lavoro:addio all'assenteismo



dal messaggero 
 
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 Lunedì 10 Marzo 2003 
Nel periodo di prova il record delle presenze: i bancari italiani a casa solo lo 0,68% del tempo, quelli Usa a quota 0,87
Italiani, addio all’assenteismo
Operai malati 5 giorni su cento, 2 gli impiegati. A volte meno che all’estero
di SANDRO VACCHI
 
ROMA - Un po’ se l’aspettavano, anzi un po’ tanto. «Finalmente qualcuno si accorge che non siamo quel popolo di assenteisti che si favoleggia» commenta soddisfatto Franco Lotito, segretario confederale della Uil e memoria storica di un quarto di secolo di lotte sindacali. «E’ cambiato anche l’atteggiamento del sindacato, che un tempo aveva maggiore potere contrattuale sull’organizzazione del lavoro, che a volte affrontava con atteggiamenti sbagliati. Si arrivò perfino a un assenteismo a due cifre,come l’inflazione di allora.»
Oggi, quanto a giorni di malattia rispetto a quelli lavorativi, siamo al 5,16 per cento per gli operai e al 2,23 per i colletti bianchi. L’Italia non è ancora quel campione di virtù presenzialiste che esce dalla rivista "Time" - dove chissà per quale mistero le viene attribuito un irrealistico 0,8 per cento di assenze per malattie - però si adegua a medie europee e mondiali. Soprattutto nei primi mesi di presenza in azienda: nel periodo di prova il tasso di assenteismo dei bancari è dello 0,68, simile allo 0,87 dei colleghi americani. «È vero comunque che dopo le prime dodici settimane le cose tendono nettamente a cambiare, con un netto salto delle assenze» rileva Andrea Ichino, professore di economia all’Università europea di Firenze, il quale conduce uno studio sulle assenze delle donne dal lavoro, fatta salva, ovviamente, la maternità. Problemi di famiglia o di salute? «Vedremo. Le assenze sono l’unico indicatore peggiore per le donne che per gli uomini».
Torniamo ai sindacalisti, a Lotito. «Ricordo certi momenti molto difficili all’Alfa Romeo, lo sbocciare di un cambiamento anche grazie alla persuasione. Il sindacato si impegnò a far capire ai lavoratori quanto fosse dannoso essere corrivi con gli assenteisti». Nel 1981 l’Alfa fece il primo forte taglio d’occupazione, 5600 lavoratori fra cassa integrazione straordinaria ed esodi agevolati, subito dopo l’accordo dell’80 per l’uscita di 24 mila dipendenti dalla Fiat. La ricaduta di quell’accordo fu un effetto virtuoso su Pomigliano d’Arco, che da stabilimento più assenteista divenne fabbrica-pilota.
Il sindacato acquistò consapevolezza che si dovesse lavorare senza abusare dei periodi masssimi di malattia e delle assenze brevi. In parole povere, se un operaio era malato davvero, non restava a casa un giorno soltanto. Si accettò il principio delle visite fiscali, non considerate più strumento di polizia. «In compenso, oggi i dipendenti hanno paura» prosegue Lotito. I rapporti di lavoro si sono fatti più precari, si teme di perdere il posto, i cosiddetti "cococo" (collaboratori coordinati e continuativi) spesso non hanno nemmeno il libretto sulla sicurezza in azienda, fornito invece ai dipendenti a tempo identerminato. Insomma, la precarietà pesa.
«Il sistema economico italiano è spesso non competitivo per qualità, non per scarsa produttività della prestazione lavorativa» rincara Giuseppe Casadio, responsabile del mercato del lavoro per la Cgil (2,6 milioni di iscritti, che raddoppiano con i pensionati).
Ricorda le assenze a due cifre di vent’anni fa anche Tonino Regazzi, dei metalmeccanici Uil: «Si teorizzava perfino la fesseria che l’assenteismo fosse una forma di lotta di classe, poi si sono isolati i facinorosi. Oggi i premi di risultato non si distribuiscono indiscriminatamente, ed è comunque salvaguardato chi ha malattie serie, non legate al sabato e alla domenica».
I dati raccolti dal sistema informativo sanitario parlano di una spesa per farmaci pro capite di 203 euro e una media di oltre sette ricette. Mangiamo medicine? Giuseppe Del Barone, presidente dell’Ordine dei medici, non ci sta: «I medici temono di fare troppe prescrizioni, anche perché 91 su mille a Napoli sono stati accusati di esagerare. Poi ci si accorge, dalle visite fiscali, che otto volte su dieci le malattie sono autentiche».
Minori tutele sindacali a oltranza, crescita del lavoro precario, sfaldamento delle partecipazioni statali. Raffaele Bonanni, responsabile Cisl del mercato del lavoro, elenca diverse cause della svolta. «La nostra realtà industriale è giovane e un po’ alla volta il Paese s’è adattato alle nuove abitudini e all’organizzazione dei servizi.» Poi sorride: «Una volta tanto non siamo ultimi in Europa. Soprattutto nei Paesi scandinavi il lunedì è un giorno particolare, diciamo ad alto tasso alcolico».