenere cellule staminali in grado di combattere alcune delle malattie più diffuse, come l'Alzheimer o il diabete. Secondo gran parte degli scienziati (come dimostra anche l'ultima ricerca dell'Università di Pittsburgh pubblicata da Science), la clonazione riproduttiva è un processo troppo pericoloso, con fortissime probabilità di dare vita a un bambino malformato. Zavos sostiene che i suoi studi hanno eliminato questi rischi. Nell'articolo descrive un embrione umano che è stato fatto crescere fino a otto o dieci cellule. La cellula di partenza è stata ottenuta da un paziente che non poteva avere figli. Secondo l'esperto che ha rivisto l'articolo, Azim Surani, un biologo dello sviluppo della Cambridge University, a uno stadio così precoce è impossibile dire se il processo di clonazione sia stato un successo o meno.
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