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i dati sul petrolio in nordamerica
- Subject: i dati sul petrolio in nordamerica
- From: "Andrea Agostini" <lonanoda at tin.it>
- Date: Sat, 29 Mar 2003 06:49:17 +0100
il manifesto - 16 Marzo 2003 Ma quanto petrolio c'è in quella sabbia? A proposito delle polemiche sui giacimenti canadesi e mondiali. I trucchi dell'informazione sulle quantità di greggio a disposizione SERGIO FINARDI L'articolo di Francesco Piccioni del 9 marzo (Il segreto delle sabbie miracolose) fa, come si dice, giustizia dell'idea che il secondo posto nelle riserve mondiali di petrolio spetterebbe al Canada (180 miliardi di barili) e non all'Iraq (112 miliardi di barili). Il dato supposto erroneo era stato citato da chi scrive in un articolo del 7 marzo, riprendendo stime pubblicate in dicembre sull'Oil & Gas Journal. Dando voce a lettori che lamentano una certa sorpresa e confusione per le diverse stime riportate dal giornale, l'articolo di Piccioni dichiara che se la nuova stima fosse vera sarebbe stata la «scoperta del millennio. Invece non se n'è saputo praticamente nulla. Il «mistero», però, è presto risolto. Con una tremontiana operazione di «statistica creativa» l'Oil & Gas Journal ha deciso di qualificare come «riserve petrolifere» i giacimenti di «sabbie bituminose» (oil sands) di cui è particolarmente ricco lo stato dell'Alberta». Se ne concludeva, dopo aver esaminato il modo faticoso e diseconomico in cui le sabbie verrebbero trasformate in petrolio che «di questi annunci di ritrovamenti numerici, perciò, ne vedremo ancora molti». Tali affermazioni mi danno l'opportunità di dare qualche aggiuntiva
informazione ai lettori e all'amico Piccioni, poiché l'argomento direttamente
incide sull'analisi che tentavo di fare nell'articolo in relazione alle varie
cause della deriva bellicista statunitense nei confronti dell'Iraq. La stima
deriva dall'addizionare ai 5,2 miliardi di barili di riserve di petrolio
convenzionale stimate sinora dalla Associazione canadese dei produttori di
petrolio (CAPP) i 174,8 miliardi di barili di bitume contenuti nelle sabbie
petrolifere dei giacimenti dell'Alberta, nel Canada del nordovest.
La stima delle riserve dell'Alberta non viene dall' O&GJ, ma - come
riportato dal mio articolo - dall'Energy & Utilities Board dell'Alberta,
organismo pubblico indipendente che risponde al Consiglio Esecutivo (Gabinetto
ministeriale) dell'Alberta attraverso il ministero dell'Energia, di cui non è
mai stato noto alcun tentativo di falsificare i dati o di scambiare misere e
commercialmente infruttuose sabbie per ricchi giacimenti petroliferi. L'
O&GJ ha rivalutato le riserve canadesi in accordo con il CAPP che giudica
accurato il dato della loro sfruttabilità commerciale. Del resto, il Canada non
è solo: nuove scoperte e piu accurate stime dell'esistente hanno portato a
consistenti aumenti nel calcolo delle riserve di Egitto, Ecuador, Nuova Zelanda,
Spagna, Colombia, Pakistan e Polonia, Grecia e India.
Il bitume delle sabbie petrolifere, insieme ai crudi extra-pesanti e
pesanti (cui spesso è equiparato), fa parte delle cosiddette riserve petrolifere
non convenzionali, ovvero quelle per cui esiste una necessità di processazione
aggiuntiva rispetto ai crudi leggeri o, come nel caso dei depositi marini
profondi, implicano tecnologie di estrazione fino a pochi anni fa non
disponibili. Tali riserve non convenzionali - di cui proprio nel novembre scorso
il direttore esecutivo dell'International Energy Agency, Robert Priddle, ha
sottolineato la strategicità nei consumi futuri in una conferenza tenuta a
Calgary, Canada - sono diffuse in varie parti del pianeta, dagli ingenti
depositi di sabbie petrolifere del bacino dell'Orinoco in Venezuela e appunto
dell'Alberta alle scisti bituminose dell'Australia, dai depositi profondi
off-shore dell'Angola a quelli del Mare del Nord.
La conversione delle riserve di crudi extra-pesanti, pesanti e di bitume in
riserve convenzionali dovrebbe aggiungere alle riserve petrolifere mondiali
totali qualcosa come 500/1.000 miliardi di barili entro il 2050, mentre
l'estrazione in acque profonde e ultra-profonde aggiungerebbe 100/200 miliarid
di barili. Nel caso del bitume da sabbie petrolifere, il processo che lo fa base
di tutti i normali prodotti petroliferi conta su diverse tecnologie che
affrontano differenti problemi. Esempi sono il SAGD (Steam assisted gravity
drainage), ovvero lo scavo di due pozzi orizzontali, uno in cui si immette
vapore e l'altro in cui si raccoglie il bitume rilasciato dal riscaldamento;
nuovi tipi di condotte che permettono l'avvio del bitume agli impianti di
purificazione senza diluizione, grazie ad un innovativo sistema a tre
coibentazioni che conserva la temperatura sufficiente perchè il bitume possa
"viaggiare" (come nel caso della canadese McKay River pipeline); il cosiddetto
processo di upgrading o purificazione.
Quest'ultimo è un processo a tre stadi, in cui - detto in breve - le
pesanti molecole del bitume vengo spezzate in molecole più leggere di kerosene,
nafta e gas, i cui vapori vengono immessi in un frazionatore che separa queste
componenti per condensazione a varie temperature, così che siano pronte per il
processo finale di aggiunta di idrogeno e purificazione dallo zolfo e altre
impurità, con realizzazione finale di crudo sintetico (sintetico in quanto la
sua struttura molecolare è stata cambiata dal processo).
Per renderci conto di quanto «diseconomico» sia produrre tale crudo dalle
sabbie dell'Alberta occorre ricordare infine qualche altro elemento, andando
nella regione più produttiva dell'Alberta, che si colloca intorno al lago e
fiume Athabasca e a Fort McMurray (56esimo parallelo, circa l'altezza di
Edinburgo), 600 km a nord della più nota Calgary e già sito di una fiera
competizione per il commercio delle pellicce tra la North West Company e la
Hudson's Bay Company tra Sette e Ottocento.
In tale area vi sono oggi attivi molti progetti. Tra i maggiori, quelli
pionieristici della Suncor Energy (progetti Firebag, Voyageur e Millenium), che
ha iniziato le operazioni nel 1967 ed ha ricavato sinora 750 milioni di barili
di petrolio dalle sue concessioni (per svariate migliaia di km quadrati), usando
recentemente la tecnologia SAGD a Firebag (stima delle riserve 9,6 miliardi di
barili di bitume, per una produzione che gradualmente arriverà a 140.000 barili
al giorno e porterà la produzione complessiva della Suncor da sabbie petrolifere
a 250.000 barili di petrolio al giorno e a 550.000 alla fine del decennio). Non
meno importante è il progetto AOSP (Athabasca Oil Sands Project, partecipanti la
Shell Canada, la Chevron Canada e la Western Oil Sands, nella joint venture
Albian Sands Energy) che inizia quest'anno la produzione di bitume nel sito
Muskeg River Mine (75 km a nord di Fort McMurray), prevista in 155.000 barili
giorno per la fine dell'anno e avviata diluita attraverso l'oleodotto Corridor
(493 km) al sito di purificazione nei pressi della raffineria Scotford della
Shell (Fort Saskatchewan). Il sito contiene piu di 5 miliardi di barili di
bitume estraibile e da solo sarà in grado di recuperare 1,6 miliardi di barili
in trent'anni.
Infine, il progetto della concessione Surmont (1.420 kmq, per riserve pari
a 5/10 miliardi di barili di bitume) ancora nei pressi di Fort McMurray e che
usa la tecnologia SAGD e le raffinerie statunitensi della Conoco per le
trasformazioni finali. Nel gennaio di quest'anno, TotalFinaElf ha acquisito una
quota pari al 43% nel consorzio che gestisce il progetto (con ConocoPhillips e
Devon Energy Corp.). La stessa TotalFinaElf è impegnata da tempo nel progetto
Sincor per crudi pesanti ricavabili dalle sabbie petrolifere del bacino
dell'Orinoco.
Le sabbie petrolifere canadesi producono attualmente il 18% del petrolio
consumato in Canada. Per il 2008 è previsto che circa il 50% del consumo
canadese verrà dalla produzione di crudi delle sabbie petrolifere dell'Alberta.
Delle nuove stime non ha parlato nessuno? Forse vi sono buoni motivi, anche se
Bernard Simon sul New York Times del 15 gennaio afferma che le sabbie
petrolifere dell'Alberta hanno riserve sfruttabili pari a 40 volte quelle
dell'Arctic National Wildlife Refuge in Alaska, e la regione è stata vista come
una via per cui gli Stati Uniti possono ridurre la loro dipendenza dal petrolio
d'oltremare. Informarne più ampiamente i lettori statunitensi non sarebbe oggi
proprio il momento.
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