eurolandia un motore quasi fermo



dal sole24ore

Domenica 30 Marzo 2003 ore 20:06


CONGIUNTURA INTERNAZIONALE / IL COMMENTOEurolandia, un motore quasi
fermoL'economia europea continua a essere in ristagno nella prima parte del
2003. La fiducia di imprese e consumatori è ai minimi, la domanda resta
debole e la ripresa si allontana. Ma la crisi non è solo colpa della
guerra.di Michele De Gaspari
Se il 2002 è stato un anno deludente per l'economia europea - la crescita
del Pil nell'area euro si è fermata allo 0,8%, appena un terzo di quella
americana - anche il 2003 non sembra procedere granché meglio, mostrando
nella sua prima parte un andamento sempre debole, senza segnali di
accelerazione. Il ritmo dell'attività produttiva si conferma, infatti, su
livelli molto modesti, mentre il deterioramento della fiducia, che aveva
caratterizzato il trimestre finale dello scorso anno, non sembra certo
destinato a recuperare nel breve termine.
La ripresa internazionale, del resto, non è prevista decollare nemmeno nel
corso di quest'anno, a causa soprattutto del clima di elevata incertezza
legato alla guerra scoppiata nel Medio Oriente, con la prevedibile duratura
instabilità geopolitica, ma anche della persistenza di aree di crisi
finanziaria (a cominciare dall'America latina), che condizionano in maniera
fortemente negativa la fiducia di imprese e famiglie, e quindi la domanda
per investimenti e consumi. La congiuntura mondiale è oggi sostenuta nella
gran parte dalle buone performance dei paesi emergenti dell'Asia, con in
primo piano Cina e Corea del Sud.
Il primo semestre 2003 dovrebbe replicare in Europa l'evoluzione (pressoché
stagnante) della seconda metà del 2002: le variazioni trimestrali del Pil
sarebbero in media pari allo 0,2%, mentre la crescita tendenziale si
confermerebbe intorno all'1% o poco più. Gli indici anticipatori, così come
il clima di fiducia, non mostrano un andamento incoraggiante e riflettono,
pertanto, il debole profilo della crescita economica. Ciò significa una
modesta dinamica del reddito disponibile che, unita alla diffusa incertezza
nelle decisioni di spesa delle famiglie, rappresenta un freno ai consumi
privati. E questa mancanza di spinta della maggiore componente della domanda
interna non può non avere conseguenze sui programmi di investimento delle
imprese, favorendone il rinvio.
Le politiche monetarie e di bilancio
Le speranze di ripresa in Eurolandia sono, quindi, rimandate a non prima
della fine del 2003. Ma la sua intensità è prevista, in ogni caso, inferiore
a quella degli Stati Uniti (non oltre l'1,5% in termini annui nel secondo
semestre, a fronte del 2,5% circa), restando nettamente al di sotto del
ritmo di crescita potenziale, indicato oggi intorno al 2,5%, in arretramento
sulle stime precedenti. Rispetto alla complessiva evoluzione dell'area euro,
Francia e Spagna continuerebbero a mettere in evidenza tassi di sviluppo un
po' superiori, mentre l'Italia e, soprattutto, la Germania si
collocherebbero ancora sotto la media.
La bassa crescita e l'incertezza sugli sviluppi dell'economia stanno
determinando, poi, uno stato di sofferenza nel mercato del lavoro: il tasso
di disoccupazione ha ricominciato da qualche tempo a salire e il
peggioramento delle prospettive occupazionali si è riflesso nel calo del
clima di fiducia delle famiglie. La ripresa non potrà nemmeno essere aiutata
dalle politiche fiscali; l'ulteriore aumento dei deficit del bilancio
pubblico è, infatti, escluso dal Patto di stabilità europeo e non potrà
essere utilizzato per sostenere il ciclo congiunturale, a differenza di
quanto accade da oltre un anno negli Usa.
La politica monetaria, a sua volta, non è certo sufficiente, da sola, a
creare quegli impulsi necessari al rilancio della domanda, nonostante il suo
orientamento dichiaratamente espansivo. La Banca centrale europea ha ridotto
i tassi d'interesse fino a portarli al loro minimo storico, favorita sia dal
venire meno di alcuni fattori temporanei d'inflazione - anche se c'è
l'incognita del petrolio - sia dal sensibile apprezzamento dell'euro, che ha
esercitato un'azione restrittiva sulle condizioni monetarie. Ma gli effetti
dell'allentamento difficilmente si tradurranno in espansione dell'attività
economica, se non accompagnati da politiche di bilancio in grado di
stimolare la domanda, come i tagli fiscali (per rilanciare i consumi) e gli
investimenti pubblici in infrastrutture.