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mobilita' e inquinamento
- Subject: mobilita' e inquinamento
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Fri, 14 Mar 2003 06:37:15 +0100
da issi.it Archivio Mobilità e inquinamento “Inquinamento e congestione: proposte per una mobilità sostenibile nelle città” Roma febbraio 2002 Schema della relazione di Maria Rosa Vittadini 1. Il rapporto TERM 2001: un quadro europeo disomogeneo Il rapporto annuale dell’Agenzia Europea dell’ambiente TERM (transport and environment reporting mechanism) misura con indicatori sistematici l’integrazione di criteri ambientali nelle politiche dei trasporti degli Stati membri. Accanto ad alcuni progressi il TERM 2001 mostra il permanere delle cause strutturali del peggioramento ambientale e la necessità di adottare misure ben più severe per invertire le tendenze in atto. Le attività di trasporto consumano energia in misura crescente. Dal 1985 la crescita dei consumi energetici dei trasporti è stata del 47% a fronte della crescita del 4,2% degli altri settori. Più del 30% dell’energia per consumi finali è attribuibile al settore dei trasporti. Il settore è la fonte maggiore di emissione di CO2 e contribuisce con il 24% al totale delle amissioni. Tra il 1990 e il 1998 le emissioni di CO2 da trasporti sono cresciute del 15%. Se si prescinde dall’accordo volontario stabilito con i produttori di automobili per ridurre le emissioni (ACEA agreement) occorre aspettarsi per il solo trasporto stradale una crescita delle emissioni di CO2 del 29% al 2010; se l’accordo verrà rispettato la crescita si ridurrà a circa 11%. A livello europeo il progresso tecnologico nel settore dei trasporti ha ridotto le emissioni di sostanze acidificanti del 20% e i precursori dell’ozono troposferico del 25% tra il 1990 e il 1998. Ma occorre un forte impegno aggiuntivo per conseguire gli obiettivi di riduzione dei NMVOC (composti organici volatili non metanici) e di Nox stabiliti per il 2010. Il punto dolente del sistema sono le aree urbane, nelle quali nonostante alcune tendenze al miglioramento, la quota di persone esposte a concentrazioni di inquinanti superiori alle soglie ammissibili resta altissima. E’ prevedibile al 2010 una riduzione sostanziale della popolazione esposta per quanto riguarda Benzene, Nox e CO; resta altissima la popolazione esposta per il PM10. E resta elevata la quota di popolazione sposta a livelli di rumore elevati (12 milioni di persone esposte a livelli compresi tra 65 e 75 dB(A); oltre 6 milioni a livelli superiori a 75 dB(A). Il trasporto dei passeggeri ha continuato a crescere e a rivolgersi principalmente al trasporto stradale, con ulteriore caduta del livello di occupazione dei veicoli e ulteriore allungamento delle distanza medie giornaliere. Il trasporto delle merci ha continuato a crescere e a rivolgersi alla modalità stradale. Il trasporto stradale rappresenta ormai il 43% del totale delle tonn-km (erano il 33% nel 1980) e riguarda oltre l’80% delle tonnellate trasportate. La distanza media è di 110 km. Il trasporto via nave ha guadagnato posizioni e si colloca, in termini di tonn-kn, sulla stesso piano della strada. La ferrovia ha perso drammaticamente quote di mercato (-8 % tra il 1980 e il 1998). Nel complesso il costo della mobilità automobilistica è cresciuto meno di quanto non siano cresciuto il prezzo del trasporto ferroviario e del trasporto pubblico. I tentativi condotti da alcuni paesi riguardo alla internalizzazione dei costi esterni trova ancora molte difficoltà. Il primato del costo esternalizzato per unità di trasporto appartiene al trasporto aereo, ma in ogni caso la struttura dei prezzi non rispecchia il costo marginale sociale del trasporto soprattutto nelle ore di punta e nelle aree urbane. Il quadro tracciato per il complesso dei paesi europei rispecchia pienamente la situazione italiana, dove gli squilibri verso la strada permangono più elevati che altrove e i miglioramenti tecnologici più lenti. Il rapporto annuale TERM 2001 costituisce lo strumento per il monitoraggio dei risultati ambientali della politica comunitaria dei trasporti ed ha l’ambizione di misurare il conseguimento degli obiettivi fissati dai programmi d’azione ambientale. Il quadro 2001 sopra sinteticamente accennato non lascia ben sperare né sul raggiungimento degli obiettivi di Kyoto né sul concreto indirizzo verso la sostenibilità del sistema. 2. Il Libro bianco sulla politica europea dei trasporti per il 2010: è tempo di decidere Il V Programma d’azione ambientale della Comunità europea ed ora, con ancor più energia, il VI Programma d’azione hanno indicato il settore dei trasporti come quello per il quale le tendenze “spontanee” tendono più chiaramente verso prospettive non sostenibili e per il quale sono necessarie con più evidenza riforme e politiche nuove al fine di ridurre la divergenza dalla sostenibilità. Le diagnosi dell’Agenzia Europea per l’Ambiente indicano, come si è visto, ulteriori peggioramenti. Nonostante qualche progresso la situazione non è rosea e le prospettive indicano, per il futuro, ulteriori tendenze alla crescita dei modi ambientalmente più aggressivi, come il trasporto stradale e quello aereo, e ulteriori crescite dei relativi impatti. Le preoccupazioni ambientali costituiscono uno degli elementi centrali della politica europea dei trasporti espressa nel Libro Bianco, accanto alla attenzione verso la garanzia della concorrenza e verso l’efficienza del sistema rispetto ad una domanda di trasporto di merci e di passeggeri quantitativamente crescente e qualitativamente sempre più esigente in un mercato sempre più integrato ed allargato. Il Libro bianco comunitario reca nel titolo stesso l’intenzione di passare da una formulazioni politiche di puro indirizzo (e di efficacia relativa) a formulazioni più stringenti che consentano di rompere gli indugi che fino ad oggi hanno rallentato le riforme e politiche capaci di avviare il settore dei trasporti verso una maggiore sostenibilità: è tempo di decidere. E’ tempo che la Comunità attui davvero quel coordinamento della politica dei trasporti previsto dai trattati istitutivi e che ad oggi si è esercitato, con risultati modesti, solo per quanto riguarda le grandi infrastrutture e l’apertura dei mercati (ferrovie, aerei, trasporto pubblico locale, ecc.). Il Libro bianco avanza una serie di proposte sulle quali i singoli stati membri dovranno esprimersi nei mesi futuri. In seguito a queste consultazioni la Comunità potrà stabilire la natura degli obiettivi da raggiungere e il loro livello di cogenza. Il Libro bianco indica alcuni principi e circa sessanta concrete “azioni” di sviluppo e di gestione del sistema dei trasporti destinate, tra l’altro, a farlo avanzare verso la sostenibilità. Uno dei principi cardine riguarda l’integrazione dei trasporti nello sviluppo sostenibile, da ottenersi attraverso lo “sganciamento” progressivo fra crescita economica e crescita dei trasporti, senza peraltro tentare di deprimere la domanda. La strategia proposta combina la tariffazione sull’uso delle infrastrutture con il rilancio dei modi alternativi al traffico stradale ed investimenti mirati nella rete transeuropea, con l’obiettivo di riportare la ripartizione modale a quella registrata nel 1998 tendendo ad un riequilibrio entro il 2010. Per sostanziare l’attuazione l’integrazione dei trasporti nello sviluppo sostenibile si indicano molte politiche che vanno tra loro integrate e coordinate. Sono misure di carattere e di portata diversissima, che riguardano un grandissimo ventaglio di politiche, alcune delle quali riguardano addirittura altri campi, come l’assetto del territorio o le scelte di politica industriale. Le misure si pongono come traguardo il 2010, ma si prevede un primo momento di controllo sul conseguimento degli obiettivi al 2005. 3. Il Libro Bianco: un insieme eterogeneo di misure Le principali misure tra riguardano i seguenti campi di intervento: il rilancio delle ferrovie con lo sviluppo di una reale concorrenza tra imprese ferroviarie e un miglioramento effettivo soprattutto per il trasporto merci (sicurezza, interoperabilità, regole comuni, ecc.). In prospettiva si chiede di valutare l’opportunità dello sviluppo di una rete ferroviaria dedicata esclusivamente alle merci; il miglioramento della sicurezza stradale soprattutto attraverso regole di armonizzazione delle clausole contrattuali al fine di proteggere i trasportatori rispetto ai caricatori, in modo che possano rivedere le tariffe in caso di aumento dei prezzi del carburante. Si prevede di intensificare sostanzialmente il controllo sul rispetto della legislazione sociale e dei diritti dei lavoratori e di armonizzare i controlli al fine di eliminare le pratiche che ostacolano la concorrenza; la promozione dei trasporti marittimi e fluviali con il rilancio delle “autostrade del mare”, nuove e più severe regole sulla sicurezza in mare, nuove regole sociali minime e lo sviluppo di un vero e proprio sistema europeo di gestione del traffico marittimo; la conciliazione della crescita del trasporto aereo con l’ambiente fissando una regolamentazione comunitaria del traffico aereo nonché subordinando l’aumento della capacità degli aeroporti ad una nuova regolamentazione per ridurre l’inquinamento acustico ed ambientale provocato dagli aerei; la realizzazione della rete transeuropea dei trasporti con priorità al superamento delle strozzature della rete ferroviaria che dovrà assorbire gli aumenti di traffico transfrontaliero e migliorare l’accessibilità delle regioni periferiche. A tale scopo si propone di innalzare al 20% il contributo finanziario comunitario; l’applicazione di una efficace politica di tariffazione dei trasporti si tratta in primo luogo di armonizzare la fiscalità dei carburanti ad uso professionale, soprattutto per il trasporto stradale e di ravvicinare i principi tariffari di uso delle infrastrutture tenendo conto dei costi esterni. Tale principio deve permettere di incoraggiare l’uso dei modi di trasporto con minori impatti sull’ambiente finanziandoli con le risorse derivanti dalla internalizzazione dei costi ambientali finora esternalizzati; il riconoscimento dei diritti e doveri degli utenti quali il diritto all’informazione, alla compensazione nei casi di overbooking, indennizzi in caso di incidente, ecc.; lo sviluppo di trasporti urbani di qualità favorendo, pur nel rispetto dei principi di sussidiarietà, lo scambio e l’incentivazione di “buone pratiche”; l’innovazione tecnologica servizio di veicoli puliti ed efficienti con un nuovo programma di ricerca sul veicoli e sui carburanti. Si preannuncia una direttiva sulle modalità di pagamento dei pedaggi autostradali e sulle norme di sicurezza in galleria; la buona gestione della mondializzazione rafforzando il ruolo della Comunità verso le altre organizzazioni internazionali in materia di trasporto; lo sviluppo di obiettivi ambientali a medio e lungo termine per un sistema di trasporto sostenibile dando impulso al sistema di monitoraggio gia avviato (TERM) con la definizione di obiettivi quantificati e di indicatori effettivamente significativi per il controllo del raggiungimento di tali obiettivi. 4. Indicazioni per il caso italiano Il caso italiano ha specificità sue proprie. La ripartizione modale più squilibrata che altrove in favore della strada rende i problemi ambientali del sistema di trasporto italiano più gravi e più urgenti che altrove. Se una critica deve essere fatta riguarda la vaghezza ancora elevata con la quale talune misure sono proposte e la mancanza pressoché generalizzata di obiettivi definiti, analoghi a quelli stabiliti per Kyoto. Anche la riduzione della CO2 non è considerata quantitativamente stringente per il settore dei trasporti, in quanto non è stato stabilito in che misura i trasporti debbano contribuire al suo raggiungimento. Quello che è certo è che l’andamento tendenziale del settore potrebbe impedire di fatto il raggiungimento degli obiettivi di Kyoto. Una seconda carenza evidente riguarda la ridotta attenzione verso le cosiddette “politiche di domanda” ovvero tutte quelle politiche tendenti sul breve termine a cambiare i comportamenti e sul lungo termine a cambiare le determinanti territoriali della generazione della domanda. Anche in questo caso si tratta di politiche complesse, che vanno dalla tariffazione alla comunicazione, all’urbanistica fino all’ecolabelling del contenuto di trasporto (e quindi di inquinamento) dei prodotti offerti ai consumatori. Dal punto di vista delle conseguenze ambientali alcune delle politiche proposte appaiono condivisibili e di grande interesse: l’obiettivo di riportare la ripartizione modale a quella del 1998 costituirebbe un importantissimo segnale di inversione di tendenza, anche se occorre notare che in Italia la ripartizione modale del 1998 era comunque molto squilibrata a favore della strada; l’idea di associare all’investimento infrastrutturale nelle modalità alternative alla strada (tipicamente la ferrovie e le vie marittime) una efficace tariffazione capace di orientare nella medesima direzione il comportamento degli utilizzatori delle attività di trasporto; l’idea di trasformare finalmente l’intermodalità in una strategia europea economicamente conveniente e capace di sostanziare l’intero sistema dei trasporti, combinando insieme i necessari potenziamenti infrastrutturali (gabarit ferroviari, interoperabilità, piattaforme logistiche e infrastrutture di interscambio, corridoi internazionali), ma soprattutto intervenendo sulle modalità di organizzazione delle catene di trasporto, di informazione e controllo dei traffici mediante la diffusione delle tecnologie telematiche e dell’informazione; l’idea di far realisticamente contribuire i proventi derivanti dalla internalizzazione dei costi ambientali al finanziamento degli investimenti nelle modalità meno aggressive nei confronti dell’ambiente; 5. Le città e le aree metropolitane: il cuore del problema La specificità del caso italiano richiede che sia posto l’accento anche su temi che il libro bianco considera solo marginalmente e che erano invece con maggior approfondimento stati affrontati nel Piano generale dei trasporti e della logistica (PGT): Il problema della integrazione tra infrastrutture e servizi per le lunghe distanze e le infrastrutture e servizi per muoversi nelle aree metropolitane e nelle aree dense. Il collegamento, data la strutturazione del territorio italiano, è strettissimo. Secondo le stime del PGT oltre il 65% della mobilità si svolge all’interno delle aree dense e delle aree metropolitane. Sia le infrastrutture che i servizi di trasporto pensati per le lunghe distanze hanno comunque almeno un terminale nelle aree addensate, dove si verificano i maggiori problemi di inquinamento atmosferico, acustico la congestione e i maggiori problemi di sicurezza. Le aree urbane costituiscono quindi il vero problema strategico del paese e ad esse dovrebbero essere dedicati anche strumenti straordinari come la legge obiettivo; Un primo strumento era stato individuato dal PGT nei Piani Urbani della Mobilità (PUM). Si trattava di uno strumento importante, capace di superare le difficoltà dei Piani urbani del traffico (solo di breve periodo e senza interventi infrastrutturali) e il Piani dei trasporti (di lungo periodo e concentrati prevalentemente su problemi infrastrutturali). I PUM e il sostanzioso concorso al loro finanziamento da parte dello Stato costituiva una sorta di progetto speciale decennale finalizzato ad offrire alle città e alle aree metropolitane risorse aggiuntive per superare il gap infrastrutturale e di trasporto pubblico. Le condizioni attuali mostrano ad evidenza la necessità di accelerare e potenziare l’introduzione dei PUM da finanziare in base ad obiettivi di miglioramento ambientali definiti e dall’altra parte la non desiderabilità, in linea di principio, di specializzazioni che impediscano alle grande reti infrastrutturali di contribuire, ove ce ne sia bisogno, al sostegno della mobilità di ordine locale. Attraverso un uso esteso di tecnologie telematiche è possibile ottimizzare l’uso delle infrastrutture e garantire al tempo stesso la massima flessibilità alla domanda dei cittadini (come ad esempio il telepass per il controllo all’entrata dei centri storici). Il decentramento dei poteri alle Regioni potrà portare notevolissime innovazioni, se solo sarà possibile allentare le perduranti rigidità che derivano dal regime concessionario delle autostrade inopportunamente sistematicamente prolungato negli anni recenti. Nei PUM devono trovare pieno sviluppo le misure finalizzate al governo della domanda di mobilità, con tariffazioni coordinate della strada, dei trasporti puibblici e dei parcheggi. Con politiche urbanistiche. Con il coinvolgimento della popolazione per lo sviluppo di misure di traffic calming e di reti “di vicinato” per i pedoni e le biciclette. Una particolare attenzione andrebbe posta alla parte terminale delle catene logistiche del trasporto delle merci. La distribuzione in ambito urbano infatti richiede innovazioni importanti in termini di organizzazione del sistema (orari, razionalizzazione dei carichi e dei percorsi, adozione di tecnologie ad elevata prestazione ambientale, uso di strumenti telematici per la distribuzione e per il consumo). Molta attenzione infine andrebbe posta alle “determinanti” della mobilità, ovvero alla organizzazione del territorio dalla quale tale mobilità (soprattutto quella obbligata) in gran parte dipende. Il risparmio della mobilità obbligata dovrebbe costituire un obiettivo esplicito delle politiche di localizzazione delle attività e dei servizi. Un impulso notevole al risparmio di mobilità deve derivare dalla riorganizzazione e dall’innovazione tecnologica dei servizi prestati dalla Pubblica Amministrazione, dove sussiste un largo margine per l’introduzione di tecnologie telematiche.
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