sotware e fattore umano




il manifesto - 13 Aprile 2003
I computer del dottor Rumsfeld
FRANCO CARLINI

La superpotenza scoperta in ritardo
F. C.

I computer del dottor Rumsfeld
Le «promesse» della guerra tecnologica e «pulita» non sono state mantenute.
Colpa del software inaffidabile, certo, ma soprattutto della perenne
insostituibilità del «fattore umano» nell'interpretazione dei dati
FRANCO CARLINI
Dunque aveva ragione Donald Rumsfeld con la sua guerra leggera, flessibile e
soprattutto altamente tecnologica? Sono molti i commentatori che lo
suggeriscono, una volta conquistata Baghdad. La vittoria del ministro della
Difesa sarebbe avvenuta contro le visioni più tradizionali che erano state
sostenute da Colin Powell e dal Pentagono. Questi sostenevano che per
vincere una guerra occorresse dispiegare almeno a 500 mila uomini, contro i
«soli» 250 mila infine decisi. L'andamento della guerra sembra avere dato
ragione a Rumsfeld. A pensarla così non è solo lo stalinismo congenito di
Giuliano Ferrara, estatico ammiratore della forza e del fine che giustifica
i mezzi, ma lo sostiene anche, tra gli altri il Christian Science Monitor:
«War boosts Rumsfeld's vision of an agile military» , mentre il New York
Post inneggia alla «New Age Of Warfare».Ma qui occorre capire, sfuggendo
all'enfasi e alla propaganda. Il modello Rumsfeld si presenta come il
prototipo delle guerra del ventunesimo secolo, asimmetrica e globale; è il
supporto e lo strumento operativo delle teorie di dominio globale e di
intervento continuo avanzate dai conservatori statunitensi in questi anni
(che erano tutte note e publiche, che sono state analizzate e spiegate in
dettaglio da pochi giornali come questo, e che oggi gli improvvisati
commentatori italiani rivendono come se le avessero scoperte ieri). E' una
nuova dottrina militare, basata sulla velocità dei movimenti, sulla
dotazione di alta tecnologia di ogni unità e di conseguenza su una capacità
di raccolta, gestione e trattamento dell'informazione mai vista in
precedenza.

Tuttavia sembra presto per dire che la guerra in Iraq ha dimostrato la
superiorità di tale modello su quelli tradizionali perché la debolezza
dell'esercito di Saddam - che la Cia e Rumsfeld certo ben conoscevano -
rendeva comunque facile la vittoria, quale che fosse la strategia operativa
scelta. Il modello tuttavia ha alcune caratteristiche che sollecitano la
riflessione sia in vista delle prossime guerre americane, sia perché pone un
problema più generale, che riguarda le virtù e i limiti delle tecnologie
nella gestione di sistemi complessi.

Da questo punto di vista Rumsfeld non ha inventato nulla ma solo applicato
alla guerra e alla macchina militare le teorie e le esperienze già
sviluppate nel mondo civile. In sostanza usare computer e reti per una
maggiore flessibilità e dunque una maggiore efficienza nel raggiungimento
degli obbiettivi.

Classicamente, nel mondo dei beni materiali, l'efficienza si misura come
rapporto tra la quantità di merce prodotta (per esempio il numero di
bulloni) e le risorse impiegate (capitale fisso, incorporato nelle macchine
utensili, più forza lavoro). Come scrissero molti anni fa i primi studiosi
della robotica industriale, i robot non si ammalano, non vanno al gabinetto
e non fanno mai sciopero; non vanno in ferie e possono operare 24 ore su 24.
Ma in quel caso si trattava solo della sostituzione del lavoro umano da
parte di macchine automatizzate, all'interno di un ciclo produttivo ancora
classicamente fordista. La vera novità che le tecnologie hanno reso
possibile è la capacità di mutare le prestazioni del sistema al variare
delle condizioni esterne: se i frigoriferi vendibili sul mercato sono grosso
modo sempre gli stessi, si può lavorare alla vecchia maniera, ma se ci sono
forti stagionalità nella domanda o addirittura variabilità non prevedibili
ragionevolmente, allora la fabbrica vecchio tipo diventa un ingombro e un
costo eccessivo.

Cambiano i gusti dei giovani riguardo all'abbigliamento? Ecco che Zara,
gigante spagnolo dell'abbigliamento, è in grado di disegnare e produrre
nuovi modelli nel giro di un mese e di farli arrivare nelle vetrine di tutta
Europa.

In maniera ancora più spinta questa è la regola della casa di computer
americana Dell, un modello ormai studiatissimo: alla Dell non esistono
negozi né catene di distribuzione perché quei computer si possono ordinare
solo via Internet, specificando tutte le varianti desiderate (quale
processore, quanta memoria di lavoro, quanto grande il disco fisso, quale
monitor eccetera). Inserito l'ordine, il sistema lo passa alle fabbriche e
il tutto viene recapitato a domicilio nel giro di 15 giorni. Una tale
flessibilità non sarebbe possibile senza le tecnologie dell'informazione. Ma
perché tutto il sistema funzioni davvero occorrono due cose. La prima è che
esso sia alimentato da informazioni tempestive e affidabili. La seconda, per
usare una metafora puramente meccanica, è che tutto il sistema giri come un
orologio, senza perdere un colpo.

Queste condizioni non si realizzano quasi mai nel mondo reale. Nel settembre
del 1999, per esempio, un terremoto a Taiwan, dove si fabbricano la gran
parte dei microprocessori per computer, bloccò l'erogazione dell'energia
elettrica alle fonderie dei chips per tre giorni e come risultato la Dell,
abituata a lavorare con scorte di magazzino per una settimana, si ritrovò
ferma. E in generale l'affidabilità del software continua a essere una
chimera: anche in programmi che sono sul mercato da diversi anni continuano
a emergere nuovi difetti (bug) e non per caso Bill Gates ha chiamato tutta
la sua azienda a moltiplicare le energie e a rimodellare la propria
struttura organizzativa per essere in grado, infine, di vendere del software
affidabile. Nel caso della guerra in Iraq i cardini del modello si basavano
su: (a) bombe dotate di intelligenza (guida laser o satellitare) capaci di
centrare solo quel tale bersaglio, minimizzando le morti civili. (b) veloci
marines che corrono verso la meta, senza attendere i rifornimenti; questa
non è una grande novità teorica, trattandosi soltanto della versione
riverniciata dell'antico motto napoleonico che «l'entendance suivrà». (c) il
network informativo garantisce la corretta e tempestiva identificazione di
tutti gli oggetti sul campo, distinguendo tra amico e nemico e fornendo la
possibilità di cambiare obbiettivo al variare dei movimenti.

Quasi nulla di tutto ciò si è realizzato: le bombe intelligenti hanno
dimostrato di essere in grado di arrivare sul bersaglio, ma in diversi casi
questo era stato identificato in maniera scorretta e comunque da un certo
punto in poi, è stata scelta la strada dei bombardamenti massicci più
tradizionali (del resto non c'erano più veri obbiettivi militari da colpire
chirurgicamente); le vittime da fuoco amico sono state elevate, confermando
che l'identificazione degli oggetti era grossolana e erronea; i missili
antimissili Patriot che avevano registrato vistosi insuccessi nella prima
guerra del Golfo hanno continuato a sbagliare, sia pure in misura minore (ma
di missili l'Iraq ne ha lanciati molto pochi, questa volta). Esistono per
questi insuccessi due spiegazioni possibili, non necessariamente
alternative. La prima suona così: l'idea era giusta, ma le tecnologie non
sono ancora state messe a punto. Oppure: c'è qualcosa di sbagliato nell'idea
stessa di una guerra tutta tecnologica e tutta computerizzata.

Che le tecnologie non fossero ancora pienamente armoniche è vero e del resto
i giornalisti al seguito, anche quelli incorporati nei reparti, hanno
raccolto molte testimonianze e lamentele al riguardo. Non lo hanno fatto i
nostri corrispondenti in giubbotto e occhiali da sole, ma lo hanno scritto
invece diversi reporter americani: tra un reparto e l'altro ci parliamo
ancora con il radiotelefono a corto raggio, altro che coordinamento e mappe
al computer. Ed effettivamente questa guerra è stata anche una gigantesca
sperimentazione dal vivo (e purtroppo anche «dal morto») di sistemi che
verranno messi a punto in futuro, traendo lezione dagli insuccessi. Tuttavia
rimane la questione di fondo: quanto di automatico e di informatico e quanto
di umano ci sia nella gestione dei fenomeni complessi e quale sia la
migliore miscela. A ben guardare è lo scoglio su cui si sono impantanate
altre ricerche molto più pacifiche, come quelle rivolte alla comprensione
del linguaggio naturale da parte delle macchine o come le infinite
sperimentazioni tecnologiche applicate alle aziende in mercati mutevoli.
Senza disprezzare le tecnologie, ci si è resi conto che il fattore umano è
tuttora insuperabile: il consumatore e la sua psicologia restano oggetti
misteriosi (altro che operatori razionali) e non c'è sistema di Crm
(gestione delle relazioni con i clienti) in grado di prevederne i movimenti
erratici.

Quanto ai dipendenti, le aziende più avvedute si sono rese conto che senza
la loro partecipazione intelligente e la loro creatività e flessibilità i
computer poco possono. Da qui la tendenza moderna a considerare le risorse
umane il più importante dei patrimoni aziendali.Questo è esattamente quello
che non avviene negli eserciti: le interviste ai militari sul campo, soldati
ben dotati di ogni attrezzo, ma ignoranti in estremo grado riguardo al
mondo, all'Iraq e al loro stesso paese, sono all'origine degli eccidi ai
posti di blocco, delle violenze anche gratuite contro innocenti, poi
rivoltate in rivoltanti immagini tipo «soldatessa inglese che medica bambina
ustionata» (ma chi l'aveva ustionata, e perché?).