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chi controlla il mercato della luce
- Subject: chi controlla il mercato della luce
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Sat, 22 Feb 2003 07:26:43 +0100
il manifesto - 12 Febbraio 2003 Chi controlla il mercato della luce? La ristrutturazione del mercato elettrico nell'Europa comunitaria e le sue conseguenze in Italia. Finito il monopolio Enel, c'è una gara sotterranea con nomi nuovi, vecchie conoscenze e alleanze inedite. E una ricchissima posta in palio GIULIO AVETTA L'Enel ha deciso di mettere in borsa il 25% di Wind, non appena il mercato lo consentirà e inoltre di dedicarsi al gas, per distribuirlo alle imprese e più tardi alle famiglie. L'intenzione è quella di raggiungere in quattro anni il 20% del mercato, dal 10% attuale. E' lo stesso Enel che ha coperto per molti anni la domanda elettrica in Italia; tutta la domanda, a meno dell'attività di municipalizzate e autoproduttori. Con le sue entrate laterali nella telefonia e nel gas l'Enel si allontana ancora di più dalla sua missione (se così si può dire). Sono gli effetti prevedibili del cosiddetto «decreto Bersani», con cui è stata data attuazione in Italia alla direttiva europea per la liberalizzazione dei mercati dell'elettricità degli stati membri. Da una situazione di monopolio, nella quale l'Enel aveva il controllo pressoché completo di produzione, trasmissione e vendita di elettricità sull'intero territorio nazionale, si è passati ad una fase di transizione con l'obiettivo di liberalizzare un mercato, nel quale numerose imprese possano operare in competizione tra loro. A vigilare sul buon esito della riforma è l'Autorità per l'energia ed il gas, istituita proprio per garantire la promozione della concorrenza e dell'efficienza nel nascente mercato dell'energia. Schematicamente, l'industria elettrica può essere divisa in quattro macro settori, produzione, trasporto/dispacciamento, distribuzione, vendita. La trasmissione (il trasporto di elettricità sui cavi dell'alta tensione della rete nazionale) e il dispacciamento (la gestione dell'equilibrio della rete elettrica, per garantire il funzionamento del sistema e evitare sovraccarichi e black out) sono stati sottratti alla gestione dell'Enel, ma mantenuti sotto il controllo dello stato, attraverso la creazione del Grtn, il Gestore della rete di trasmissione nazionale. Per l'attività di distribuzione dell'elettricità (il trasporto dell'energia elettrica su cavi a media e bassa tensione fino ai punti di consumo finali) è stato definito un regime di concessioni pluriennali: in pratica in ogni comune, alle società che gestivano tale servizio (normalmente ex municipalizzate), è stata attribuita una concessione trentennale per esercitare tale attività in esclusiva. Per i settori della produzione e della vendita di elettricità il decreto ha previsto l'apertura totale alla concorrenza tra operatori. Di conseguenza è nel settore della produzione che si è avvertito maggiormente l'impatto della riforma. Il decreto Bersani ha infatti imposto all'ex monopolista di cedere parte delle proprie centrali elettriche, al fine di scendere sotto la soglia del 50% del totale dell'energia elettrica prodotta e importata in Italia. Tre grandi gruppi di centrali (le cosiddette Genco), sono stati quindi messi all'asta dall'Enel: in ordine di grandezza Eurogen (che ha l'8,5% della produzione nazionale totale), Elettrogen (6,6% della produzione totale) ed Interpower (2,6% della produzione). E' essenzialmente attraverso la vendita delle tre Genco che si è venuta a creare una situazione di mercato, con la presenza di una pluralità di operatori di dimensioni significative. Alla fine del processo di dismissione delle tre Genco da parte dell'Enel, il quadro del settore della produzione di elettricità in Italia si è notevolmente modificato. Alcuni grandi colossi stranieri sono entrati nel mercato elettrico nazionale «dalla porta principale», mediante acquisizioni importanti e alleanze strategiche con partner italiani. E' il caso della spagnola Endesa, delle francesi Edf e Suez, e, su di un livello inferiore, dell'austriaca Verbund e della svizzera Atel. Le principali società ex-municipalizzate, Aem Milano, Acea, Aem Torino, Asm Brescia, Amga Genova, Hera Bologna, cercano di ritagliarsi un nuovo ruolo nel nascente mercato libero dell'energia, attraverso alleanze ed acquisizioni che permettano di raggiungere una dimensione sufficiente a non essere «mangiate» da operatori più grandi. Alcuni grandi gruppi industriali italiani, la Fiat e la Cir di De Benedetti soprattutto, sembrano considerare oggi l'energia come uno dei settori strategici per il proprio sviluppo futuro, ed hanno investito molto nelle alleanze con partner stranieri. L'Eni, tramite la propria controllata Enipower, si sta espandendo nel settore dell'elettricità sfruttando i vantaggi derivanti dalla propria posizione di principale operatore nel mercato del gas e del petrolio. Finmeccanica (attraverso Ansaldo Energia) ha in cantiere numerosi progetti per nuove centrali elettriche che, se sviluppati, la porrebbero tra gli operatori del settore di maggiore peso. L'Enel continua comunque a mantenere una solida posizione di primato nel settore anche dopo la vendita delle Genco. L'ex-monopolista detiene ad oggi il controllo di circa il 50% della produzione netta di energia elettrica nazionale. L'Autorità per l'energia elettrica ed il gas considera tale quota eccessiva per il corretto sviluppo di un mercato concorrenziale, e ha suggerito al governo di imporre all'Enel la cessione di ulteriori impianti e di snellire i processi autorizzativi per la costruzione di nuove centrali da parte di altri operatori. Le richieste dell'autorità, l'appetito dei colossi stranieri, l'interessamento di gruppi industriali italiani e il nuovo dinamismo delle società ex municipalizzate fanno sì che probabilmente nel corso dei prossimi cinque anni (il cosiddetto medio periodo) l'industria elettrica italiana subirà ulteriori e profonde modifiche. In un settore tanto importante come quello descritto e al tempo stesso attraversato da tanti interessi si presenta il referendum che suggerisce una riflessione pubblica su quanto conviene alla collettività e sui possibili guasti di una liberalizzazione delle centrali e delle condutture elettriche libere di portare l'energia, comunque prodotta, da qualsiasi parte.
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