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il businness delle bollicine
- Subject: il businness delle bollicine
- From: Andrea Agostini <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 16 Jan 2003 06:45:16 +0100
da liberazione.it 13 - 1 - 2003 Passa a Sangemini la gestione di Fiuggi. Legambiente: «Buoni i bicchieri al rubinetto» Il business delle bollicine Graziarosa Villani L'esperta di consumi Anna Bartolini: la naturizzata è una bufala. Ogni italiano beve 170 litri l'anno. Nel mondo un miliardo e mezzo di persone vive senza "sorella acqua" Torna alla gestione privata l'acqua Fiuggi. Lo stabilimento è stato ceduto in affitto per vent'anni alla Sangemini il gruppo umbro che fa capo all'Hopa, holding bresciana di Emilio Gnutti e che gestisce anche il marchio Fabia. Si conclude così il tentativo del Comune ciociaro, azionista unico della spa Acqua e Terme, di gestire direttamente la propria immensa ricchezza naturale. Una scommessa di sviluppo che si è arenata soprattutto per le scarse capacità gestionali dell'impianto di produzione della celebre oligominerale in un mercato dove le multinazionali dettano le regole. In cambio della cessione in affitto il Comune incasserà complessivamente una somma di 190 milioni di euro, 14 centesimi e mezzo di euro per ogni bottiglia prodotta. Un cambio di gestione che pesa però sull'occupazione. Allo stabilimento resteranno 125 dipendenti sui 180 finora occupati e per i lavoratori in esubero si prospettano prepensionamenti e trasferimenti. La Sangemini conta di vendere già da quest'anno 60 milioni di bottiglie contro i 50 milioni di pezzi venduti negli ultimi tempi puntando soprattutto su una massiccia campagna pubblicitaria su giornali e televisioni con un investimento di cinque milioni di euro. Più che in altri settori, nel mercato delle acque minerali, pubblicità è davvero la parola magica. Grazie ad un bombardamento mediatico il consumatore è indotto a ritenere che acqua minerale in bottiglia significa bere più sano e così scompare dalle mense degli italiani la brocca d'acqua di rubinetto, spesso di qualità superiore e con meno controindicazioni di quella imbottigliata. Un consumismo sfrenato ha raggiunto anche la sostanza primaria per eccellenza, quella "sorella acqua" senza la quale non si può vivere. Uno studio di Legambiente diffuso in occasione della Giornata Mondiale dell'Acqua ha accertato che in Italia si consuma più acqua minerale che in qualsiasi altro Paese del mondo: circa 170 litri pro capite l'anno. Il 35 per cento del mercato totale nazionale si consuma al ristorante. Ma Altroconsumo, che ha condotto una ricerca accurata su 39 marche di acque minerali vendute in Italia si chiede «perché pagare mediamente 330 volte di più un'acqua che può essere anche peggiore di quella del rubinetto?». La risposta può essere quella indicata da Legambiente che parla di «un business dell'acqua minerale che si regge su una totale carenza di informazione e su una buona dose di pregiudizi». E ne smonta alcuni. «Non è vero che l'acqua in bottiglia è più salubre perché le concentrazioni di sostanze tossiche e la frequenza dei controlli sono molto più precisi e ristrettivi per l'acqua di acquedotto». L'associazione ambientalista smonta anche l'altro pregiudizio per il quale «l'acqua minerale ha meno sali di quella del rubinetto». «Ciò è vero - dice Legambiente - solo per le acque "minimamente mineralizzate", cioé quelle particolarmente leggere altrimenti tutte le acque di rubinetto sarebbero caratterizzate come oligominerali (da 50 a 500 milligrammi al litro di residuo fisso)». Bere minerale è un lusso del primo mondo specie se si considera che un miliardo e mezzo di esseri umani, il 25 per cento della popolazione del pianeta, non ha accesso all'acqua. E' un business per le multinazionali e le grandi società che controllano spesso, in barba alla pura concorrenza, più marchi. La Mineracqua, federazione della Confindustria, in riferimento al 2001, parla di un giro di affari di 2, 84 miliardi di euro. Introiti da capogiro per le grandi aziende di imbottigliamento. In Italia si contano circa 300 marchi per una produzione complessiva di oltre 9 miliardi di litri d'acqua dei quali 500 milioni destinato all'export soprattutto verso Germania e Francia. Di fronte a fatturati di questa entità pochi sanno che le le aziende di acque minerali pagano una miseria per lo sfruttamento delle concessioni minerarie relative. Nel Lazio, dopo le denunce dell'opposizione, la Regione ha innalzato il canone dovuto per ogni ettaro di concessione mineraria dalle 60mila a 100mila delle vecchie lire. Canoni esigui si pagano comunque in tutta Italia. In un mercato dove è forte lo strapotere delle aziende per i consumatori affascinati dalla moda dell'acqua minerale è necessario vigilare. «Da rivedere soprattutto i sistemi di etichettatura» spiega Anna Bartolini, attivista del movimento consumerista già rappresentante italiana nel Consiglio dei consumatori dell'Unione Europea. «L'Europa ha infatti adottato di recente nuove normative - aggiunge - soprattutto in merito alle sostanze ammesse e sui trattamenti prima dell'imbottigliamento e gli Stati si devono adeguare a tutela dell'utente». La Bartolini si scaglia poi contro l'acqua cosiddetta "naturizzata" sempre più diffusa nei ristoranti. «Si vende acqua addizionata a tre euro al litro. I clienti dovrebbero pretendere che gli si apra la bottiglia sotto il naso». ---------------------------------------------------------------------------- ----
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